Codice di Procedura Civile art. 828 - Impugnazione per nullità 1

Mauro Di Marzio

Impugnazione per nullità1

[I]. L'impugnazione per nullità si propone, nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo, davanti alla corte d'appello nel cui distretto è la sede dell'arbitrato.

[II]. L'impugnazione non è più proponibile decorsi sei mesi dalla data dell'ultima sottoscrizione2.

[III]. L'istanza per la correzione del lodo non sospende il termine per l'impugnazione; tuttavia il lodo può essere impugnato relativamente alle parti corrette nei termini ordinari, a decorrere dalla comunicazione dell'atto di correzione.

 

[1] Articolo sostituito dall'art. 24 d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Ai sensi dell'art. 27, comma 4, d.lg. n. 40, cit., le disposizioni «si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all'entrata in vigore del presente decreto». Precedentemente l'articolo era stato sostituito dall'art. 20 l. 5 gennaio 1994, n. 25. Il testo anteriore alla riforma recitava: «[I]. L'impugnazione per nullità si propone, nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo, davanti alla corte d'appello, nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato. [II]. L'impugnazione non è più proponibile decorso un anno dalla data dell'ultima sottoscrizione. [III]. L'istanza per la correzione del lodo non sospende il termine per l'impugnazione; tuttavia il lodo può essere impugnato relativamente alle parti corrette nei termini ordinari, a decorrere dalla notificazione della pronuncia di correzione».

[2] Comma così modificato dall'art. 3, comma 54,  del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149  che ha sostituito le parole: «decorsi sei mesi» alle parole: «decorso un anno» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022, il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Inquadramento

Il dibattito sulla questione se il giudizio di impugnazione per nullità del lodo rituale dia luogo ad un giudizio ordinario in unico grado (giudizio nel quale si eserciterebbero simultaneamente un'azione di annullamento del lodo ed una di cognizione del merito della controversia sottoposta ad arbitrato) oppure ad un vero e proprio giudizio di secondo grado avente ad oggetto l'impugnazione del lodo è stato variamente risolto sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza. Attualmente (dopo un significativo arco temporale in cui ha prevalso la prima soluzione: v. ad es. espressamente Cass. n. 12031/2004, che su tale premessa, in caso di mancata comparizione alla prima udienza dell'impugnante, aveva escluso l'applicabilità al giudizio di impugnazione del lodo arbitrale l'art. 348, dettato per l'appello) viene condivisa la seconda soluzione, sul rilievo, fondato sul precetto posto dall'art. 824-bis, che il lodo arbitrale (salvo che per i fini esecutivi, per i quali occorre l'exequatur di cui all'art. 825) equivale alla sentenza del giudice togato (per tutti Boccagna, 212; in giurisprudenza valga rammentare la medesima questione appena menzionata, risolta in senso diametralmente opposto da Cass. n. 13898/2014: l'arbitrato rituale ha natura giurisdizionale per cui l'impugnazione del lodo è soggetta alla disciplina e ai principi che regolano il giudizio di appello, in quanto compatibili; ne consegue che, in caso di tardiva iscrizione a ruolo, l'impugnazione è improcedibile, trovando applicazione l'art. 348, comma 1, e non l'art. 171).

In tale prospettiva si è da ultimo osservato che l'impugnazione per nullità del lodo non introduce un giudizio di primo grado sul rapporto, bensì un giudizio di impugnazione avverso un provvedimento avente natura giurisdizionale, sicché la competenza, stante il disposto di cui all'art. 828, comma 1, spetta al giudice entro il cui ambito territoriale opera l'arbitro che abbia emesso la decisione di primo grado, restando irrilevante la materia oggetto del contendere devoluta all'organo arbitrale (Cass. n. 19993/2020, che ha respinto la tesi del ricorrente, secondo cui la corte d'appello competente avrebbe dovuto essere individuata in quella ove aveva sede la sezione specializzata in materia di imprese, avendo la controversia ad oggetto una materia devoluta alla sua cognizione, affermando invece la competenza della corte d'appello nel cui distretto aveva sede il collegio arbitrale).

