Codice di Procedura Penale art. 105 - Abbandono e rifiuto della difesa.Abbandono e rifiuto della difesa. 1. Il consiglio dell'ordine forense ha competenza esclusiva per le sanzioni disciplinari relative all'abbandono della difesa o al rifiuto della difesa di ufficio [97]. 2. Il procedimento disciplinare è autonomo rispetto al procedimento penale in cui è avvenuto l'abbandono o il rifiuto. 3. Nei casi di abbandono o di rifiuto motivati da violazione dei diritti della difesa, quando il consiglio dell'ordine li ritiene comunque giustificati, la sanzione non è applicata, anche se la violazione dei diritti della difesa è esclusa dal giudice. 4. L'autorità giudiziaria riferisce al consiglio dell'ordine i casi di abbandono della difesa, di rifiuto della difesa di ufficio o, nell'ambito del procedimento, i casi di violazione da parte del difensore dei doveri di lealtà e probità nonché del divieto di cui all'articolo 106, comma 4-bis1. 5. L'abbandono della difesa delle parti private diverse dall'imputato [100], della persona offesa, degli enti e delle associazioni previsti dall'articolo 91 [101] non impedisce in alcun caso l'immediata continuazione del procedimento e non interrompe l'udienza.
[1] Comma così sostituito dall'art. 15 l. 13 febbraio 2001, n. 45. Il testo del comma era il seguente: «L'autorità giudiziaria riferisce al consiglio dell'ordine i casi di abbandono della difesa, di rifiuto della difesa di ufficio e di violazione da parte dei difensori nel procedimento dei doveri di lealtà e di probità». InquadramentoL'articolo in esame fissa il principio di separazione e autonomia del procedimento penale rispetto a quello disciplinare sotto il profilo delle conseguenze derivanti dalle condotte del difensore di abbandono e rifiuto della difesa, di violazione dei doveri di lealtà e probità e di assunzione di difese in situazioni di incompatibilità. Abbandono e rifiutoSi ha abbandono della difesa quando il difensore, di fiducia o d'ufficio, dopo aver accettato l'incarico e iniziato a svolgere l'attività di assistenza tecnica decide di non compiere ulteriori atti nell'interesse dell'assistito (Frigo, Art. 105, in Amodio-Dominioni, I, 694; Ricci, Il difensore, in Dean (a cura di), Soggetti e atti, I, in Spangher, 2008, 722). Il rifiuto, invece, è un comportamento ascrivibile al solo difensore d'ufficio, anche se nominato in qualità di sostituto, che non voglia accettare la nomina senza un giustificato motivo. Mentre nel primo caso viene in rilievo la violazione degli obblighi deontologici nei confronti del cliente derivanti dall'assunzione del mandato difensivo, nel secondo caso vi è una violazione dell'obbligo di difesa sancito dall'art. 97, comma 5. Si ritiene che la volontà di abbandonare la difesa debba essere espressamente manifestata, non essendo possibile desumere tale volontà dalla condotta processuale tenuta dal difensore, poiché non compete all'autorità giudiziaria, in difetto di una espressa disposizione di legge, sindacare le scelte difensive, espressioni di esercizio libero, autonomo ed inviolabile del diritto di difesa (Cass. I, n. 47303/2011; Cass. VI, n. 3898/1995). Quindi, al difensore di fiducia, regolarmente nominato che non abbia svolto alcuna attività nel corso del giudizio, deve essere comunque riconosciuto il diritto di ricevere, almeno per tutti i giudizi di merito, la notifica degli atti destinati alla difesa (Cass. I, n. 47303/2011). Le conseguenze dell'abbandono della difesa variano a seconda delle diverse posizioni processuali dei soggetti difesi e dei relativi interessi in gioco nel processo (Tranchina-DI Chiara, 173): se viene abbandonato l'imputato occorre attendere la nomina, d'ufficio o di fiducia, di un nuovo difensore, mentre se viene abbandonata una parte privata, una persona offesa o un ente esponenziale degli interessi lesi dal reato, il procedimento prosegue regolarmente. Profili processualiL'articolo in esame sancisce l'autonomia della categoria forense rispetto al potere giudiziario, in quanto riconosce al consiglio dell'ordine forense la competenza esclusiva all'irrogazione di sanzioni disciplinari derivanti da comportamenti di abbandono della difesa o di rifiuto di una nomina d'ufficio. Così operando, il legislatore esprime la piena consapevolezza che l'effettività della difesa tecnica dipende