Codice di Procedura Penale art. 232 - Liquidazione del compenso al perito.Liquidazione del compenso al perito. 1. Il compenso al perito è liquidato con decreto del giudice che ha disposto la perizia, secondo le norme delle leggi speciali (1). (1) V. artt. 49-56, 59, 168 e 170 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. InquadramentoÈ noma di rinvio che fissa un principio (l’onerosità dell’incarico) rimandando alle leggi speciali per le modalità della liquidazione del compenso. Gli onorari e la loro liquidazioneL'ufficio del perito è oneroso; alla liquidazione del compenso provvede il giudice che ha disposto la perizia secondo quanto prevede il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia approvato con d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 49 e segg. Al perito, in particolare, spettano: a) l'onorario; b) l'indennità di viaggio e di soggiorno; c) le spese di viaggio e il rimborso delle spese sostenute per l'adempimento dell'incarico. Gli onorari sono fissi, variabili e a tempo (cd. vacazioni); la loro misura è (ancor oggi) stabilita dalle tabelle approvate con D.M. Giustizia 30 maggio 2002, pubblicato nella G.U. 5 agosto 2002, n. 182, redatte con riferimento alle tariffe professionali esistenti, eventualmente concernenti materie analoghe, contemperate con la natura pubblica dell'incarico. L'art. 54, T.U., stabilisce che tale misura venga aggiornata ogni tre anni; di fatto, ad oggi, tale adeguamento non è mai stato effettuato. La Corte costituzionale ha escluso che a tale adeguamento possa provvedere il giudice in sede di liquidazione del compenso (Corte cost., sent. n. 89/2020che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Torino). La stessa Corte ha tuttavia dichiarato, con sentenza n. 166/2022, l'illegittimità costituzionale dell'art. 130, T.U., nella parte in cui non esclude che la riduzione della metà degli importi spettanti all'ausiliario del magistrato in caso di ammissione dell'imputato al gratuito patrocinio sia operata in caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate a norma dell'art. 54 dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002. Secondo il Giudice delle leggi, la norma in questione determina una significativa diminuzione di compensi dell'ausiliario del magistrato, già seriamente sproporzionati per difetto, perché computati sulla base di parametri mai aggiornati dall'approvazione delle Tabelle allegate al d.m. 30 maggio 2002, cosicché non riesce a contemperare il carattere della funzione di ausilio dell'attività giudiziaria – quale munus publicum – con l'esigenza di non svilire l'impegno garantito dal professionista designato. L'irragionevolezza della norma censurata risiede nella possibilità, derivante dalla sua combinazione con il sistema di determinazione dei compensi delineato dagli artt. 50 e 54 del d.P.R. n. 115 del 2002, che il dimezzamento imposto dall'ammissione al patrocinio a spese dello Stato operi su una base tariffaria già di per sé sproporzionata per difetto, con effetti incongrui rispetto al fine perseguito. Una norma che, come quella in scrutinio, decurti significativamente la remunerazione di un'attività professionale svolta nell'interesse della giustizia, può infatti ritenersi ragionevole solo se la misura del sacrificio inflitto al professionista sia correttamente calibrata rispetto al fine di riduzione della spesa erariale, operata su tariffe preservate nella loro elementare consistenza in relazione alle variazioni del costo della vita. Al contrario, il mancato funzionamento del meccanismo di equilibrio insito nell'art. 54 del d.P.R. n. 115 del 2002 recide la necessaria correlazione tra il compenso per l'ausiliario del magistrato ed i valori di mercato, così facendo venir meno quel rapporto di connessione razionale e di proporzionalità tra il mezzo predisposto dal legislatore e il fine che lo stesso ha inteso perseguire, che è alla base della ragionevolezza della scelta legislativa. Tutti gli onorari, ove non diversamente stabilito dalle tabelle, sono comprensivi della relazione sui risultati dell'incarico espletato, della partecipazione alle udienze e di ogni altra attività concernente i quesiti (art. 28 della tabella allegata al d.m.). Gli onorari a tempo sono commisurati in base al compenso orario spettante al perito distinguendo tra la prima e