Codice di Procedura Penale art. 145 - Ricusazione e astensione dell'interprete.Ricusazione e astensione dell'interprete. 1. L'interprete può essere ricusato, per i motivi indicati nell'articolo 144, dalle parti private e, in rapporto agli atti compiuti o disposti dal giudice, anche dal pubblico ministero. 2. Quando esiste un motivo di ricusazione, anche se non proposto, ovvero se vi sono gravi ragioni di convenienza per astenersi, l'interprete ha obbligo di dichiararlo. 3. La dichiarazione di ricusazione o di astensione può essere presentata fino a che non siano esaurite le formalità di conferimento dell'incarico [146] e, quando si tratti di motivi sopravvenuti ovvero conosciuti successivamente, prima che l'interprete abbia espletato il proprio incarico. 4. Sulla dichiarazione di ricusazione o di astensione decide il giudice con ordinanza. InquadramentoLa norma si limita a stabilire che l'interprete, in tutte le ipotesi in cui versa in condizione di incapacità od in situazione di incompatibilità a norma dell'art. 144, ha l'obbligo di astenersi e che, nel caso in cui non lo faccia, può essere ricusato dalle parti. Profili generaliA differenza di quanto avviene per il giudice ed il perito, il legislatore processuale non individua specifiche cause di astensione e ricusazione dell'interprete. Del resto, l'attività di mera traduzione dovrebbe avere natura non discrezionale, o comunque margini di autonoma valutazione molto ridotti. Cosicché è sufficiente che l'interprete non versi in condizione di incapacità od in situazione di incompatibilità, costituendo questo garanzia sufficiente per il corretto assolvimento dell'incarico. Dunque, l'interprete può essere ricusato quando versi in condizione di incapacità od in situazione di incompatibilità, dalle parti private e, in rapporto agli atti compiuti o disposti dal giudice, anche dal pubblico ministero. Per la individuazione di tali ipotesi si rinvia al commento sub art. 144. Singolare è che la norma non preveda, né fra le condizioni di capacità, né fra quelle di incompatibilità e neppure in sede di ricusazione la rilevanza di quella che, in definitiva, è una precondizione inespressa della abilità all'ufficio: la corretta conoscenza da parte dell'interprete della lingua parlata dal soggetto interpretato. Talché essa è questione che, anche a seguito di impulso delle parti che al riguardo hanno indubbiamente il diritto di interlocuzione, risulta interamente rimessa al prudente apprezzamento del giudice e non soggettaa specifici poteri di impugnazione delle parti. La dichiarazione di ricusazione può essere presentata fino a che non siano esaurite le formalità di conferimento dell'incarico e, quando si tratti di motivi sopravvenuti ovvero conosciuti successivamente, prima che l'interprete abbia espletato il proprio incarico. Quando esiste un motivo di ricusazione, anche se non sollevato da alcuno, ovvero se vi sono gravi ragioni di convenienza per astenersi, l'interprete ha obbligo di dichiararlo, entro i medesimi termini di cui sopra. Per la individuazione delle gravi ragioni di convenienza si rinvia al commento sub art. 36, relativo ad analoga facoltà di astensione riconosciuta al giudice. Sulla dichiarazione di ricusazione o di astensione decide il giudice con ordinanza. |