Codice di Procedura Civile art. 712 - [Forma della domanda] 1[Forma della domanda]1 [[I]. La domanda per interdizione [414 c.c.] o inabilitazione [415 c.c.] si propone con ricorso [125; 417 c.c.] diretto al tribunale del luogo dove la persona nei confronti della quale è proposta ha residenza o domicilio [28; 43 c.c.].] [[II]. Nel ricorso debbono essere esposti i fatti sui quali la domanda è fondata e debbono essere indicati il nome e cognome e la residenza del coniuge o del convivente di fatto, dei parenti entro il quarto grado [76 c.c.], degli affini entro il secondo grado [78 c.c.] e, se vi sono, del tutore o curatore dell'interdicendo o dell'inabilitando [424 c.c.].2] [1] Articolo abrogato dall'art. 3, comma 49, lett. a), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". [2] Comma modificato dall'articolo 1, comma 47, della l. 20 maggio 2016, n. 76, ha inserito le seguenti parole: «o del convivente di fatto» dopo le parole «del coniuge». InquadramentoSi riporta, considerata la pendenza di procedimenti regolati dal regime anteriore al d.lgs. n. 149 del 2022, il testo delle disposizioni, corredato del relativo commento, anteriore all'abrogazione dell'articolo in commento. Ai sensi dell’art. 414 c.c. deve essere interdetta una persona, maggiore di età, che sia totalmente incapace di assolvere ai propri interessi. A seguito dell’introduzione dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, si tende a ritenere che il nuovo testo dell'arti. 414 c.c. sottintende l'eliminazione del carattere obbligatorio dell'interdizione, la cui applicazione è subordinata ad una condizione di abituale infermità di mente, che renda il maggiore di età o il minore emancipato, incapace di provvedere ai propri interessi, ove tale misura sia necessaria per assicurare la loro adeguata protezione, riservandolo, in considerazione della gravità degli effetti che da essa derivano, a quelle ipotesi in cui nessuna efficacia protettiva sortirebbe una diversa misura (Trib. Bari I, 24 febbraio 2015, n. 815). Il ricorso volto ad ottenere l'interdizione o inabilitazione di una persona che versi nelle condizioni soggettive descritte, rispettivamente, negli artt. 414 e 415 c.c. deve essere depositato dinanzi al tribunale del luogo di residenza effettivo dell'interdicendo o inabilitando (Cass. n. 17235/2006). Nel ricorso devono essere evidenziati a pena di nullità insanabile gli elementi che rivelano l'alterazione patologica delle facoltà mentali (Satta, IV, 333; contra Poggeschi, 59). Nel ricorso vanno indicate le generalità del coniuge o del convivente di fatto, dei parenti entro il quarto grado e degli affini entro il secondo (soggetti peraltro legittimati, come il Pubblico Ministero, alla proposizione del ricorso): tuttavia, non si tratta di parti necessarie nel procedimento all'interno del quale svolgono funzione consultiva. La Corte di legittimità appare incline ad avallare la tesi circa la natura contenziosa di tali procedimenti nei quali trovano, ad esempio, applicazione gli artt. 91 e ss. sulle spese (Cass. n. 21718/2005). Considerata la rilevanza anche pubblicistica dei rapporti ed interessi tutelati nel procedimento di interdizione, non è consentito alla parte che abbia promosso il giudizio di rinunciare agli atti del giudizio stesso, così come non è consentito al p.m. di accettarla, sicché anche in presenza di una rituale rinuncia (nella specie, non accettata dal p.m., che, in linea generale, potendo egli stesso promuovere il procedimento, è titolare degli stessi poteri che competono alle parti, incluso quello di non accettare la rinuncia agli atti del giudizio, impedendone l'estinzione), questo deve proseguire fino alla sua normale definizione (Trib. S. Maria Capua Vetere 30 aprile 1996, in Dir. famiglia, 1998, 107). CompetenzaLa competenza a decidere sul ricorso volto all'interdizione ovvero all'inabilitazione spetta al tribunale del luogo nel quale l'interdicendo o l'inabilitando ha la residenza. È consolidato il principio per il quale la competenza per territorio, in materia di procedimento di interdizione, si determina in base alla residenza effettiva dell'interdicendo e, quindi, in base alla residenza