Codice di Procedura Civile art. 512 - Risoluzione delle controversie 1 .

Rosaria Giordano

Risoluzione delle controversie 1.

[I]. Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione, circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell'esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'articolo 617, secondo comma.

[II]. Il giudice può, anche con l'ordinanza di cui al primo comma, sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata.

 

[1] Articolo così sostituito, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e) n. 9 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2 3-sexies d.l. n. 35, cit., sub art. 476. Il testo precedente recitava: «[I]. Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra creditori concorrenti o tra creditori e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell'esecuzione provvede all'istruzione della causa, se è competente; altrimenti rimette le parti davanti al giudice competente a norma dell'articolo 17, fissando un termine perentorio per la riassunzione. [II]. Il giudice, se non sospende totalmente il procedimento, provvede alla distribuzione della parte della somma ricavata non controversa». Tale testo era stato inserito dall'art. 9 d.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857 che aveva sostituito la versione precedente.

Inquadramento

Le controversie distributive sono quelle tra creditori concorrenti sull'esistenza del credito o sui diritti di prelazione o quelle tra debitore ed uno o più creditori sull'esistenza del credito.

Su tali controversie decide, disposti i necessari accertamenti, il giudice dell'esecuzione con ordinanza, suscettibile di opposizione agli atti esecutivi.

La decisione, ove non impugnata, è, secondo una parte della dottrina, idonea a decidere sulla causa con efficacia di giudicato (Capponi, 2006, 1760 ss.; Tiscini, 1 ss.; Vincre, 64).

Il rapporto tra opposizione all'esecuzione e controversie distributive è tradizionalmente controverso. Peraltro, in giurisprudenza si tende  ad ammettere la concorrenza tra i due rimedi per il differente oggetto degli stessi (Cass. n. 22310/2010).

Le controversie distributive

Come si evince dal comma 1 della norma in esame, le controversie distributive che possono sorgere in sede di riparto sono le seguenti: a) controversie tra creditori concorrenti in ordine all'esistenza del credito o alla ricorrenza di una causa di prelazione; b) controversie tra il debitore ed uno o più creditori in ordine all'esistenza del credito.

A quest'ultimo riguardo, si è precisato che nella fase di distribuzione della somma ricavata dall'espropriazione forzata, l'azione promossa dal debitore esecutato contro il creditore procedente, che, nella esecuzione dallo stesso incardinata e proseguita, sia intervenuto in forza di un secondo credito, del quale soltanto si intenda contestare la sussistenza, la misura o la collocazione, si qualifica necessariamente come azione ex art. 512 (Cass. III, n. 5961/2001).

Più in generale, anche da ultimo la S.C. ha sottolineato che la contestazione della ritualità dell'intervento per credito carente di qualsiasi titolo e per mancanza anche dei presupposti surrogatori dell'art. 499 c.p.c. integra una controversia distributiva, che può essere proposta dal creditore concorrente quando, ai fini della distribuzione della somma ricavata, sia stato considerato pure l'intervento non titolato od equiparato, in quanto solo al momento della distribuzione del ricavato sorge, in capo al suddetto creditore, il relativo interesse, non subendo egli, in precedenza, alcun concreto pregiudizio dall'intervento non titolato (Cass. III, n. 15996/2022).

Procedimento per la decisione sulle controversie distributive

La l. n. 80/2005 ha ormai da tempo modificato significativamente il procedimento per rendere più celere la fase distributiva. Infatti, mentre prima di tale intervento, insorte le controversie distributive le stesse dovevano essere risolte in sede giurisdizionale attraverso una ordinaria causa cognitiva soggetta ad appello, e se l'ufficio giudiziario al quale apparteneva il giudice dell'esecuzione era anche competente secondo le norme sulla competenza ordinaria, questi assumeva la veste di giudice istruttore, con la nuova disposizione viene conferito al giudice dell'esecuzione il potere di risolverle non più con sentenza ma, con ordinanza, previa sospensione totale o parziale della distribuzione, ora non più obbligatoria ma facoltativa, con il solo obbligo di ascoltare preventivamente le parti e di compiere, se del caso, i necessari accertamenti.