le ore successive, la percentuale di aumento per l'urgenza, il numero massimo di ore giornaliere e l'eventuale superamento di tale limite per attività alla presenza dell'autorità giudiziaria (art. 1, d.m.; si veda anche l'art. 4, l. n. 319/1980, che regola ancor oggi la materia degli onorari a tempo). La vacazione è di due ore; l'onorario per la prima vacazione è di euro 14,68, e per ciascuna delle successive è di euro 8,15. L'onorario per la vacazione può essere raddoppiato quando per il compimento delle operazioni è fissato un termine non superiore a cinque giorni; può essere aumentato fino alla metà quando è fissato un termine non superiore a quindici giorni. L'onorario per la vacazione non si divide che per metà; trascorsa un'ora e un quarto è dovuto interamente. Il giudice non può liquidare più di quattro vacazioni al giorno per ciascun incarico (corrispondenti a otto ore giornaliere), ma questa limitazione non si applica agli incarichi che vengono espletati alla presenza dell'autorità giudiziaria, per i quali deve farsi risultare dagli atti e dal verbale di udienza il numero delle vacazioni. In ogni caso il giudice è tenuto, sotto la sua personale responsabilità, a calcolare il numero delle vacazioni da liquidare con rigoroso riferimento al numero delle ore che siano state strettamente necessarie per l'espletamento dell'incarico, indipendentemente dal termine assegnato per il deposito della relazione o traduzione. In termini generali, gli onorari a tempo si applicano in via residuale, quando la prestazione non sia prevista nelle tabelle allegate al D.M. Giustizia, cit., o quando non sia possibile determinare l'onorario a percentuale. Gli onorari variabili sono quelli per i quali le tabelle prevedono un compenso minimo ed uno massimo. Essi sono determinati secondo una percentuale (minima e massima) del valore dell'oggetto della prestazione indicato dalla tabella per ciascun tipo di perizia con l'indicazione di una somma minima inderogabile (cd. onorari a percentuale), oppure sulla base di importi stabiliti in maniera fissa ma che vanno sempre da un minimo a un massimo. Nella loro determinazione concreta, il giudice deve tener conto delle difficoltà, della completezza e del pregio della prestazione fornita. Gli onorari fissi sono invece quelli per i quali le tabelle stabiliscono un importo secco. Gli onorari fissi e variabili (con esclusione di quelli a tempo) possono essere aumentati fino al venti per cento se il giudice dichiara l'urgenza dell'adempimento con decreto motivato (art. 51, T.U. Spese di giustizia). Per le prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà gli onorari (a tempo, variabili o fissi) possono essere aumentati sino al doppio. Se, invece, la prestazione non è completata nel termine originariamente stabilito o entro quello prorogato per fatti sopravvenuti e non imputabili all'ausiliario del magistrato, per gli onorari a tempo non si tiene conto del periodo successivo alla scadenza del termine e gli altri onorari sono ridotti di un terzo (art. 52, T.U.). In caso di incarichi collegiali, il compenso globale è determinato sulla base di quello spettante al singolo, aumentato del quaranta per cento per ciascuno degli altri componenti del collegio, a meno che il giudice dispone che ognuno degli incaricati deve svolgere personalmente e per intero l'incarico affidatogli (art. 53, T.U.). Nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l'incarico deve essere necessariamente collegiale e non si applica l'aumento previsto dall'art. 53, cit. (art. 15, c. 4, l. n. 24/2017). L'onorario e le spese spettanti al perito solo liquidati, sotto la propria responsabilità contabile e amministrativa, dal giudice con decreto di pagamento motivato (artt. 168, c. 1, 172, T.U.); il pagamento viene sempre anticipato dallo Stato (art. 4, c. 1, T.U.). La liquidazione delle spese viene effettuata previa presentazione di una nota specifica e della documentazione comprovante le spese sostenute e rimborsabili; non sono rimborsabili le spese ritenute superflue per l'espletamento dell'incarico. Se il perito è stato autorizzato ad avvalersi di ausiliari (art. 228, c. 2), la relativa spesa è determinata sulla base delle tabelle approvate con il citato d.m. 30 maggio 2002. In mancanza di autorizzazione la spesa non può essere liquidata (art. 56, T.U.). Nel