Codice di Procedura Penale art. 414 - Riapertura delle indagini.

Enrico Campoli

Riapertura delle indagini.

1. Dopo il provvedimento di archiviazione emesso a norma degli articoli precedenti, il giudice [328] autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivata dalla esigenza di nuove investigazioni. La richiesta di riapertura delle indagini è respinta quando non è ragionevolmente prevedibile la individuazione di nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare l'esercizio dell'azione penale.1

2. Quando è autorizzata la riapertura delle indagini, il pubblico ministero procede a nuova iscrizione a norma dell'articolo 335 [405-407].

2-bis. Gli atti di indagine compiuti in assenza di un provvedimento di riapertura del giudice sono inutilizzabili2.

Inquadramento

L'art. 414 cura, proceduralmente, la fase successiva all'archiviazione nei procedimenti nei confronti di persone note.

Essa ha ad oggetto qualsiasi decreto di archiviazione pronunciato secondo le diverse formule di cui agli artt. 409, 410 e 411, — escludendo l'art. 415 che ha un regime a parte —, decreto che si intende implicitamente revocato tutte le volte in cui il giudice, su domanda del pubblico ministero, e con provvedimento motivato, dispone la riapertura delle indagini, cui fa seguito la nuova iscrizione ex art. 335.

La riapertura delle indagini preliminari nei procedimenti noti

Profili generali

I decreti di archiviazione (artt. 408 ss.) e le sentenze di non luogo a procedere (art. 425) sono estranei al concetto di intangibilità del giudicato di cui all'art. 648 (irrevocabilità delle sentenze e dei decreti penali) ed al principio del ne bis in idem dettato dall'art. 649 (divieto di un secondo giudizio).

I decreti di archiviazione e le sentenze di non luogo a procedere sono, difatti, soggetti sia alla revoca che alla possibilità di un secondo “giudizio” in ordine al medesimo fatto a mezzo degli strumenti processuali disciplinati dall'art. 414, nel primo caso, e dall'art. 434 ss., nel secondo.

Preclusione

La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che la garanzia individuata dall'art. 414 è dettata a presidio del soggetto indagato: quest'ultimo, in presenza di un'intervenuta archiviazione per il medesimo fatto — reato, non può essere sottoposto a nuove indagini senza l'autorizzazione del giudice che ne disponga la riapertura.

 La preclusione processuale, – individuata dalla sentenza delle Cass S.U., n. 33885/2010 e che comporta l'inutilizzabilità delle indagini compiute in assenza dell'autorizzazione alla riapertura —, non si sviluppa allorquando “si tratti di provvedimento di archiviazione adottato nel regime normativo del codice di rito penale del 1930” (Cass., I, n. 37611/2016).

La preclusione non opera quando l'archiviazione ha avuto ad oggetto solo una parte della notizia di reato avendo l'ufficio del pubblico ministero “selezionato” alcune delle condotte estrapolabili dalla stessa per poi, successivamente, esercitare l'azione penale in relazione ad altra condotta mai fatta oggetto di autonoma iscrizione ex art. 335 cod. proc. pen.Cass., V, N. 18690/2022.

Principio della domanda

La riapertura delle indagini preliminari, — sia che essa attenga al procedimento definito con archiviazione e sia che abbia ad oggetto quello conclusosi con sentenza di non luogo a procedere —, può essere disposta solo su domanda del pubblico ministero.

In ordine a tale ultimo punto, si è avuto modo di precisare, in sede di legittimità, che il difetto di legittimazione del pubblico ministero richiedente, — richiesta avanzata dal pubblico ministero distrettuale per un reato comune —, non comporta alcuna conseguenza in ordine all'improcedibilità dell'azione penale atteso che quest'ultima è conseguenza solo dell'eventuale assenza del decreto di autorizzazione alla riapertura delle indagini da parte del giudice (Cass. I, n. 11997/2013).

Gli articoli 414, comma 1, e 434, comma 1, individuano, unicamente, nel pubblico ministero il soggetto che può inoltrare al giudice la domanda di riapertura delle indagini preliminari con l'unica differenza che nel secondo caso il giudice è individuato, in modo a-tecnico, nel giudice per le indagini preliminari mentre, palesemente, si tratta del giudice dell'udienza preliminare, stante l'incompatibilità di funzioni ex art. 34, comma 2-bis.

