Codice di Procedura Penale art. 202 - Segreto di Stato (1).

Pierluigi Di Stefano

Segreto di Stato (1).

1. I pubblici ufficiali [357 c.p.], i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio [358 c.p.] hanno l'obbligo [261 c.p.] di astenersi dal deporre [204] su fatti coperti dal segreto di Stato (2).

2. Se il testimone oppone un segreto di Stato, l'autorità giudiziaria ne informa il Presidente del Consiglio dei Ministri, ai fini dell'eventuale conferma, sospendendo ogni iniziativa volta ad acquisire la notizia oggetto del segreto.

3. Qualora il segreto sia confermato e per la definizione del processo risulti essenziale la conoscenza di quanto coperto dal segreto di Stato, il giudice dichiara non doversi procedere per l'esistenza del segreto di Stato [129].

4. Se entro trenta giorni dalla notificazione della richiesta il Presidente del Consiglio dei Ministri non dà conferma del segreto, l'autorità giudiziaria acquisisce la notizia e provvede per l'ulteriore corso del procedimento.

5. L'opposizione del segreto di Stato, confermata con atto motivato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, inibisce all'autorità giudiziaria l'acquisizione e l'utilizzazione, anche indiretta, delle notizie coperte dal segreto.

6. Non è, in ogni caso, precluso all'autorità giudiziaria di procedere in base a elementi autonomi e indipendenti dagli atti, documenti e cose coperti dal segreto.

7. Quando è sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, qualora il conflitto sia risolto nel senso dell'insussistenza del segreto di Stato, il Presidente del Consiglio dei Ministri non può più opporlo con riferimento al medesimo oggetto. Qualora il conflitto sia risolto nel senso della sussistenza del segreto di Stato, l'autorità giudiziaria non può né acquisire né utilizzare, direttamente o indirettamente, atti o documenti sui quali è stato opposto il segreto di Stato.

8. In nessun caso il segreto di Stato è opponibile alla Corte costituzionale. La Corte adotta le necessarie garanzie per la segretezza del procedimento.

(1) Articolo così sostituito dall'art. 40 1 l. 3 agosto 2007, n. 124, con effetto a decorrere dal 12 ottobre 2007. Il testo dell'articolo era il seguente: «1. I pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi dal deporre su fatti coperti dal segreto di Stato. 2. Se il testimone oppone un segreto di Stato, il giudice informa il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che ne sia data conferma. 3. Qualora il segreto sia confermato e la prova sia essenziale per la definizione del processo, il giudice dichiara non doversi procedere per la esistenza di un segreto di Stato. 4. Qualora, entro sessanta giorni dalla notificazione della richiesta, il Presidente del Consiglio dei ministri non dia conferma del segreto, il giudice ordina che il testimone deponga». Per la disciplina del segreto di Stato v. artt. 39-42 l. n. 124, cit.

(2) V. sub art. 201.

Inquadramento

La norma sul “segreto di Stato”, eccezione all'obbligo di testimonianza imposto dall'art. 198 c.p.p., per collocazione nel codice e, soprattutto, per contenuto, appare una ipotesi speciale del segreto di ufficio, avendo, però, una chiara definizione e disciplina nella l. n. 124/2007 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto) che, oltre a modificare gli artt. 202 e 204 c.p.p., (e introdurre l'art. 270-bis c.p.p.) all'art. 39 definisce tale segreto: “Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all'integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, all'indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato ... Il vincolo derivante dal segreto di Stato è apposto e, ove possibile, annotato, su espressa disposizione del Presidente del Consiglio dei ministri, sugli atti, documenti o cose che ne sono oggetto”.

Ma “In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato notizie, documenti o cose relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell'ordine costituzionale o a fatti costituenti i delitti di cui agli articoli 285, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale”.

Né il segreto di Stato può mai essere opposto alla Corte costituzionale (l'art. 6, l. n. 216/1989 già lo escludeva per i reati del Capo dello Stato di alto tradimento e attentato alla Costituzione).

