Codice di Procedura Penale art. 420 ter - Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore 1 .Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore 1. 1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta ad una udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, anche d'ufficio, rinvia con ordinanza ad una nuova udienza e dispone la notificazione dell'ordinanza medesima all'imputato2.
2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione [18 1c]. 3. [Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice rinvia anche d'ufficio l'udienza, fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione [148 s.] all'imputato.]3 4. In ogni caso la lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce [la citazione e] gli avvisi per tutti coloro [148 5] che sono o devono considerarsi presenti [420-quinquies 2]4. 5. Il giudice provvede a norma del comma 1 nel caso di assenza del difensore [96, 97], quando risulta che l'assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l'imputato è assistito da due difensori [96] e l'impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto [102] o quando l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito. 5-bis. Agli effetti di cui al comma 5 il difensore che abbia comunicato prontamente lo stato di gravidanza si ritiene legittimamente impedito a comparire nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi ad esso5 .
[1] [1] Vedi sub art. 420. [2] [2] Comma sostituito dall'articolo 23, comma 1, lett. d) num. 1) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il testo precedente alla sostituzione era il seguente: << 1.Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza [420-quinquies] e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza [125, 586], anche d'ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l'avviso all'imputato, a norma dell'articolo 419, comma 1 [420-quinquies1; 23 att.].>> [3] [3] Comma abrogato dall'articolo 98, comma 1, lett. a) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. [4] [4] Comma modificato dall'articolo 23, comma 1, lett. d) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che ha soppresso le parole «la citazione e». [5] [5] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 466, l. 27 dicembre 2017, n. 205. InquadramentoL’imputato può scegliere liberamente di presenziare o meno ad un’udienza preliminare, di conseguenza si coglie la ratio di tale norma che permette di procedere in sua assenza, in presenza però di precise condizioni di legge. La norma detta la disciplina applicabile laddove sia ravvisabile un impedimento dell’imputato o del difensore. Con riferimento all’impedimento dell’imputato, si stabilisce che quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta all’udienza e risulta che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza, anche d’ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia notificata l’ordinanza all’imputato. Allo stesso modo il giudice provvede quando appare probabile che l’assenza dell’imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità, però, è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione. In ogni caso, peraltro, la lettura dell’ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti. Per quanto concerne l’assenza del difensore, la norma prevede che il giudice deve disporre il rinvio nel caso di assenza del difensore. Più precisamente, ciò avviene quando risulta che l’assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato. Tale disposizione, tuttavia, non si applica in tre ipotesi: a) se l’imputato è assistito da due difensori e l’impedimento riguarda uno dei medesimi; b) quando il difensore impedito ha designato un sostituto; c) quando l’imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito. GeneralitàGli interventi della Corte costituzionale La disciplina dell'art. 420-ter è stata toccata dalla novella di cui alla l. n. 67/2014. La norma processuale era stata peraltro oggetto di alcuni interventi della Corte costituzionale che, tuttavia, non ne avevano stravolto l'impianto originario. In particolare, la Corte costituzionale ha dichiarato: a) manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 420 ter e 2, comma 1, lett. a), att., sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 24, comma 1 e 2, e 111, comma 2 e 4 Cost. L'ordinanza di rimessione, infatti, in punto di non manifesta infondatezza, difettava di motivazione, poiché ometteva di spiegare le ragioni del ritenuto contrasto della norma denunciata con i parametri evocati e, in punto di rilevanza, non era chiara nell'esposizione ed era lacunosa nella individuazione della fattispecie oggetto del giudizio a quo (Corte cost., n. 14/2006); b) infondata la questione costituzionale sollevata, relativamente agli artt. 3, 24 e 111 Cost., dell'art. 420 ter, nella parte in cui detta disposizione non prevede che il giudice del dibattimento possa disporre il rinvio ad una nuova udienza in caso di assenza del difensore della parte civile per assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento prontamente comunicato. La Corte chiarì che la scelta legislativa di non estendere al difensore della parte civile il diritto al differimento dell'udienza, previsto, invece, per il difensore dell'imputato, non è irragionevole se si considera il differente rilievo degli interessi di cui l'imputato e la parte civile sono portatori, la diversa natura degli scopi perseguiti e la eterogeneità delle posizioni processuali. La non irragionevolezza della questione deve essere affermata anche con riguardo all'esigenza di tutelare l'interesse alla speditezza del processo penale, che sarebbe compromesso dalla previsione del diritto al rinvio anche per il difensore della parte civile. Non sussiste, poi, la lesione del diritto di difesa, sia perché il difensore della parte civile può nominare un sostituto, sia perché l'esercizio dell'azione civile nel processo penale non rappresenta l'unico strumento di tutela giudiziaria a disposizione della parte civile, stante l'esistenza di percorsi giudiziari alternativi. La facoltà, infine, per la parte civile di trasferire, in ogni momento, l'azione per il risarcimento del danno derivante dal reato in sede civile esclude ulteriormente pregiudizi agli interessi di cui è portatrice (Corte cost., n. 217/2009). Le modifiche introdotte dalla riforma “Cartabia” Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della legge delega n. 134/2021, ha modificato (art. 23, comma 1, lett. d), anche la disposizione dell'art. 420-ter, c.p.p. sulla disciplina del legittimo impedimento dell'imputato e del difensore. In particolare, gli interventi sull'art. 420-ter sono diretti ad uniformare la disciplina per il caso di assenza alla prima udienza o alle successive, sull'assunto che l'impedimento viene in considerazione solo dopo che si è verificata la regolarità della notifica. In conseguenza di ciò, si è escluso che ove l'impedimento sussista in sede di prima udienza debba essere sempre disposta una nuova notificazione dell'avviso di cui all'articolo 419, comma 1, (già utilmente e correttamente notificato), mentre quel che deve essere certamente effettuato è dare un formale avviso all'imputato della nuova udienza, attesa la sua legittima assenza. Il legittimo impedimento a comparire: rilevanza per le parti processualiPacifico è anzitutto che la disposizione di cui all'art. 420 ter comma 5, che prevede la valutazione del legittimo impedimento del difensore ai fini del rinvio dell'udienza, opera esclusivamente nei confronti del difensore dell'imputato e non si estende al difensore della parte civile (Cass. II, n. 39369/2008; Cass. V, n. 39334/2011). Si discute, invece, in giurisprudenza se nel caso di impedimento a comparire del difensore vi sia o meno un obbligo da parte di quest'ultimo di nominare un suo sostituto. Un orientamento, infatti, ritiene che detto obbligo non sussista, con la conseguenza che, qualora venga incaricato dal difensore un altro avvocato al solo scopo di depositare la certificazione medica e di chiedere il rinvio del procedimento, non sussiste alcuna valida sostituzione processuale ed il cosiddetto sostituto assume la posizione giuridica di difensore d'ufficio (v., tra le tante: Cass. III, n. 3072/2003). In senso difforme, invece, si afferma che il difensore ha l'onere di corredare la richiesta di differimento dell'udienza per concomitante impegno professionale con la giustificazione della impossibilità di nominare un sostituto, non essendo sufficiente a tal fine né la mera affermazione di non potervi provvedere, né un apodittico richiamo alla «delicatezza dei provvedimenti» (v., tra le tante: Cass. III, n. 19458/2014). Le Sezioni Unite, risolvendo il predetto contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che ai fini del rinvio dell'udienza, il difensore non ha l'onere di nominare un sostituto quando l'assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, prontamente comunicato al giudice e documentato, derivi da serie ragioni di salute o da altre cause di forza maggiore; resta fermo, ai fini del rinvio dell'udienza, l'apprezzamento riservato al giudice di merito circa la serietà, l'imprevedibilità e l'attualità del dedotto impedimento. Detto principio di diritto si applica, per le Sezioni Unite, anche nel giudizio camerale di appello ex art. 599, comma 1 (Cass. S.U., n. 41432/2016). La Cassazione si è poi interrogata sia sulla rilevanza dell’impedimento a comparire addotto dal sostituto processuale che sulla rilevanza dell’impedimento a comparire sopravvenuto del difensore di difensore ex ante impedito a comparire. Con riferimento alla prima questione, si è affermato che l'impedimento del sostituto processuale, se attestato da idonea documentazione e tempestivamente comunicato, può assumere rilevanza ai fini dell'eventuale rinvio della trattazione del procedimento solo laddove vi sia un contemporaneo impedimento del "dominus", anche esso attestato da idonea documentazione e tempestivamente comunicato, che sia tale da rendere impossibile la tempestiva nomina di un ulteriore sostituto (Cass. III, n. 3223/2021). Quanto, invece, alla seconda questione, la S.C., in una fattispecie nella quale l'imputato, assistito da due difensori, uno dei quali aveva documentato il proprio impedimento per concomitante impegno processuale, peraltro facendo affidamento sulla presenza del codifensore (che, tuttavia, si era trovato nell’impossibilità di comparire per ragioni di salute, avendo appreso la sera precedente all’udienza di essere positivo al Covid-19, tempestivamente comunicando l’impedimento all’ufficio giudiziario), ha ritenuto integrata la violazione del diritto di difesa, non potendo ritenersi intempestiva la comunicazione dell'impedimento per il concomitante impegno professionale e non potendo richiedersi ad entrambi i difensori di provvedere alla nomina di un sostituto per l'incombente istruttorio in corso e sospeso per causa non dipendente dai difensori, proprio in ragione della assoluta