Codice di Procedura Penale art. 124 - Obbligo di osservanza delle norme processuali.Obbligo di osservanza delle norme processuali. 1. I magistrati, i cancellieri e gli altri ausiliari [126] e collaboratori del giudice, gli ufficiali giudiziari, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria [57] sono tenuti a osservare le norme di questo codice anche quando l'inosservanza non importa nullità [177 s.] o altra sanzione processuale1. 2. I dirigenti degli uffici vigilano sull'osservanza delle norme anche ai fini della responsabilità disciplinare2 .
[1] Comma modificato dall'art. 18, comma 2, lett. a) d.lgs 10 ottobre 2022, n. 151, che ha inserito le parole «e collaboratori» dopo la parola «ausiliari». [2] V. in tema di responsabilità disciplinare dei magistrati il d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109. InquadramentoLa norma impone ai pubblici ufficiali che assumono un ruolo nel processo il generale obbligo di osservanza di tutte le norme processuali, anche quando la loro inosservanza non sia direttamente presidiata da sanzioni processuali. Profili generaliLa disposizione appare invero superflua, costituendo essa mera specificazione del principio generale che rende cogenti le norme anche quando alla loro violazione l'ordinamento non ricolleghi la irrogazione di una sanzione (norme dette non coattive). Nondimeno, essa rende esplicito che le norme processuali devono essere osservate anche quando la loro violazione non determini nullità od altra sanzione processuale. Destinatari apparenti della disposizione sono solo le parti pubbliche; dunque, magistrati, cancellieri, ausiliari del giudice, ufficiali giudiziari, ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria. Non pare tuttavia dubitabile che l'obbligo del rispetto delle regole processuali, proprio perché discendente dai principi generali dell'ordinamento prima ancora che dalla norma in commento, abbia in realtà come destinatari tutti gli attori del processo, e quindi anche le parti private ed i loro i loro difensori. La responsabilità disciplinare, in particolare dei magistratiLa violazione delle regole del processo, pur non determinando patologie degli atti, può però costituire fonte di responsabilità disciplinare secondo le regole proprie dell'ordinamento delle singole categorie professionali. E, per questo, la norma pone un obbligo di vigilanza e — per quanto non espressamente previsto — di segnalazione in capo ai dirigenti degli uffici giudiziari. L'ipotesi più rilevante di possibile responsabilità disciplinare derivante dalla inosservanza delle norme processuali concerne i magistrati. Il d.lgs. n. 109/2006, recante tra l'altro disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, prevede all'art. 2 la rilevanza disciplinare di molteplici condotte del magistrato riconducibili alla violazione di norme processuali. Rilevano sotto tale profilo in particolare: a) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge; b) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile; c) l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge; d) l'adozione di provvedimenti in casi non consentiti dalla legge, per negligenza grave e inescusabile, che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; e) il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni; si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto; f) la divulgazione, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione; g) l'adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo; h) l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile; i) l'inosservanza dell'articolo 123 delle norme di attuazione, che disciplina il luogo di svolgimento delle udienze di convalida degli arresti. CasisticaIn applicazione di tali principi si è ritenuto che: a) la decisione del giudice collegiale deliberata nell'aula di udienza è valida in quanto la inosservanza dell'art. 125, comma 4, che prevede che il giudice decide in camera di consiglio senza la presenza dell'ausiliario e delle parti e che la sua deliberazione è segreta, è sfornita di sanzione processuale; ma resta salva la eventuale applicabilità di sanzioni disciplinari, dal momento che, in base al disposto dell'art. 124, i magistrati sono tenuti ad osservare le norme del codice anche quando la loro inosservanza non importa nullità o altra sanzione (Cass. I, n. 39928/2002); b) ha mera natura ordinatoria il termine di cinque giorni previsto dall'art. 299 per la decisione sull'istanza di revoca o sostituzione delle misure coercitive (Cass. VI, n. 44092/2014); c) è legittimo il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che rigetti la richiesta di decreto penale di condanna per inosservanza del termine di sei mesi entro il quale, ai sensi dell'art. 459, deve essere presentata la richiesta in quanto l'obbligo del rispetto delle regole processuali stabilito dall'art. 124 vige nei confronti di tutti i soggetti processuali, ivi compreso il Pubblico Ministero (Cass. V, n. 41146/2005); d) la violazione della regola posta dall'art. 351, che impone in determinati casi alla polizia giudiziaria di chiedere al PM la nomina di un esperto quando deve assumere sommarie informazioni da minori, non determina la nullità delle dichiarazioni assunte, ma può assumere rilievo ai fini di una responsabilità disciplinare, oltre che incidere sulla valutazione di attendibilità dei contenuti dichiarativi. (Cass. III, n. 3651/2013); e) la partecipazione alla camera di consiglio di persone illegittimamente ammesse ad assistervi può dare luogo a responsabilità disciplinare del magistrato ai sensi dell'art. 124, ma non è specificamente sanzionata da nullità (Cass. I, n. 8737/2002). BibliografiaVedi sub art. 109 |