Codice di Procedura Penale art. 215 - Ricognizione di cose.

Pierluigi Di Stefano

Ricognizione di cose.

1. Quando occorre procedere alla ricognizione del corpo del reato o di altre cose pertinenti al reato [253], il giudice procede osservando le disposizioni dell'articolo 213, in quanto applicabili.

2. Procurati, ove possibile, almeno due oggetti simili a quello da riconoscere, il giudice chiede alla persona chiamata alla ricognizione se riconosca taluno tra essi e, in caso affermativo, la invita a dichiarare quale abbia riconosciuto e a precisare se ne sia certa.

3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 214, comma 3.

Inquadramento

La ricognizione di cose è sostanzialmente una prova o, meglio metodo di prova, sostanzialmente corrispondente a quella dell'art. 213 c.p.p., al cui commento si rinvia. La disposizione disciplina particolari modalità (non rendendole, però, obbligatorie) per procedere al riconoscimento di un oggetto del quale il dichiarante non abbia conoscenza immediata ed inequivocabile.

Si tratta, quindi, del semplice metodo di porre insieme più oggetti simili in modo da garantire, in caso di esito positivo, che il soggetto fosse pienamente in grado di individuarlo.

Non vi è casistica nota significativa se non per quanto riguarda le ipotesi in cui non sia necessario ricorrere a tali formalità. Soprattutto nei primi anni di applicazione del codice vigente, si è affermato che il riconoscimento da parte del derubato della refurtiva non richiede le formalità della ricognizione di cose trattandosi di casi in cui la parte ha ben conoscenza di quanto gli appartiene. Si tratta, evidentemente, di affermazioni giustificate più dalle contestazioni difensive che da effettivi dubbi del caso concreto sulla qualità della prova (Cass. V, n. 7536/1993; Cass. II, 9256/1991; Cass. II, n. 14743/2024).  

 

Bibliografia

Cantone, Le ricognizioni informali di cose diventano atti irrepetibili, in Cass. pen. 1995, 1295; Saponaro, Brevi riflessioni in tema di ricognizione informale: una mai sopita e dibattuta querelle, in Cass. pen. 1995, 3033; Triggiani, Ricognizioni mezzo di prova nel nuovo processo penale, Milano, 1998.

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