imprevedibilità dell'evento virale che aveva colpito il codifensore (Cass. II, n. 2586/2024). La giurisprudenza più recente, inoltre, puntualizza che nel considerare l'impedimento del difensore per motivi di salute, il giudice di merito deve normalmente compiere una valutazione più prudente rispetto a quella da effettuare nel caso di dedotta impossibilità dell'imputato di presenziare all'udienza: al difensore, infatti, è di regola richiesta un'attività di partecipazione maggiore, che può essere più seriamente compromessa in presenza di precarie condizioni di salute (Cass. II, n. 52086/2018). Ciò spiega la ragione per cui la Cassazione ha ritenuto illegittimo il provvedimento di rigetto dell'istanza di differimento dell'udienza, presentata per l'impedimento del difensore di fiducia a parteciparvi a causa di grave malattia o altro impedimento non prevedibile, dovuto a forza maggiore, se motivato con esclusivo riguardo alla mancata nomina da parte del difensore impedito di un sostituto processuale o dell'omessa indicazione delle ragioni dell'impossibilità di procedervi (Cass. V, n. 55243/2018). La giurisprudenza poi ritiene che qualora il difensore di fiducia abbia chiesto un rinvio dell'udienza per suo legittimo impedimento e l'imputato, informato, abbia chiesto la trattazione del procedimento, tale volontà prevale e contiene una implicita revoca del mandato, per cui non può dedursi quale motivo di ricorso in cassazione la violazione dell'art. 420 ter (Cass. VI, n. 32329/2003). Quanto all'applicabilità della norma a procedimenti camerali diversi dall'udienza preliminare, le Sezioni Unite hanno affermato che il disposto di cui all'art. 420 ter, secondo cui il legittimo impedimento del difensore può costituire causa di rinvio dell'udienza preliminare, non trova applicazione con riguardo agli altri procedimenti camerali, ivi compresi quelli per i quali la presenza del difensore è prevista come necessaria, soccorrendo, in tali ipotesi, la regola dettata dall'art. 97, comma 4 (Cass. S.U., n. 31461/2006; conforme la giurisprudenza successiva; da ultimo, Cass. IV, n. 14675/2018). Il quadro giurisprudenziale, tuttavia, pare essere mutato dopo l'importante arresto delle Sezioni Unite che hanno affermato che nel giudizio camerale di appello, a seguito di processo di primo grado celebrato con rito abbreviato, è applicabile l'art. 420 ter, comma quinto, c.p.p. ed è, pertanto, rilevante l'impedimento del difensore determinato da serie, imprevedibili e attuali ragioni di salute, debitamente documentate e tempestivamente comunicate (Cass. S.U., n. 41432/2016). Conforme la giurisprudenza successiva che ha ribadito come anche nel procedimento di appello minorile instaurato a seguito di impugnazione della sentenza emessa nel giudizio abbreviato, lo svolgimento dell'udienza camerale in assenza del difensore impedito genera una nullità generale ex art. 178, comma 1, lett c), c.p.p. a regime intermedio per lesione del diritto di difesa che, se tempestivamente eccepita, impone l'annullamento della sentenza pronunciata all'esito dell'udienza stessa (In motivazione la Corte ha evidenziato che nei procedimenti camerali a partecipazione non necessaria la presentazione di una istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore rende evidente la volontà di una partecipazione "attiva" della difesa tecnica al procedimento: Cass. II, n. 8473/2020). In senso conforme, si è affermato che la previsione dell'art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen. trova applicazione anche nel procedimento di appello avverso i provvedimenti "de libertate", sicché il legittimo impedimento, per motivi di salute, del difensore di fiducia, documentato e tempestivamente comunicato, costituisce causa di rinvio, che, se disattesa, dà luogo a nullità dell'udienza camerale, irritualmente celebrata (Cass. V, n. 30566/2022). Diversamente, si è creato un contrasto giurisprudenziale in ordine all'applicabilità dell'art. 420-ter, comma 5, nei procedimenti di esecuzione e di sorveglianza. A fronte di decisioni che ritengono inapplicabile tale disposizione, atteso che, anche in tale ipotesi, la partecipazione necessaria del medesimo è assicurata dalla nomina di un difensore d'ufficio (da ultimo: Cass. I, n. 39808/2018; Cass. I, n. 39808/2018; Cass. I, n. 18304/2020), si registrano pronunce di segno opposto che, diversamente, la ritengono applicabile, sicché il legittimo impedimento del difensore, anche dovuto a concomitante impegno professionale, costituisce una causa di rinvio dell'udienza (da ultimo: Cass. V, n. 17775/2022; Cass. I, n. 10565/2020; Cass. I, n. 20998/2020; Cass. I, n. 34100/2019; Cass. V, n. 17775/2022 ). Nell'ottica della responsabilizzazione del difensore, tuttavia, si pone invece quella giurisprudenza (Cass. II, n. 50731/2019) che, in tema di impedimento del difensore a comparire in udienza per malattia, richiede al giudice di valutarne la portata secondo rigorosi criteri di controllo affinché il diritto alla salute non venga strumentalizzato per finalità dilatorie, sicché il difensore deve documentare debitamente la sussistenza dell'impedimento, così come l'assoluta imprevedibilità dello stesso, tale da impedire la nomina di un sostituto processuale. Nello stesso senso, è stato ritenuto che l'impedimento a comparire del difensore dovuto a ragioni di salute comporta l'obbligo di nominare un sostituto processuale qualora la situazione addotta a base della richiesta di rinvio del giudizio sia prevedibile (Cass. III, n. 38475/2019, relativa a fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la decisione di rigetto dell'istanza di rinvio in un caso in cui l'impedimento a comparire, riguardante un professionista in precedenza sottoposto a intervento chirurgico per una patologia cardiaca, si era manifestato a distanza di alcuni giorni dall'operazione, ma in tempo utile alla nomina di un sostituto processuale). Ne discende, dunque, che la scelta dell'imputato di rimanere estraneo al processo, conclamata dalla dichiarazione di contumacia, determina che in caso di rinvio dell'udienza non possa far valere un impedimento a comparire per la prosecuzione, senza far precedere la richiesta dalla volontà esplicita di voler partecipare la processo (Cass. II, n. 1633/2004; Cass. II, n. 2559/2015). Diversamente, nel caso in cui venga espressa la volontà di parteciparvi da parte dell'imputato già dichiarato contumace, una volta disposto il rinvio dell'udienza, non è necessario che il giudice disponga la notificazione all'imputato del rinvio, giacché la lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza fatta alla presenza del difensore che rappresenta l'imputato contumace sostituisce, ai sensi dell'art. 420 ter, comma 4, la notificazione al medesimo prevista dal comma precedente; ciò perché l'imputato contumace, dopo la dichiarazione di contumacia, è rappresentato dal suo difensore fino alla revoca della stessa (Cass. II, n. 36540/2011). Importante l'affermazione secondo cui l'assoluta impossibilità del difensore di comparire in udienza può essere ascrivibile anche a situazioni gravi sotto il profilo umano e morale, in presenza delle quali egli, come ogni altro prestatore d'opera, ha il diritto di essere giustificato per l'assenza dal luogo ove la prestazione deve essere eseguita (Cass. VI, n. 32949/2012). Il legittimo impedimento, di regola, rileva nei confronti dell'imputato che lo eccepisce, ma non è escluso che possa esservi anche l'interesse di un coimputato ad eccepirlo. In particolare, la giurisprudenza ha ritenuto che la nullità del provvedimento di rigetto della richiesta di rinvio per legittimo impedimento proposta dall'imputato può essere eccepita dai soli coimputati che deducano specificamente di aver subito, a causa dell'illegittimo rigetto dell'istanza, un pregiudizio riflesso sulla loro posizione (Cass. V, n. 39807/2022). Onus probandi incumbit ei qui dicitLa prova del legittimo impedimento deve essere fornita dall'imputato ai fini della dimostrazione dell'assoluta impossibilità di comparizione (art. 420 ter, comma 1) e nessun obbligo ha il giudice di merito di disporre accertamenti al fine di completare l'insufficiente documentazione prodotta, che pure non abbia attestato univocamente la suddetta «assoluta impossibilità» (Cass. II, n. 4300/2004; Cass. III, n. 11460/2019, che ha chiarito che la richiesta di rinvio d'udienza dell'imputato, fondata sulla generica indicazione di "motivi di lavoro", non è esaustiva dell'onere di allegazione e di prova posto a suo carico). Ciò comporta che il giudice di merito può ritenere l'insussistenza dell'impedimento a comparire dell'imputato, dedotto mediante l'allegazione di certificato medico, anche indipendentemente da una verifica fiscale e facendo ricorso a nozioni di comune esperienza idonee a valutare l'impossibilità del soggetto portatore della prospettata patologia di essere presente in giudizio, se non a prezzo di un grave e non evitabile rischio per la propria salute (da ultimo, v.: Cass. V, n. 44369/2015). Si discute tuttavia su un punto. Secondo un orientamento della Cassazione, infatti, se, qualora l'imputato abbia prodotto, tramite il difensore, un certificato medico attestante una malattia attuale con stato febbrile, il giudice non può legittimamente escludere la validità dell'impedimento fatto valere, senza compiere alcun accertamento, sul presupposto che il predetto certificato non indichi il luogo in cui l'ammalato è stato visitato e il luogo di degenza, ben potendosi disporre, in tale ipotesi, una visita fiscale di controllo presso il luogo di abituale dimora risultante dagli atti di causa che non comporti ingiustificata dilazione dei tempi del processo (v., tra le tante: Cass. I, n. 3550/2004). Altro orientamento invece sostiene che è inidonea a giustificare la mancata comparizione ed a documentare la effettiva sussistenza dell'impedimento una certificazione medica dalla quale non si desuma né il luogo di degenza, né quello in cui è stata effettuata la visita presso il domicilio dell'ammalato. È necessario infatti che la suddetta attestazione contenga tutti quei dati che consentono al giudice di formulare un proprio giudizio e, dunque, anche la indicazione del luogo nel quale potrebbe essere effettuata una eventuale visita fiscale di controllo (tra le tante: Cass. II, n. 47622/2008). Seguendo tale ultimo orientamento, si è ulteriormente chiarito che è legittimo il provvedimento con cui il giudice di merito rigetta l'istanza di rinvio per impedimento dell'imputato a comparire sulla base di un certificato medico attestante il ricovero in ospedale, ma privo di specifiche indicazioni sulla patologia e, comunque, sulla effettiva e assoluta impossibilità di comparire o di partecipare lucidamente ed attivamente al processo, sussistendo un onere del giudice procedente di disporre d'ufficio gli accertamenti necessari per verificare la veridicità dell'impedimento nel solo caso di ricovero d'urgenza dell'imputato che abbia impedito al difensore l'esibizione della