Proprio nel rispetto del principio della domanda stabilito dall'art. 414, la Corte cost. n. 445/1990 —, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 157 disp. att., in quanto lo stesso riconosceva al giudice per le indagini preliminari ed al procuratore generale, in seguito al decreto di archiviazione, un potere di riapertura e di avocazione delle indagini in contrasto con la disciplina codicistica.

Sollecitazione della parte interessata

Sebbene il legislatore individui nel solo pubblico ministero l'organo legittimato a formulare la domanda nulla vieta, — ed è ciò che accade nella prassi —, che sia la parte privata interessata (persona offesa) a sollecitare la riapertura delle indagini.

In ordine a tale potere sollecitatorio, — non oggetto di alcuna regolamentazione codicistica —, il pubblico ministero svolge un ruolo di filtro in quanto può, eventualmente in modo motivato, rifiutare l'inoltro al giudice ritenendo non sussistenti le condizioni per la riapertura delle indagini.

Si è affermato, in sede di legittimità, che il rigetto da parte del pubblico ministero della sollecitazione della persona offesa a presentare una richiesta di riapertura delle indagini, ai sensi dell'art. 414, non è preclusivo del diritto della stessa a presentare ricorso per cassazione contro il provvedimento di archiviazione laddove dovesse ritenere sussistenti le condizioni previste dall'art. 409, comma 6 (Cass. VI, n. 44410/2013).

Ogni interlocuzione diretta con il giudice da parte di terzi è, dunque, vietata essendo necessario, dapprima, la valutazione del pubblico ministero in quanto solo a quest'ultimo è riconosciuto il potere di attivare, in relazione ad un medesimo fatto, nuovi accertamenti investigativi.

La riapertura delle indagini in seguito all'archiviazione

Profili generali

La domanda per la riapertura delle indagini nei procedimenti contro noti, in seguito al decreto di archiviazione, deve essere fondata sulla necessità di nuove investigazioni.

L'apprezzamento di tale requisito, — di solito, fondato, su informative di reato successive all'archiviazione —, è rimesso alle valutazioni motivate del pubblico ministero e, successivamente, a quelle del giudice per le indagini preliminari.

Per nuove investigazioni occorre intendere l'acquisizione di elementi diversi rispetto a quelli già in atti ovvero l'elaborazione di quest'ultimi a mezzo di altre potenziali fonti di prova.

La riapertura viene richiesta dal pubblico ministero, — ed il giudice eventualmente la concede —, senza che l'indagato, o qualsiasi altra parte, ne debba essere messa a conoscenza.

Prassi applicativa

Le nuove investigazioni, richieste dalla norma come presupposto per la riapertura delle indagini preliminari, non necessariamente risiedono in elementi di natura investigativa (testimoni non individuati in precedenza; nuove dichiarazioni di testimoni già sentiti; risultanze di intercettazioni di altri procedimenti; etc. etc.) ben potendo sostanziarsi nell'acquisizione di una condizione di procedibilità o nel ritardo con cui una delega d'indagine è prevenuta.

Di peculiare rilevanza, riguardo al difetto delle condizioni di procedibilità, è quanto disposto dall'art. 345, primo e secondo comma, nel quale è sancito che il provvedimento di archiviazione non impedisce l'esercizio dell'azione penale “per il medesimo fatto e contro la medesima persona” se la stessa viene, in seguito, acquisita tanto da consentire, — fatta eccezione per l'autorizzazione a procedere —, lo svolgimento, e la utilizzabilità, di atti di indagine compiuti nelle more (art. 346).

Si è avuto modo, pertanto, di evidenziare che il decreto di riapertura delle indagini preliminari, proprio in forza del disposto di cui all'art. 345, comma 1, non è necessario nel caso in cui il decreto di archiviazione è stato emesso per mancanza della querela, querela poi successivamente presentata (Cass. IV, n. 12801/2007).

Non è stata dichiarata abnorme l'ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari, preso atto dell'omessa notifica della richiesta di archiviazione del pubblico ministero alla persona offesa che aveva chiesto di essere avvisata, revoca il decreto di archiviazione emesso: tale provvedimento rientra nei poteri di riapertura delle indagini spettanti al giudice per le indagini preliminari ed è coerente con il principio generale volto all'eliminazione dell'atto viziato (Cass. V, n. 45161/2010).