È discusso se nello svolgere i predetti accertamenti il Giudice dell'esecuzione possa avvalersi di tutti i mezzi di prova a tal fine utilizzabili nel processo ordinario di cognizione.

Parte della dottrina risponde in senso affermativo a tale interrogativo, precisando che l'unico limite è quello dell'inammissibilità degli strumenti istruttori che implicano la disposizione del diritto oggetto della contesa (ad esempio, confessione e giuramento) in ragione dell'ambiente esecutivo nel quale si innesta la controversia distributiva e ferma la possibilità, in considerazione della natura camerale del procedimento, di assumere in forma atipica prove tipiche (es. esame di persone informate sui fatti senza previa capitolazione ovvero acquisizione in forma scritta di dichiarazioni di terzi senza il rispetto dei presupposti richiesti dall'art. 257-bis in tema di testimonianza c.d. scritta: Castoro, 404; Tommaseo, 232).

Secondo altri, invece, il giudice dell'esecuzione dovrebbe limitarsi all'acquisizione di prove precostituite e all'assunzione di sommarie informazioni (Merlin).

Quanto al riparto dell'onere probatorio nelle controversie distributive, nella giurisprudenza di legittimità si è affermato che in caso di controversia insorta in sede di distribuzione della somma ricavata all'esito di procedura esecutiva la cognizione sommaria del giudice dell'esecuzione è regolata, sul piano della ripartizione degli oneri probatori, dal principio per cui chi contesta la posizione di vantaggio altrui coinvolta nella distribuzione - in quanto non sorretta, per la parte contestata, da elementi certi risultanti dal titolo - non è tenuto a fornire la prova, negativa, dell'insussistenza di quegli elementi, spettando a colui che rivendica la posizione di vantaggio dimostrarne l'esistenza (Cass. n. 10752/2016).

L'ordinanza che il giudice dell'esecuzione emana dopo aver compiuto gli accertamenti ritenuti necessari è suscettibile di opposizione agli atti esecutivi, la proposizione della quale dà luogo, secondo le regole generali, prima ad una fase sommaria dinanzi al giudice dell'esecuzione e, poi, ad un giudizio eventuale di merito incardinato su iniziativa della parte interessata.

Sul punto la S.C. ha chiarito che ai sensi della disposizione in esame, tutte le controversie distributive vanno introdotte e trattate nelle forme di cui all'art. 617 , a prescindere dalla circostanza che la causa petendi sia costituita dalla denuncia di vizi formali del titolo esecutivo di uno dei creditori partecipanti alla distribuzione ovvero da qualsiasi altra questione - anche relativa ai rapporti sostanziali - che possa dedursi in tale sede (Cass. VI-3, n. 19122/2020, in Riv. esec. forz., con nota di Giordano, per la quale, di conseguenza, il giudizio introdotto con l'impugnazione del provvedimento del giudice dell'esecuzione, è destinato a concludersi in ogni caso con sentenza non appellabile).

E' stato poi precisato che qualora il giudice dell'esecuzione abbia deciso con ordinanza ai sensi dell'art. 512 le contestazioni mosse al progetto depositato in cancelleria ai sensi dell'art. 596, l'opposizione avverso questa ordinanza va proposta nelle forme e nei termini dell'art. 617 , anche qualora con essa non sia stato approvato e reso esecutivo il progetto di distribuzione definitivo (Cass. n. 1673/2016).