documentazione medica (Cass. V, n. 44317/2019). Si è invece affermato che l'inidoneità allo svolgimento dell'attività lavorativa attestata dal medico legale non costituisce prova del legittimo impedimento a comparire in dibattimento, trattandosi di attività diverse e non assimilabili, tanto più ove alla visita fiscale disposta dal giudice l'imputato risulti assente dalla propria abitazione (Cass. V, n. 32466/2004). Allo stesso modo, si è chiarito che uno sciopero a carattere nazionale dei mezzi pubblici, protratto per una durata temporale ampia ed ininterrotta, può rappresentare, se non preannunciato tempestivamente, ragionevole causa di impedimento a raggiungere, in mancanza di soluzioni alternative, talune località geografiche (come nel caso delle isole), così da rappresentare causa di forza maggiore. Diversamente, tale situazione non costituisce legittimo impedimento a comparire in giudizio, laddove sia possibile fronteggiarla, con opportuna e fattiva opera di prudenziale anticipazione di ricorso a tali mezzi di trasporto, nel tempo in cui lo sciopero non è operativo (Cass. VI, n. 22/2004). È stata però ritenuta viziata da nullità di ordine generale la dichiarazione di contumacia emessa dal giudice solo in base ad un giudizio di genericità del certificato medico attestante il legittimo impedimento dell'imputato, in quanto il giudice deve effettuare la necessaria valutazione dell'impedimento addotto dall'imputato, e la probabilità che esso determini l'assoluta impossibilità a comparire (Cass. VI, n. 17706/2004). Inoltre, il giudice è tenuto a valutare la documentazione di parte dalla quale dovrebbe desumersi l'assoluta impossibilità di comparizione dell'imputato (per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento) anche quando consista in atti redatti in lingua straniera, atteso che: l'art. 242, comma 1, prescrive la traduzione di ogni documento acquisito quando sia necessaria per la sua comprensione; l'art. 124 impone l'osservanza anche delle norme non corredate da sanzione di nullità; comunque l'omessa considerazione di elementi rilevanti per la dichiarazione di contumacia inficia la motivazione del relativo provvedimento (Cass. V, n. 38774/2002). Lo stato di detenzione dell'imputato: rilevanzaAnzitutto lo stato di detenzione all'estero dell'imputato costituisce legittimo impedimento. Le Sezioni Unite hanno, infatti, a più riprese affermato che il giudizio celebrato in contumacia nei confronti di imputato detenuto all'estero per reati colà commessi, la cui richiesta di presenziare al dibattimento sia stata respinta dalla competente autorità straniera, non essendone consentita l'estradizione, né la consegna temporanea all'Italia, è affetto da nullità assoluta e non sanabile neanche per effetto del consenso successivamente prestato dal medesimo imputato a partecipare al giudizio di appello in videoconferenza internazionale, che non può essere inteso come equipollente a una tacita rinuncia alla precedente richiesta di partecipazione personale, dovendo la rinuncia stessa risultare in modo espresso o almeno non equivoco per facta concludentia (Cass. S.U., n. 45276/2003). Analogamente, le stesse Sezioni Unite hanno affermato che la detenzione dell'imputato all'estero, conseguente a domanda di estradizione presentata dallo Stato italiano, costituisce legittimo impedimento a comparire nel procedimento pendente in Italia nei suoi confronti e preclude, pertanto, la celebrazione del giudizio in contumacia, a nulla rilevando che egli non abbia prestato il consenso all'estradizione, in quanto dall'esercizio del relativo diritto non può derivargli, nel predetto procedimento, alcun pregiudizio (Cass. S.U., n. 21035/2003). Tuttavia, si è precisato che lo stato di detenzione all'estero dell'imputato latitante (nella specie, nell'ambito di una procedura di estradizione) non integra un'ipotesi di legittimo impedimento a comparire, ai sensi dell'art. 420-ter, se non è portata a conoscenza del giudice dalla polizia giudiziaria o dall'imputato anche attraverso il suo difensore: Cass. I, n. 50021/2018).In senso conforme, da ultimo, la S.C. ha poi ulteriormente specificato che la detenzione all'estero, anche per reato diverso da quello oggetto del giudizio, costituisce legittimo impedimento a comparire in dibattimento, purché risultante dagli atti (Cass. VI, n. 14788/2020). Non può inoltre essere dichiarata la contumacia dell'imputato, il quale si trovi all'estero in stato di libertà provvisoria con obbligo di soggiorno, nell'ambito di un procedimento penale a suo carico, nel caso in cui la competente autorità straniera abbia respinto l'istanza del predetto, volta ad ottenere il permesso di lasciare lo stato estero e recarsi in Italia per la celebrazione del processo (Cass. V, n. 22416/2003; Cass. IV, n. 43931/2009); nel senso che lo stesso principio trova applicazione anche nel caso in cui l'imputato si trova sottoposto a divieto di allontanamento dal territorio di un altro Stato in cui è sottoposto ad un giudizio penale, cfr. Cass. III, n. 2193/2020). Fa eccezione, tuttavia, quella giurisprudenza che invece ritiene che non costituisce impedimento a comparire al dibattimento lo stato di detenzione all'estero dell'imputato, qualora sia assicurata la possibilità di partecipare all'udienza davanti all'autorità giudiziaria italiana mediante collegamento in videoconferenza e lo stesso, anche con modalità informali, non vi abbia prestato il consenso o abbia rifiutato di assistervi, non dovendo, in tali casi, essere disposta la sospensione o il differimento dell'udienza ex art. 205 ter, comma 4, disp. att. cod. proc. pen. (Cass. IV, n. 29866/2022). Allo stesso modo, non costituisce impedimento assoluto dell'imputato a comparire in udienza la sottoposizione alla misura di prevenzione dell'obbligo di soggiorno in un comune diverso da quello del luogo di svolgimento del giudizio, salvo che egli dimostri che gli stata negata l'autorizzazione, tempestivamente richiesta, a recarsi in udienza da parte del Tribunale competente in materia di misure di prevenzione ( Cass. VI, n. 5770/2020; Cass. II, n. 16352/2006 ). Non costituisce invece legittimo impedimento dell'imputato a comparire il fatto che egli, essendo sottoposto ad affidamento in prova al servizio sociale, non abbia ottenuto, pur avendone fatto richiesta, l'autorizzazione a partecipare all'udienza, atteso che l'affidamento in prova al servizio sociale è una modalità del trattamento in regime di libertà e non già una misura restrittiva della libertà personale, per cui il soggetto che vi è sottoposto non deve chiedere alcuna autorizzazione per comparire ad un'udienza, essendo solo tenuto a darne tempestiva notizia al servizio sociale (Cass. V, n. 39069/2003; Cass. V, n. 20730/2010). Lo stato di detenzione rileva anche se l'imputato è detenuto in Italia. La detenzione dell'imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra infatti un'ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l'imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non è configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell'impedimento (Cass. S.U., n. 37483/2006; conforme, Cass. II, n. 20774/2019, che ha ulteriormente puntualizzato che la detenzione dell'imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza – nella specie, dalla persona offesa -, impone al giudice di disporre accertamenti finalizzati alla verifica del legittimo impedimento, sicché, ove il giudice disponga procedersi ugualmente al giudizio, si verifica la nullità di ordine generale di cui all'art. 178, comma 1, lettera c), da rilevare o eccepire prima della deliberazione della sentenza del grado successivo). Nello stesso senso si è ritenuto che è illegittimo il rigetto dell'istanza di differimento dell'udienza — proposta in ragione della detenzione dell'imputato, sopravvenuta per altra causa, successivamente alla notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello e comunicata solo in udienza — considerato che lo stato di detenzione, implicando l'assenza della libertà di locomozione, condizionata al volere delle autorità carcerarie, costituisce impedimento assoluto a comparire, con la conseguenza che, ove a tale situazione non sia posto rimedio mediante l'ordine di traduzione, l'imputato è privato del diritto di intervenire e di difendersi, anche personalmente, nel processo, diritto che, invece, deve essergli incondizionatamente assicurato. D'altro canto, in tale ipotesi, non sussiste a carico dell'imputato un onere di preventiva comunicazione della propria materiale impossibilità a comparire, né tale onere può essere desunto dalla diversa ed esplicita previsione dettata per il difensore (art. 420 ter, comma 5) — che trova ragione nella insindacabile scelta di bilanciare con esclusivo riferimento alla difesa tecnica i valori costituzionali in gioco — la quale, al contrario, consente di escludere che un analogo onere di tempestiva deduzione possa implicitamente desumersi dal sistema per l'imputato, anche alla luce delle norme sovranazionali ed in particolare della Convenzione europea dei diritti dell'uomo — come interpretati dalla giurisprudenza della Cedu — alle quali lo Stato italiano ha l'obbligo di conformarsi (Cass. V, n. 37620/2006). In senso difforme, pur dopo l'intervento delle Sezioni Unite, si registrano posizioni contrarie della giurisprudenza, essendosi affermato che può legittimamente procedersi in contumacia dell'imputato — citato a giudizio in stato di libertà e successivamente tratto in arresto e detenuto per altra causa — quando di tale sopravvenuta condizione il giudice non sia stato posto a conoscenza e l'imputato, o il suo difensore, pur potendo, non si siano diligentemente attivati per darne comunicazione all'autorità giudiziaria procedente (Cass. II, n. 17810/2015). Il difensore e l'impedimento derivante dall'astensione all'agitazione proclamata dall' UcpiLa mancata partecipazione del difensore all'udienza dibattimentale per adesione allo sciopero di categoria costituisce legittimo impedimento a comparire, solo se tempestivamente comunicata al giudice; tuttavia, tale comunicazione è richiesta solo se il difensore intenda far valere il diritto di ottenere la sospensione in virtù di tale impedimento. Per contro, si ritiene, l'impedimento riconducibile all'art. 304, comma 1, lett. a), prescinde da qualsivoglia istanza del difensore e consiste in una situazione oggettiva (fatti notori, comportamento abituale dei professionisti in un dato ambiente, prassi consolidate e simili) che, ragionevolmente interpretata e valutata di volta in volta, legittima la sospensione del dibattimento da parte del giudice, con conseguente sospensione del termine di prescrizione del reato, anche nell'ipotesi di imputato non detenuto (Cass. VI, n. 24603/2003). Sul punto si chiarisce che nell'ipotesi in cui il difensore intenda ottenere il rinvio del dibattimento deve dare sollecita comunicazione del suo impedimento al giudice procedente. Tale «prontezza» deve essere riferita al momento