processo penale, il decreto è titolo provvisoriamente esecutivo solo se sussiste il segreto sugli atti di indagine o sulla notizia di reato ed in tal caso deve essere comunicato esclusivamente al beneficiario; altrimenti (o non appena il segreto sia venuto meno), il decreto deve essere comunicato alle parti e al pubblico ministero e nuovamente al beneficiario, ai fini dell'opposizione (art. 168, c. 3, T.U.). Avverso il decreto di pagamento, il beneficiario e tutte le parti, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione ai sensi dell'art. 15, d.lgs. n. 150/2011 (art. 170, T.U.). L'opposizione, in particolare, deve essere proposta al capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ed è regolata dal rito sommario di cognizione. Nel giudizio di merito, l'efficacia esecutiva del titolo può essere sospesa. L'ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile. La facoltà attribuita alle parti di impugnare il decreto di pagamento (e dunque di interloquire sull'entità del compenso liquidato al perito) si spiega: a) quanto all'imputato (e alla persona sottoposta alle indagini), con la natura “ripetibile” della spesa (art. 5, c. 1, lett. d, T.U.) che, in caso di condanna, deve essere recuperata presso ciascun condannato in misura corrispondente alla quota da ognuno dovuta senza vincolo di solidarietà e in parti uguali (art. 2, c. 1, d.m. n. 124/2014 - Regolamento recante disposizioni in materia di recupero delle spese del processo penale); b) quanto alle parti private, con la loro possibile condanna al pagamento delle spese anticipate dallo Stato nei casi previsti dagli artt. 427, 542; c) quanto al pubblico ministero, sia con il compito di vigilare sulla corretta applicazione della legge (si veda il commento dell'art. 50), trattandosi comunque della gestione di risorse pubbliche, sia perché parte in causa ove si discuta del compenso liquidato al proprio consulente tecnico. Le spese di liquidazione del compenso del perito restano a carico dello Stato in caso di ammissione del condannato al patrocinio (salvo revoca del provvedimento di ammissione: artt. 107 e 111, T.U.) e non sono dovute in caso di decreto penale di condanna (art. 460, c. 5) e di sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti quando la pena irrogata non superi i due anni (art. 445, c. 1). CasisticaIn tema di consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero, costituisce giudizio di fatto, non sindacabile dal giudice di legittimità, la valutazione se il compito affidato al consulente richieda competenze tecniche o scientifiche diverse da quelle giuridiche proprie dell’inquirente, o se piuttosto si tratti di una delega di attività investigative o valutative tipiche del pubblico ministero e della polizia giudiziaria, come tale non riconducibile alla nozione di consulenza tecnica (Cass. VI, n. 7671/2004, che ha respinto il ricorso contro un provvedimento del tribunale che, valutando l’opposizione di alcuni imputati contro decreti di liquidazione dei compensi adottati dal pubblico ministero, aveva deliberato il parziale annullamento di questi ultimi, sul presupposto che si riferissero ad una attività di conduzione congiunta dell’indagine, come tale non remunerabile. In particolare, essendosi richiesta al consulente la creazione di una banca informatica dei dati d’indagine raccolti a proposito di contratti assicurativi e la individuazione di elementi di anomalia per una parte tra essi, il tribunale aveva ritenuto che tale seconda porzione dell’attività non costituisse l’oggetto di una consulenza tecnica). BibliografiaR. Adorno, Perizia (dir. proc. pen.), Enc. Dir., Annali, Vol III, Giuffrè, 2010, pagg. 885 e segg.; F. Cordero, Procedura penale, Giuffrè, 2012, pagg. 781 e segg.; Siracusano, Galati, Tranchina, Zappalà, Diritto processuale penale, Giuffrè 2013, pag. 289; P. Tonini, Manuale di procedura penale, Giuffrè, 2020, pagg. 332 e segg.; G. Lozzi, Lezioni di procedura penale, Giappichelli, 2002, pag. 246 e seg.; G. Ubertis, Sistema di procedura penale, Giuffrè, 2020, Vol. II, pagg. 268 e segg.; P. Palladino, sub art. 232, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, a cura di G. Lattanzi e E. Lupo, Giuffrè, 2017, pagg. 344 e segg.; G. Conso, V. Grevi, Compendio di procedura penale, Padova, 2008, pag. 345 e seg.; vedi anche sub art. 220. |