L'impugnazione per nullità non dà peraltro luogo ad appello rivolto contro il lodo, essendo in prima battuta diretto alla verifica della sussistenza dei vizi elencati dall'art. 829 e solo in seconda battuta ad un eventuale riesame del merito (Cass. n. 3229/2012; Cass. n. 20880/2010).

Per conseguenza, nell'impugnativa del lodo arbitrale per nullità, la corte di appello non può rilevare d'ufficio motivi non dedotti con l'atto di impugnazione - salvo la nullità del compromesso e della clausola compromissoria - trattandosi di un gravame rigorosamente limitato e vincolato, nell'effetto devolutivo, al giudice che ne è investito, sia in astratto, dalla tipicità dei vizi deducibili, sia in concreto, da quelli espressamente e specificamente dedotti (Cass. n. 28191/2020).

Il giudizio di impugnazione delle pronunce arbitrali si compone cioè di due fasi. Nella prima, rescindente, non è consentito alla corte d'appello procedere ad accertamenti di fatto, dovendo il giudice dell'impugnazione limitarsi ad accertare eventuali cause di nullità del lodo, che possono essere dichiarate soltanto in conseguenza di determinati errori in procedendo, nonché per inosservanza delle regole di diritto, nei limiti previsti dall'art. 829 (Cass. n. 9387/2018).

Si ritengono perciò generalmente applicabili, nei limiti della compatibilità, le norme dettate per l'appello (Cass. n. 6291/2000), ma, con riguardo al requisito della specificità dei motivi, si richiama la disciplina dell'impugnazione per cassazione (Cass. n. 3383/2004). Su tali premesse è stata affermata l'inapplicabilità del regime delle preclusioni dettato dall'art. 183 per il giudizio di primo grado (Cass. n. 6517/2003; Cass. n. 12544/2013).

Il procedimento di impugnazione in generale

In generale l'impugnazione per nullità del lodo arbitrale (che è esperibile nei soli riguardi del lodo arbitrale rituale, con la conseguenza che l'impugnazione rivolta contro un arbitrale irrituale è inammissibile, quantunque il lodo sia stato erroneamente omologato: Cass. n. 2213/2007) introduce un ordinario procedimento giurisdizionale, nel quale, in mancanza di diversa disciplina, valgono le norme procedurali ordinarie (Cass. n. 6362/1995, concernente la riconosciuta l'applicabilità della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, prevista dall'art. 1 l. n. 742/1969). 

In particolare, secondo la S.C., nel giudizio di impugnazione per nullità del lodo arbitrale, si applicano gli istituti e le regole del processo ordinario di cognizione in appello, laddove manchi una disciplina specifica del mezzo d'impugnazione. Ne consegue ad esempio che all'inerzia reiterata delle parti conseguono gli effetti previsti dalle norme processuali applicabili, risultando del tutto infondata la tesi secondo cui il giudizio di impugnazione del lodo, una volta che sia stato promosso, deve comunque proseguire, anche per effetto di impulso ufficioso, salva solo la rinuncia del ricorrente (Cass. n. 13927/2019).

Legittimato all'impugnazione è secondo le regole generali il soccombente che sia stato formalmente parte del giudizio arbitrale (Cass. n. 8545/2003 ove si chiarisce che non è per converso legittimato colui che a tale giudizio sia rimasto estraneo, anche se sia l'effettivo titolare del rapporto sostanziale oggetto della controversia decisa dagli arbitri, trattandosi, rispetto al lodo, pur sempre di un terzo il quale può far valere il suo diritto con l'opposizione di cui all'art. 404, comma 1, richiamato dall'art. 831, a nulla rilevando che il lodo contenga un'espressa pronuncia anche nei confronti di detto terzo). Sono naturalmente legittimati i successori a titolo universale o particolare del soccombente.

Passivamente legittimato è, specularmente, il vincitore nel giudizio arbitrale. Si ritengono applicabili gli artt. 331 e 332.

