Codice di Procedura Penale art. 216 - Altre ricognizioni.

Piercamillo Davigo
Giuseppe Riccardi

Altre ricognizioni.

1. Quando dispone la ricognizione di voci, suoni o di quanto altro può essere oggetto di percezione sensoriale, il giudice procede osservando le disposizioni dell'articolo 213, in quanto applicabili.

2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 214, comma 3.

Inquadramento

La disposizione disciplina il riconoscimento diverso da quello di persone o cose, attraverso uno qualsiasi dei sensi, fra cui in via esemplificativa sono indicate le voci, richiamando, in quanto applicabili, le disposizioni dell'art. 213, nonché quella di cui all'art. 214 quanto alla verbalizzazione.

In dottrina, nel distinguere tra due forme di riconoscimento vocale , mediante ascolto (o ‘soggettivo') oppure mediante analisi strumentali del segnale acustico (o ‘oggettivo') effettuate con l'utilizzo di software, si ritiene che il richiamo del solo comma 3 dell'art. 214 sia stato il frutto di una scelta del legislatore, e non di una dimenticanza colmabile con una applicazione analogica; sicché non sarebbe prevista l'acquisizione di ‘saggi fonici' somiglianti, e la formulazione di un esame comparativo (Biral, L'identificazione della voce nel processo penale: modelli, forme di accertamento, tutela dei diritti individuali, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 1853).

Casistica

Sono utilizzabili, salvo la verifica di attendibilità del teste da compiersi nel dibattimento, i verbali di riconoscimento vocale dell'identità degli interlocutori delle conversazioni intercettate, da parte degli ufficiali di polizia che avevano ascoltato le telefonate, redatti a seguito di attività integrativa di indagine svolta dal pubblico ministero dopo la richiesta di rinvio a giudizio, in quanto per lo svolgimento di tale incombente non sono previste le formalità della perizia e quindi non è necessaria la partecipazione dell'imputato o del suo difensore (Cass. I, n. 22722/2007).

La ricognizione di voce costituisce un grave indizio di colpevolezza che può essere utilizzato quando sia accordata attendibilità alle dichiarazioni di colui che, avendo ascoltato la voce della persona sottoposta a indagini, afferma di identificarlo con sicurezza (Nella specie, l'identificazione vocale era stata fatta da un ufficiale di polizia che aveva ascoltato la registrazione di una serie di telefonate estorsive fatte dall'imputato) (Cass. II, n. 47673/2004).

Il saggio fonico , pur non costituendo prova «diretta» in quanto non è attività tipica di documentazione fornita di una propria autonomia conoscitiva, non rientra tra le prove illegittimamente acquisite di cui è vietata l'utilizzazione ai sensi dell'art. 191, ma tra quelle «atipiche» non disciplinate dalla legge (art. 189), ed è da considerarsi legittima perché volta ad assicurare l'accertamento idoneo dei fatti, senza pregiudizio per la libertà morale dei dichiaranti (Cass. II, n. 18286/2013. In motivazione la Corte ha precisato che il saggio fonico non è equiparabile ad una intercettazione tra presenti in quanto è del tutto indifferente il contenuto delle frasi pronunciate, non valutabile né a favore né contro chi le pronuncia, ma utilizzabile come mero parametro di riferimento ai fini dell'espletamento di una perizia e, quindi, acquisibile senza formalità).

Il riconoscimento di un oggetto di percezione sensoriale , quale uno scritto privo di firma, effettuato nel corso della deposizione di persona esaminata nelle forme di cui all'art. 210, che ha esibito l'atto, trova il suo paradigma nella testimonianza assistita del soggetto, il quale, nel riferire quanto a sua conoscenza in ordine ai fatti contestati agli imputati, si attribuisce la paternità di un documento mancante della sottoscrizione. Esso, pertanto, deve essere tenuto distinto dalla ricognizione disciplinata dall'art. 216 ed è inquadrabile tra le prove non disciplinate dalla legge di cui all'art. 189 (Cass. I, n. 21034/2005).

Bibliografia

Biral, L’identificazione della voce nel processo penale: modelli, forme di accertamento, tutela dei diritti individuali, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 1842; Capitta, Ricognizione coatta, comunicative evidence e diritto al silenzio, in Giust. pen. 1996; Triggiani, Ricognizioni mezzo di prova nel nuovo processo penale, Milano, 1998.

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