Codice di Procedura Penale art. 409 - Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione.

Enrico Campoli

Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione.

1. Fuori dei casi in cui sia stata presentata l'opposizione prevista dall'articolo 410, il giudice [328], se accoglie la richiesta di archiviazione [408, 411], pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Il provvedimento che dispone l'archiviazione è notificato alla persona sottoposta alle indagini se nel corso del procedimento è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare 1.

2. Se non accoglie la richiesta, il giudice entro tre mesi fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato [90, 91]. La persona sottoposta alle indagini e la persona offesa sono altresì informate della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà del difensore di estrarne copia23.

3. Della fissazione dell'udienza il giudice dà inoltre comunicazione [153] al procuratore generale presso la corte di appello [412].

4. A seguito dell'udienza, il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse, altrimenti provvede entro tre mesi sulle richieste45.

5. Fuori del caso previsto dal comma 4, il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l'imputazione [405]. Entro due giorni dalla formulazione dell'imputazione, il giudice fissa con decreto l'udienza preliminare. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 418 e 419 [128 att.] 6.

6. [L'ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione [606] solo nei casi di nullità previsti dall'articolo 127, comma 5 7.]8

 

[1] [1] Comma così modificato dall'art. 15 , comma 2, l. 16 dicembre 1999, n. 479.

[2] [2] La Corte cost., con sentenza interpretativa di rigetto, 25 novembre 1993, n. 418, ha affermato che dalla lettura coordinata degli artt. 409, 127 e 61 c.p.p. si desume che il difensore dell'indagato è ricompreso nel novero dei destinatari dell'avviso dell'udienza in camera di consiglio fissata dal giudice per le indagini preliminari per l'adozione di provvedimenti sulla richiesta di archiviazione.

[3] [3] Comma modificato dall'art. 22, comma 1, lett. f), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha inserito le parole: «La persona sottoposta alle indagini e la persona offesa sono altresì informate della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.». Precedentemente il comma era stato modificato dall'art. 12 l. 7 dicembre 2000, n. 397 e successivamente  l'art. 1, comma 32, lett. a), l. 23 giugno 2017, n. 103, aveva inserito dopo le parole «il giudice» le parole «entro tre mesi».  Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Per l'applicazione vedi lart. 92, comma 2-bis, d.lgs. n. 150 cit., come aggiunto, in sede di conversione, dall’art. 5-novies d.l. n. 162, cit.

[4] [4] Nel dichiarare la manifesta infondatezza di una questione di legittimità costituzionale degli artt. 409, comma 4 e 412 c.p.p., La Corte cost., con sentenza 16 luglio 1991, n. 353 ha affermato che «se, da un lato, il pubblico ministero ha l'obbligo di compiere le indagini indicate dal giudice a norme dell'art. 409, quarto comma, c.p.p., tale obbligo non è avulso né autonomo rispetto a quello di compiere "ogni attività necessaria" per assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale (art. 358 in relazione all'art. 326 c.p.p.), di talché l'indicazione del giudice opera come devoluzione di un tema di indagine che il pubblico ministero è chiamato a sviluppare in piena autonomia e libertà di scelta circa la natura, il contenuto e le modalità di assunzione dei singoli atti che ritenga necessari ai fini suddetti». La Corte ha inoltre sottolineato che «l'intervento sostitutivo del procuratore generale previsto dalla norma denunciata non è in sé destinato a "modificare" le conclusioni del pubblico ministero o a surrogare una obiettiva inerzia in ordine alle scelte sulla azione ovvero, ancora, a dirimere patologiche - e perciò stesso non disciplinabili - situazioni di stallo, ma unicamente a consentire ad un diverso ufficio del medesimo organo di apprezzare se in concreto l'attività di indagine sia stata o meno esauriente ai fini che sono istituzionalmente imposti al pubblico ministero».

[5] [5] Le parole «, altrimenti provvede entro tre mesi sulle richieste» sono state aggiunte dall'art. 1, comma 32, lett. b), l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell'art. 1,  comma 95, l. n. 103,  cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

[6] [6] Vedi Corte cost., 12 giugno 1991, n. 263.

[7] [7] La Corte cost., con sentenza interpretativa di rigetto, 16 luglio 1991, n. 353 ha affermato, sulla base della ratio della disposizione dell'art. 409, comma 6, che è ricorribile per cassazione da parte della persona offesa il decreto di archiviazione emesso de plano essendo stato illegittimamente omesso l'avviso a detta persona della richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero, nonostante la sua espressa domanda di essere preavvertita (v. art. 408, comma 2). Nello stesso senso, v. Corte cost., ord. 27 maggio 1993, n. 257.