La competenza spetta alla corte d'appello nella cui circoscrizione si trova la sede dell'arbitrato. La competenza è funzionale e inderogabile riguardando un giudizio di secondo grado, sostanzialmente assimilabile all'appello (anche se «limitato»), e, quindi, sono inderogabili (Cass. n. 952/1992). Non trova applicazione il principio stabilito dall'art. 50, secondo il quale la tempestiva proposizione del gravame ad un giudice incompetente impedisce la decadenza dell'impugnazione: ed infatti detta regola non opera quando l'impugnazione sia stata proposta ad un giudice incompetente per grado e, di conseguenza, non opera nell'ipotesi di proposizione al tribunale, invece che alla corte di appello, dell'impugnazione per nullità del lodo arbitrale, atteso che i criteri di competenza di cui all'art. 828, comma 2, hanno come si diceva carattere funzionale, riguardando un giudizio di secondo grado avente natura di appello, anche se «limitato» (Cass. n. 3586/1993; Cass. n. 5814/1999; Cass. n. 4159/2011; Cass. n. 19182/2013).

L'impugnazione si propone con citazione, indipendentemente dalla materia oggetto della convenzione di arbitrato e quindi del lodo. L'atto di citazione volto all'impugnazione per nullità del lodo arbitrale rituale non è congegnato come un atto d'appello ed il giudizio di impugnazione per nullità, che pure è per l'appunto un giudizio di impugnazione, è considerato quale giudizio di primo grado, sebbene devoluto alla corte d'appello, dal momento che non v'è un giudizio di primo grado svoltosi in sede giurisdizionale.

Alla citazione introduttiva del giudizio per nullità del lodo rituale si applica l'art. 163-bis sul termine a comparire, compresa la disposizione che prevede l'abbreviazione del termine (Cass. S.U., n. 10155/1998).

In caso di inosservanza dei termini a comparire, e dunque di nullità della citazione volto all'impugnazione di cui all'art. 828, sembra, attesa l'assimilabilità di tale impugnazione a quella mediante appello, doversi fare applicazione del principio a tal riguardo affermatosi, a partire da Cass. S.U. , n. 16/2000, secondo cui la nullità della citazione in appello non è suscettibile di sanatoria, avendo essa non soltanto lo scopo di introdurre il giudizio, ma anche di impedire il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (da ult. con riguardo all'appello Cass. n. 18868/2014).

Il perentorio termine per l'impugnazione (sottoposto a sospensione feriale: Cass. n. 6362/1995) è quello «breve» di novanta giorni dalla notifica del lodo ovvero quello «lungo» di sei mesi (termine così ridotto dalla riforma del 2022, di cui al d.lgs. n. 149/2022) dall'ultima sottoscrizione. Ai fini della decorrenza del termine breve la notificazione della decisione arbitrale può essere effettuata mediante consegna alla parte personalmente o, in alternativa, al difensore, senza che assuma rilievo l'elezione di domicilio presso tale professionista (Cass. n. 33140/2022).

Il disposto di cui all'art. 828, comma 2, deve essere interpretato nel senso che il c.d. termine lungo per impugnare per nullità il lodo decorre dalla data dell'ultima sottoscrizione - e non dalla comunicazione del lodo alle parti o dal suo deposito -, in tal senso orientando non solo la lettera ma anche la ratio della norma citata, in coerenza con la logica e la struttura dell'intero sistema dell'arbitrato, atteso che il lodo, salvo quanto disposto dall'art. 825 ai fini dell'esecutività, produce gli effetti della sentenza pronunciata dall'Autorità giudiziaria proprio dalla data della sua ultima sottoscrizione. Tale specifica scelta del legislatore non contrasta con alcun precetto costituzionale, in quanto la tutela del soccombente è garantita dal lungo periodo per impugnare, nonché dalla certa sua conoscenza della decisione arbitrale mediante la comunicazione alle parti del lodo entro appena dieci giorni, termine che lascia a disposizione ancora un lungo lasso per impugnare il lodo stesso, senza alcuna compromissione del diritto di difesa, ove diligentemente esercitato (Cass. S.U., n. 8776/2021).

La violazione del termine per l'impugnazione determina l'inammissibilità rilevabile d'ufficio (Cass. S.U., n. 3997/1987). Qualora il lodo non rechi tutte le sottoscrizioni ma solo una o più sottoscrizioni complete di data, non contestuali tra loro o con la redazione del documento, e si verta pertanto in una ipotesi di nullità e non di inesistenza del lodo, il termine di un anno per l'impugnazione, stabilito all'art. 823, comma 2, decorre dalla data in cui è stata apposta l'unica o l'ultima sottoscrizione datata o databile, anche se anteriore ad altra sottoscrizione non datata (Cass. n. 2704/2007).