 Quanto agli effetti dell'ordinanza mediante la quale viene approvato il progetto di distribuzione del ricavato, almeno nella giurisprudenza di legittimità si va affermando, negli anni più recenti, la tesi volta ad attribuire una rilevanza anche extraprocessuale a tale decisione. In sostanza, si ritiene che a seguito della chiusura del procedimento di esecuzione forzata, si deve escludere la possibilità di ottenere una modifica della distribuzione del ricavato della vendita mediante l'esperimento dell'azione di ripetizione di indebito da parte di un creditore nei confronti degli altri, in quanto la definizione di quel procedimento con l'approvazione del progetto di distribuzione senza contestazioni da parte dei creditori determina l'intangibilità della concreta ed effettiva distribuzione delle somme ricavate dalla vendita (Cass. n. 4263/2019 ; cfr. anche, sostanzialmente in termini su tale aspetto, Cass. III, n. 15963/2021). Unica eccezione è l’ipotesi in cui la questione non fosse stata già dedotta nel corso della procedura mediante opposizione all’esecuzione (Cass. n. 23283/2024).

Questo orientamento appare corroborato anche dalla più recente Cass. n. 12673/2022, in Ilprocessocivile.it, con nota di P. Farina, la quale ha chiarito, in tema di rapporti fra procedura concorsuale ed esecuzione forzata, che nell'ipotesi patologica in cui il giudice di quest'ultima, ancorché reso edotto del fallimento del debitore, dichiari l'esecutività del progetto di distribuzione, qualora il curatore rimanga inerte e non reagisca tempestivamente con il rimedio oppositivo, subisce l'irretrattabilità della successiva esecuzione del medesimo progetto, cui consegue l'intangibilità delle somme concretamente attribuite e l'impossibilità di chiederne la restituzione mediante l'esercizio dell'azione di ripetizione di indebito.

Sospensione feriale dei termini processuali

È pacifico che Il regime della sospensione feriale dei termini processuali non è applicabile ai giudizi in materia di esecuzione forzata, ivi incluse le controversie insorte in fase di distribuzione ai sensi dell'art. 512 c.p.c.

In una recente pronuncia, la S.C. ha puntualizzato che il predetto principio opera anche nel caso in cui il diritto del creditore a partecipare alla distribuzione sia contestato deducendo la nullità, la simulazione o l'inefficacia del fatto costitutivo del credito da questi fatto valere in sede esecutiva, senza che rilevi che sia eventualmente invocata una pronuncia espressa sul punto (Cass. VI, n. 16797/2022, fattispecie nella quale la S.C. ha escluso l'applicabilità del regime della sospensione feriale dei termini al giudizio sorto, al momento della distribuzione delle somme pignorate in danno del debitore, tra il creditore procedente e la creditrice intervenuta in ordine al diritto di quest'ultima di partecipare alla predetta distribuzione, evidenziando come le domande di accertamento dell'esistenza e dell'opponibilità del credito per cui la creditrice era intervenuta nel processo esecutivo – in virtù della contestata simulazione o dell'inefficacia degli accordi da questa stipulati con il debitore in sede di separazione coniugale – fossero state formulate allo scopo di ottenere l'esclusione della creditrice dalla distribuzione della somma ricavata e, dunque, costituissero un presupposto per la decisione dell'opposizione esecutiva).

Oggetto delle contestazioni in sede di distribuzione e rapporti con l'opposizione all'esecuzione

Soprattutto dopo la riforma realizzata dalla l. n. 80/2005, si è riproposto in dottrina, l'interrogativo in ordine all'incidenza o meno delle modifiche processuali sull'oggetto del rimedio.

In particolare, secondo alcuni, la controversia distributiva da strumento di risoluzione della lite volto all'accertamento pieno del diritto alla distribuzione, con decisione idonea al giudicato, sarebbe divenuto mezzo di indagine endoprocessuale inidoneo a produrre effetti al di fuori della sede esecutiva (Luiso, 184; Saletti, 2006, 894).

Per altri, la modifica dell'art. 512 si sarebbe limitata a incidere sul procedimento e non già sull'oggetto delle controversie distributive, ovvero sull'idoneità della decisione, resa all'esito dell'eventuale opposizione avverso l'ordinanza emessa dal Giudice dell'esecuzione al giudicato sostanziale (Capponi, 2006, 1760 ss.; Tiscini, 1 ss.; Vincre, 64).