[8] [8] Comma abrogato dall'art. 1, comma 32, lett. c), l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell'art. 1,  comma 95, l. n.103, cit., la  stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). Il testo del comma era il seguente: «6. L'ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione  solo nei casi di nullità previsti dall'articolo 127, comma 5 ». Precedentemente alla modifica operata dalla l. n. 103, cit. la Corte cost., 16 luglio 1991, n. 353 aveva dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, una questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 24, comma 2 e 112 Cost. V. anche Corte cost., ord. 27 maggio 1993, n. 257.

Inquadramento

L'art. 409 regolamenta, nel dettaglio, l'intervento del giudice per le indagini preliminari nel procedimento di archiviazione per infondatezza della notizia di reato nei confronti di persone note.

Tale procedimento può tanto concludersi con la pronuncia del decreto di archiviazione quanto, a seguito di opposizione della persona offesa, innescare l'udienza camerale, innesco che può anche essere il frutto di una libera ed autonoma determinazione del giudice per le indagini preliminari.

All'esito dell'udienza camerale le decisioni del giudice, assunte tutte con ordinanza, possono essere sia di archiviazione del procedimento che di ulteriori approfondimenti ovvero di ordine al pubblico ministero di esercitare l'azione penale.

Con   la l. n. 103/2017 il Legislatore, parallelamente alla cura dell'operato dell'ufficio del pubblico ministero in merito alla richiesta di archiviazione, si è preso carico di porre sotto osservazione (potenzialmente disciplinare) anche i tempi del giudice per le indagini preliminari sia per quanto riguarda il dovere di fissazione dell'udienza in seguito ai diversi tipi di opposizione contemplati dalle norme, — ovvero quando ritiene di non accoglierla de plano —, sia relativamente alla decisione da assumere, in entrambi i casi sancendo un termine ordinatorio di tre mesi (vedi infra).

Alla luce della completa riscrittura della disciplina della nullità dei provvedimenti di archiviazione e della revisione del regime delle impugnazioni (con l'abrogazione del ricorso per cassazione) ora previste in relazione ad essi (art. 410-bis) il comma 6 dell'art. 409 è stato totalmente abrogato.

Il decreto di archiviazione per infondatezza della notizia di reato

Profili generali

Fatta salva l'ipotesi in cui sia stata presentata opposizione della persona offesa, circostanza che opera il rimando a quanto regolamentato dall'art. 410, il giudice per le indagini preliminari, — cui sia stata presentata l'archiviazione per infondatezza della notizia di reato ha dinanzi a sé due opzioni: procedere, con decreto motivato, all'archiviazione ovvero fissare, d'iniziativa, l'udienza camerale.

Ordinanza di incompetenza

Invero, prima delle due opzioni appena menzionate, rientra nelle prerogative del giudice per le indagini preliminari, così come sancito dall'art. 22, comma 1, anche quella di potere dar luogo ad un'ordinanza di incompetenza “per qualsiasi causa” cui fa seguito la restituzione degli atti all'ufficio del pubblico ministero richiedente.

La dichiarazione d'incompetenza pronunciata "nel corso delle indagini preliminari", di cui la richiesta di archiviazione fa parte -, pur non essendo impugnabile, e rimuovibile solo a mezzo di ex artt. 28 ss. (Cass. S.U., n. 42030/2014), non è vincolante per il pubblico ministero (arte. 22, comma 2: "L'ordinanza pronunciata a norma del comma 1 produce effetti limitatamente al provvedimento richiesto") il che può essere tanto disposto, disponendo la trasmissione ex art. 54 all'ufficio ritenuto territorialmente competente, quanto, all'esito di nuovi approfondimenti, eventualmente riformularla.

Quando il giudice per le indagini preliminari, in relazione ad una richiesta di archiviazione, pronuncia, con ordinanza, la propria incompetenza per territorio, a differenza di quanto accade in seguito all'esercizio dell'azione penale, — che determina, ex art. 22, comma 3, il potere in capo al giudice di pronunciare l'incompetenza con sentenza e di trasmettere direttamente il procedimento al pubblico ministero presso il giudice competente —, la restituzione degli atti va fatta all'ufficio del pubblico ministero richiedente.

Competenza del giudice di pace

Alla pronuncia di incompetenza il giudice per le indagini preliminari dovrà dar luogo anche in tutti i casi in cui il reato contestato rientra — (art. 4 d.lgs. n. 274/2000) — nella competenza (per materia) del giudice di pace (es.: delitto di lesioni volontarie aggravato ex art. 61 n. 9 c.p.).

Nei casi di connessione con reati di competenza del tribunale o della corte d'assise quella del giudice di pace è recessiva.

Il decreto motivato

Il rapporto è un mezzo per l'esame preliminare, - e, prima di lui, il pubblico è nel formulare la propria richiesta di archiviazione ex arte. 409 -, la fondatezza della notizia di reato è quella dettato dall'art. 125 att., detto contraltare di merito del previsto previsto dall'art. 256 trans.