Il termine di novanta giorni stabilito dall'art. 828, comma 1, per l'impugnazione del lodo decorre dalla data della notifica del lodo medesimo ad istanza di parte, della quale non costituisce equipollente la comunicazione integrale, a cura degli arbitri, ancorché tale comunicazione sia eseguita (con forma più rigorosa di quella prevista della spedizione in plico raccomandato) mediante notificazione dell'ufficiale giudiziario (Cass. n. 17420/2004; Cass. n. 13906/2007; Cass. n. 19182/2013; equipollente della notificazione del lodo è stata invece ritenuta l'impugnazione del medesimo erroneamente introdotto innanzi al tribunale: Cass. n. 4092/2007).

Quanto al destinatario della notificazione, per i fini del decorso del termine breve, la S.C. ha in passato lungamente ritenuto che essa potesse essere indirizzata alternativamente alla parte personalmente ovvero al suo difensore domiciliatario, in detta qualità, nel giudizio arbitrale (p. es. Cass. n. 698/1998). È stata invece poi ritenuta inidonea (sull'assunto della cessazione del rapporto con il professionista a seguito della conclusione dell'arbitrato, e cioè ponendo l'accento sulla natura negoziale e non giurisdizionale del medesimo) la notificazione al difensore e non alla parte personalmente (Cass. n. 544/2004). Oggi non v'è dubbio che la notificazione del lodo possa essere seguita presso il difensore, come stabilito dall'art. 816-bis (la norma stabilisce che «il difensore può essere destinatario della comunicazione della notificazione del lodo e della notificazione della sua impugnazione», e sembra dunque suggerire che il difensore non sia il destinatario esclusivo della notificazione, ma lo sia in alternativa alla parte personalmente).

Alterne vicende hanno riguardato anche la notificazione dell'impugnazione. La S.C. escludeva in passato l'applicabilità dell'art. 330, laddove esso si riferisce alla notificazione dell'impugnazione presso il difensore, sulla considerazione che il rapporto tra la parte ed il suo difensore si svolge in sede di arbitrato su un piano strettamente contrattuale (Cass. n. 4397/1999). Nondimeno si affermava che la notificazione dell'impugnazione per nullità del lodo arbitrale, ancorché non soggetta alla disciplina dettata dall'art. 330, circa la notificazione al procuratore costituito, tenuto conto che il rapporto fra la parte ed il suo difensore, nel giudizio arbitrale, si svolge sul piano meramente contrattuale del mandato con rappresentanza, deve ritenersi validamente effettuata presso detto difensore, per il quale la ricezione dell'impugnazione rientra tra gli adempimenti che gli incombono per la definizione del giudizio arbitrale, ed in specie in base all'art. 141, comma 2, qualora il difensore medesimo abbia la qualità di domiciliatario della parte (Cass. n. 7597/1990; Cass. n. 4397/1999). Successivamente le sezioni unite hanno accolto il diverso orientamento secondo cui l'impugnazione per nullità del lodo arbitrale deve essere notificata alla parte personalmente, non presso la persona che l'abbia difesa nel procedimento arbitrale, ancorché cumulando in detta sede la veste di domiciliataria, mentre resta al riguardo irrilevante che detto difensore sia un legale abilitato all'esercizio della professione, o sia anche munito di procura, sempre con elezione di domicilio, per la dichiarazione di esecutività del lodo o per l'intimazione del precetto ed il promuovimento dell'esecuzione forzata, potendo l'elezione di domicilio riguardare la notificazione dell'impugnazione per nullità del lodo solo se contenuta nel compromesso o nella clausola compromissoria, in relazione alla riconducibilità di detta impugnazione al rapporto od affare per il quale si è concordato il ricorso ad arbitri, non anche quando sia accessoria all'incarico difensivo per il procedimento arbitrale o per i successivi momenti dell'esecutività ed esecuzione del lodo, atteso che, in queste ultime ipotesi, quella notificazione è atto estraneo ed esterno ai compiti del mandatario-domiciliatario, stante la diversificazione e la separazione del procedimento di formazione ed attuazione del lodo e del giudizio rivolto a denunciarne la nullità. Tuttavia, l'irrituale effettuazione della notificazione dell'impugnazione presso quel difensore, anziché alla parte personalmente, non implica, inesistenza, ma nullità della notificazione medesima, e, dunque, un vizio emendabile con effetto ex tunc (ed esclusione del verificarsi di decadenza per l'eventuale sopraggiungere della scadenza del termine d'impugnazione) con la costituzione del convenuto, ovvero, in difetto di tale costituzione, con la rinnovazione della notificazione medesima, cui la parte istante provveda spontaneamente od in esecuzione di ordine impartito dal giudice ai sensi dell'art. 291 (Cass. S.U., n. 3075/2003).

