Codice di Procedura Penale art. 278 - Determinazione della pena agli effetti dell'applicazione delle misure.

Franco Fiandanese

Determinazione della pena agli effetti dell'applicazione delle misure.

1. Agli effetti dell'applicazione delle misure [379], si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione [81 2 c.p.], della recidiva e delle circostanze del reato [59-70 c.p.], fatta eccezione della circostanza aggravante prevista al numero 5) dell'articolo 61 del codice penale e della circostanza attenuante prevista dall'articolo 62 n. 4 del codice penale [19 5 min.] nonché delle circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale [63 3 c.p.] 1.

 

[1] Comma dapprima modificato dall'art. 2 d.l. 1° marzo 1991, n. 60, conv., con modif., nella l. 22 aprile 1991, n. 133, successivamente dall'art. 6 l. 8 agosto 1995, n. 332, e, in ultimo, dall'art. 4 l. 26 marzo 2001, n. 128.

Inquadramento

La norma in esame stabilisce i criteri per determinare la pena ai fini del calcolo della soglia edittale stabilita dagli artt. 280 e287 per l'applicazione delle misure cautelari personali.

Per determinare la pena occorre fare riferimento a quella stabilita dalla legge per ciascun reato, nella forma consumata o tentata, senza tenere conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato salvo quelle di cui agli artt. 61 n. 5 e 62 n. 4 c.p. (alle quali bisogna aggiungere la diminuente della minore età ex art. 19, comma 5, d.P.R. n. 448/1988, se la misura deve essere disposta nei confronti di un minore), nonché quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria (art. 69, comma 4, c.p.) e quelle ad effetto speciale (che comportano un aumento o una diminuzione superiore ad un terzo: art. 63,comma 3).

Quando è espressamente prevista dalla legge la sola pena edittale minima e non quella massima, quest'ultima va individuata in ventiquattro anni di reclusione, secondo la regola generale dettata dall'art. 23, comma 1, c.p. (Cass. S.U., n. 26350/2002; Cass. III, n. 7931/2015).

Ai fini della determinazione della pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari, le eccezioni relative alle circostanza del reato devono essere interpretate restrittivamente e, pertanto, non si deve tener conto della recidiva reiterata, benché comporti un aumento della pena superiore ad un terzo (Cass. S.U., n. 17386/2011; da ultimo: Cass. I, n. 4988/2022 ).

Nel caso di tentativo di reato con circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o ad effetto speciale, deve dapprima individuarsi la pena massima stabilita per il reato circostanziato consumato, per poi operare su di essa la riduzione minima indicata dall'art. 56 c.p. (Cass. I, n. 4298/1998; Cass. II, n. 7995/2011; Cass. V, n. 11569/2022).

Determinazione della pena dopo la sentenza di condanna

Agli effetti dell'applicazione o della revoca delle misure cautelari personali occorre fare esclusivo riferimento, in ogni fase e grado del processo, ai principi enunciati dall'art. 278. Pertanto, dopo una sentenza di condanna, le statuizioni della sentenza stessa rilevano solo nella ipotesi in cui il giudice, con detta sentenza, qualifichi differentemente il fatto contestato, inquadrandolo in una figura criminosa diversa meno grave: è a tale nuova qualificazione che deve aversi riguardo per verificare se permangano le condizioni di applicabilità della misura. Ugualmente deve affermarsi se vengano riconosciute circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle a effetto speciale ovvero la circostanza aggravante di cui al n. 5 dell'art. 61 o la circostanza attenuante di cui al n. 4 dell'art. 62.

Viceversa, non assumono alcun rilievo le statuizioni della sentenza di condanna che attengono esclusivamente alla pena, quali la possibile concessione di attenuanti (diverse da quelle dell'art. 62, n. 4, c.p.) e il giudizio di comparazione tra queste e le aggravanti ritenute sussistenti (in tal senso: Cass. S.U., n. 19/1991; Cass. VI, n. 4235/2000; Cass. V, n. 21028/2013).

Concorso di circostanze

Nel caso concorrano più circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o circostanze ad effetto speciale, si deve tener conto, ai sensi dell'art. 63, comma 4, c.p., della pena stabilita per la circostanza più grave, aumentata di un terzo per tutte le altre circostanze globalmente considerate, e tale aumento costituisce cumulo giuridico delle ulteriori pene e limite legale dei relativi aumenti per le circostanze meno gravi del tipo già detto che mantengono la loro natura (Cass. S.U., n. 16/1998; Cass. I, n. 19841/2005; Cass. S.U., n. 38518/2015: in motivazione la Suprema Corte ha precisato che il criterio di calcolo di cui all'art. 63, comma 4, c.p. non opera nella diversa ipotesi di concorso di più aggravanti ad effetto speciale per le quali l'incremento sanzionatorio è autonomamente indicato ex lege, trovando in tal caso applicazione il criterio cumulativo di calcolo a fini cautelari, previsto dall'art. 278, comma 1).

In applicazione dello stesso principio, si può ritenere che, anche nel caso di concorso di più attenuanti ad effetto speciale, il computo debba effettuarsi a norma dell'art. 63, comma 5, c.p., cioè si applica soltanto la pena meno grave stabilita per le predette circostanze, ma il giudice può diminuirla.

In caso di concorso tra un'aggravante ad effetto speciale o che stabilisce una pena di specie diversa e l'aggravante comune di cui all'art. 61 n. 5 c.p., invece, trova applicazione l'art. 63, comma 3, c.p. e l'aumento della pena di un terzo, dovuto all'aggravante comune, deve essere computato sulla pena stabilita in base all'altra aggravante.

In caso di concorso tra un'attenuante ad effetto speciale o che stabilisce una pena di specie diversa e l'attenuante comune di cui all'art. 62 n. 4 c.p. si deve, in base all'art. 63,comma 3, c.p., prima calcolare la variazione minima stabilita per la prima e poi la diminuzione, anch'essa minima, di un solo giorno, per l'attenuante comune.

In caso di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti di cui va tenuto conto a norma dell'art. 278 la giurisprudenza non è univoca. Secondo una prima interpretazione, il giudice deve ricorrere al giudizio di valenza stabilito dall'art. 69 c.p., non potendo trovare applicazione il criterio dell'aumento massimo per le aggravanti e della diminuzione minima per le attenuanti, di cui all'art. 157 c.p., che non si riferisce all'ipotesi di concorso di circostanze di segno opposto (Cass. II, n. 8906/2002; Cass. V, n. 28554/2007). Secondo un altro orientamento, invece, in caso di concorso di circostanze aggravanti ed attenuanti deve farsi riferimento alla regola generale secondo cui, per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari, deve applicarsi l'aumento massimo per le circostanze aggravanti e la diminuzione minima per le circostanze attenuanti (Cass. IV, n. 15153/2008; Cass. IV, n. 7466/2013).

Bibliografia

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