Così come, difatti, quest'ultimo nel prendere in considerazione i criteri per il rinvio a giudizio, — per l'esercizio dell'azione penale in relazione ai procedimenti che proseguivano con le vecchie norme del codice di procedura penale —, ha stabilito che i provvedimenti dovessero essere adottati quando “gli elementi di prova raccolti siano sufficienti a determinare, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, la condanna dell'imputato” il primo, sempre nell'ottica di rendere il dibattimento del tutto residuale, sancisce che deve procedersi con l'archiviazione quando “gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio”.

Confisca

Anche in sede di archiviazione il giudice per le indagini preliminari deve pronunciarsi in merito alle confische obbligatorie, — quelle cioè sancite dall'art. 240, comma 2, o da leggi speciali —, provvedendo, invece, alla restituzione, quando pur in presenza di una richiesta del pubblico ministero di applicazione della misura di sicurezza patrimoniale, ritenga che non ne ricorrano le condizioni.

È, pertanto, legittima la confisca pronunciata in sede di archiviazione del mezzo utilizzato per il trasporto di migranti clandestini stante la natura obbligatoria della stessa (Cass., I, n. 48673/2015).

Beni in sequestro

Prima di dar luogo alla trasmissione del fascicolo alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari, il pubblico ministero deve determinarsi riguardo ai beni sottoposti a sequestro (reale e/o probatorio).

Sia che si tratti di sequestro probatorio che preventivo, fino all’esercizio dell’azione penale, è riconosciuto in capo il pubblico il potere immediato, senza l’avallo del giudice, di disporre la restituzione all’avente diritto.

Ogni qualvolta il pubblico ministero si determina per l'archiviazione del procedimento, salvo i casi in cui richieda la confisca, deve provvedere alla restituzione dei beni non potendo demandare tale compito al G.i.p. e ciò sia perché, in quel momento processuale, la competenza funzionale gli è pienamente riconosciuta e sia in quanto non farlo comporterebbe un indebito ritardo per la parte interessata.

La competenza a provvedere sull'istanza di restituzione di cose in sequestro, presentata dopo la definizione con archiviazione, spetta al giudice per le indagini preliminari in funzione di giudice dell'esecuzione ex artt. 667, comma 4, e 676, comma 1 (Cass., I, n. 15997/2014).

Spese del procedimento

L'art. 340, ultimo comma, sancisce che le spese del procedimento sono a carico del querelato, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di remissione: ne consegue che in sede di archiviazione per remissione della querela la pronuncia del giudice segue il disposto normativo.

Per tale ragione, il provvedimento di condanna del querelante al pagamento delle spese in favore del querelato emesso dal giudice per le indagini preliminari all'esito dell'udienza camerale per la trattazione dell'opposizione alla richiesta di archiviazione è affetto da abnormità funzionale (Cass. II, n. 44583/2014).

Una volta intervenuto il decreto di archiviazione ed una volta operata la trasmissione degli atti all'ufficio della Procura la liquidazione delle spese relative alle intercettazioni telefoniche, disposte nel corso dello stesso, compete, quale “magistrato che procede” al pubblico ministero (Cass. IV, n. 2212/2014).

Proprio in forza di quest'ultimo criterio, — sancito dall'art. 168 d.P.R. n. 115/2002 —, la liquidazione delle spese del procedimento (es.: custodia) attinenti le pronunce adottate dal giudice per le indagini preliminari nel provvedimento di archiviazione riguardo ai beni in sequestro (confisca/restituzione) spettano a quest'ultimo.

Con la sentenza  Cass. S.U. n. 4535/2020 le Sezioni Unite hanno affermato il principio di diritto secondo cui “la competenza a provvedere ai sensi dell’art. 168 d. P. R. 30 maggio 2002 n. 115 sulla istanza di liquidazione delle spese di custodia dei beni sequestrati presentata dopo l’archiviazione del procedimento spetta al giudice per le indagini preliminari in qualità di giudice per l’esecuzione”.

Tale principio viene formulato dai giudici di legittimità partendo dalla necessità di sciogliere il contrasto esistente in giurisprudenza riguardo alla interpretazione della locuzione “magistrato che procede” di cui all’art. 168 cit., - “la liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato e dell’indennità di custodia è effettuata con decreto di pagamento, motivato, dal magistrato che procede” -, giunge alla conclusione che tale soggetto, nel caso di procedimento archiviato, non è individuabile atteso che “in tale ipotesi” non v’è “alcun magistrato procedente”.

E’ sulla base di tale conclusione che troverebbe, quindi, ingresso il principio generale dettato dall’art. 263, comma 6, c.c.p., - dettato per le sentenze non più soggette ad impugnazione ed estendibile anche ai procedimenti archiviati -, secondo cui a provvedere sulla restituzione delle cose ancora in sequestro e sulle connesse spese di custodia, debba essere il giudice dell’esecuzione, da individuarsi in seguito all’archiviazione, nel giudice per le indagini preliminari.