Si noti che con la modifica dell'art. 202 c.p.p. la norma vigente non si limita più a disciplinare solo la facoltà di astensione dalla testimonianza, ma assume una portata più ampia, estendendosi alla tutela in generale del segreto di Stato nell'ambito del processo penale; in particolare, difatti, regola espressamente anche le modalità di acquisizione delle prove documentali che siano coperte da tale segreto.

La disposizione in esame, rispetto a quella generale dell'art. 201 c.p.p. sul segreto di ufficio, si caratterizza per un meccanismo di funzionamento tale da offrire una sostanziale certezza delle situazioni:

– il testimone ha l'obbligo di astenersi dal deporre sul segreto di Stato;

– il giudice dà avviso al Presidente del Consiglio dei ministri che deciderà se confermare o meno il segreto.

Coerentemente con la natura del segreto, la decisione non è sindacabile dal giudice che potrà soltanto sollevare conflitto di attribuzioni innanzi alla Corte costituzionale. Si veda, però, come l'art. 204 c.p.p. preveda un ambito di esclusione dell'opponibilità del segreto, quando si proceda per determinati reati, e in tale caso spetta al giudice la relativa valutazione.

L'interpretazione della disposizione vigente è fondata essenzialmente su tre decisioni della Corte costituzionale n. 106/2009, n. 40/2012 e n. 24/2014 riferite a due vicende: la prima, il sequestro di Abu Omar, accusato di terrorismo internazionale, e il suo trasferimento in una località estera ad opera di Servizi nazionali e stranieri, operazioni legittimamente approvate dai vertici dei Servizi italiani; la seconda, il processo a carico di vertici di servizi italiani accusati di illecito “dossieraggio” nei confronti di magistrati, funzionari dello Stato, giornalisti e parlamentari al fine di commettere diffamazioni, calunnie e abusi di ufficio in loro danno.

Si consideri come la peculiarità dei casi, di forte impatto politico/mediatico, possa avere condizionato l'interpretazione.

Le citate decisioni del giudice delle leggi (che riprendono contenuti delle sentenze della Corte Costituzionale riferite alla normativa previgente, n. 82/1976; n. 86/1977 e n. 110/ 1998) indicano la ratio della disciplina del segreto con riferimento agli artt. 1,5 e 52 Cost. nel “... supremo interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalità internazionale, e cioè l'interesse dello Stato – comunità alla propria integrità territoriale, alla propria indipendenza e – al limite – alla stessa sua sopravvivenza.”

Osserva la Corte che la legge, che valorizza il segreto di Stato a fronte del raffronto degli opposti interessi, non ha «l'effetto di impedire che il pubblico ministero indaghi sui fatti di reato cui si riferisce la notitia criminis in suo possesso, ed eserciti se del caso l'azione penale»; ovvero, non è ragione che precluda l'accertamento di reati o esenti taluno dall'esercizio della giurisdizione. Ha invece, il più limitato effetto «di inibire all'Autorità giudiziaria di acquisire e conseguentemente di utilizzare gli elementi di conoscenza e di prova coperti dal segreto» (sentenza n. 110 del 1998).

I soggetti

L'art. 202 c.p.p. impone l'obbligo di astensione dalla testimonianza sul segreto di Stato esclusivamente ai pubblici ufficiali, pubblici impiegati e incaricati di pubblico servizio.

L'art. 195, comma 6, c.p.p., che esclude che i testimoni possano essere “esaminati su fatti comunque appresi dalle persone indicate negli articoli 200 e 201 in relazione alle circostanze previste nei medesimi articoli, salvo che le predette persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati”, non prevede, però, analogo divieto con riferimento alla testimonianza indiretta sui fatti appresi dai soggetti dell'articolo in esame. Va, invero, considerato che la disposizione sul segreto di Stato è speciale rispetto a quella sul segreto di ufficio, per cui non può che ritenersi che il divieto di testimonianza indiretta debba essere riferito anche a quanto appreso dai soggetti tenuti ad opporre il segreto di Stato.