in cui è insorta la causa dell'impedimento stesso e la richiesta difensiva deve essere presentata nel più breve tempo possibile, affinché il giudice possa tempestivamente valutarla ed adottare gli opportuni provvedimenti (Cass. IV, n. 25332/2004; Cass. V, n. 27174/2014). In tal senso si è precisato che la tempestività della comunicazione dell'istanza di rinvio formulata ai sensi dell'art. 420-ter, comma 5, per adesione dell'unico difensore all'astensione collettiva dalle udienze proclamata dalla Unione delle Camere penali, va apprezzata, rispetto alla data dell'udienza, in relazione al momento della pubblicazione della delibera da parte dell'organismo di categoria, in cui è presumibile che il professionista sia venuto a conoscenza dell'evento impeditivo. (In applicazione del principio, la Corte ha respinto l'istanza di rinvio pervenuta il 21 ottobre, rispetto ad una astensione deliberata dall'organismo di categoria il 30 settembre: Cass. II, n. 47159/2019). L'assenza del difensore per adesione alla astensione dalle udienze dichiarata dalla categoria professionale non comporta però la notifica dell'ordinanza di rinvio letta in udienza in quanto è onere del difensore che ha dato causa al rinvio per ragioni legittime di farsi carico di informarsi sulla data del rinvio (Cass. VI, n. 4901/2004; Cass. VI, n. 20398/2014). In casi di dichiarazione di adesione del difensore alla iniziativa dell'astensione dalla partecipazione alle udienze legittimamente proclamata dagli organismi rappresentativi della categoria, la mancata concessione da parte del giudice del rinvio della trattazione dell'udienza camerale in presenza di una dichiarazione effettuata o comunicata dal difensore nelle forme e nei termini previsti dall'art. 3, comma 1, del vigente codice di autoregolamentazione, determina una nullità per la mancata assistenza dell'imputato, ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. c), che ha natura assoluta ove si tratti di udienza camerale a partecipazione necessaria del difensore, ovvero natura intermedia negli altri casi (Cass. S.U. , n. 15232/2015 ; conforme la giurisprudenza successiva: Cass. III, n. 13746/2018; Cass. I, n. 35855/2019, relativa al procedimento dinanzi al tribunale di sorveglianza, che ha altresì aggiunto che non è possibile provvedere alla nomina di un sostituto del difensore non comparso ai sensi dell'art. 97, comma 4, trattandosi di un'ipotesi di legittimo esercizio della libertà sindacale in ossequio all'art. 4 del vigente codice di autoregolamentazione delle astensioni degli avvocati dalle udienze). Si noti, però, che, secondo la medesima decisione, la dichiarazione di astensione dalla partecipazione alle udienze, espressa dal difensore della persona offesa o della parte civile ai sensi dell'art. 3, comma 2, del vigente codice di autoregolamentazione, non dà diritto al rinvio della trattazione del procedimento, qualora il difensore dell'imputato o dell'indagato non abbia espressamente o implicitamente manifestato analoga dichiarazione di astensione, così mostrando un proprio interesse ad una celere definizione del procedimento. Particolarmente significativo è poi il principio secondo cui, nell'ipotesi in cui i difensori degli imputati liberi - con posizioni processuali connesse e non separabili rispetto a quelle degli imputati detenuti - dichiarino di aderire all'iniziativa di protesta, prevale il diritto non rinunciabile degli imputati detenuti alla celebrazione del processo, con il conseguente obbligo, per il giudice, di procedere alla trattazione del procedimento nei confronti di tutti gli imputati, compresi quelli che non abbiano manifestato alcuna volontà o abbiano espressamente aderito all'astensione (Cass. II, n. 35506/2023; Cass. II, n. 23890/2021; Cass. V, n. 54509/2018). Importante è, ancora, il principio affermato dalla S.C. secondo cui in tema di rinvio del processo per adesione del difensore all'astensione proclamata dalla categoria professionale di appartenenza, l'art. 4, comma 1, lett. a), del Codice di autoregolamentazione - secondo cui non è consentita l'astensione dalle udienze penali da parte del difensore in relazione ai procedimenti relativi a reati di imminente prescrizione e cioè, quanto ai procedimenti pendenti in sede di legittimità, in relazione ai giudizi per i quali la prescrizione è destinata a maturare entro il termine di novanta giorni - dev'essere interpretato nel senso che l'adesione del difensore non è permessa solo se tutti i reati per i quali si procede si prescrivono in detto termine (Cass. III, n. 18844/2019). Si noti, diversamente, che nei procedimenti relativi a misure cautelari personali non è consentita l'astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisca ad una protesta di categoria, in quanto l'art. 4 del Codice di « Autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati », adottato il 4 aprile 2007 e ritenuto idoneo dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi essenziali con delibera del 13 dicembre 2007, avente valore di normativa secondaria, esclude espressamente che l'astensione possa riguardare le udienze penali «afferenti misure cautelari» (Cass.S.U. , n. 26711/2013; conf. Cass. S.U., n. 26710/2013). Il principio è stato esteso anche per le misure cautelari reali. Si afferma, infatti, che nei procedimenti relativi a misure cautelari reali non è consentita l'astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisce ad una protesta di categoria, ciò in quanto l'art. 4 del codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, escludendo la possibilità di astenersi nelle udienze «afferenti misure cautelari», si riferisce a tutte le misure cautelari, e, quindi, non solo a quelle personali (Cass. II, n. 50339/2015). Per la particolare urgenza che connota la procedura finalizzata alla delibazione della richiesta di consegna disciplinata dalla l. n. 69/2005 in tema di mandato di arresto europeo, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui nel relativo procedimento camerale non è consentita l'astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisce ad una protesta di categoria (Cass. VI, n. 27482/2017). Deve, ancora, rilevarsi che l'adesione del difensore all'astensione collettiva dalle udienze rileva quale causa di impedimento solo ove proclamata a livello centrale dell'Organismo rappresentativo della categoria. La Cassazione ha, infatti, recentemente affermato il principio secondo cui nessun effetto estensivo extraregionale (recte extradistrettuale) può riconoscersi all'astensione collettiva forense proclamata a livello regionale per tutto quanto attenga alla attività giudiziaria (segnatamente udienze penali) in corso di svolgimento nei giorni di astensione presso altri uffici giudiziari (di merito e di legittimità), diversi da quelli del distretto della Corte di Appello in cui ha sede l'organismo regionale che ha proclamato l'astensione (nella specie l'astensione era stata proclamata dal Coordinamento Regionale Camere Penali dell'Emilia Romagna: Cass. VI, n. 34442/2016). In senso conforme, si è ulteriormente precisato che l'astensione dalle udienze proclamata da singole camere penali o da organismi legati al territorio di un determinato foro ha carattere locale e vincola esclusivamente i giudici che esercitano nella relativa circoscrizione territoriale, mentre davanti alla Corte di cassazione, in quanto ufficio avente giurisdizione nazionale, la possibile astensione dalle udienze che vi si celebrino può avvenire esclusivamente in adesione di un'iniziativa proveniente da organismi avente carattere nazionale (Cass. IV, n. 18809/2019). Il difensore e l'impedimento derivante dal concomitante impegno professionaleSecondo le Sezioni Unite l'impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell'art. 420 ter, comma 5, a condizione che il difensore: a) prospetti l'impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l'espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l'assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l'imputato; d) rappresenti l'impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell'art. 102 sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio (Cass. S.U ., n. 4909/2015). Si è tenuta, inoltre, conforme ai principi desumibili dall'art. 132-bis disp. att. c.p.p., la decisione di rigetto dell'istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore che adduca concomitante impegno professionale quando il processo riguardi imputato detenuto in custodia cautelare e sia stata invece accordata preferenza alla trattazione di procedimenti in cui tale situazione non ricorra, né ricorrano altre situazioni di priorità indicate nella citata disposizione o altrimenti ricavabili da norme di legge ( Cass. III, n. 43649/2018; Cass. V, n. 49454/2019, che hanno entrambe precisato come il giudice di merito deve operare un bilanciamento tra l'interesse difensivo e quello pubblico all'immediata trattazione del processo, per cui, ancorchè la priorità temporale costituisca un parametro di valutazione, anche un impegno assunto successivamente può essere considerato prevalente rispetto ad altro preesistente). La Cassazione ha, peraltro, precisato che il legittimo impedimento addotto dal difensore a fondamento della richiesta di rinvio per un concomitante impegno professionale deve essere documentato mediante allegazione di copia conforme, con attestazione della cancelleria, di uno degli atti del diverso procedimento pregiudicante idoneo a dimostrare la coincidenza della data di celebrazione del processo. (Nella specie la S.C. ha escluso che la mera produzione dell'istanza di rinvio sulla quale era stata apposta l'attestazione "visto per la verità" da parte della cancelleria dell'ufficio presso il quale pendeva il procedimento concomitante, fosse idonea a documentare l'impegno professionale addotto a giustificazione dell'istanza di rinvio: Cass. III, n. 8537/2018). Analogamente, si è precisato che il legittimo impedimento del difensore, per integrare una causa necessaria di rinvio dell'udienza, deve implicare una assoluta impossibilità a comparire, cosicché, quando l'impedimento allegato consista in un impegno professionale concomitante presso una sede giudiziaria diversa ma non lontana da quella in considerazione, alla verifica della possibile designazione di un sostituto processuale deve aggiungersi quella di una possibile variazione d'orario dell'udienza, utile a consentire la partecipazione dell'interessato ad entrambi gli adempimenti cui è chiamato. Tale rigore valutativo deve ritenersi ancor più accentuato allorché il concomitante impegno professionale sia nell'ambito dello stesso ufficio giudiziario (Cass. IV, n. 49898/2018). Si è ritenuto che non sia ostativo alla nomina di un sostituto la mancata autorizzazione del soggetto patrocinato perché le scelte professionali del difensore, tra cui rientra anche la nomina un sostituto di udienza, sono espressione della sua discrezionalità tecnica e non possono, quindi, essere sindacate dal soggetto difeso