Secondo l’intervento nomofilachico “il magistrato che procede di cui all’ art. 168 del T.U.  è il giudice per le indagini preliminari quale giudice dell’esecuzione, rilevando, ai fini della competenza, non già la collocazione fisica del fascicolo archiviato” – che individuerebbe l’ufficio del pubblico ministero, presso cui è costituito l’archivio – bensì “la materiale disponibilità del medesimo in ragione della funzione esercitata” in tal modo non solo parificando, invero grossolanamente, decisioni ontologicamente diverse tra loro, - e cioè “le sentenze non più soggette ad impugnazione” sottoposte al regime dell’irrevocabilità e le “archiviazioni” che ad esso sono avulse -, ma anche disattendendo un dato processuale inoppugnabile è cioè che solo il pubblico ministero può promuovere per quest’ultime la riapertura delle indagini (art. 414 c.p.p..) : una volta, difatti, intervenuta l’archiviazione del procedimento non solo non v’è alcuna irrevocabilità della decisione – come anche per le sentenze ex art. 425 c.p.p. - ma il magistrato che procede è esclusivamente da individuare nel pubblico ministero in quanto nei procedimenti contro ignoti è egli stesso, di ufficio, a riaprire le indagini mentre per quelli contro noti è solo tale organo che può promuoverla inoltrando la richiesta al giudice per  le indagini preliminari.

A differenza, pertanto, di quanto affermato dalle Sezioni Unite, successivamente all’archiviazione, “la materiale disponibilità….del fascicolo archiviato in ragione della funzione esercitata” non è affatto nella sfera del giudice per le indagini preliminari bensì in quella del pubblico ministero e ciò non solo perché “fisicamente” lo stesso è custodito nell’archivio istituito presso quell’ufficio ma anche in quanto esso è l’unico organo in cui risiede, procedimentalmente, ogni potere di attivazione.

L'obbligo della notifica del decreto di archiviazione nei confronti dell'indagato sottoposto alla custodia cautelare

 

Profili generali

La seconda parte del primo comma. 409 sancisce l'obbligo di notificare all'indagato il decreto di archiviazione laddove lo stesso, nel corso del procedimento, sia stato sottoposto alla misura della custodia cautelare.  (La Corte cost. n. 109/1999, ha previsto il diritto all'equa riparazione anche ai casi in cui l'interessato ha subito la custodia cautelare in seguito ad un arresto in flagranza ovvero ad un fermo).

La necessità di tale previsione nasce dal fatto che mentre laddove v’è stato esercizio dell’azione penale il soggetto raggiunto da ordinanza custodiale viene inevitabilmente messo a conoscenza dell’evoluzione del procedimento, divenendo imputato e ricevendo i relativi avvisi delle eventuali vocatio in iudicium, nel caso in cui lo stesso dovesse essere archiviato non era previsto alcun onere di informazione da parte dell’autorità giudiziaria.

Del resto, costituisce ipotesi ordinaria, prevista dal nostro ordinamento, che un procedimento iscritto nei confronti di persona nota si possa concludere con l’archiviazione senza che la stessa sia mai venuta a conoscenza delle indagini svolte.

Nei casi in cui il procedimento nei confronti di persona nota si concluda con l’archiviazione è, espressamente, previsto che, laddove ancora vigenti, le misure cautelari imposte vengano dichiarate inefficaci, ex art. 300, comma 1.

Custodia cautelare

Com'è noto, l'art. 284, comma 5, equipara gli arresti domiciliari alla custodia cautelare in carcere.

Tale equiparazione ha ragione d'essere anche in relazione all'art. 409, comma 1, seconda parte per cui l'onere di notifica riguarda anche tutti i soggetti che nel corso del procedimento sono stati sottoposti alla misura degli arresti domiciliari.

Per le medesime ragioni alcun avviso verrà dato agli indagati sottoposti, nel procedimento che si conclude con la pronuncia di archiviazione, a tutte le altre misure cautelari personali, sia restrittive che interdittive, anche ove in cumulo tra loro.

Spazio applicativo

Sebbene il dovere di informare l'indagato, sottoposto a custodia cautelare nel corso del procedimento, dell'emissione del decreto di archiviazione sia declinato in capo alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari che lo ha pronunciato, sulla quale, pur in assenza di alcuna specifica pronuncia in dispositivo da parte di quest'ultimo, incombe tale onere, pare opportuno che a ciò provveda specificamente il giudice inserendolo nel dispositivo del provvedimento.