Diniego alla riapertura

La richiesta motivata del pubblico ministero, basata sulla necessità di nuove investigazioni, può essere oggetto di scrutinio negativo da parte del giudice per le indagini preliminari.

Con la riforma Cartabia – nel rispetto della legge delega (art. 1, comma 9, lett. t) – sono stati introdotti “criteri più stringenti ai fini dell'adozione del decreto di riapertura delle indagini” e ciò è stato fatto statuendo che il giudice debba respingere la richiesta di riapertura “quando non è ragionevolmente prevedibile la individuazione di nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare l'esercizio dell'azione penale” – (art. 414, comma 1, seconda parte).

Il criterio della ragionevolezza – canone “magico” cui il Legislatore affida ogni regola di giudizio – presidia la riapertura delle indagini a mezzo della motivazione posta dal giudice a fondamento della prognosi sulla investigazione da compiere.  

Tale disposizione non è stata fatta oggetto né nel Decreto Legislativo n. 150/2022 né nel Decreto Legge n. 162/2022 – che ha, complessivamente, rinviato l'entrata in vigore della riforma Cartabia al 30/12/2022 – di alcuna norma transitoria.

L'art. 88 bis del Decreto Legge n. 162/2022, nel prevedere il richiamo specifico delle norme in materia di indagini preliminari che sono oggetto di un regime transitorio, non fa menzione dell'innovazione introdotta dall'art. 414 cod. proc. pen. e ciò del tutto ragionevolmente perché un'eventuale riapertura delle indagini – soggetta ai criteri più stringenti adesso disposti – non potrebbe che essere disciplinata dai nuovi termini dettati per questa fase.

La decisione di diniego alla riapertura delle indagini, adottata de plano, con la forma del decreto motivato, non è impugnabile e va comunicata solo al pubblico ministero con la restituzione degli atti.

Nulla vieta che la richiesta del pubblico ministero, — ovviamente, sulla base di ulteriori e nuovi presupposti —, possa essere, in seguito, riproposta al giudice.

Decreto di riapertura delle indagini

Nei casi in cui il giudice per le indagini preliminari, — cui vanno, unitamente alla domanda, integralmente trasmessi gli atti —, ritiene condivisibili le argomentazioni svolte dal pubblico ministero in merito alla necessità di nuove investigazioni disporrà, de plano, e con decreto motivato, l'autorizzazione alla riapertura delle indagini restituendo gli atti (art. 153, comma 2) e senza la necessità di ulteriori comunicazioni, non essendo impugnabile.

Revoca archiviazione

A differenza di quanto sancito dall'art. 436, — che prevede, espressamente, la revoca della sentenza di non luogo a procedere —, l'art. 414 non stabilisce nulla in merito alla revoca del decreto di archiviazione.

Il giudice per le indagini preliminari nell'autorizzare la riapertura delle indagini preliminari non deve, pertanto, nel decreto motivato, provvedere ad un'espressa revoca dell'archiviazione in precedenza pronunciata potendosi la stessa ritenere implicita.

I limiti dell'archiviazione a fronte di una diversa qualificazione del fatto-reato

Profili generali

Occorre esaminare la possibilità che una diversa qualificazione giuridica di un fatto-reato contestato a persona nota consenta, anche in caso di già intervenuta archiviazione per esso, l'esercizio, o meno, dell'azione penale, senza cioè che sia richiesta al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione alla riapertura delle indagini.

In sostanza, va stabilito se rientra nei poteri del medesimo ufficio del pubblico ministero, una volta intervenuta una pronuncia di archiviazione per un fatto-reato cui è stata data una determinata veste giuridica, disconoscere quest'ultima, a mezzo di una diversa qualificazione, ed esercitare nuovamente l'azione penale by-passando l'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, — nel decidere su altre questioni —, hanno, incidentalmente, affermato che il decreto di archiviazione nei confronti di persona nota non preclude l'esercizio dell'azione penale laddove il fatto-reato sia diversamente qualificato (giuridicamente) dal pubblico ministero non svolgendo esso alcun effetto preclusivo (Cass. S.U., n. 31617/2015).

In quest'ultima decisione i giudici di legittimità restringono il provvedimento di autorizzazione alla riapertura delle indagini unicamente a “quella” indagine ed a “quella” azione penale senza che l'archiviazione riverberi in alcun modo i propri effetti sulla azione esercitata in relazione a fatti diversamente qualificati”.