anagrafica, ove difettino prove contrarie alla presunzione della sua coincidenza con detta residenza effettiva (Cass. n. 17235/2006). RicorsoIl ricorso deve essere sottoscritto da un difensore, munito di procura ai sensi dell'art. 125 (Cass. n. 5967/1994). La procura non può essere rilasciata ex art. 125, comma 2, dopo il deposito del ricorso in quanto, mediante tale atto, il ricorrente si rivolge direttamente al giudice (Cass. n. 1701/1975). Il comma 2 della norma stabilisce che il ricorso deve essere corredato dall'esposizione dei fatti sui quali si fonda la domanda. Secondo una parte della dottrina dovrebbero essere puntualmente indicati i fatti che rivelano l'alterazione patologica delle facoltà mentali dell'interdicendo o inabilitando, l'omessa indicazione dei quali sarebbe causa di nullità del ricorso, insuscettibile di successiva sanatoria (Satta, IV, 333). Per altri, è invece sufficiente che il ricorso richiami, anche genericamente, le condizioni della persona, con possibilità di integrazione nel corso del giudizio (Poggeschi, 59). Sotto altro profilo, nel ricorso devono essere indicate le generalità del coniuge o del convivente di fatto, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado e, se vi sono, del tutore o curatore dell'interdicendo o dell'inabilitando. Peraltro, nel giudizio di interdizione o di inabilitazione, i parenti e gli affini che a norma della disposizione in esame devono essere indicati nel ricorso introduttivo, non hanno veste di parti in senso tecnico-giuridico, bensì svolgono funzioni consultive, essendo fonti di informazione per il giudice: ne deriva che la mancata notifica del ricorso ad alcuni dei predetti, a seguito dell'omessa indicazione degli stessi nel ricorso, mentre non determina alcuna nullità del procedimento qualora a tale omissione si sia avviato nel corso dell'istruttoria, può costituire motivo di impugnazione soltanto quando la persistente omissione concerna un congiunto verosimilmente in grado di fornire al giudice informazioni tali da far decidere il giudizio diversamente (Cass. n. 1023/1982). Legittimazione a ricorrere. Parti del procedimentoLa legittimazione a proporre la domanda di interdizione o di inabilitazione spetta al coniuge o al convivente di fatto, ai parenti entro il quarto grado, agli affini entro il secondo, al tutore o al curatore, ove nominati, ed al pubblico ministero. Sotto altro profilo, è stato ribadito più volte dalla S.C., da ultimo anche a Sezioni Unite (Cass. n. 4250/2020 che ha escluso, di conseguenza, la possibilità degli stessi di eccepire il difetto di giurisdizione), che nel giudizio di interdizione parenti ed affini dell'interdicendo non hanno qualità e veste di parti in senso proprio, avendo essi un compito «consultivo» e cioè di fonti di utili informazioni al giudice (Cass. n. 15346/2000). Tale principio trova applicazione anche nel giudizio di revoca dell'interdizione (Cass. n. 2401/2015, in Foro it., 2015, n. 4, 1231, con nota di Casaburi). In sede applicativa è stato ritenuto inammissibile l'intervento adesivo dipendente, nel giudizio di interdizione, dei futuri eredi dell'interdicendo (App. Lecce, 22 novembre 1995, in Arch. civ., 1997, 177, con nota di Mancarelli). Natura del procedimento e statuizione sulle speseLa Corte di Cassazione ha evidenziato che il procedimento di interdizione, pur presentando numerose peculiarità, essendo caratterizzato dalla coesistenza di diritti soggettivi privati e di profili pubblicistici, dalla natura e non disponibilità degli interessi coinvolti, dalla posizione dei soggetti legittimati a presentare il ricorso, che esercitano un potere di azione, ma non agiscono a tutela di un proprio diritto soggettivo, dagli ampi poteri inquisitori del giudice, dalla particolare pubblicità della sentenza e dalla sua revocabilità, si configura pur sempre come un procedimento contenzioso speciale, il che comporta l'applicazione ad esso di tutte le regole del processo di cognizione, salvo le deroghe previste dalla legge (Cass. n. 21718/2005). Deriva da tale generale impostazione che ai fini del regolamento delle spese del procedimento trovano applicazione gli artt. 91 e ss. (Cass. n. 