Tipologia dell'archiviazione

L'obbligo di notifica del decreto di archiviazione nei confronti del soggetto sottoposto alla custodia cautelare non solo si estende ai casi in cui si addivenga alla medesima pronuncia all'esito dell'udienza camerale prevista dall'art. 409, comma 2, (la cui pronuncia è svolta con ordinanza) ma anche quando la decisione è svolta ai sensi dell'art. 411, comma 1 e 1-bis, sia pure con i limiti perimetrali dettati dall'art. 314.

Ingiusta detenzione

L'onere di notifica è strettamente finalizzato alla domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione.

L'art. 314, comma 3, estende alle pronunce di archiviazione (ed a quelle di non luogo a procedere ex art. 425) quanto già previsto in esso per quelle emesse all'esito del dibattimento o dei riti speciali.

Il comma 5 dell'art. 314 espressamente prevede l'esclusione della riparazione per ingiusta detenzione, — e quindi nel decreto di archiviazione non dovrà essere disposto l'avviso all'indagato sottoposto alla custodia cautelare —, nei casi in cui la stessa sia stata pronunciata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, se non per il periodo successivo all'abrogazione.

Non è configurabile il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione in caso di estinzione del reato per prescrizione a meno che la durata della custodia cautelare sofferta risulti superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile o a quella in concreto inflitta nei precedenti gradi di giudizio ma solo per la parte di detenzione subita in eccedenza (Cass. III, n. 2451/2014).

Unitamente all'art. 102 att., che ha ad oggetto l'individuazione del giudice competente presso cui incardinare il procedimento di riparazione per l'ingiusta detenzione, l'art. 102-bis att. regolamenta un altro fondamentale aspetto cui è collegato l'onere della notifica del decreto di archiviazione nei confronti di soggetto sottoposto, nel corso del procedimento, alla custodia cautelare: il diritto ad essere reintegrato “nel posto di lavoro che occupava prima dell'applicazione della misura” qualora per tale causa “sia stato licenziato”.

L'udienza camerale : forma, avvisi e partecipazione

Profili generali

Il giudice che non accoglie la richiesta di archiviazione non può dar luogo ai provvedimenti di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 409 se non previa fissazione dell'udienza camerale: gli stessi, difatti, devono essere il frutto, quantomeno potenziale, del contraddittorio tra le parti.

Con la riforma Cartabia si è previsto che già in sede di fissazione dell'udienza ex artt. 408 e ss. l'indagato e la persona offesa vengano avvisati della possibilità di accedere agli strumenti della giustizia riparativa – (allorquando essi verranno concretamente approntati : vedi decreto legge n. 162/2022 che ha integrato la disposizione transitoria – art. 92 – del Decreto Legislativo n. 150/2022 – posticipandone l'entrata in vigore di sei mesi dall'efficacia della riforma).

Fissazione dell'udienza ed avvisi

Nel dar luogo alla fissazione dell'udienza camerale il giudice dà avviso della stessa al pubblico ministero, all'indagato (circostanza che necessita di peculiare cura nei casi in cui lo stesso non sia stato compiutamente identificato) ed alla persona offesa.

Non deve essere dato avviso al difensore dell'indagato, — laddove quest'ultimo sia stato nominato nel procedimento —, per la fissazione dell'udienza ex art. 409 non rientrando esso tra i soggetti individuati (Cass. VI, n. 27945/2014).

Per lo stesso motivo, qualora l'indagato non abbia nominato nel corso del procedimento alcun difensore, — procedimento di cui potrebbe avere per la prima volta notizia proprio in quell'occasione laddove non si siano mai svolti atti garantiti che lo abbiano messo a conoscenza dell'esistenza delle indagini nei propri confronti —, non va disposta, per l'occasione, la nomina di un difensore d'ufficio.

Nel procedimento per reati di competenza del giudice di pace non è prevista la celebrazione dell'udienza camerale per cui le valutazioni in merito alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, ivi comprese quelle riguardanti l'opposizione della persona offesa, vengono valutate de plano (Cass. V, n. 18861/2014).

Procuratore generale presso la Corte di appello

Così come al procuratore generale presso la corte d'appello, — nel cui distretto è insediato il giudice per le indagini preliminari investito della richiesta di archiviazione —, va data comunicazione, ex art. 127 disp. att., di tutti i procedimenti nei confronti di persone note per i quali il pubblico ministero non ha esercitato l'azione penale ovvero richiesto l'archiviazione entro i termini previsti dalla legge o prorogati dal giudice, così tutte le volte in cui il giudice per le indagini preliminari fissa l'udienza camerale ex art. 409, a prescindere dal fatto che sia stata o meno formulata opposizione, dovrà darne comunicazione a tale organo.

Tale comunicazione, — come del resto quella di cui all'art. 127 disp. att. —, ha quale finalità quella di mettere il procuratore generale nelle condizioni di avocare le indagini.

L'ordinanza di archiviazione non può essere impugnata dalla persona offesa sotto il profilo dell'omessa comunicazione al procuratore generale presso la corte d'appello atteso il riconoscimento di tale potere solo all'organo in capo al quale va fatta (Cass. V, n. 46133/2014).

Presenza facoltativa

L'udienza camerale si svolge con le forme di cui all'art. 127, cioè senza la presenza necessaria delle parti, le quali sono sentite solo se compaiono.

In quella sede le parti possono presentare, rispetto alla documentazione già depositata in cancelleria e della quale possono estrarre copia, ulteriori documenti e memorie.

Legittimo impedimento del difensore

Di recente, dopo anni di giurisprudenza restrittiva sul punto, — vedi, sul punto: Cass. VI, n. 14396/2009 —, è stato sostenuto che anche per le udienze camerali a presenza non necessaria, vada concesso il rinvio in occasione dell'astensione dei difensori dalle udienze, ciò in quanto tale situazione non rientra tra le ipotesi di legittimo impedimento bensì costituisce espressione dell'esercizio di un diritto di libertà (Cass. V, n. 4819/2015).

Le indagini coartate

 

Profili generali

All'esito dell'udienza camerale, il giudice per le indagini preliminari può emettere ordinanza con la quale indica al pubblico ministero il necessario compimento di ulteriori indagini.

Il rispetto della forma camerale, a mezzo della quale il giudice per le indagini preliminare rigetta la richiesta di archiviazione, è stato ritenuto prerogativa sistemica fondamentale in sede di legittimità in quanto, ove trasgredito, determina un'indebita regressione del procedimento ed una conseguenziale stasi dello stesso (Cass. VI, n. 22081/2015).

Contenuto del provvedimento di ulteriori indagini

Nel dar luogo all'ordinanza motivata di indagini coartate il giudice per le indagini preliminari, — nel rispetto delle prerogative del pubblico ministero che è l'organo deputato alle indagini —, dovrà indicare i temi d'indagine incompleti e la necessità di colmare tali lacune ma senza poter ordinare l'utilizzo di questo o quello specifico strumento investigativo.

Lo spazio d'intervento del giudice è stato oggetto di contrastanti provvedimenti in sede di legittimità in quanto, a fronte di  decisioni  tese a far sì che non fosse invasa la sfera di autonomia  ( investigativa)  riservata al pubblico ministero ,  – cassando con la sanzione dell'abnormità  ordinanze indicative di specifici atti d 'istruzione, come l'interrogatorio dell'indagato  attesa   la sua valenza quale strumento di garanzia e difesa e non un mezzo d'indagine   -, se ne sono sviluppate altre (Cass.,  VI, n. 48573/2019 )  che ritengono ciò  “espressione del legittimo esercizio del potere cognitivo conferito al giudice dal sistema processuale”.  

Il giudice per le indagini preliminari  che , nel restituire gli atti al pubblico ministero , chieda lo svolgimento di nuove indagini “consistenti nell'interrogatorio dell'indagato ” non esercita poteri eccedenti la sua competenza  né   dà luogo a d una pronunzia che si pone al di fuori del sistema organico della legge processuale ovvero determini, comunque, la stasi del processo e l 'impossibilità di proseguirlo bensì assume una decisione nell'ambito del potere  ordinatorio   appositamente  riconosciutogli  nell'ambito dell'obbligatorietà dell'azione penale,  in quanto “valutare ab origine la superfluità delle dichiarazioni dell 'indagato – sul presupposto che quest' ultimo  non ha alcun dovere di accusarsi o discolparsi o di fornire elementi di risconto alle tesi dell'accusa – comporta un sindacato  anticipatorio  di merito ” – (Cass. VI, n. 48573/2019; Cass., S. U., n. 10728/2022 ).

Termini per le indagini coartate

Nell'ordinanza motivata di indagini coartate il giudice fissa anche il termine per il compimento delle stesse.

Tale termine può anche essere ricompreso in quelli ordinari ex art. 406, laddove quello geneticamente previsto non sia scaduto, ovvero può essere autonomamente individuato dal giudice, fermo restando il rispetto della sanzione di inutilizzabilità sancita dall'art. 407, ultimo comma,

Nel fissare il termine entro il quale le indagini coartate debbono svolgersi, fatta eccezione per i delitti per i quali i termini hanno sempre decorrenza (criminalità organizzata, etc.), il giudice dovrà prendere in considerazione anche la disciplina della sospensione feriale degli stessi.

Mai, in alcun caso, il giudice per le indagini preliminari nell'assegnare il suddetto termine può fissare un ulteriore udienza in prosieguo per “controllare”, ovvero vagliare, l'adempimento delle indagini integrative.

Proroga delle indagini coartate

Qualora il termine assegnato dal giudice per il compimento delle indagini integrative sia spirato senza che le stesse abbiano avuto compimento il pubblico ministero può chiedere al giudice la proroga dello stesso.