La preclusione della acquisizione di notizie coperte dal segreto di Stato, invero, appare riferibile ad un ambito soggettivo più ampio. L'obbligo di non rendere dichiarazioni sul segreto, difatti, si applica anche ad altri dichiaranti, compreso l'imputato, come ha chiarito la Corte costituzionale (n. 40/2012, n. 106/2009), sulla base del contenuto dell'art. 41 della legge n. 124/2007che testualmente prevede che il divieto per i pubblici ufficiali, pubblici impiegati e incaricati di pubblico servizio di riferire fatti coperti da segreto di Stato riguarda anche l'ipotesi in cui costoro siano imputati. Non è, però, loro applicabile la disciplina dell'art. 202 c.p.p. ma solo quella del citato art. 41, che prevede che il giudice sia tenuto a chiedere conferma del segreto di Stato solo quando la notizia appaia «essenziale» per la definizione del processo. Questa previa valutazione, quindi, – non richiesta dall'art. 202 cod. proc. pen. per l'ipotesi in cui a opporre il segreto sia un testimone – varrebbe a prevenire l'opposizione pretestuosa del segreto da parte di dichiaranti per i quali non vi è obbligo di riferire la verità (Corte cost. cit.; Cass. V, n. 46340/2012) e che, anzi, hanno interesse a evitare l'accertamento e/o ritardare la decisione.

Ambito ed effetti del segreto - segreto non apposto

Sopra è stata riportata la definizione dell'oggetto del segreto di Stato, ampiamente disciplinato dalla legge 124/2007. La Corte cost. n. 24/2014, con riferimento alle attività dei Servizi di informazione per la sicurezza, ha rimarcato come il segreto possa riguardare anche condotte previste come reato, se autorizzate nei limiti e con le modalità previste, a condizione che si tratti di atti e comportamenti degli agenti dei servizi che “siano oggettivamente orientati alla tutela della sicurezza dello Stato”.

L'apposizione del segreto, che riguardi la testimonianza ma anche, più in generale, “atti e documenti”, non ha alcun effetto diretto di preclusione delle indagini e dell'azione penale anche quando il segreto sia direttamente collegato al fatto reato per il quale si procede (Cass. I, n. 20447/2014). Come ritenuto dalla Corte cost. e sopra riportato, l'apposizione del segreto non è, quindi, strumento che valga a “impedire in via assoluta al pubblico ministero di compiere atti di indagine e di esercitare l'azione penale rispetto a fatti oggetto di una notitia criminis”; il suo effetto è la preclusione dell'acquisizione della prova, testimoniale o documentale, preclusione che si estende a qualsiasi modalità di uso, anche se solo indiretto, in particolare non potendo essere utilizzato neanche quale spunto per indagini.

Si tratta di regole testuali nella disposizione che prevede, appunto, che indagini e decisione non siano precluse, ma che, se l'apposizione del segreto renda obiettivamente impossibile accertare il fatto, il giudice dia atto dell'impossibilità di procedere utilmente per questa ragione (è il caso trattato da Cass. I, n. 20447/2014 che, apposto il segreto alla conoscenza di ordini e direttive del Direttore del servizio di sicurezza, ha annullato la condanna di pubblici ufficiali in quanto, apposto il segreto, non era possibile ricostruire i fatti).

La norma non dispone, invece, per il caso in cui il testimone, pur sussistendo il segreto di Stato, non si astenga e renda regolarmente testimonianza e per il caso nel quale il segreto sia opposto quando i fatti siano già stati acquisiti o altrimenti noti.

