Codice di Procedura Civile art. 753 - Persone che possono chiedere l'apposizione.

Mauro Di Marzio

Persone che possono chiedere l'apposizione.

[I]. Possono chiedere l'apposizione dei sigilli:

1) l'esecutore testamentario [700 ss. c.c.];

2) coloro che possono avere diritto alla successione [565 c.c.];

3) le persone che coabitavano col defunto, o che al momento della morte erano addette al suo servizio, se il coniuge, gli eredi o alcuno di essi sono assenti dal luogo;

4) i creditori.

[II]. L'istanza si propone mediante ricorso [125], nel quale il proponente deve dichiarare la residenza [43 2 c.c.] o eleggere domicilio [47 c.c.] nel comune in cui ha sede il tribunale o indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o eleggere un domicilio digitale speciale1.

 

[1] Le parole «o indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o eleggere un domicilio digitale speciale» sono state aggiunte dopo le parole «in cui ha sede il tribunale» dall'art. 3, comma 8, lett. o), del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. V. sub art. 733.

Inquadramento

La norma in commento individua i soggetti legittimati a chiedere l'apposizione dei sigilli e disciplina l'introduzione del relativo procedimento.

In particolare, l'apposizione dei sigilli si chiede con ricorso, ai sensi dell'art. 753, comma 2, analogamente a quanto è previsto, in generale, per i procedimenti camerali di cui all'art. 747, ai quali il procedimento di sigillazione si avvicina.

Il ricorso può essere proposto personalmente dai legittimati — ovvero da loro procuratori generali o speciali —, non essendo prescritta la rappresentanza tecnica.

In proposito, la S.C. tende a negare l'obbligo del patrocinio nei veri e propri procedimenti di volontaria giurisdizione — quale quello di sigillazione — e ad esigerne l'osservanza nei soli procedimenti camerali in cui vengono in questione diritti soggettivi (si veda, in argomento, Civinini, 87 ss.; Maltese, 576).

In giurisprudenza si è raggiunta la stessa soluzione (Cass. n. 5814/1987).

Nel ricorso, il ricorrente deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito e, naturalmente, deve indicare la data e il luogo di apertura della successione, nonché, ai fini della legittimazione, il rapporto che lo lega al de cuius. Si ritiene, inoltre, che debbano essere menzionati « i motivi che ispirano il ricorso » (Grossi, 531; analogamente Satta, 1971, 68).

Occorre soffermarsi, quindi, sul contenuto dell'onere del ricorrente di dimostrare la sussistenza dei presupposti della sigillazione e della propria legittimazione.

La morte, di regola, deve essere dimostrata con la produzione del certificato di morte. Va, però, considerato che il termine a quo per chiedere la sigillazione è costituito dalla morte stessa, il che può rendere non ancora disponibile il certificato. Si è ammessa, perciò, da alcuni la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, da altri l'atto notorio.

Anche la legittimazione al ricorso richiede, normalmente, la prova scritta: dunque, il verbale di accettazione della carica di esecutore testamentario; la documentazione anagrafica da cui si desuma la qualità del ricorrente di successibile ex lege; il testamento con cui il medesimo sia stato istituito erede o legatario; il certificato di residenza del coabitante o documentazione comprovante il rapporto di servizio; la documentazione del credito.

Il provvedimento di sigillazione

La legge non dice espressamente quale forma debba assumere il provvedimento con cui viene disposta l'apposizione dei sigilli, ma è pacifico che si tratti di un decreto (Moscati, 318; Satta, 1971, 68; Grossi, 531). Non è richiesta, perciò, motivazione.

Altrettanto pacifico è che oggetto della sigillazione siano soltanto beni mobili, dal momento che gli immobili non sono suscettibili di sottrazione o dispersione. La sigillazione degli immobili, perciò, è consentita soltanto in quanto strumentale alla conservazione dei mobili che vi sono contenuti (Satta, 1971, 67; Grossi, 532).

In giurisprudenza, si è pronunciato in tal senso un giudice di merito (Trib. Trieste 24 ottobre 1959) che ha escluso l'ammissibilità del ricorso alla sigillazione riguardo ai diritti di credito del defunto, argomentando dall'assunto che il provvedimento può riguardare solo beni mobili.

Si discute se il decreto con cui viene disposta la sigillazione abbia efficacia immediata e se sia impugnabile. Sul punto, la legge nulla prevede espressamente. Secondo un'opinione, il provvedimento è impugnabile secondo le norme dei procedimenti in camera di consiglio ed è applicabile l'art. 741 in ordine alla esecutività (Satta, 1971, 69). Il decreto, dunque, sarebbe reclamabile ed acquisterebbe efficacia solo al decorso del termine per l'impugnazione, previsto dall'art. 739 in dieci giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento, secondo sia reso nei confronti di una o più parti. Il giudice, tuttavia, potrebbe disporre che il decreto abbia efficacia immediata in caso di urgenza, ai sensi dell'art. 741, comma 2. Altri hanno analogamente riconosciuto la soggezione del provvedimento di apposizione dei sigilli al reclamo previsto dall'art. 739, che si reputa applicabile grazie all'estensione, prevista dall'art. 742-bis, delle disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio a tutti gli omologhi procedimenti (Grossi, 535).