Il concetto di “medesimo fatto” non può, però, che richiamare, in senso lato, quanto sancito dall'art. 649 il quale stabilisce il divieto di un secondo giudizio in merito ad esso “neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze”.

Mentre per un fatto già oggetto di un precedente giudizio vige una preclusione assoluta a sottoporlo ad un nuovo scrutinio processuale per il decreto di archiviazione, attesa la sua natura avulsa dalla qualità di res judicata, il legislatore ha sì concesso la possibilità di nuovi accertamenti ed ulteriori approfondimenti, — quindi, in relazione ad un medesimo fatto, sia pure diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze —, purché la riapertura delle indagine venga autorizzata dal giudice.

L'esercizio dell'azione penale che viola tale garanzia posta a presidio del diritto di difesa dell'imputato sembrerebbe determinare, pertanto, una nullità assoluta insanabile, e, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento (artt. 178, comma 1, lett. b, e 179).

L'inutilizzabilità

Profili generali

L'articolo 414 - così come ora novellato dalla riforma Cartabia (art. 414, comma 2 bis) - enuncia espressamente la sanzione di inutilizzabilità per cui quanto prima era frutto di una interpretazione sistemica ora è espressamente statuito : “gli atti di indagine compiuti in assenza di un provvedimento di riapertura del giudice sono inutilizzabili”.

Sanzione

L'art. 407, u.c., sancisce che gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati: il decreto di archiviazione, costituendo uno dei provvedimenti definitori previsti dal codice, sancisce anche la conclusione di ogni indagine nei confronti della persona iscritta al registro delle notizie di reato.

Il decreto di archiviazione oltre a concludere il procedimento nei confronti di una persona nota per un determinato fatto — reato vieta anche ogni successiva indagine in merito ad esso.

Pertanto, ogni indagine successiva al termine di quelle oggetto d'archiviazione necessita dell'autorizzazione del giudice ed in assenza di quest'ultima, svolgendosi esse al di fuori della disciplina di cui agli artt. 405 e ss., sono inutilizzabili.

Sono inutilizzabili, anche nel giudizio abbreviato, le prove assunte successivamente al decreto di archiviazione in assenza dell'autorizzazione alla riapertura delle indagini, in quanto affette da vizio patologico (Cass. V, n. 11942/2017).  

Il decreto di archiviazione non seguito dal provvedimento di riapertura delle indagini ai sensi dell’art. 414  preclude, in tema di partecipazione ad associazione mafiosa, la contestazione all’indagato di condotte poste in essere nel periodo “coperto” dalla sua pronuncia  (Cass. II, n. 5276/2019).

La nuova iscrizione al registro delle notizie di reato

Profili generali

Le disciplina delle indagini preliminari è strettamente correlata a quella dei termini delle stesse.

Solo dal rispetto dei termini concessi dalla legge, o prorogati dal giudice, discende la utilizzabilità processuale delle indagini.

Iscrizione

Una volta ottenuto, e ricevuto, il provvedimento di autorizzazione alla riapertura delle indagini preliminari il pubblico ministero deve immediatamente procedere alla nuova iscrizione al registro notizie di reato: da quel momento, (art. 405, comma 2 — “dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto al registro delle notizie di reato) partono, ex novo, i termini delle indagini preliminari, rispettivamente di sei e dodici mesi in forza della fattispecie contestata.

I termini delle indagini preliminari “consumati” nel procedimento oggetto di archiviazione non spendono alcuna influenza su quelli che decorrono con la riapertura: quest'ultimi, difatti, hanno un regime autonomo e possono essere oggetto di proroga nelle forme di cui agli artt. 406 e 407.

Nuove determinazioni

All'esito delle nuove investigazioni il pubblico ministero si determina, nuovamente, nelle forme di cui all'art. 405.

Alcun divieto sussiste a che il decreto di archiviazione nei confronti di persona nota venga più, e più volte, riaperto, fermo restando il rispetto delle forme di legge.

La riapertura delle indagini preliminari in seguito a sentenza di non luogo a procedere

Profili generali

La riapertura delle indagini preliminari non è prerogativa esclusiva del procedimento di archiviazione.

La sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice ex art. 425 all'esito della udienza preliminare, può essere, difatti, oggetto di richiesta di revoca da parte del pubblico ministero.

Differenze ed analogie

Alla revoca della sentenza di non luogo a procedere il legislatore, attesa la peculiarità dell'istituto, dedica apposito titolo — (Titolo X: artt. 434-437).

La revoca della sentenza di non luogo a procedere può essere oggetto della domanda del pubblico ministero perché egli ritiene di avere a disposizione nuove fonti di prova (già acquisite), nel qual caso formula al giudice dell'udienza preliminare richiesta di rinvio a giudizio, oppure — ed è quello che qui ci interessa — afferma che tali fonti di prova vadano ancora acquisite ragion per cui chiede, sempre al giudice dell'udienza preliminare, “la riapertura delle indagini” — (art. 435, comma 1).

Mentre, nella riapertura delle indagini a seguito di archiviazione, il giudice provvede, de plano, e con decreto motivato, sulla richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere con il medesimo oggetto, deve, ove non dichiari inammissibile la richiesta, dapprima, fissare l'udienza camerale, notificando la stessa a tutte le parti, e, poi, all'esito della stessa, provvedere con ordinanza.

In sostanza, mentre per la riapertura delle indagini in seguito all'archiviazione il legislatore detta a garanzia dell'indagato la necessità dell'autorizzazione del giudice ma senza disporre alcuna forma partecipata dello stesso per quella in seguito alla sentenza di non luogo a procedere alza il livello delle garanzie pretendendo il contraddittorio in udienza.

Riapertura delle indagini

Nel disporre, all'esito dell'udienza camerale, — che si svolge nelle forme di cui all'art. 127 —, la riapertura delle indagini con ordinanza (contestualmente revocando la sentenza di non luogo a procedere in precedenza emessa) il giudice, — a mezzo di una valutazione diversa ed in nulla assimilabile a quella propria dei giudizi di impugnazione (Cass. IV, n. 47755/2014) —, sulla falsariga di quanto stabilito dall'art. 409, comma 4, per le indagini coartate, assegna un termine per il loro svolgimento (la riapertura delle indagini, contestuale alla revoca della sentenza di non luogo a procedere, implica ripercussioni anche in tema di cautela stante il disposto di cui all'art. 300, comma 5).

Il termine per le indagini è predeterminato nella sua durata massima, che non può mai essere superiore a sei mesi.

Improrogabilità

Il termine assegnato dal giudice con l'ordinanza di riapertura delle indagini, — a differenza di quello scaturente dalla nuova iscrizione al registro delle notizie di reato in caso di riapertura delle indagini a seguito di archiviazione —, non è prorogabile, fermo restando che se il giudice ha concesso, in un primo momento, un termine inferiore a quello di sei mesi lo stesso può essere, successivamente, spostato sino al limite massimo.

Nuove determinazioni

All'esito delle ulteriori indagini preliminari il pubblico ministero si determina nuovamente nelle forme alternative di cui all'art. 405 con la conseguenza che, a seguito di una sentenza di non luogo a procedere, in quanto revocata, è possibile una definizione con archiviazione: in tali casi, il principio di irretrattabilità dell'azione penale dettato dall'art. 50, comma 3, non è scalfito in quanto la regressione alla fase delle indagini preliminari è disposta con provvedimento motivato del giudice.

È, in astratto, possibile che un procedimento archiviato nei confronti di persona nota venga, dapprima, riaperto e poi concluso con sentenza di non luogo a procedere, per poi essere nuovamente riaperto, ex artt. 434 e ss. e quindi archiviato ex art. 408 e ss., o viceversa.

Casistica

Il provvedimento di riapertura delle indagini disposto dal giudice per le indagini preliminari lo rende incompatibile, ex art. 34, comma 2-bis, cod. proc. pen., alla celebrazione dell'udienza preliminare in quanto la sua adozione ne comporta l'incompatibilità funzionale stante il portato necessariamente contenutistico o della pronuncia, non assimilabile, – senza l'indicazione in concreto delle ragioni –, a quelle individuate dai commi 2 ter e 2 quater del medesimo disposto normativo: va, pertanto, annullato il rigetto della ricusazione, adottato dalla Corte d'Appello, basato su tali erronei presupposti – (Cass., I, n. 7558/2021).

Bibliografia

Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2014.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario