Codice di Procedura Civile art. 532 - Vendita a mezzo di commissionario 1 .

Rosaria Giordano

Vendita a mezzo di commissionario   1.

[I]. Il giudice dell'esecuzione dispone la vendita senza incanto o tramite commissionario dei beni pignorati. Le cose pignorate devono essere affidate all'istituto vendite giudiziarie, ovvero, con provvedimento motivato, ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza iscritto nell'elenco di cui all'articolo 169-sexies delle disposizioni per l'attuazione del presente codice, affinché proceda alla vendita in qualità di commissionario   2.

[II]. Nello stesso provvedimento di cui al primo comma il giudice, dopo avere sentito, se necessario, uno stimatore dotato di specifica preparazione tecnica e commerciale in relazione alla peculiarità del bene stesso, fissa il prezzo minimo della vendita e l'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione. Il giudice fissa altresi' il numero complessivo, non superiore a tre, degli esperimenti di vendita, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalita' di deposito della somma ricavata dalla vendita e il termine finale non superiore a sei mesi, alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. Quando gli atti sono restituiti a norma del periodo precedente, il giudice, se non vi sono istanze a norma dell'articolo 540-bis, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche quando non sussistono i presupposti di cui all'articolo 164-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice   3.

[III]. Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, la vendita non può essere fatta a prezzo inferiore al minimo ivi segnato [529 2].

 

[1] Articolo così sostituito dall'art. 11 d.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. Il testo recitava: « -  Quando lo ritiene opportuno, il giudice dell'esecuzione può disporre che le cose pignorate siano affidate a un commissionario, affinché proceda alla vendita . -  Nello stesso provvedimento il giudice dell'esecuzione, sentito quando occorre uno stimatore, fissa il prezzo minimo della vendita e l'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione. -  Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, la vendita non può essere fatta a prezzo inferiore al minimo ivi segnato»

[2] L'art. 13 d.l. 27 giugno 2015 n. 83, conv. con modif. in l. 6 agosto 2015, n. 132, ha sostituito le parole: "può disporre" con la parola: "dispone", e dopo le parole: "di competenza" ha inserito le parole: «iscritto nell'elenco di cui all'articolo 169-sexies delle disposizioni per l'attuazione del presente codice», per l'applicazione vedi l'art. 23, comma 7, del d.l. n. 83 del 2015 medesimo. Il comma era già stato sostituito, in sede di conversione, dall'art. 2, comma 3 lett. e) n. 16, d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Inoltre, l'art. 9 l. 24 febbraio 2006, n. 52, nel riformulare l'art. 2 d.l. n. 35, cit., ha inserito al primo comma le parole « o tramite commissionario ».

[3] L'art. 13 d.l. 27 giugno 2015 n. 83, conv. con modif. in l. 6 agosto 2015, n. 132, ha inserito i seguenti periodi: «Il giudice fissa altresì il numero complessivo, non inferiore a tre, degli esperimenti di vendita, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita e il termine finale non inferiore a sei mesi e non superiore a un anno alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. Quando gli atti sono restituiti a norma del periodo precedente, il giudice, se non vi sono istanze a norma dell'articolo 540-bis, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche quando non sussistono i presupposti di cui all'articolo 164-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice», per l'applicazione vedi l'art. 23, comma 10, del d.l. n. 83 del 2015 medesimo. L'articolo 4, comma 1, lettera c) del d.l. 3 maggio 2016 n. 59, conv., con modif., in l. 30 giugno 2016, n. 119 , ha sostituito il secondo e il terzo periodo del presente comma. Il testo dei citati periodi recitava: «Il giudice fissa altresì il numero complessivo, non inferiore a tre, degli esperimenti di vendita, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita e il termine finale non inferiore a sei mesi e non superiore a un anno alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. Quando gli atti sono restituiti a norma del periodo precedente, il giudice, se non vi sono istanze a norma dell'articolo 540-bis, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche quando non sussistono i presupposti di cui all'articolo 164-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice ».

Inquadramento

La disposizione in esame è stata significativamente riformata dal d.l. n. 83/2015  e, in seguito, dal d.l. n. 59/2016.

Nella vendita mobiliare è obbligatorio, oggi, disporre la vendita a mezzo commissionario, individuato nell'Istituto Vendite Giudiziarie ovvero in un commissionario scelto tra i soggetti specializzati iscritti in un apposito albo ex art. 169 disp. att. 

L'istituzione dell'albo si correla, oltre che a finalità di controllo, a un'esigenza di maggiore specializzazione dei soggetti cui viene commissionata l'effettuazione delle vendite mobiliari.

Nell'ordinanza che dispone la vendita il giudice individua il valore stimato del bene ed criteri che dovrà seguire il commissionario nei tentativi di vendita da espletarsi, in misura non superiore  a tre ed entro un termine massimo di sei mesi.

Se all'esito dei predetti tentativi il bene non è venduto, il creditore che non estende il pignoramento ai sensi dell'art. 540-bis incorre nella sanzione della chiusura anticipata della procedura, anche in difetto dei presupposti di cui all'art. 164-bis disp. att.

Presupposti della vendita a mezzo commissionario

La disposizione in esame, nella formulazione antecedente all'intervento operato dal d.l. n. 83/2015, prevedeva che, quando lo ritiene opportuno, il giudice dell'esecuzione può disporre che le cose pignorate, anziché essere vendute all'incanto, siano affidate per la vendita ad un commissionario.

Tale assetto è stato significativamente riformato mediante la sostituzione comma 1 della locuzione “dispone” con quella “può disporre”, rendendo obbligatoria, nell'espropriazione mobiliare, la vendita senza incanto o tramite commissionario.

Siffatta previsione, come specificato dall'art. 23, comma 7, d.l. n. 83/2015, trova applicazione a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ossia della l. n. 132/2015, pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 20 agosto 2015.

La riforma si iscrive in quella più generale, inaugurata dal d.l. n. 132/2014, conv., con modif., in l. n. 162/2014, con la modifica dell'art. 503 (v. Commento), nel senso che il Giudice dell'esecuzione può disporre la vendita con incanto soltanto a fronte di una prognosi positiva in ordine alla possibilità di ricavare dalla stessa un importo superiore della metà a quello stimato ex art. 518, riforma orientata ad una sorta di abrogazione di fatto della vendita con incanto, che è quindi destinata ad assumere valenza assolutamente residuale anche nell'ambito delle vendite forzate mobiliari.

Albo dei soggetti specializzati nell'effettuazione delle vendite mobiliari

La riforma di cui al d.l. n. 83/2015, potenziando l'istituto della vendita a mezzo commissionario, ha individuato requisiti più specifici per i commissionari diversi dall'Istituto Vendite Giudiziarie prevedendo, in particolare, che, con provvedimento motivato, la vendita potrà essere affidata ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza iscritto nell'elenco di cui all'art. 169-sexies disp. att. In particolare, quest'ultima disposizione, contestualmente introdotta dall'art. 14, comma 1, lett. d), d.l. n. 83/2015, prevede l'istituzione presso ogni Tribunale di un elenco di soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni mobili pignorati. La decisione in ordine ai soggetti che potranno essere iscritti nell'elenco è assunta dal Presidente del Tribunale, sentito il Procuratore della Repubblica, all'esito del vaglio delle schede formate e sottoscritte da ciascuno dei soggetti specializzati che abbia presentato domanda di iscrizione nell'elenco in questione e nelle quali sono riferite le competenze maturate, anche rispetto a specifiche categorie di beni (ad es. quadri, tappeti, gioielli, cavalli).

La previsione di uno specifico albo per i commissionari ha due obiettivi: a) consentire al Presidente del Tribunale un controllo, simile a quello demandato sull'albo dei consulenti tecnici d'ufficio, sull'attività svolta da soggetti cui è demandata una rilevante pubblica funzione; b) favorire la collocazione sul mercato dei beni mobili individuando il commissionario che abbia le competenze specialistiche più adeguate.

Contenuto dell'ordinanza di vendita

Il medesimo d.l. n. 83/2015 è intervenuto, con l'art. 13, comma 1, lett. f), n. 2 sul comma 2 dell'art. 532 con due previsioni di rilevante portata innovativa rispetto all'assetto precedente.

In primo luogo, è stato “arricchito” il contenuto del provvedimento mediante il quale il giudice dell'esecuzione dispone la vendita dei beni mobili e ciò, come precisato nella Relazione Illustrativa, nell'obiettivo di accelerare e rendere certi tempi e procedure.

In particolare, nel provvedimento che dispone la vendita dovranno essere stabiliti il numero complessivo degli esperimenti di vendita, previsti comunque in misura almeno di tre, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalità di deposito delle somme ricavate dalla vendita ed il termine finale alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita restituisce gli atti in cancelleria.

Peraltro, tale previsione, già introdotta dal d.l. 27 giugno 2015, n. 83, è stata modificata dal successivo  d.l. 3 maggio 2016, n. 59, in una prospettiva evidentemente acceleratoria dello svolgimento delle procedure esecutive mobiliari, stabilendo che il numero complessivo degli esperimenti di vendita non può essere superiore a tre (mentre, in precedenza, dovevano essere almeno tre) e che il termine entro il quale il commissionario deve concludere le operazioni di vendita e rimettere il fascicolo al giudice dell'esecuzione non deve essere superiore a sei mesi.

In dottrina si è osservato che “l'intervento normativo costituisce certamente un «pannicello caldo» ma non coglie certi atteggiamenti che oggi caratterizzano le vendite della oggettistica meno preziosa. Si vuol dire che i meccanismi attuali del processo esecutivo del quale si discorre necessitano di una agilità e rispondenza al mercato che si incentra, quando si tratta di beni mobili che non hanno una loro «specifica personalità»: a)  nella valorizzazione di un sistema che non abbia necessità di alcuna preventiva operazione formale; b) nel preferire commissionari che siano in grado di gestire una  continua asta telematica alla quale chiunque può partecipare – in qualunque momento – operando online; c) nel determinare il prezzo-base solo eccezionalmente (se il giudice non reputi, in questa evenienza, di preferire la vendita senza coinvolgere il commissionario) lasciando libera la prima offerta. È, insomma, anacronistico il disposto dell'art. 532 che pretende la fissazione da parte del giudice del «prezzo minimo della vendita»;  d) nell'evitare le vendite in blocco di oggetti che singolarmente possono avere un mercato: da es., si riscontra a volte che un blocco di 1000 CD al prezzo – base di 5000 euro, difficilmente può essere appetibile (anche per un commerciante di tale genere) mentre venduti singolarmente (a 5 euro ciascuno) trovano un certo numero di persone interessate al singolo CD e comportano un qualche introito” (Lazzaro 1 ss.).

Chiusura anticipata della procedura

Mediante l'inserimento di un ultimo periodo nel comma 2 della norma in esame, si è previsto che, laddove all'esito della delega disposta non si sia riusciti a vendere i beni mobili pignorati, salvo che il creditore procedente (ovvero un creditore intervenuto munito di titolo esecutivo) chieda l'integrazione del pignoramento ex art. 540-bis su altri beni del medesimo debitore, verrà disposta la chiusura anticipata della procedura esecutiva, pure in difetto dei presupposti di cui all'art. 164-bis disp. att.

Occorre ricordare che la predetta disposizione normativa è stata introdotta dal d.l. n. 132/2014ha attribuito al giudice dell'esecuzione il potere di disporre d'ufficio la chiusura anticipata della procedura esecutiva laddove risulti che non sia più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, tenuto conto di una serie di circostanze, ovvero i costi necessari per la prosecuzione della procedura, le probabilità di liquidazione del bene ed il presumibile valore di realizzo.

L'ultimo comma dell'art. 532 stabilisce, quindi, che qualora all'esito infruttuoso degli esperimenti di vendita delegati al commissionario non segua la richiesta di integrazione del pignoramento su altri beni del debitore da parte del creditore, il giudice dovrà disporre la chiusura anticipata della procedura esecutiva mobiliare, anche in difetto dei presupposti enucleati dall'art. 164-bis disp. att. (sul quale v. Commento all'art. 629).

La disposizione ha un'evidente finalità acceleratoria sebbene rimetta, di fatto, a differenza dell'art. 164-bis disp. att., ad una scelta del creditore — pur condizionata dall'esistenza di altri beni o crediti pignorabili del proprio debitore — la possibile continuazione della procedura, previa integrazione del pignoramento. Sorgono di qui alcuni interrogativi.

In primo luogo è problematico il regime impugnatorio del provvedimento che si correla, a monte, alla qualificazione del provvedimento.

Potrebbe in primo luogo ritenersi che lo stesso costituisca una forma di estinzione, peraltro ormai tipizzata, della procedura esecutiva, con conseguente reclamabilità del medesimo ai sensi dell'art. 630 c.p.c.

Tale tesi è stata pure affermata da una parte della giurisprudenza di legittimità la quale, sull'assunto del carattere unitario delle forme di estinzione, anche atipiche, del processo esecutivo, in quanto connotate dalla comune circostanza che lo stesso non può proseguire verso il proprio scopo, ha ritenuto che avverso tale provvedimento debba essere in ogni caso esperito il rimedio, altrettanto generale del reclamo, nell'ambito di un sistema organico volto a soddisfare evidenti ragioni di economia processuale, consentendo cioè di verificare, con uno strumento agile e rapido, la sussistenza o meno delle condizioni di estinzione, ferma restando la più ampia tutela degli interessati attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione contro la sentenza emessa a seguito del reclamo (Cass. n. 7762/2003).

Questa soluzione non appare persuasiva, in dottrina, con riguardo alla disciplina generale dettata dall'art. 164-bis disp. att. c.p.c. poiché l'estinzione tipica della procedura esecutiva segue, analogamente a quanto avviene del resto nel processo ordinario di cognizione ex artt. 306 e 307 c.p.c., ad una condotta volontaria della parte, ossia alla rinuncia al processo esecutivo ovvero a determinate forme di inattività processuale. Nell'ipotesi disciplinata dall'art. 164-bis disp. att. c.p.c., infatti, è il giudice dell'esecuzione a valutare che la procedura non può proseguire in quanto la stessa non potrà conseguire alcun risultato utile per la soddisfazione dei creditori, sicché ciò che viene piuttosto in rilievo, come in altre fattispecie di improcedibilità dell'azione esecutiva, è l'impossibilità per il processo esecutivo di conseguire il proprio scopo. Il rimedio esperibile dovrebbe pertanto essere quello generale dell'opposizione agli atti esecutivi.

Tale tesi è stata poi avallata dalla Corte di cassazione sulla specifica questione in esame, rispetto alla quale ha espresso il principio secondo cui il provvedimento di chiusura anticipata del processo esecutivo ai sensi dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c., per infruttuosità dell'espropriazione, non è suscettibile di impugnazione con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. essendo soggetto all'opposizione agli atti esecutivi (Cass. n. 7754/2018). La S.C. ha argomentato la soluzione alla quale è pervenuta – pur riconoscendo che in relazione al provvedimento di estinzione della procedura esecutiva, i rimedi astrattamente invocabili sono il reclamo, ai sensi dell'art. 630 c.p.c., ovvero l'opposizione agli atti esecutivi, a seconda che si ritenga il provvedimento del giudice dell'esecuzione adottato sul presupposto di una delle ipotesi tipiche di estinzione del processo esecutivo, ovvero al fine di pervenire alla cosiddetta estinzione atipica del processo esecutivo – sottolineando che la chiusura anticipata del processo esecutivo per infruttuosità  dell'espropriazione esula dall'estinzione del processo per inattività delle parti che soggiace al reclamo previsto dall'ultimo comma dell'art. 630 c.p.c., trattandosi di ipotesi estranea all'inattività delle parti e per la quale non vi è espressa previsione di reclamo sulla base della clausola iniziale dell'art. 630, comma 1 c.p.c. ("oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge"). Pertanto, la chiusura anticipata del  processo ai sensi dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c. resta quindi impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c. quale rimedio impugnatorio generale avverso i provvedimenti del giudice dell'esecuzione (Cass. n. 7754/2018).