Peraltro, l'irrituale effettuazione della notificazione dell'impugnazione per nullità del lodo arbitrale presso il difensore che l'abbia difesa nel procedimento arbitrale, anzichè alla parte personalmente, non implica inesistenza, ma nullità della notificazione medesima e, dunque, un vizio sanabile con la costituzione del convenuto, ovvero, in difetto di tale costituzione, con la rinnovazione della notificazione cui la parte istante provveda spontaneamente od in esecuzione di ordine impartito dal giudice ai sensi dell'art. 291. Più in particolare, la costituzione del convenuto produce una sanatoria del vizio con efficacia retroattiva ed esclude ogni decadenza, anche quella per l'eventuale sopraggiungere della scadenza del termine d'impugnazione (Cass. n. 29191/2020).

La legittimazione del difensore nel giudizio arbitrale a ricevere la notifica dell'impugnazione del lodo è oggi riconosciuta dall'art. 816-bis. Tale legittimazione sembra essere concorrente con quella della parte.

Nel giudizio di impugnazione per nullità del lodo arbitrale trova applicazione la regola della specificità della formulazione dei motivi (prescritta per il ricorso per cassazione), in considerazione della natura rescindente di tale giudizio e del fatto che solo il rispetto di detta regola può consentire al giudice ed alla parte convenuta di verificare se le contestazioni formulate corrispondano esattamente ai casi di impugnabilità stabiliti dall'art. 829 (Cass. n. 27321/2020Cass. n. 6194/1996; Cass. n. 5370/1997; Cass. n. 9082/1997; Cass. n. 11917/1998), senza che siano ammissibili motivi aggiunti (Cass. n. 4820/1984). Peraltro, qualora la parte, prospettando la violazione di più principii, non specifichi se i vizi denunziati afferiscano alla motivazione del lodo o alla violazione di norme di legge, lasciando al giudice dell'impugnazione di pronunziare sull'una e sull'altra, è necessario che questi esamini entrambi i profili e, ove ritenuta non ammissibile quella implicante un non consentito sindacato sulla motivazione in fatto del lodo, conduca la sua valutazione sulla denunziata violazione di legge (Cass. n. 6028/2007). Nulla rileva di per sé che l'atto di impugnazione sia stato qualificato come atto di appello e sia stata richiesta non già la dichiarazione di nullità del lodo ma la sua riforma (Cass. n. 5370/1997; Cass. n. 7801/1997; Cass. n. 7588/1999; Cass. n. 8165/2000; Cass. n. 15136/2000; Cass. n. 686/2001).

In caso di soccombenza reciproca, anche nel giudizio di impugnazione per nullità, il convenuto ha l'onere di proporre impugnazione incidentale (Cass. n. 3229/2012). Si applica infatti in proposito la disciplina dettata per l'impugnazione incidentale, che va proposta nelle forme e nei modi previsti dall'art. 343 (Cass. n. 7214/1990). Anche nel giudizio di impugnazione per nullità del lodo arbitrale è dunque applicabile il principio dell'unità del processo d'impugnazione secondo cui la proposizione dell'impugnazione principale determina, nei riguardi di tutti coloro cui il relativo atto venga notificato, l'onere, a pena di decadenza, di esercitare il proprio diritto di impugnazione nei modi e nei termini previsti per l'impugnazione incidentale, in applicazione della regola fondamentale della concentrazione delle impugnazioni contro la stessa sentenza (Cass. n. 3229/2012).

Bibliografia

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