In tali casi, appare più aderente ai principi sistemici, che il giudice per le indagini preliminari non provveda de plano ma fissi apposita udienza camerale, — di cui darà avviso alle parti interessate —, all'esito della quale assumere le decisioni ovvero instauri, nelle forme libere che riterrà idonee, un contradditorio.

Inadempienza

In tutti i casi in cui il pubblico ministero investito delle indagini integrative sia inadempiente, — totalmente o parzialmente —, rientra nei poteri del giudice per le indagini preliminari, qualora sia nuovamente investito di una richiesta di archiviazione, quello di rinnovare il mandato integrativo, concedendo un nuovo termine, ovvero adottare le altre decisioni previste dall'art. 409.

Nuovo avviso per la persona offesa

In seguito alle ulteriori indagini l'ufficio del pubblico ministero può nuovamente determinarsi liberamente ex art. 405.

Nel caso in cui intenda insistere nell'archiviazione il pubblico ministero, sempre laddove vi sia stata una persona offesa che abbia originariamente richiesto di essere avvisata, dovrà nuovamente notificare a quest'ultima, e senza che la stessa riproponga tale specifica istanza, la richiesta ex art. 408 (Cass. V, n. 26594/2014):  in tal caso il giudice non può procedere, fatta salva l’inammissibilità, de plano (Cass. IV, 33786/2017).

L'imputazione coatta

Profili generali

All'esito dell'udienza camerale il giudice per le indagini preliminari, in alternativa alla pronuncia di archiviazione o a quella di ulteriori indagini, può anche direttamente deliberare che il pubblico ministero, cui vengono restituiti gli atti, eserciti l'azione penale. (Sebbene la forma camerale sia quella più corretta, è stato dichiarato non impugnabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo dell'abnormità, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, ricevuta la richiesta di archiviazione, dispone de plano la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la formulazione dell'imputazione Cass. II, n. 24793/2015).

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (Cass. S.U., n. 4319/2013) hanno, perentoriamente, stabilito che esorbita dai poteri del giudice per le indagini preliminari, in materia di archiviazione, — ed è, quindi, ricorribile per abnormità —, l'ordine di imputazione coatta emesso nei confronti di soggetto non indagato nonché quello nei confronti di soggetto indagato per ipotesi di reato diverse da quelle per le quali il pubblico ministero aveva richiesto l'archiviazione: in tali casi, il giudice deve limitarsi ad ordinare l'iscrizione ex art. 335 e solo, successivamente, se investito della richiesta di archiviazione, adottare i suddetti provvedimenti.

Tale indirizzo viene confermato da Cass., II, n. 21812/2021 che ribadendo l’abnormità dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari, qualora ordini l’imputazione coatta nei confronti di soggetti non ancora iscritti al registro notizie di reato – per quella notitia criminis ovvero anche per altra individuata in quella sede -, ribadisce la legittimità dell’ordine di iscrizione quale limite del potere del giudice, fermo restando, in una successiva occasione, laddove venisse presentata nuovamente richiesta di archiviazione ma nei confronti di soggetti iscritti, quello di disporre l’esercizio dell’azione penale.

Esercizio dell'azione penale

 

Nell'ordinare l'imputazione coatta nei confronti dell'indagato il giudice per le indagini preliminari può disporre che il medesimo fatto sia diversamente qualificato (Cass. II, n. 31912/2015).

Per la medesima ragione non è stato ritenuto abnorme il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, rigettando la richiesta di archiviazione del pubblico ministero, basata sulla mancanza della condizione di procedibilità della querela, individui la sussistenza di una circostanza aggravante, ed ordini la formulazione dell'imputazione attesa la procedibilità d'ufficio che ne consegue (Cass. VI, n. 47292/2015).

Secondo gli insegnamenti di legittimità così come è abnorme l'ordinanza di imputazione coartata emessa dal giudice per le indagini preliminari che abbia ad oggetto persona non indagata altrettanto è a dirsi per quella che riguarda imputazioni diverse da quelle contestate dall'ufficio del pubblico ministero nella richiesta di archiviazione (Cass. S.U., n. 4319/2014).

 Le Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 40984/2018) hanno affermato che è ricorribile in cassazione per abnormità, da parte dell'indagato, l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che non accogliendo la richiesta di archiviazione disponga l'imputazione coartata per reati diversi da quelli oggetto della richiesta ledendosi, in tal modo, il diritto di difesa dello stesso atteso che non è assicurato sul punto il diritto al contraddittorio e non assicurando le “possibilità difensive offerte dall'ordinamento nel prosieguo procedimentale” adeguato sostegno.