il quale può esclusivamente, ove sussista un'insanabile divergenza in ordine alle modalità di espletamento del mandato professionale, revocare il mandato e sostituire il mandatario con altro difensore (Cass. III, n. 31377/2018). E' stato però ritenuto irrilevante il legittimo impedimento del difensore, qualora l'udienza, dopo la discussione, sia stata rinviata per repliche su richiesta del pubblico ministero e questi non si sia poi avvalso di tale facoltà. La S.C. ha infatti precisato che non costituisce motivo di nullità l'omessa pronunzia del giudice sull'istanza di rinvio di detta udienza per legittimo impedimento del difensore dell'imputato in quanto, in assenza di repliche del pubblico ministero, il difensore non avrebbe potuto compiere in concreto alcuna attività (Cass. II, n. 23528/2019). Interessante, ancora, una recente pronuncia della Cassazione che si è soffermata sulla possibile abnormità del rinvio per impedimento del difensore. La Corte ha precisato che il potere di rinviare il processo per la sussistenza di un legittimo impedimento del difensore, anche di natura professionale, non si pone evidentemente al di fuori del sistema processuale, essendo anzi espressamente previsto dal codice di rito; l'eventualità che tale potere sia stato esercitato pur non ricorrendo tutti i presupposti enucleati dal codice e/o dall'elaborazione giurisprudenziale, costituisce vicenda eventualmente valutabile in altre sedi, ma certamente inidonea a determinare una situazione di irrimediabile stasi processuale, che costituisce il tratto caratterizzante dell'atto abnorme sotto il profilo funzionale (Cass. II, n. 53791/2018). Tra i “concomitanti impegni” che giustificano la richiesta di rinvio del procedimento, vi rientra anche l'esercizio delle funzioni di giudice onorario. In tal senso, la Cassazione ha affermato che l'impegno del difensore per il concomitante esercizio della funzione di GOT può essere assimilato all'impegno professionale in altro procedimento, sempre che lo stesso presenti i requisiti per costituire legittimo impedimento, ai sensi dell'art. 420-ter, comma 5, e pertanto è necessario che il difensore prospetti l'impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni e rappresenti l'impossibilità nel concomitante impegno di natura pubblica di essere sostituito da altro soggetto idoneo allo svolgimento della medesima funzione, nonché l'impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell'art. 102, nel processo in cui si chiede il rinvio (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che non aveva riconosciuto l'impedimento del difensore che, nell'istanza di rinvio, non aveva indicato le ragioni per cui non poteva né essere sostituito come GOT né avvalersi di un sostituto nel processo: Cass. V, n. 78/2020). Nello stesso senso, Cass. V, n. 2083/2019, riguardante il concomitante impegno del difensore nell'esercizio della funzione di vice procuratore onorario). Diversamente, è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 420- ter , comma 5, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3,24 e 111 Cost., nella parte in cui non consente al difensore dell'imputato di addurre, quale legittimo impedimento a comparire, il concomitante impegno professionale relativo a un processo civile , poiché la norma - come interpretata dal diritto vivente - contiene un adeguato bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco, ben potendo l'avvocato rappresentare proprio la necessità della sua presenza nel processo penale per avanzare una motivata richiesta di rinvio dell'udienza civile ( Cass. V, n. 37070/2022 ). Il criterio di valutazione del giudiceNell'apprezzamento della prova dell'impedimento dell'imputato a comparire al dibattimento, la valutazione del giudice di merito, seppure discrezionale, deve tuttavia essere sorretta da una motivazione adeguata, logica e corretta, non essendo sufficiente che vi sia una qualsivoglia motivazione che illustri le ragioni del giudizio negativo formulato circa la dedotta assoluta impossibilità a comparire, ma occorrendo, invece, che tale motivazione inerisca puntualmente alla prodotta prova dell'impedimento e sia immune da vizi logico-giuridici. Conseguentemente, nel disattendere la certificazione medica, il giudice non può valutare in maniera arbitraria ed illogica la natura ed il carattere dell'infermità in essa attestata ed il carattere impeditivo del male da cui si afferma affetto l'imputato (Cass. V, n. 5193/1999). Le Sezioni Unite hanno chiarito che il giudice, nel disattendere un certificato medico ai fini della dichiarazione di contumacia, deve attenersi alla natura dell'infermità e valutarne il carattere impeditivo, potendo pervenire ad un giudizio negativo circa l'assoluta impossibilità a comparire solo disattendendo, con adeguata valutazione del referto, la rilevanza della patologia da cui si afferma colpito l'imputato (Cass. S.U., n. 36635/2005; in senso sostanzialmente conforme, si è quindi ritenuto legittimo il provvedimento con il quale il giudice, acquisito il certificato medico prodotto dal difensore, valuti, anche indipendentemente da verifiche fiscali e facendo ricorso a nozioni di comune esperienza debitamente esposte nella motivazione, l'insussistenza di una condizione tale da comportare l'impossibilità per l'imputato di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute: Cass. IV, n. 13102/2019); analogamente, è stata censurata la decisione con la quale, senza alcuna indicazione di dati concreti e massime di esperienza idonei a superare il giudizio espresso dal sanitario, aveva ritenuto non assoluto l'impedimento a comparire dell'imputato sul presupposto che l'intervento chirurgico, cui lo stesso avrebbe dovuto sottoporsi, pur attestato come indifferibile nel certificato medico rilasciato da uno specialista, avrebbe potuto essere riprogrammato a distanza di pochi giorni: Cass. V, n. 21829/2022). Nella stessa scia si inserisce quella decisione che ha ritenuto che il certificato medico che si limiti ad attestare la generica necessità di "riposo assoluto" non comporta l'impossibilità di partecipare all'udienza, trattandosi di prescrizione che non implica, in caso di mancata osservanza, il rischio di un danno o di un pericolo grave per la salute del soggetto. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'espressione "assoluto riposo" è una formula di carattere generale con la quale si prescrive al paziente di astenersi dallo svolgere attività impegnative, ma non anche l'impossibilità di raggiungere l'aula di udienza, eventualmente anche facendosi trasportare da terzi: Cass. VI, n. 54424/2018). La più recente giurisprudenza sembra attenuare il principio delle Sezioni Unite, essendosi infatti affermato che ai fini dell'accoglimento dell'istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore per motivi di salute, il certificato medico prodotto dinanzi al giudice deve dimostrare l'assoluta impossibilità a comparire (Cass. VI, n. 9025/2018). Importante, in questo senso, è il principio da ultimo affermato dalla S.C. secondo cui l'assoluta impossibilità a comparire derivante da infermità fisica non va intesa in senso esclusivamente meccanicistico, come impedimento materiale che risulti superiore a qualsiasi sforzo umano, prescindendo cioè dalle condizioni psico-fisiche in cui versa l'imputato, in quanto la garanzia sottesa all'esercizio del diritto di difesa comporta che l'imputato sia in grado di presenziare al processo a suo carico come parte attiva della vicenda che lo coinvolge (Cass. VI, n. 25424/2020; Cass. V, n. 15407/2020). L'impedimento a comparire dell'imputato, pertanto, può essere integrato anche da una malattia a carattere cronico, purché determinante un impedimento effettivo, legittimo e di carattere assoluto, riferibile ad una situazione non dominabile dall'imputato e a lui non ascrivibile (Cass. III, n. 6357/2019; difforme, l'isolata Cass. III, n. 1371/2012). Per quanto concerne, invece, l'impedimento a comparire del difensore per ragioni di salute, la giurisprudenza più recente della S.C. è nel senso di ritenere legittimo il provvedimento con cui il giudice di merito rigetti l'istanza di rinvio dell'udienza, per impedimento del difensore a comparire, documentata da un certificato medico che si limiti ad attestare un'infermità con limitazione funzionale deambulatoria (nella specie artropatia reumatica) e ad indicare una prognosi di sette giorni, senza precisare il grado di intensità di tale stato e la sua attitudine a determinare l'impossibilità a lasciare l'abitazione, trattandosi di elementi essenziali per la valutazione della fondatezza, serietà e gravità dell'impedimento, non riscontrabili nel caso in cui si tratti di una diagnosi e di una prognosi che, secondo nozioni di comune esperienza, denotino l'insussistenza di una condizione tale da comportare l'impossibilità di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute (Cass. III, n. 48270/2018). Si segnala, peraltro, con riferimento alla disciplina emergenziale conseguente alla pandemia da Covid-19, che l'art. 3, d.l. 7 gennaio 2022, n. 1, conv. con modd. in l. 4 marzo 2022, n. 18, ha introdotto nell'art. 9-sexies del d.l. 22 aprile 2021, n. 52, conv. con modd. in l. 17 giugno 2021, n. 87, un nuovo comma 8-bis, a norma del quale “l'assenza del difensore conseguente al mancato possesso o alla mancata esibizione della certificazione verde COVID-19 di cui al comma 1 non costituisce impossibilità di comparire per legittimo impedimento”. La segnalazione di un impedimento del difensore di fiducia con contestuale richiesta di rinvio, spedita via fax ai sensi dell'art. 150, pervenuta alla cancelleria prima dell'inizio dell'udienza ma trasmessa al giudice dopo la celebrazione del dibattimento, secondo parte della giurisprudenza non costituisce motivo di nullità della sentenza in quanto la scelta di un mezzo tecnico non previsto specificatamente dalla legge per il deposito delle istanze, ai sensi dell'art. 121 espone il richiedente al rischio dell'intempestività con cui l'atto può pervenire alla conoscenza del giudice (v., tra le tante: Cass. IV, n. 38160/2009). Altro orientamento invece sostiene che l'inoltro a mezzo telefax della richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore è ammissibile e determina la nullità della sentenza successivamente pronunciata ove il giudice abbia omesso di pronunciarsi sull'istanza, purché la comunicazione sia tempestiva e la trasmissione sia fatta ad un numero di fax della cancelleria del giudice procedente e non invece ad un qualsiasi numero di fax dell'ufficio giudiziario (da ultimo: Cass. III, n. 37859/2015). L'utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione comporta tuttavia l'onere, per la parte che intenda dolersi, in sede di impugnazione, dell'omesso esame della richiesta stessa, di accertarsi - mediante un sostituto processuale, un addetto di studio o un'interlocuzione telefonica - del regolare pervenimento del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente (In motivazione, la Corte ha precisato che, solo nel caso in cui l'impedimento - improvvisamente ed inevitabilmente insorto - sia tale da precludere al difensore qualsiasi possibilità di attivazione, il medesimo è esentato dalle indicate verifiche, salvo l'onere di provare le circostanze che le hanno rese inattuabili: Cass. I, n. 1904/2018). Più chiaramente, la S.C. ha puntualizzato che la richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore, inviata a mezzo telefax in cancelleria, non è irricevibile né inammissibile; peraltro, l'utilizzo di tale modalità di trasmissione, non prevista dal codice di rito, comporta l'onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell'omesso esame della sua richiesta, di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente (Cass. F, n. 45720/2019; in senso difforme, tuttavia, Cass. II, n. 26100/2019, ha ritenuto inammissibile l'istanza di rinvio dell'udienza, giustificata da impedimento dell'imputato, inoltrata a mezzo fax, stante la previsione di cui all'art. 121, che statuisce l'obbligo per le parti di presentare le memorie e le richieste rivolte al giudice mediante deposito in cancelleria, mentre il ricorso al telefax, quale forma particolare di notificazione, è riservato dall'art. 150 del codice di rito ai funzionari di cancelleria). Le Sezioni Unite sono intervenute affermando che in tema di adesione del difensore all'astensione proclamata dagli organismi rappresentativi della categoria, la relativa dichiarazione può essere trasmessa a mezzo telefax alla cancelleria del giudice procedente, dovendo applicarsi la norma speciale contenuta nell'art. 3, comma 2, del vigente codice di autoregolamentazione, secondo la quale l'atto contenente la dichiarazione di astensione può essere «trasmesso o depositato nella cancelleria del giudice o nella segreteria del pubblico ministero» (Cass. S.U ., n. 40187/2014, la quale ha precisato che tale soluzione appare imposta non solo da un'interpretazione letterale della norma, che non richiede l'adozione di forme particolari per la comunicazione o il deposito, ma anche da un'interpretazione adeguatrice e sistematica, più rispondente all'evoluzione del sistema di comunicazioni e notifiche, oltre che alle esigenze di semplificazione e celerità richieste dal principio della ragionevole durata del processo). L'uso delle moderne tecnologie ha aperto anche un nuovo filone giurisprudenziale. In particolare, la Cassazione afferma che la richiesta di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento, inviata tramite PEC in cancelleria, non è irricevibile o inammissibile, ma tale modalità comporta l'onere per la parte che si duole dell'omesso esame della propria istanza, di accertarsi del regolare arrivo della mail in cancelleria e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente (Cass. V, n. 48892/2018; Cass. I, n. 17879/2019; in senso contrario, però, si registrano decisioni secondo cui è consentito ai difensori inviare comunicazioni via PEC agli uffici giudiziari senza alcun onere di verificare se il messaggio di posta elettronica sia effettivamente giunto in cancelleria e sottoposto all'attenzione del giudicante: Cass. III, n. 43184/2018; Cass. V, n. 12949/2020, che ritiene consentito l'utilizzo di tale mezzo solo per le notificazioni e comunicazioni da effettuarsi a cura della cancelleria e potendo lo stesso operare unicamente in presenza del fascicolo telematico, non ancora instaurato nel processo penale). Ancora, si è affermato che la richiesta di rinvio per adesione all'astensione dalle udienze proclamata dai competenti organismi della categoria può essere trasmessa, secondo quanto stabilito dall'art. 3 del Codice di "Autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati", anche a mezzo posta elettronica certificata alla cancelleria del giudice procedente (Cass. IV, n. 35683/2018).Altra decisione, sul punto, ha tuttavia affermato che le parti private non possono effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata, fermo restando che, non essendo le stesse irricevibili, possono essere prese in considerazione dal giudice se poste alla sua attenzione (Cass. VI, n. 2951/2020; in senso difforme, però, Cass. VI, n. 54427/2018). Altre decisioni, prevedono condizioni all'utilizzo della PEC, come quella secondo cui l'istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore può essere trasmessa a mezzo PEC nel caso in cui il decreto di citazione indichi espressamente questa modalità di comunicazione come quella esclusiva, precisando anche l'indirizzo mail dell'ufficio giudiziario a cui deve essere inoltrato il documento (Cass. III, n. 37090/2018). Infine, la Cassazione ha chiarito che l'imputato dichiarato assente all'udienza preliminare ai sensi dell'art. 420-bis c.p.p., come novellato dalla L. 28 aprile 2014, n. 67, non ha diritto all'avviso del rinvio dell'udienza a data fissa disposto per impedimento del difensore, in quanto rappresentato dal sostituto di quest'ultimo, anche se nominato d'ufficio (Cass. I, n. 1524/2018). Impedimento a comparire dell'imputato: casisticaVariegata la casistica giurisprudenziale sulla questione. Anzitutto, si è affermato che la « assoluta impossibilità di comparire » come causa legittima di sospensione o rinvio del dibattimento, deve essere attuale, nel senso che deve sussistere al momento di inizio dell'udienza e non può ritenersi integrata da un evento futuro e incerto, come a esempio l'eventualità che uno stato emotivo indotto dalla partecipazione al processo possa nuocere alla condizione di salute dell'imputato (Cass. VI, n. 10603/1998). In tema di impedimento a comparire, l'onere della prova grava sull'imputato che, ove alleghi un certificato di ricovero privo di indicazioni circa la patologia e la durata della malattia, non può dedurre ragioni di "privacy", la cui normativa tutela la riservatezza del privato e non può essere invocata da chi abbia interesse a documentare un impedimento, sicché è legittimo il provvedimento con cui il giudice rigetti la richiesta di rinvio (Cass. I, n. 437/2024; Cass. V, n. 43373/2005). Ancora, si è detto che l'imputato sottoposto al regime degli arresti domiciliari, citato a giudizio ritualmente, quando si trovava in stato di libertà, ha l'onere – giustificato dal carattere non indispensabile della sua presenza e dalla possibilità di celebrazione del dibattimento in sua assenza o contumacia – di richiedere tempestivamente, ai fini della rimozione dell'impedimento, al giudice che ha disposto la misura la domanda di autorizzazione a lasciare la propria abitazione per il tempo strettamente necessario a presenziare all'udienza del processo a suo carico (Cass. V, n. 7369/2003; Cass. V, n. 12690/2015; da ultimo, in senso conforme: Cass. IV, n. 10157/2020; in senso difforme, v. però Cass. V, n. 47048/2019). Analogamente, si è ritenuto non sussistere il legittimo impedimento a comparire all'udienza dibattimentale dell'imputato sottoposto alla misura del divieto di dimora nel comune in cui ha sede il Tribunale procedente quando lo stesso non abbia chiesto l'autorizzazione al giudice competente per partecipare all'udienza, atteso che grava sull'imputato che abbia ricevuto regolare notifica del decreto di citazione per il giudizio, e che sia sottoposto a misura coercitiva di obbligo o divieto di dimora, l'onere di attivarsi tempestivamente per ottenere l'autorizzazione e di comunicare al giudice procedente la propria volontà di presenziare all'udienza (Cass. III, n. 43626/2018; Cass. II, n. 24193/2018). In senso conforme a tale orientamento, si è escluso sussistere il legittimo impedimento a comparire all'udienza preliminare dell'imputato sottoposto alla misura dell'obbligo di dimora in comune diverso da quello in cui ha sede il tribunale procedente, quando lo stesso non abbia chiesto l'autorizzazione al giudice per partecipare all'udienza (Cass. V, n. 42749/2019; contra, tuttavia, si è affermato di recente che costituisce legittimo impedimento a comparire la sottoposizione dell'imputato, in relazione al reato per cui si procede, alla misura dell'obbligo di dimora in un comune diverso da quello in cui ha sede l'ufficio giudiziario, sicché il giudice che procede, senza necessità di preventiva richiesta, è tenuto ad autorizzarlo ad allontanarsi dal comune di residenza ovvero, in mancanza, a differire il processo ad altra data: Cass. II, n. 18659/2022; conf., Cass. VI, n. 35190/2022). In senso difforme, tuttavia, si registrano alcune decisioni secondo le quali la restrizione dell'imputato agli arresti domiciliari per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un'ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l'imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non è configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell'impedimento. Le decisioni che accedono a tale opzione interpretativa si fondano essenzialmente sul principio che la partecipazione dell'imputato al “suo” processo è condizione indefettibile per il regolare esercizio della giurisdizione in quanto, nell'ottica di un processo a carattere accusatorio, essa afferisce al fondamentale diritto di autodifesa, rinunziabile, ma non delegabile e non confiscabile (da ultimo: Cass. IV, n. 18455/2014; Cass. V, n. 47048/2019; Diff., tuttavia, da ultimo: Cass. IV, n. 3905/2020; Cass. IV, n. 10157/2020). La questione è stata sottoposta all'attenzione delle Sezioni Unite che, risolvendo il contrasto giurisprudenziale, hanno affermato il principio secondo cui la restrizione dell'imputato agli arresti domiciliari per altra causa, documentata o, comunque, comunicata al giudice procedente, in qualunque tempo, integra un impedimento legittimo a comparire che impone il rinvio del procedimento ad una nuova udienza e la traduzione dell'imputato stesso (Cass. S.U., n. 7635/2022). La Cassazione ha ritenuto non impugnabile il provvedimento con cui il giudice dichiari la contumacia anziché disporre il rinvio dell'udienza richiesto dal difensore, qualora questi non abbia fornito adeguata documentazione sulla situazione impeditiva del suo assistito, trovando applicazione, in tale ipotesi, il regime dettato dall'art. 420-ter comma 2, secondo cui il giudice non è tenuto a svolgere gli opportuni ulteriori accertamenti, ma può semplicemente ritenere non attendibile la sussistenza del dedotto impedimento (Cass. II, n. 32033/2003). Ancora, si è affermato che non costituisce legittimo impedimento dell'imputato straniero l'avvenuta espulsione del medesimo dal territorio dello Stato, atteso che l'art. 17 d.lgs. n. 286/1998 gli conferisce la facoltà di rientrare temporaneamente in Italia per l'esercizio del diritto di difesa (Cass. VI, n. 15739/2018). Integra un'ipotesi di legittimo impedimento dell'imputato a partecipare all'udienza la concomitante celebrazione del funerale del genitore (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la decisione con la quale, pur non disconoscendosi la natura dell'impedimento dedotto, si era confermata la sentenza del giudice di prime cure sulla base di una prognosi ex post della compatibilità degli orari in cui erano, rispettivamente, fissati l'udienza e il funerale, ritenendo che la valutazione dovesse essere effettuata ex ante e con riguardo alla presumibile durata dell'udienza, anche secondo il criterio di probabilità di cui all'art. 420-ter, comma 2, c.p.p.: Cass. II, n. 19678/2022). Non costituisce invece legittimo impedimento a comparire dell'imputato la sottoposizione alla misura cautelare personale di cui all'art. 282-ter c.p.p, atteso che le relative prescrizioni di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa, anche se disposte cumulativamente, non comportano una limitazione della libertà di movimento del soggetto gravato tale da impedirne in modo assoluto l'esercizio del diritto di partecipare al processo, sicché non si pone l'esigenza di disporre la traduzione dell'imputato né di autorizzarne la presenza neppure nei casi di prevista partecipazione della persona offesa all'udienza, che rappresenta un contesto di per sé "protetto" (Cass. VI, n. 2318/2024). In considerazione della speciale disciplina processuale seguita alla situazione pandemica, la Cassazione ha peraltro precisato che nel giudizio di appello, nel vigore della disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid-19, la richiesta di trattazione orale formulata dal difensore dell'imputato determina l'applicazione del rito ordinario, con conseguente obbligo di rinvio del procedimento, nel caso di legittimo impedimento dell'imputato, al fine di garantire il diritto di difesa (Cass. VI, n. 1167/2022). Si registra, peraltro, un contrasto di giurisprudenza circa la possibilità per l'imputato detenuto che voglia partecipare all'udienza di presentare personalmente o a mezzo difensore la relativa richiesta nel giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19. Nel senso che deve richiederla a mezzo del proprio difensore (Cass. V, n. 49654/2023); nel senso che è legittima la richiesta di partecipazione all'udienza formulata personalmente (Cass. II, n. 7340/2024; Cass. VI, n. 15139/2022). Impedimento a comparire dell'imputato parlamentare o MinistroLa questione della sussistenza o meno di un legittimo impedimento derivante dall'impegno parlamentare dell'imputato è stata più volte affrontata sia in giurisprudenza che normativamente. La Cassazione ha ritenuto che la partecipazione ad una seduta della Camera di appartenenza — anche alla luce di quanto stabilito dalla sentenza della Corte cost. n. 225/2001 — ben può costituire legittimo impedimento tale da determinare il rinvio dell'udienza, sia essa preliminare o dibattimentale, purché l'imputato istante, personalmente o tramite il proprio difensore, fornisca prova idonea dell'assoluto impedimento derivante dall'esercizio di funzioni parlamentari. Qualora tale prova sia insufficiente o impossibile, come nel caso di impedimento relativo ad un momento futuro e dedotto in base alla mera convocazione della seduta della Camera, il giudice, pur non avendo l'obbligo, ha il potere di verificare la sussistenza dell'impedimento, a garanzia del rispetto delle funzioni parlamentari e delle esigenze dell'imputato (Cass. VI, n. 7798/2002, in cui la Corte ha escluso che l'adozione di un'ordinanza con cui il giudice esercita il potere di verificare l'impedimento dell'imputato a comparire in udienza, addotto con riferimento all'attività di parlamentare e non provato in modo idoneo dall'imputato medesimo, rappresenti comportamento macroscopicamente anomalo e settario, valutabile come sintomatico di grave inimicizia, idonea a fondare un'istanza di ricusazione del giudice; Cass. VI, n. 10689/2003). Analogamente, si è ritenuto che la partecipazione di un Ministro della Repubblica alle attività istituzionali di governo, anche alla luce di quanto stabilito nella sentenza della Corte cost. n. 225/2001 riguardo al dovere di collaborazione tra organi dello Stato, costituisce legittimo impedimento a comparire (Cass. VI, n. 10773/2004, in cui la Corte ha specificato che, per quanto ogni attività non strettamente privata di un Ministro sia riconducibile alla sua funzione politica, possono assumere rilevanza quale assoluto impedimento a comparire i soli adempimenti pertinenti alle attribuzioni istituzionali, come delineate negli articoli da 92 a 96 della Costituzione, tra le quali la partecipazione al Consiglio dei Ministri, la partecipazione in rappresentanza dell'Esecutivo a sedute parlamentari, la prestazione del giuramento nelle mani del Capo dello Stato e ogni ulteriore attività coessenziale alla funzione tipica del Governo). Il legittimo impedimento del premier: il c.d. lodo AlfanoLa Corte costituzionale (Corte cost., n. 262/2009), ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 138 Cost., l' art. 1 l. n. 124/2008 (c.d., impropriamente, «lodo Alfano», dal nome del ministro della giustizia proponente), che prevedeva la sospensione di processi penali nei confronti delle Alte cariche dello Stato (Presidente della Repubblica, Presidenti delle Camere, Presidente del Consiglio dei ministri), per il periodo di durata delle relative cariche. L'illegittimità è stata dichiarata per la inidoneità di una legge ordinaria ad introdurre una prerogativa derogatoria al regime giurisdizionale comune, per disparità di trattamento rispetto a tutti gli altri cittadini. A seguito degli interventi della Cassazione, il Parlamento intervenne legislativamente, stabilendo con la l. n. 51/2010 che costituisce legittimo impedimento a norma di tale articolo: a) per il presidente del Consiglio dei ministri, il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti e in particolare dagli artt. 5, 6 e 12 l. n. 400/1988, e successive modificazioni, dagli artt. 2, 3 e 4 d.lgs. n. 303/1999, e successive modificazioni, e dal regolamento interno del Consiglio dei Ministri, di cui al d.P.C.M. 10 novembre 1993, pubblicato nella G.U. del 15 novembre 1993, n. 268, e successive modificazioni, delle relative attività preparatorie e consequenziali, nonché di ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di Governo (art.1. comma 1); b) per i ministri, l'esercizio delle attività previste dalle leggi e dai regolamenti che ne disciplinano le attribuzioni, nonché di ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di Governo (art. 1, comma 2). Ricorrendo tali ipotesi, Il giudice, su richiesta di parte, rinvia il processo ad altra udienza, ma se la Presidenza del Consiglio dei Ministri attesti che l'impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo a udienza successiva al periodo indicato, che non può essere superiore a sei mesi. Anche detta disposizione è stata dichiarata incostituzionale (art. 1, comma 3) nella parte in cui non prevede che il giudice valuti in concreto, a norma dell'art. 420-ter, comma 1, l'impedimento addotto (Corte cost., n. 23/2011). La Corte osservò, infatti, che la norma in oggetto, invero, subordina il rinvio dell'udienza, da parte del Giudice, esclusivamente ad un duplice riscontro, e specificamente all'accertamento che l'impegno dedotto dall'imputato come impedimento sussista realmente in punto di fatto, e che sia riconducibile ad attribuzioni coessenziali alle funzioni di Governo previste da leggi o regolamenti (o abbia carattere preparatorio o consequenziale rispetto ad esse). Tale accertamento, tuttavia, in alcun caso esaurisce lo spettro dei poteri di valutazione dell'impedimento, esercitati dal Giudice in base alla disciplina generale di cui all'art. 420-ter, comma 1, che ad egli attribuisce il potere, quale elemento essenziale della disciplina comune del legittimo impedimento, di valutare in concreto non solo la sussistenza in fatto dell'impedimento, ma anche il carattere assoluto e attuale dello stesso, potere, all'evidenza, non previsto dalla disposizione censurata, né ricavabile in via interpretativa, atteso che la norma in questione non richiama espressamente la norma processuale e detta una disciplina che, sul punto, sostituisce e non integra quella contenuta nella predetta disposizione del codice di rito. Ipotesi residualiVenendo alle ulteriori questioni affrontate in giurisprudenza, la Cassazione ha affermato che l'incertezza indicata dall'art. 420-ter («quando appare probabile») non riguarda la natura dell'impedimento, che deve essere sempre tale da impedire in modo assoluto la possibilità di presenziare all'udienza, quanto la prova della sua effettiva sussistenza, che è onere dell'imputato addurre, quantunque il giudice, una volta a conoscenza della probabile esistenza di un impedimento dirimente, sia tenuto ad accertarla (Cass. I, n. 9216/1997). Si è aggiunto, ancora, che la rinuncia a comparire all'udienza da parte dell'imputato detenuto produce i suoi effetti fino a quando l'interessato manifesti la sua volontà di essere nuovamente presente al processo, anche mediante un comportamento concludente (Cass. II, n. 45726/2003). Un contrasto riguarda la sussistenza o meno di un onere di tempestiva comunicazione a carico dell'imputato della concomitante celebrazione di dibattimento dinanzi ad altro giudice per il quale egli sia stato citato. Secondo parte della giurisprudenza detto onere non sussisterebbe, essendo dalla legge prevista la prontezza della denuncia solo per il difensore legittimamente impedito per contemporaneo impegno professionale dinanzi ad altra autorità giudiziaria, donde è illegittimo il rigetto dell'istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento dell'imputato solo perché quest'ultimo sia stato comunicato il giorno precedente a quello della celebrazione dell'udienza medesima (Cass. VI, n. 13619/2003). Altro orientamento afferma che in caso di concomitante celebrazione di due dibattimenti dinanzi a diverse autorità giudiziarie, sussiste un impedimento assoluto dell'imputato a comparire nel giudizio diverso da quello in cui il medesimo ha deciso di essere presente, anche quando non è offerta giustificazione della scelta in favore dell'uno o dell'altro processo, purché la comunicazione dell'impedimento sia prontamente documentata e si rappresenti l'interesse a parteciparvi, così da consentire al giudice di effettuare gli accertamenti necessari e di organizzare l'eventuale rinvio della propria udienza senza disagi per le altre parti coinvolte, in coerenza con i principi costituzionali di ragionevole durata dei processi ed efficienza della giurisdizione (Cass. III, n. 40199/2014). La lettura del provvedimento sostituisce gli avvisi per la nuova udienza verso tutti i presenti o per coloro che tali devono ritenersi (imputato allontanatosi volontariamente, difensori, P.M., parti private, persona offesa). Si noti, però, che nell'ipotesi di astensione dalle udienze proclamata dalla categoria forense, al difensore astenutosi non spetta alcuna notifica del provvedimento di rinvio dell'udienza adottato per consentirgli di esercitare il suo diritto di adesione all'astensione, giacché tale diritto si sostanza nell'astensione dai compiti essenziali dell'opera