E la tesi della reclamabilità del decreto di sigillazione trova il conforto delle sporadiche decisioni sul punto (Trib. Trieste 21 ottobre 1959, Foro pad., 1959, I, 1409; Pret. Roma 31 ottobre 1966, Temi rom., 1968, II, 687). Naturalmente, una volta ammessa, quanto al reclamo, l'applicabilità delle regole proprie dei procedimenti camerali, essa non può che essere estesa all'art. 741.

Secondo una diversa opinione, il provvedimento del giudice con cui si decide l'istanza ha efficacia esecutiva immediata (Moscati, 318).

Altri osservano che, se gli artt. 737 ss., attraverso l'art. 742-bis, pongono una disciplina generale, valida per tutti i procedimenti camerali, tale disciplina, nel rispetto del principio di specialità, non può trovare applicazione se non nei limiti della compatibilità, ove il procedimento al quale il rito camerale deve essere applicato non disponga diversamente. Sicché, per quanto attiene al procedimento di sigillazione, occorre rilevare che esso prelude alla successiva rimozione dei sigilli, da eseguirsi nel rispetto del termine dilatorio di tre giorni, ex art. 762, salvo che il giudice stabilisca diversamente con decreto motivato. La misura, dunque, è temporanea e destinata a cessare attraverso il decreto di rimozione o ad esitare nel procedimento di inventario. Vi è, inoltre, uno specifico meccanismo di controllo del decreto di sigillazione — il decreto di rimozione — che esclude la soggezione al reclamo. E, se non v'è reclamo, il provvedimento è immediatamente esecutivo (Di Marzio, 59).

Ed infine, dalla soggezione alle regole del procedimento camerale, discende che il decreto di sigillazione è sempre revocabile e modificabile, ex art. 742 (Grossi, 535).

L'esecutore testamentario

La norma in commento si riferisce, in primo luogo, all'esecutore testamentario. Come è noto, l'esecuzione testamentaria spetta, di regola, all'erede. Se il testatore l'abbia affidata all'esecutore, è ovvio che debba competergli la legittimazione a chiedere la sigillazione.

Occorre ricordare, in particolare, che, ai sensi dell'art. 705 c.c., ogni volta che tra i chiamati all'eredità vi siano minori, assenti, interdetti o persone giuridiche, l'esecutore testamentario deve obbligatoriamente chiedere l'apposizione dei sigilli. In tal caso, egli deve far redigere l'inventario dei beni dell'eredità in presenza dei chiamati o dei loro rappresentanti, oppure dopo averli invitati. Tale obbligo — occorre chiarire — è indipendente dalla circostanza che l'esecutore sia dotato dell'amministrazione della massa, ex art. 703 c.c.

Si è chiarito, inoltre, che l'espressione « assenti », adottata dal legislatore, non è da riferire a coloro nei cui confronti sia stata dichiarata l'assenza, ex art. 49 c.c., ma alle persone che siano momentaneamente lontane dal luogo ove si apre la successione ed ove ha sede la pretura e che, per tale loro lontananza, si presume che abbiano minore possibilità di tutelare i propri interessi (Giannattasio, 421).

Non c'è dubbio che l'esecutore testamentario, al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 705 c.c. — nelle quali l'apposizione dei sigilli va necessariamente richiesta —, possa chiedere la misura ogni qual volta lo ritenga opportuno, ai sensi dell'espressa previsione dell'art. 753, comma 1, n. 1.

La procedura che l'esecutore testamentario deve seguire, in adempimento dell'obbligo previsto dall'art. 705 c.c., è quella prevista dagli artt. 752 ss. Deve precisarsi che il codice di rito, all'art. 772, comma 1, prevede l'obbligo dell'ufficiale che procede all'inventario di avvisare gli interessati dell'inizio delle operazioni: ciò rende superfluo l'avviso previsto a carico dell'esecutore testamentario dall'art. 705 c.c. L'art. 772, comma 2, tuttavia, prevede un caso di esonero dell'ufficiale dal menzionato obbligo, sicché, in tal caso, l'avviso dovrà essere recapitato dall'esecutore.

Coloro che possono avere diritto alla successione

Tra i legittimati a chiedere l'apposizione dei sigilli la legge, dopo l'esecutore testamentario, menziona « coloro che possono avere diritto alla successione ». In proposito, si è detto che essi sarebbero gli eredi (Moscati, 317), oltre che i legatari, ma l'assunto non sembra da condividere. Difatti, la sigillazione non è ammissibile, non potendosi configurare il presupposto della vacanza nell'amministrazione dei beni ereditari. Ma l'identificazione tra legittimato alla sigillazione ed erede non è condivisibile neppure se, menzionando quest'ultimo, si intenda, invece, riferirsi al chiamato. È ben possibile, infatti, che nella fase di apposizione dei sigilli, neppure si sappia con esattezza chi sia effettivamente chiamato all'eredità. Basti osservare che, ai sensi dell'art. 757, è prevista l'eventualità del rinvenimento di più testamenti, in un quadro in cui l'incertezza sull'identificazione dei successibili non può che essere massima.