Costituisce prerogativa del giudice (e, di certo, non soltanto di quello per le indagini preliminari), – nel pieno rispetto del principio (costituzionale) di legalità -, anzi è caratteristica strutturale del suo intervento nell'ordinamento processuale, quello di qualificare giuridicamente il fatto, in difformità di quanto prospettato dal titolare dell'azione penale, per cui se l'ordine di imputazione coatta ha ad oggetto soggetti già iscritti al registro notizie di reato e prende in esame gli stessi identici fatti su cui sono state svolte, previa iscrizione, le indagini non ricorre alcuna abnormità “essendosi il giudice per le indagini preliminari limitato ad esercitare il doveroso e legittimo controllo che gli spetta sull'attività del pubblico ministero”.

Citazione diretta

A differenza di quanto lascia intendere il disposto di cui all'art. 128 disp. att., nei casi in cui l'esercizio dell'azione penale è dovuto all'ordinanza di imputazione coatta del giudice per le indagini preliminari esso si sviluppa nelle forme dell'udienza preliminare solo per i reati per i quali è prevista edittalmente la celebrazione di essa mentre in tutti gli atri casi il pubblico ministero darà luogo alle formalità di cui all'art. 550 (Cass., V, n. 20563/2014)ovvero alle altre forme possibili di esercizio dell’azione penale (ad esempio, con richiesta di decreto penale di condanna).

Casistica

L'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che, all'esito dell'udienza camerale, nel rigettare la richiesta di archiviazione dispone nuove indagini ordinando l'espletamento dell'incidente probatorio in cui sentire la persona offesa è abnorme essendo un potere dell'ufficio del pubblico ministero determinarsi all'attivazione di tale procedura – (Cass., III, n. 4484/2022).

Le novità introdotte dalla l. 23 giugno 2017, n. 103

Tutte le volte in cui il giudice per le indagini preliminari verrà investito di una richiesta di archiviazione da parte dell'ufficio del pubblico ministero, ed in merito ad essa non vi sarà né opposizione della persona offesa né le opposizioni di cui all'art. 411, comma 1-bis, (tenuità del fatto) ovvero egli ritenga (d'ufficio) di fissare l'udienza camerale, la decisione da assumere (con decreto motivato) rimarrà svincolata da ogni termine.

Con la novella legislativa del 2017 non è  più così, invece, nei casi in cui il giudice dovrà fissare udienza camerale, o perché sia stata formulata opposizione ovvero perché ritenga di non accoglierla de plano, in quanto il legislatore ha posto un termine per provvedervi: tre mesi.

Analogo termine è stabilito per la decisione che il giudice per le indagini preliminari dovrà assumere all'esito dell'udienza camerale.

E' del tutto evidente che tale intervento legislativo va ad intaccare le prassi invalse negli uffici dei giudici per le indagini preliminari di fissare le udienze camerali per tali procedimenti senza alcuna cogenza temporale ovvero, all'esito dell'udienza camerale, riservandosi le decisioni e depositando poi le stesse anche a distanza di notevole tempo dall'occasione del contraddittorio.

La formula utilizzata dal legislatore “altrimenti provvedere entro tre mesi sulle richieste”, – in alternativa alle decisioni di disporre ulteriori indagini ovvero di imputazione coartata —, sembrerebbe introdurre il termine ordinatorio dei tre mesi solo per il provvedimento di archiviazione ma tale interpretazione appare asistemica e, soprattutto, avulsa dalla ratio dell'innovazione tesa ad introdurre anche per il giudice tempi serrati per le decisioni da assumere.

Paradossalmente proprio il ritardo del giudice in ordine alle ulteriori indagini da compiere ovvero in merito all'imputazione coartata, – più di quanto lo sia il provvedimento di archiviazione —, danneggerebbe lo sviluppo del procedimento in quanto nel primo caso destinato ad incidere sullo sviluppo delle acquisizioni delle fonti di indagine e nel secondo consumando i termini della prescrizione: svincolare, pertanto, essi dal termine dei tre mesi vorrebbe dire depotenziare l'introduzione dei termini per le decisioni da assumere.

Va, infine, evidenziato che se da un lato i termini hanno esplicita valenza ordinatoria non può non sottolinearsi che, nel richiamare l'analogo tempo massimo concesso per le motivazioni delle sentenze di particolare complessità (90 giorni), la volontà legislativa è quella di richiamare i giudici ad una maggiore tempestività atteso che l'imposizione di una scadenza, e dell'obbligo di rispettarla, va letta in combinato disposto con la valenza disciplinare di una correlata disobbedienza ad esse (art. 124 c.p.p.).

Bibliografia

La  Regina, Decreto di archiviazione: inoppugnabilità da parte dell'indagato, in ilpenalista.it; Mattarella, Attuali equilibri fra poteri del Gip e funzioni del magistrato inquirente in tema di indagini coatte e imputazione coatta, in ilpenalista.it.

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