21718/2005; in senso conforme, con riguardo al procedimento di inabilitazione, Cass. n. 1680/1980). In dottrina la questione avente ad oggetto la natura del procedimento in esame è oggetto di vivace discussione. Secondo l'impostazione tradizionale, il procedimento di interdizione rientra nell'ambito della giurisdizione volontaria, essendo privo di alcuni caratteri specifici della giurisdizione contenziosa, quali il contrasto di interessi privati, la trasgressione di norme giuridiche, l'instaurazione su domanda, il contraddittorio, l'attitudine alla cosa giudicata (Fazzalari, 195). Per altri, invece, poiché sia il procedimento di interdizione che quello di inabilitazione presentano anche numerosi caratteri del processo ordinario di cognizione, si tratterebbe di una giurisdizione volontaria con forme contenziose (Satta, IV, 329; Vaccarella, 717) ovvero avrebbe natura contenziosa, avendo ad oggetto un conflitto in ordine alla titolarità della capacità di agire in capo all'interdicendo o inabilitando (Jannuzzi, 220). BibliografiaBriguglio-Capponi (a cura di), Commentario alle riforme del processo civile, I, Padova, 2007; Casaburi, Il nuovo processo di famiglia, in Giur. mer. 2006/3, 5 ss.; Cea, I processi di separazione e divorzio all'indomani della promulgazione della l. n. 80/2005, in Riv. dir. civ. 2006, II, 103 ss.; Cea, L'affidamento condiviso. Profili processuali, in Foro it. 2006, V, 100; Chiarloni (a cura di), Le recenti riforme del processo civile, II, Bologna, 2007; Cipriani, I provvedimenti presidenziali nell'interesse dei coniugi e della prole, Napoli, 1970; Cipriani, Dalla separazione al divorzio, Napoli, 1971; Cipriani, Sulla revoca del consenso per la separazione consensuale (ancora in difesa dell'art. 711 c.p.c.), in Riv. arb. 1994, 938 ss.; Ciprinia, Sulle domande di separazione, di addebito e di divorzio, in Foro it. 2002, I, 385; Cipriani, Processi di separazione e di divorzio, in Foro it. 2005, V, 140; Cipriani-Monteleone (a cura di), La riforma del processo civile, Padova, 2007; Danovi, Al via il “divorzio breve”: tempi ridotti ma manca il coordinamento con la separazione, in Fam. dir. 2015, n. 6, 607; Danovi, Le nuove norme sui procedimenti di separazione e di divorzio, in Riv. dir. proc. 2005, 849; Giordano, Note processuali sulla legge in tema di divorzio c.d. breve, in Giust. civ. 2016, n. 3; Graziosi, Osservazioni sulla riforma dei processi di separazione e di divorzio, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2005, 1113; Luiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano, 2006; Lupoi, La riforma dei procedimenti della crisi matrimoniale: profili sistematici e fase introduttiva, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 955; Lupoi, Aspetti processuali della normativa sull'affidamento condiviso, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 1063; Mandrioli, I provvedimenti presidenziali nel giudizio di separazione dei coniugi, Milano, 1953; Mandrioli, Il « rito ambrosiano » nei giudizi di separazione e divorzio, in Fam. e dir. 1994, 215 ss.; Pagano, Modifica dell'art. 710 del cod. di proc. civ. in materia di modificabilità dei provvedimenti del tribunale nei casi di separazione personale dei coniugi, in Nuove leggi civ. comm. 1989, 367 ss.; Salvaneschi, Provvedimenti presidenziali nell'interesse dei coniugi e della prole e procedimento cautelare uniforme, in Riv. dir. proc. 1994, 1063 ss.; Salvaneschi, Alcuni profili processuali della legge sull'affidamento condiviso, in Riv. dir. proc. 2006, 1292; Salvaneschi, La Corte Costituzionale modifica la competenza nei giudici di divorzio, in Riv. dir. proc. 2009, 491; Tizi, La nuova normativa sul divorzio breve: analisi della disciplina e aspetti problematici, in Nuove leggi civ. comm., 2015, 1079; Tommaseo, Nuove norme per i giudizi di separazione e di divorzio, in Fam. e dir. 2005, 231; Tommaseo, La disciplina processuale della separazione e del divorzio dopo le riforme del 2005 (e del 2006), in Fam. e dir. 2006, 7 ss.; Tommaseo, Dichiarate parzialmente illegittime le regole sul foro competente per i giudizi di divorzio: una sentenza scontata o un'occasione perduta?, in Fam. e dir. 2008, 669. |