In tale direzione è stato osservato che è ormai acquisito nella più recente legislazione processuale che possa aversi una decisione su diritti soggettivi in un “ambiente” procedimentale differente da quello del giudizio ordinario di cognizione, ed a fronte di forme di cognizione di carattere sommario e non è ragionevole ritenere che qualora l'ordinanza del giudice dell'esecuzione venga opposta ex art. 617 la sentenza che decide sull'opposizione agli atti esecutivi, suscettibile anche di ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., possa considerarsi priva di effetti diversi da quelli meramente endoprocessuali (Castoro, 404).

In ordine al rapporto tra controversie distributive ed opposizioni esecutive, resta peraltro fermo, almeno in giurisprudenza, l'orientamento per il quale tali rimedi possono concorrere avendo un differente oggetto. In giurisprudenza è stato invero ribadito che la diversità tra l'opposizione di cui all'art. 615, proponibile anche nella fase della distribuzione del ricavato dalla espropriazione forzata, e l'opposizione di cui all'art. 512, è data dal differente oggetto delle due impugnazioni, l'una concernente il diritto a partecipare alla distribuzione e l'altra il diritto di procedere all'esecuzione forzata, dovendosi ricercare l'ambito oggettivo e i limiti di applicazione dell'art. 512 nel fatto che non possa formare oggetto di controversia in sede di distribuzione, ai sensi di tale norma, la contestazione del diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata (Cass. n. 22310/2011).

In sostanza, le opposizioni regolate dall'art. 512 sono volte ad accertare il diritto di partecipare alla distribuzione del ricavato, e hanno pertanto ad oggetto il credito nella sua esistenza, nel suo ammontare e nel suo carattere privilegiato, mentre l'opposizione ex art. 615 ha ad oggetto il diritto di procedere in executivis e mira a travolgere l'intero processo, sicché la differenza tra i due rimedi risiede nel differente oggetto senza che, ove l'impugnazione sia proposta dal debitore esecutato, possa attribuirsi alcun rilievo alla presenza o meno del titolo esecutivo in capo al creditore contestato (Cass. n. 5961/2001, Giust. civ., 2002, I, 177, con nota di Delle Donne).

Costituisce quindi principio assolutamente prevalente quello secondo cui la previsione del rimedio dell'opposizione distributiva, ex art. 512, non esclude che il debitore esecutato, il quale contesti l'esistenza o anche solo l'ammontare del credito di un creditore intervenuto, di cui si presume l'ammissione alla distribuzione, possa tutelarsi anche prima della suddetta fase attraverso lo strumento dell'opposizione all'esecuzione, di cui all'art. 615, comma 2, c.p.c., sussistendo in ogni momento dell'esecuzione il suo interesse a contestare l'an od il quantum di uno o più tra detti crediti, né rileva che, successivamente alla proposizione della relativa opposizione, il naturale sviluppo della procedura ne comporti il transito alla fase della distribuzione della somma ricavata, comprensiva anche di quanto ritualmente versato a seguito di ordinanza ammissiva di conversione (Cass. III, n. 7108/2015).

In senso almeno in parte diverso, un'altra decisione della S.C. ha evidenziato — pur accedendo in motivazione alla tesi per la quale la riforma di cui alla l. n. 80/2005 non ha inciso sull'oggetto delle controversie distributive — che l'opposizione ex art. 512 e quella proposta ai sensi dell'art. 615 si pongono in un rapporto di successione cronologica, con conseguente esclusione della loro concorrenza, essendo l'una esperibile sino a che non si giunga alla fase della distribuzione, l'altra, invece, a partire da tale momento. Ne deriva che fino a quando l'opposizione ex art. 615 risulti ancora sub iudice, e fino al momento in cui la procedura esecutiva pervenga alla fase della distribuzione, i fatti con essa proposti non possono essere dedotti con l'opposizione di cui all'art. 512, né essere valutati automaticamente dal giudice dell'esecuzione (Cass. n. 15654/2013).