anche dalla libertà del difensore dal controllo del giudice, che potrebbe condizionarne l'operato (Frigo, 690; Cristiani, in Chiavario, I, 482). Il giudice deve limitarsi a segnalare al consiglio dell'ordine i casi di abbandono della difesa, di rifiuto della difesa d'ufficio, di violazione dei doveri di lealtà e probità e i casi di incompatibilità ex art. 106, comma 4-bis, lasciando, però, all'organo di categoria le successive valutazioni e le conseguenti decisioni, che, peraltro, richiedono un'analisi del singolo caso concreto per accertare l'intenzionalità del comportamento segnalato (Tonini, 145) e la sussistenza di condizioni che possono giustificarlo. Al riguardo il legislatore considera esente da responsabilità disciplinare l'avvocato che abbia tenuto il comportamento censurato in ragione della ritenuta violazione dei diritti della difesa. In ossequio al principio di separazione e autonomia dei procedimenti (disciplinare e penale), tale giustificazione, se riscontrata dall'organo di categoria, esclude l'applicazione della sanzione disciplinare, a prescindere dalle affermazioni del giudice. Occorre segnalare che le Sezioni Unite civili hanno escluso che tra le cause che possono giustificare il comportamento censurato rientrino i meri motivi di coscienza personale non avvallati da specifica spiegazione (Cass. S.U., n. 5075/2003, che ha riconosciuto la violazione del dovere etico e giuridico di provvedere alla difesa dei non abbienti in un caso di rifiuto della difesa d'ufficio di un soggetto ammesso al gratuito patrocinio). Astensione di categoriaCon la sentenza Corte cost. n. 171/1996, la Corte ha chiarito che l'adesione dell'avvocato ad uno sciopero di categoria costituisce espressione della libertà di associazione riconosciuta dall'art. 18 Cost. e non già un‘ipotesi di abbandono della difesa. La Corte ha, tuttavia, riconosciuto che l'esercizio di tale diritto entra inevitabilmente in conflitto con il diritto di difesa, anch'esso costituzionalmente riconosciuto, rendendo necessaria una regolamentazione della materia che regoli il bilanciamento fra i due diritti. Il bilanciamento è stato realizzato in via generale dalla l. n. 146/1990 (come modificata dalla l. n. 83/2000) e dalle fonti secondarie ivi previste, alle quali è stata dalla legge attribuita la competenza in materia (codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle attività forensi, adottato dagli organismi di categoria il 4 aprile 2007 e ritenuto idoneo dalla Commissione per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali con delibera del 13 dicembre 2007). Al giudice spetta solo il compito di accertare se l'adesione all'astensione sia avvenuta nel rispetto delle regole fissate dalle competenti disposizioni primarie e secondarie, previa loro corretta interpretazione (Cass. S.U., n. 40187/2014). Occorre ricordare che l'astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisca ad una protesta di categoria non è consentita nei procedimenti relativi a misure cautelari personali, in quanto l'art. 4 del codice di autoregolamentazione, esclude espressamente che l'astensione possa riguardare le udienze penali «afferenti misure cautelari» (Cass. S.U., n. 26711/2013). L'astensione dalle udienze penali da parte del difensore non è consentita neppure nei procedimenti relativi a reati per i quali la prescrizione è destinata a maturare entro i successivi 90 giorni, come previsto dal codice di autoregolamentazione (Cass. II, n. 21779/2014). Le Sezioni Unite hanno chiarito che anche le udienze camerali a partecipazione non necessaria devono essere rinviate a fronte di una dichiarazione del difensore di adesione all'astensione proclamata dall'organismo rappresentativo della categoria, effettuata o comunicata dal difensore medesimo nelle forme e nei termini previsti dall'art. 3, comma 1, del codice di autoregolamentazione (Cass. S.U., n. 15232/2014). BibliografiaFilippucci, Sciopero degli avvocati tra nuova regolamentazione e giusto processo, in Giur. it. 2002, 2129; Russo, L'astensione del difensore dalle udienze: profilo di costituzionalità, in Giust. pen. 1995, 182; Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2013, 145; Tranchina-DI Chiara, I soggetti, in Siracusano-Galati-Tranchina-ZappalÀ, Diritto processuale penale, I, Milano, 2011, 173. |