Il legislatore, del resto, ha utilizzato un'espressione — « coloro che possono avere diritto alla successione » — che appare volutamente ipotetica e onnicomprensiva. La formula dell'art. 752, n. 2, perciò, deve essere riferita alle persone che, in astratto, potrebbero essere chiamate alla successione, sia legittima che testamentaria (D'Onofrio, 408).

In giurisprudenza, analogamente, si è ritenuto che il sintagma utilizzato va riferito a tutti coloro che, a qualsiasi titolo, anche in via soltanto teorica, possono far valere diritti ereditari (Pret. Roma 23 luglio 1981, Dir. eccl., 1981, II, 415; Pret. Bologna-Imola 18 febbraio 1998, Foro it., 2000, I, 1348).

Possono, dunque, chiedere la sigillazione gli eredi legittimi presunti — si esprimono così, ad altro riguardo, gli artt. 771 e 642 c.c. —, ossia coloro ai quali l'eredità si devolverebbe per legge, come ha chiarito Natoli, 317, riguardo all'art. 642 c.c. Ed inoltre, la legittimazione a chiedere la sigillazione spetta a coloro che sono chiamati alla successione per testamento. E si tratta — occorre sottolineare — di una legittimazione cumulativa, alla quale partecipano tanto coloro che sarebbero chiamati per legge, quanto coloro che sarebbero chiamati per testamento. D'altronde, in questa fase, il giudice della giurisdizione volontaria non potrebbe dirimere contrasti sulla effettiva spettanza della qualità di chiamato all'eredità tra più pretendenti.

Appare in definitiva corretta l'affermazione di un giudice di merito secondo cui possono proporre ricorso per l'apposizione di sigilli, quale misura cautelare volta alla tutela immediata dei diritti successori, coloro i quali potrebbero avere diritto alla successione in base ad una valutazione sommaria della loro legittimazione e della verosimiglianza della pretesa attivata, dovendosi ritenere sufficiente a tal fine anche la sola qualità di eredi in astratto (Trib. Napoli, 9 maggio 2007).

Coabitanti e addetti al servizio del defunto

Ai sensi dell'art. 753, n. 3, sono legittimati a chiedere l'apposizione dei sigilli le persone che coabitavano con il defunto o che al momento della morte erano addette al suo servizio, se il coniuge, gli eredi o alcuni di essi sono assenti dal luogo. È, questa, una disposizione alla quale si è già accennato, giacché è per più aspetti indicativa della natura del procedimento.

In proposito si è osservato che è proprio lo stato di transizione dal de cuius all'eventuale successore che giustifica il provvedimento, e la legittimazione, altrimenti certo anomala, dei coabitanti col defunto e persino dei domestici (Satta, 1971, 68).

Sotto il profilo dell'interesse degli istanti a chiedere la sigillazione si è aggiunto che, in tal modo, essi possono allontanare da sé ogni responsabilità per la custodia del patrimonio ereditario (Satta, 1971, 69).

I creditori

Legittimati a chiedere l'apposizione dei sigilli, infine, sono i creditori, ai sensi dell'art. 753, n. 4. La ragione è evidente, giacché il patrimonio costituisce la garanzia generica del credito che essi vantano, e l'assenza temporanea di amministrazione, arrecando pregiudizio al patrimonio, può nuocere loro. Tuttavia, anche in questo caso la tutela del credito è solo mediata.

Il creditore, infatti, nel chiedere l'apposizione dei sigilli, « agisce come mero interessato, non esercita la tutela del suo credito » (Satta, 1971, 68).

Secondo un'opinione, legittimati a chiedere l'apposizione dei sigilli, oltre ai creditori del defunto, sarebbero anche quelli dei chiamati all'eredità (Moscati, 317). In contrario si è obbiettato che questa tesi prospetta la surrogazione dell'erede da parte del creditore, ex art. 2900 c.c., assimilando implicitamente il provvedimento di apposizione dei sigilli ai provvedimenti cautelari di natura giurisdizionale, il che è da escludere, come si è osservato in precedenza (Grossi, 529). E va anche posto in evidenza che, se il chiamato ha ormai acquistato la qualità di erede, non può disporsi la sigillazione, in mancanza della soluzione di continuità nell'amministrazione della massa che ne costituisce presupposto.

Il creditore non deve essere munito di titolo esecutivo, che la legge non richiede. E, d'altronde, è ben evidente che riconoscere la legittimazione al ricorso per apposizione dei sigilli al solo creditore munito di titolo esecutivo costituirebbe un'incongruità. Difatti, l'esigenza della sigillazione nasce dal fatto stesso della morte del debitore, indipendentemente dalla circostanza che il credito, mentre egli era in vita, fosse stato oggetto di lite conclusasi con la formazione del titolo.

Bibliografia

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