Codice di Procedura Penale art. 391 septies - Accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico 1 .

Alessio Scarcella

Accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico 1.

1. Se è necessario accedere a luoghi privati o non aperti al pubblico e non vi è il consenso di chi ne ha la disponibilità, l'accesso, su richiesta del difensore, è autorizzato dal giudice, con decreto motivato che ne specifica le concrete modalità.

2. Nel caso di cui al comma 1, la persona presente è avvertita della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell'articolo 120.

3. Non è consentito l'accesso ai luoghi di abitazione e loro pertinenze, salvo che sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato.

 

[1] Articolo inserito dall'art. 11, comma 1, l. 7 dicembre 2000, n. 397.

Inquadramento

L'art. 391-septies consente l'accesso, su autorizzazione del giudice previa richiesta del difensore, a luoghi privati o non aperti al pubblico, condizionandolo al consenso di chi ne ha la disponibilità. In caso affermativo, chi è presente all'atto può farsi assistere da persona di fiducia. Non è tuttavia permesso accedere ai luoghi di abitazione e loro pertinenze, salvo che sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato.

Privacy e consenso del titolare

Principi generali

Prima dell'entrata in vigore della disposizione in esame, era sempre impedito al legale incaricato di accedere ai luoghi privati o a documenti riservati. Con l'art. 391 septies si attribuiscono tali facoltà, ma si precisano limiti e accorgimenti.

L'accesso è consentito agli stessi soggetti espressamente legittimati dall'art. 391-sexies, ivi compresi quelli qualificati, come gli investigatori privati. Particolare è la posizione de. c.d. detective, per il quale si afferma che se questi «procedesse ad una ispezione per la raccolta di elementi favorevoli alla difesa contro la volontà dell'interessato, potrebbe rispondere del reato di violazione di domicilio (art. 614 c.p.) o di quello di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c. 3 c.p.)» (Zacché, 2553).

Il detective, pertanto, dovrà rivolgersi al difensore che è l'unico soggetto (sono esclusi anche gli ausiliari) che ha il potere di richiedere al giudice l'adozione del decreto autorizzativo.

La norma vieta invece l'ingresso nei luoghi di abitazione e nelle loro pertinenze «salvo che sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato». Non è agevole tuttavia comprendere il ruolo del difensore nell'«accertamento delle tracce del reato», dato che tale attività è strettamente confacente alle esigenze della accusa. Si tratta di questione delicata, soprattutto laddove si consideri che «l'ispezione è ammessa solo per l'accertamento delle tracce e degli altri effetti materiali del reato, l'inosservanza di tale norma il cui scopo è contenere a casi eccezionali le ingerenze della difesa nei luoghi di privata dimora, potrebbe comportare la inutilizzabilità del materiale acquisito in forza di un divieto probatorio indiretto» (Zacché, 2553).

La giurisprudenza, in particolare, puntualizza che la possibilità di accesso a luoghi privati o non aperti al pubblico ai sensi dell'art. 391-septies prevede per il difensore esclusivamente la possibilità di ispezione dei luoghi, ma non i poteri di perquisizione al fine di acquisire documentazione, conseguendone quindi che tale attività non è consentita in quanto espressamente disciplinata dall'art. 391-quater, solo con riferimento alla Pubblica Amministrazione (Cass. II, n. 42588/2005). In altri termini, la Corte di cassazione ha sottolineato come i poteri derivanti dall'art. 391-septies vadano letti insieme alla disciplina prevista dall'art. 391-sexies, che regola l'accesso ai luoghi, e che consente di procedere esclusivamente alla descrizione dei luoghi medesimi o delle cose e di eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi, redigendo apposito verbale, e all'art. 391-quater che si riferisce esclusivamente alla richiesta di documentazione alla Pubblica Amministrazione.

Il consenso del titolare

Ai fini dell'accesso è necessario il consenso del soggetto che «ha la disponibilità» del luogo, sicché ove più sono i titolari è necessario il consenso di tutti. La norma postula il previo diniego del privato tanto è vero che le Regole di Comportamento del penalista (art. 14, comma 2), così come il Codice deontologico forense (art. 52), impongono l'obbligo di informare chi ha la disponibilità del luogo della possibilità che, ove non sia prestato il consenso, l'accesso venga autorizzato dal giudice.

Il soggetto «che ha la disponibilità del luogo», ove intervenga l'autorizzazione del giudice può essere assistito da una persona di sua fiducia, prontamente reperibile ed idonea. L'individuazione del soggetto “idoneo” impone il richiamo al disposto dell'art. 120 (età minima quattordici anni; non dev'essere palesemente affetto da infermità mentale o in stato di manifesta ubriachezza o intossicazione da sostanze stupefacenti o psicotrope; non deve essere sottoposta a misure di sicurezza, misure di prevenzione o detentive). Il privato non può opporsi al decreto di autorizzazione del giudice né negare l'accesso autorizzato.

L'autorizzazione del giudice

Quanto all'individuazione del giudice competente, cui rivolgere l'istanza di autorizzazione (ordinario o di pace competente per i reati), valgono le norme processuali che ne consentono l'individuazione (Gip o giudice del dibattimento).

In ordine ai tempi entro cui deve intervenire la decisione del giudice, a seguito della richiesta, in assenza di indicazioni normative specifiche, è da ritenere applicabile la regola dell'art. 121, comma 2, per cui «il giudice provvede senza ritardo e comunque entro quindici giorni».