Più problematica, tuttavia, appare la soluzione della questione con riguardo alla chiusura anticipata della procedura esecutiva, anche in difetto dei presupposti di cui all'art. 164-bis disp. att. c.p.c., oggi prevista dall'ultimo comma dell'art. 532 c.p.c. poiché la stessa si fonda, se non sull'inerzia del creditore titolato, quanto meno sulla mancanza di un ulteriore atto di impulso processuale, ossia l'omessa richiesta di integrazione del pignoramento ai sensi dell'art. 540-bis c.p.c., di talché in questo caso il rimedio dovrebbe essere costituito dal reclamo ex art. 630 c.p.c.

Altra questione è l'incidenza della chiusura anticipata dell'espropriazione mobiliare ai sensi della disposizione in esame sul termine di prescrizione.

La chiusura anticipata della procedura esecutiva disposta ai sensi dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c. senza dubbio non estingue l'azione esecutiva che ben potrà, ad esempio, essere promossa su altri beni del debitore esecutato.

Nondimeno, specie nelle ipotesi nelle quali il procedimento attraverso ripetute aste deserte si sia protratto per lunghi anni, potrebbe esservi il rischio dell'operare dei c.d. stabilizzatori di diritto sostanziale, ossia della prescrizione del credito fatto valere.

Ciò potrebbe avvenire ove trovasse applicazione l'orientamento, consolidato per l'estinzione tipica della procedura esecutiva, in forza del quale opera in detta ipotesi l'art. 2945, comma 2, c.c. sicché la proposizione dell'azione esecutiva comporta il solo effetto interruttivo istantaneo della prescrizione e non anche quello sospensivo lungo tutto il corso della procedura (Cass. n. 10770/1998).

Tale tesi non può trovare ragionevolmente applicazione, poiché risulterebbe ingiustamente iniqua per i creditori, nell'ipotesi disciplinata dall'art. 164-bis disp. att. c.p.c.

Invero, la richiamata posizione della S.C. si giustifica poiché l'estinzione tipica della procedura esecutiva segue di regola ad una condotta inerte dei creditori rispetto allo svolgimento di una determinata attività processuale.

Nella fattispecie regolata dall'art. 164-bis disp. att. c.p.c., diversamente, la chiusura anticipata del processo esecutivo si correla a questioni inerenti la difficoltà di collocare il bene pignorato sul mercato e ad una conseguente valutazione discrezionale del giudice sui costi/benefici della procedura. Il creditore è un soggetto “incolpevole”, in sostanza, della chiusura in rito della procedura sicché sarebbe paradossale che debba rischiare, senza aver assunto una condotta inerte nel corso della stessa, di perdere la possibilità di azionare il titolo esecutivo in altra e magari più efficace procedura nei confronti del medesimo debitore. Riteniamo, in definitiva, che nell'ipotesi in esame, debba operare, sino alla chiusura anticipata della procedura esecutiva anche il c.d. effetto sospensivo, della prescrizione, rischiando, una differente soluzione, di porsi in contrasto con l'art. 24 Cost.

Ancora una volta le conclusioni dovrebbero essere diverse con riguardo alla peculiare fattispecie regolata dall'ultimo comma della norma in esame che postula una carenza di attività processuale da parte del creditore costituita dalla mancata richiesta di integrazione del pignoramento in omaggio al disposto dell'art. 540-bis c.p.c. Pertanto, dovrebbe ritenersi che operi la sola efficacia interruttiva del termine di prescrizione dal momento dell'effettuazione del pignoramento o dal deposito della comparsa di intervento. 

Bibliografia

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