Codice di Procedura Penale art. 374 - Presentazione spontanea.Presentazione spontanea. 1. Chi ha notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini [348 s., 358 s.], ha facoltà di presentarsi al pubblico ministero [51] e di rilasciare dichiarazioni. 2. Quando il fatto per cui si procede è contestato a chi si presenta spontaneamente e questi è ammesso a esporre le sue discolpe, l'atto così compiuto equivale per ogni effetto [449 5, 453 1] all'interrogatorio. In tale ipotesi, si applicano le disposizioni previste dagli articoli 64, 65 e 364. 3. La presentazione spontanea non pregiudica l'applicazione di misure cautelari [280-286, 287-290, 312, 313, 316-323]. InquadramentoAl soggetto che sia a conoscenza dell'esistenza di un procedimento penale a suo carico, è riconosciuta la facoltà di instaurare — di sua volontà — un contatto con l'autorità giudiziaria procedente, presentandosi innanzi alla stessa al fine di rilasciare le dichiarazioni che ritiene opportune. La presentazione spontaneaLa persona sottoposta a indagini può venire a conoscenza della propria iscrizione nel registro di cui all'art. 335 per vari motivi, non solo perché ne ha fatto richiesta ai sensi dell'art. 335, comma 3. Tuttavia, ai fini dell'esercizio del diritto di rilasciare dichiarazioni è necessario e sufficiente che la persona dichiarante sia iscritta nel registro, non rilevando come ne sia venuta a conoscenza. Il pubblico ministero “subisce” l'esercizio del diritto, limitandosi a registrare quel che il dichiarante intende dire, senza dover necessariamente rendergli noti gli elementi di prova a suo carico e le relative fonti. In tal caso le dichiarazioni potranno essere verbalizzate in modo riassuntivo e non richiederanno l'assistenza del difensore, non trattandosi di atto di indagine posto in essere dal pubblico ministero al quale il difensore ha diritto di assistere, con o senza preavviso. Il rifiuto del pubblico ministero di prendere contatto con la persona sottoposta alle indagini che intenda presentarsi per rilasciare dichiarazioni ai sensi dell'art. 374 non produce alcuna nullità processuale (Cass. I, n. 8158/2010). Ma se il pubblico ministero decide di contestare al dichiarante il fatto per il quale si procede nei suoi confronti invitandolo a discolparsi, l'atto è in tal caso considerato a tutti gli effetti un interrogatorio, sicché trovano applicazione gli artt. 64, 65 e 364, e 373, c. 2-bis, in materia di sua documentazione (infra, § “Casistica”). La norma chiarisce che la presentazione spontanea non pregiudica la applicazione di misure cautelari. Le dichiarazioni spontanee possono essere utilizzate ai fini delle contestazioni ma non se ne può dare lettura (art. 503). CasisticaSono utilizzabili, ai fini dell'applicazione di una misura cautelare, le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato contra se anche se rilasciate dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari, in quanto il divieto previsto dall'art. 407, comma 3, c.p.p. riguarda solo gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero, categoria cui non appartengono dette dichiarazioni, che possono essere rese dall'indagato in ogni momento (Cass. III, n. 49884/2019). Nello stesso senso, Cass. I, n. 2666/2005, secondo cui l'inutilizzabilità di cui all'art. 407 comma terzo c.p.p. è posta a garanzia dell'indagato, il quale nel momento in cui decide di rendere dichiarazioni spontanee dopo la scadenza del termine di durata delle indagini rinuncia a valersi di tale garanzia). Le dichiarazioni rese dall'indagato spontaneamente presentatosi all'A.G. richiedono il rispetto delle garanzie difensive solo in caso di contestazione chiara e precisa del fatto addebitato ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.p., risultando, in tale ipotesi, equipollenti a quelle rese in sede di interrogatorio (Cass. III, n. 47012/2018 che ha ritenuto che la precedente notifica all'indagato di un decreto di perquisizione e sequestro non costituisse la contestazione, in forma chiara, di uno specifico fatto). Le dichiarazioni rese in sede di presentazione spontanea all'autorità giudiziaria , equivalendo “ad ogni effetto” all'interrogatorio, sono idonee ad interrompere la prescrizione, purché l'indagato abbia ricevuto una contestazione chiara e precisa del fatto addebitato, in quanto gli atti interruttivi indicati nell'art. 160 c.p. si connotano per essere l'esplicitazione, da parte degli organi dello Stato, della volontà di esercitare il diritto punitivo in relazione ad un fatto-reato ben individuato e volto a consentirne la conoscenza all'incolpato (Cass. S.U., n. 5838/2014 che ha chiarito che per valutare il coefficiente di specificità della contestazione deve essere considerato lo sviluppo delle indagini e l'attuale stato del procedimento). Non sussiste la nullità della richiesta di rinvio a giudizio conseguente al mancato invito all'indagato a rendere l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375, comma terzo, c.p.p., quando l'imputato abbia ricevuto, con un atto equipollente, la contestazione degli addebiti, trovandosi così nella condizione di predisporre ed avanzare le proprie difese (Cass. VI, n. 35836/2007 che ha escluso la nullità ritenendo equipollenti l'interrogatorio reso al G.i.p. a fini cautelari, ovvero le spontanee dichiarazioni rese al P.M. dall'indagato ai sensi dell'art. 374, comma secondo, c.p.p.). BibliografiaAndreazza G., Sub art. 374, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, a cura di G. Lattanzi e E. Lupo, Vol. V, Milano, 2017. |