Quanto alla forma, è la legge stessa a stabilire che deve essere pronunciato un decreto motivato con cui il giudice regola le concrete modalità di espletamento dell'atto, indica i limiti temporali, stabilisce le precise attività che possono essere compiute.

In caso di diniego della richiesta, in mancanza di una disciplina processuale, deve ritenersi che nei confronti del decreto con cui il giudice nega l'accesso non è esperibile alcuna impugnazione, ferma peraltro la possibilità di riproporre l'istanza sulla base di diversi presupposti.

Come qualsiasi provvedimento di autorizzazione, anche quello in esame è suscettibile di revoca ove venano meno le condizioni che determinarono il rilascio.

Il diritto d'accesso nell'investigazione preventiva e l'acquisizione di documenti conservati in luoghi privati

Principi generali

L'esercizio del diritto di accesso ex art. 391-septies prima dell'inizio del procedimento penale può presentare criticità. Ed infatti, in tale fase non è possibile procedere ad atti non ripetibili compiuti in occasione dell'accesso ai luoghi e ad accertamenti tecnici non ripetibili (art. 391-decies) poiché tali attività coinvolgono il p.m. Detto divieto vale anche in particolare l'accesso ai luoghi privati o chiusi al pubblico, possibile solo a seguito dell'autorizzazione da parte del giudice (art. 391-septies).

L'autorizzazione del giudice, infatti, secondo la giurisprudenza, non può intervenire nella fase antecedente l'apertura del procedimento, tant'è che è abnorme il decreto con il quale il giudice autorizza, in sede di investigazione difensiva preventiva, l'accesso del difensore di soggetti, che non erano indagati o persone offese, a luoghi privati e non aperti al pubblico, poiché, in sede di investigazione preventiva, non è consentito al difensore lo svolgimento di atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, vale a dire del P.m. o del giudice (Cass. IV, n. 46270/2005).

L'esercizio del diritto di accesso ex art. 391-septies, infine, può interferire con l'attività del p.m. e della p.g. Non offrendo la norma alcune indicazione, può solo ipotizzarsi che, ai sensi della disposizione in esame, la mera presenza della p.g. trasforma di fatto il luogo del delitto in un luogo non aperto al pubblico, con obbligo del difensore di adottare tutte le cautele del caso per impedire il mutamento dello stato dei luoghi, pur in presenza dell'autorizzazione del giudice.

Esercizio dell'accesso ed acquisizione di documenti privati

A differenza di quanto previsto per l'acquisizione documentale riconosciuta dall'art. 391-quater, riservata esclusivamente a quanto conservato dalle pubbliche amministrazioni, non altrettanto è previsto nel caso in cui il documento sia custodito dal privato. Ne deriva che, a fronte del legittimo diniego del privato di esibire o rilasciare copia della documentazione nel corso della autorizzata ispezione (e non «perquisizione») difensiva non rimane altra opzione che rivolgere al p.m. una istanza di sequestro probatorio ex artt. 367 e 368 (Cass. II, n. 42588/2005).

Si noti che la Cassazione, con riferimento all'acquisizione del documento privato digitale, ha escluso l'applicabilità della scriminante dell'esercizio di un diritto (art. 51 c.p.) qualora l'agente, per acquisire dati o elementi utili alla sua difesa in giudizio, acceda indebitamente alla casella di posta elettronica di un collega di studio, prendendo cognizione delle e-mail inviate o ricevute, non essendo consentite intromissioni nella sfera di riservatezza delle controparti processuali o l'esercizio di facoltà riservate agli organi pubblici (Cass. V, n. 52075/2014). La decisione presenta interessanti riflessi sul diritto previsto dall'art. 391-septies c.p., in quanto la Corte medesima ha specificato che tale attività illecita non può nemmeno essere ricondotta nell'ambito delle investigazioni difensive, che non possono essere compiute dagli imputati e devono comunque arrestarsi di fronte agli ambiti di privato dominio.

Limiti temporali alla richiesta di autorizzazione

Quanto, infine, ai limiti temporali della richiesta di autorizzazione, deve ritenersi che la stessa può essere proposta in ogni stato e grado del procedimento.

La giurisprudenza di merito, tuttavia, ha fissato alcuni limiti temporali: a) tale attività sarebbe consentita sino all'udienza preliminare (Trib. Bari, 2 dicembre 2002); b) sarebbe invece esclusa nella fase del giudizio, con la conseguenza che «è inammissibile l'istanza del difensore, proposta nel dibattimento, di autorizzazione dell'accesso a luoghi non aperti al pubblico per compiere indagini difensive. Infatti, nel dibattimento l'ispezione di luoghi può essere compiuta solo dal giudice alla presenza delle parti» (Trib. Foggia, 9 aprile 2002).

Casistica

L'accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico: riepilogo

Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 391-septies, il codice di rito riconosce al difensore il diritto di accedere ai luoghi privati e non aperti al pubblico. In particolare:

a) occorre autorizzazione del giudice previa richiesta del difensore;

b), è necessario il consenso di chi ha la disponibilità del luogo;

c) in caso affermativo, chi è presente all'atto può farsi assistere da persona di fiducia;

d) non è permesso accedere ai luoghi di abitazione e loro pertinenze, salvo che sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato.

Bibliografia

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