Per il caso di testimonianza su fatti coperti dal segreto, per il quale non risultano precedenti in giurisprudenza, dovrebbe valere la stessa regola affermata in materia di conseguenze della violazione dell'”obbligo di astenersi” in presenza di segreto di ufficio ex art. 201 c.p.p.: difatti, le Sezioni Unite, con sentenza n. 22327/2003, con riferimento all'identico testo, hanno affermato che “la testimonianza eventualmente resa, poiché acquisita in violazione di un divieto stabilito dalla legge, è inutilizzabile”. La peculiarità della disciplina dell'art. 202 c.p.p., che esclude il sindacato giurisdizionale sia sull'an, che sul quomodo del potere di segretazione, fa però ipotizzare che in un caso di conclamata violazione del divieto, colposa o dolosa, vi sia comunque necessità di interpello rivolta all'Autorità politica.

In tali termini, del resto, risulta la interpretazione dell'apposizione “tardiva” del segreto di Stato: difatti, pur se Cass. V, n. 46340/2012 aveva ritenuto la utilizzabilità delle notizie ritualmente acquisite al processo prima dell'opposizione del segreto di Stato, la Corte cost. (n. 24/2014) ha affermato che il segreto possa essere apposto anche successivamente, su elementi già acquisiti (per questa ragione si giunse al proscioglimento disposto dalla sentenza Cass. I, n. 20447/2014, essendo venute a mancare le prove a carico).

Sulla medesima vicenda, però, va anche dato atto della successiva decisione della Corte EDU la quale, con sentenza 23 febbraio 2016, Nasr e Ghali c. Italia ravvisava la violazione degli obblighi in tema di divieto di tortura. La Corte considerava come l'apposizione del segreto di Stato su prove relative a fatti ormai ampiamente noti, non ha l'effetto di tutelare un segreto ormai non più esistente ma, di fatto, solo quello di assicurare l'impunità agli imputati.

Una tale valutazione, quindi, potrebbe portare a future rivisitazioni dell'interpretazione delle Corti interne.

Interpello e conferma del segreto – esito del processo

A fronte della opposizione del segreto da parte del testimone, il giudice è obbligato all'interpello del presidente del Consiglio dei Ministri.

La conferma del segreto, che, testualmente, deve essere “espressa”, è un atto politico e non è sindacabile in sede giurisdizionale, (Cass. VI, n. 16362/2012) non rilevando la previsione che l'atto del presidente del Consiglio dei Ministri debba essere “motivato”, condizione che inciderà, se del caso, sullo svolgimento dell'eventuale conflitto di attribuzione previsto dal medesimo articolo 202 c.p.p.

La disposizione non prevede alcuna discrezionalità del giudice, che, una volta eccepito il segreto, non può soprassedere alla raccolta della prova perché il comma 2 della norma impone che si proceda ad interpello in caso di opposizione del segreto. Del resto, si è detto, soltanto nel caso di cui al citato art. 41 della legge del 2007, ovvero quando il segreto sia opposto dall'imputato, la norma prevede una pre -valutazione sulla essenzialità della prova; solo in questo caso, quindi, il giudice può limitarsi a non acquisirla.

Una valutazione della essenzialità della prova, invece, spetterà al giudice, secondo regole ordinarie, solo in fase di decisione.

In tale momento, il giudice dovrà verificare se il materiale probatorio complessivamente acquisito – pur al netto delle prove non acquisibili in quanto coperte da segreto di Stato – sia comunque sufficiente a fondare una decisione di merito, sia essa di condanna o di assoluzione.

Nel caso, invece, in cui la prova non acquisibile (testimoniale o documentale) appaia essenziale per la definizione nel merito, in un senso e non altro, il Giudice dovrà emettere la peculiare sentenza di non liquet (cioè di non doversi procedere per l'esistenza del segreto di Stato) riconoscendo che, in assenza della prova “secretata”, in prospettiva determinante, non è possibile raggiungere alcuna certezza in ordine alla sussistenza o meno del reato contestato.  

 

Bibliografia

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