Occorre peraltro interrogarsi sulle interferenze sulla problematica in esame di due successive novellazioni normative.

Più in particolare, infatti, l'art. 13, comma 1, lett. dd), d.l. 27 giugno 2015, n. 83, è intervenuto sull'art. 615 allo scopo di specificare che quando il diritto della parte istante  a procedere ad esecuzione forzata è contestato solo in parte la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo posto a fondamento della minacciata esecuzione forzata può essere solo parziale. La Relazione Illustrativa sottolinea che la modifica è volta solo ad avallare sul piano normativo quanto già riconosciuto dalla dottrina e giurisprudenza.

Occorre evidenziare, in primo luogo, che la disposizione non riguarda, tuttavia, che l'opposizione a precetto, come si evince chiaramente dalla collocazione della stessa nel primo comma dell'art. 615 dedicato, per l'appunto, all'opposizione c.d. preventiva all'esecuzione forzata, mentre l'opposizione successiva al pignoramento si promuove nelle forme e dinanzi al giudice individuato dal comma 2 dello stesso art. 615.

La previsione, in mancanza di un intervento contestuale sull'art. 624 che disciplina la sospensione dell'esecuzione già iniziata, sembra quindi in sé e per sé inapplicabile anche all'opposizione c.d. successiva all'esecuzione. Potrebbe ritenersi che ciò dipenda soltanto da una sciatteria del legislatore, considerato che nella stessa giurisprudenza di legittimità era stato affermato il principio per il quale  è ammessa la sospensione parziale dell'esecuzione (cfr. Cass., n. 22642/2012).

Per converso, l'innovazione normativa potrebbe considerarsi, invece, effettivamente limitata all'opposizione a precetto ed essere orientata così anche a chiarire – disattendendo proprio la giurisprudenza richiamata - che, una volta iniziata l'esecuzione forzata, lo strumento  dell'opposizione ex art. 615 può essere utilizzato esclusivamente per contestare integralmente il diritto del creditore  a procedere in executivis, dovendosi attendere la fase della distribuzione del ricavato per contestare il quantum della pretesa esecutiva ai sensi dell'art. 512.

Sotto un distinto profilo, il d.l. n. 59/2016, conv. in l. n. 119/2016, intervenendo sul secondo comma dell'art. 615 ha previsto che l'opposizione all'esecuzione debba essere proposta, a pena di inammissibilità, entro il termine nel quale è disposta la vendita o l'assegnazione.

A riguardo, la questione principale attiene alla possibilità di dedurre nell'ambito di una controversia distributiva contestazioni che sarebbero state proponibili mediante opposizione all'esecuzione. Ad una prima lettura della disposizione novellata, sembra che detto ostacolo non sussista, considerato l'ampio oggetto delle controversie distributive, limitatamente alle contestazioni con le quali, in sede distributiva ex art. 512, si contesti l'an e non soltanto il quantum debeatur, trattandosi ai sensi del comma 1 dell'art. 512 di una controversia tra creditori e debitore circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti, i.e. del complesso dei crediti azionati nell'ambito della procedura.  Ciò potrà comportare, essendo ormai il bene stato oggetto di vendita forzata, anche pretese restitutorie da parte del debitore.

Casistica

In tema di esecuzione forzata per espropriazione, l'impignorabilità dei beni facenti parte del fondo patrimoniale può essere eccepita, in sede di opposizione distributiva, da parte di un creditore intervenuto, dal momento che il relativo vincolo non costituisce espressione di un diritto personalissimo (come tale, esercitabile dal solo titolare), essendo improntato alla tutela di interessi di natura patrimoniale; in tal caso, sul creditore eccipiente grava l'onere di provare, ai sensi dell'art. 2697, comma 2, c.c., i presupposti del regime eccettuativo, di cui all'art. 170 c.c., integrando quest'ultimo un'eccezione al regime dell'ordinaria pignorabilità di tutti i beni ( presenti e futuri) del debitore (Cass. n. 36312 del 2023).

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