professionale, ma il suo esercizio non prevede necessariamente anche l'assenza dai luoghi in cui tali attività normalmente si esercita, ben potendo il legale presenziare all'udienza fissata anche solo allo scopo di estrinsecare la propria volontà di aderire alla proclamata astensione (Cass. II, n. 700/2001; Cass. VI, n. 20398/2014). Si è inoltre aggiunto che qualora il difensore di fiducia non sia comparso ed abbia tempestivamente comunicato la volontà di aderire all'astensione dalle udienze proclamata dall'associazione di categoria, non è dovuta alcuna comunicazione al medesimo della data di rinvio dell'udienza fissata dal giudice nell'ipotesi in cui il difensore d'ufficio, nominato in sostituzione, a sua volta dichiari la propria volontà di aderire all'astensione forense, essendo sufficiente l'avviso orale a quest'ultimo che, in quanto sostituto processuale, esercita tutti i diritti e le facoltà della difesa (Cass. II, n. 34474/2019). Più in generale, si ritiene che la rinnovazione dell'avviso di udienza in favore del difensore è dovuta solo quando sia dichiarata la nullità dell'avviso precedente o quando risulti che il difensore sia assente per assoluta impossibilità di comparire in forza di legittimo impedimento. Ne consegue che, quando l'udienza debba essere rinviata per l'omessa citazione dell'imputato ed il difensore sia assente senza che ne risulti il legittimo impedimento, correttamente il giudice provvede ad avvisare della successiva udienza il sostituto nominato ai sensi del comma 4 dell'art. 97, ed è preclusa ogni successiva indagine sulla effettiva cognizione della nuova udienza in capo al difensore interessato (Cass. II, n. 6488/2003; Cass. VI, n. 49125/2003). Parimenti, il difensore che abbia ottenuto la sospensione o il rinvio della udienza per legittimo impedimento a comparire ha diritto all'avviso della nuova udienza solo nel caso di rinvio "a nuovo ruolo", poiché, nel diverso caso di rinvio ad udienza fissa, la lettura dell'ordinanza sostituisce la citazione e gli avvisi sia per l'imputato contumace, che è rappresentato dal sostituto del difensore designato in udienza, sia per il difensore impedito, atteso che il sostituto assume per conto del sostituito i doveri derivanti dalla partecipazione all'udienza (Cass. II, 2914/2022; Cass. III, n. 30466/2015; Cass. II, n. 51427/2014; Cass. V., n. 20863/2011; Cass. V, n. 36643/2008; con riferimento a specifiche fattispecie anche Cass. II, n. 34474/2019; Cass. III, n. 35764/2017; Cass. I, n. 1524/2018). Dunque, l'omessa notifica - al difensore di fiducia impedito - del rinvio dell'udienza disposto con contestuale indicazione della data di rinvio e alla presenza del difensore di ufficio, designato ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen. non determina alcuna nullità, in quanto il difensore di ufficio nominato in luogo di quello impedito agisce in nome e per conto di quello di fiducia sostituito e rappresenta la parte processuale interessata al corretto andamento del processo. Ancora, si segnala che secondo le Sezioni Unite sono legittimi tanto la prioritaria dichiarazione di contumacia dell'imputato in presenza del difensore designato ai sensi dell'art. 97, comma 4, in sostituzione del difensore di fiducia che abbia richiesto il rinvio della udienza per impedimento a comparire, quanto, in accoglimento di tale richiesta, il successivo rinvio del processo ad altra udienza (Cass. S.U., n. 8285/2006). In ossequio al predetto principio, dunque, si è ritenuta legittima la verifica della regolare costituzione delle parti in caso di assenza dell'imputato e di adesione del difensore all'astensione collettiva dalle udienze, in quanto preliminare rispetto alla valutazione del prospettato impedimento a comparire (Cass. VI, n. 14396/2019). Una volta accertata l'esistenza dell'impedimento dell'imputato a comparire al dibattimento e la sua assolutezza, il giudice è obbligato a disporre il rinvio ad altra udienza, non potendosi attribuire alcuna rilevanza all'ipotesi che l'evento impeditivo sia stato di proposito fatto cadere nella data, già nota all'imputato medesimo, fissata per la celebrazione del giudizio (Cass. VI, n. 13619/2003). Peraltro, qualora il giudice, all'udienza fissata, accertato l'impedimento dell'imputato, sospenda o rinvii il dibattimento, fissando nuova udienza e disponendo nuova citazione dell'interessato, allorché sia stato osservato il termine minimo di comparizione per la prima udienza, non occorre accordare ancora un nuovo termine di pari durata, poiché il diritto di difesa è stato già pienamente garantito e l'ulteriore dilazione non trova alcuna giustificazione sotto il profilo logico o strettamente normativo (Cass. IV, n. 46023/2003; Cass. V, n. 50185/2019). CasisticaImpedimento a comparire dell'imputato o del difensore Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 420 ter, la stessa può così sintetizzarsi: a) la norma detta la disciplina applicabile laddove sia ravvisabile un impedimento dell'imputato o del difensore; b) con riferimento all'impedimento dell'imputato, si stabilisce che quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza, anche d'ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l'avviso all'imputato; c) allo stesso modo il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore; d) tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione; e) quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni per ritenere l'esistenza delll'impedimento, il giudice rinvia anche d'ufficio l'udienza, fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all'imputato; f) in ogni caso la lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti; g) per quanto concerne l'assenza del difensore, la norma prevede che il giudice deve disporre il rinvio nel caso di assenza del difensore; h) più precisamente, ciò avviene quando risulta che l'assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato; i) tale disposizione, tuttavia, non si applica in tre ipotesi: 1) se l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi; 2) quando il difensore impedito ha designato un sostituto; 3) quando l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito. Il legittimo impedimento del difensore in stato di gravidanzaL'art. 1, comma 466 della l. 27 dicembre 2017, n. 205 - ("Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020"), in vigore dal 1° gennaio 2018, ha introdotto una inedita ipotesi di presunzione assoluta di legittimo impedimento a comparire. La presunzione scatta nell'ipotesi in cui il difensore, in stato di gravidanza, comunichi prontamente di trovarsi in detto stato. In tal caso si ritiene legittimamente impedita a comparire nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi ad esso. L'unica condizione cui la Legge subordina l'operatività della nuova presunzione è la pronta comunicazione da parte del difensore dello stato di gravidanza. In relazione alla particolare causa dell'impedimento a comparire, va considerato come "prontamente comunicato" l'impedimento che sia reso noto al giudice in prossimità del limite temporale (due mesi) a partire dal quale decorre la causa di “astensione” dovuta al parto imminente e fino al terzo mese successivo al parto stesso. E' peraltro evidente che se la causa di impedimento è già nota al momento della fissazione dell'udienza o l'udienza viene fissata in un momento nel quale la data del parto è assai lontana (ad esempio, quando il difensore si trova al primo mese di gravidanza e, dunque, il parto è distante ancora sette od otto mesi), la comunicazione dell'impedimento sarà da ritenersi "pronta” se immediatamente eseguita dal difensore. La nuova disposizione normativa merita di essere salutata favorevolmente in quanto valorizza l'importanza dello stato di gravidanza e puerperio della donna avvocato, consentendole di conciliare in maniera equilibrata le esigenze personali con quelle professionali, evitando il sacrificio delle prime che la giurisprudenza in questi anni aveva legittimato. Sembrava, pertanto, da ritenere ormai abbandonata quella giurisprudenza della S.C. che ritiene legittima la decisione con cui il giudice affermi l'insussistenza del legittimo impedimento del difensore, qualora esso sia dovuto allo stato di avanzata gravidanza dello stesso difensore, giunto, nella specie, alla trentaduesima settimana, secondo la prodotta certificazione medica, in quanto il solo stato di avanzata gravidanza non può di per sé costituire, in assenza di specifiche attestazioni sanitarie indicative del pericolo derivante dall'espletamento delle attività ordinarie o professionali, causa di legittimo impedimento (Cass. V, n. 8129/2007). Ed invero, le prime interpretazioni della Cassazione, paiono ispirarsi ad una continuità esegetica con il passato. La S.C. ha infatti ribadito che il mero stato di avanzata gravidanza non può di per sé costituire, in assenza di specifiche attestazioni sanitarie indicative di uno stato di malattia ovvero di minaccia di parto prematuro, ragione di assoluta impossibilità a comparire. (In motivazione, la Corte ha ritenuto manifestamente infondata la prospettata illegittimità costituzione dell'art. 420-ter, c.p.p., per contrasto con la tutela della maternità, evidenziando come anche la disciplina prevista dalla l. 11 dicembre 1990, n. 379, in favore della professionista iscritta alla cassa di previdenza, contempla la possibilità dello svolgimento dell'attività professionale nel periodo durante il quale viene erogata l'indennità di maternità: Cass. VI, n. 26614/2018). Pur trattandosi, oggi, di presunzione assoluta di legittimo impedimento a comparire, è ritenuta quindi necessaria una specifica attestazione sanitaria indicativa del pericolo derivante dall’espletamento delle attività ordinarie o professionali. Si tratta di approdo giurisprudenziale che non può essere condiviso, essendo tale “pericolo” presunto dalla legge nei due mesi antecedenti al parto e nei tre mesi successivi ad esso. Resta inteso, evidentemente, che soprattutto per il residuo arco temporale (in altri termini, nei primi sette mesi di gravidanza, essendo gli ultimi due "coperti” dalla presunzione assoluta), la situazione di impedimento “assoluto” a comparire dovrà essere valutata nei termini consueti. Ciò comporterà, quindi, per il difensore che si trovi in stato di gravidanza nei primi sette mesi, di dover prontamente comunicare, come richiesto dalla richiamata giurisprudenza della S.C., al fine di far valere la situazione di legittimo impedimento, la esistenza di controindicazioni sanitarie attestanti il pericolo derivante dall'espletamento delle attività professionali od ordinarie. BibliografiaBricchetti, Chiusura delle indagini preliminari e udienza preliminare, in AA.VV., Il nuovo processo penale davanti al giudice unico, Milano, 2000; Di Bugno, Legittimo impedimento del difensore, tutela dell'effettività della difesa e disciplina dell'udienza preliminare, in Cass. pen. 1997; Filippi, Il processo penale dopo la «Legge Carotti». Art. 19, in Dir. pen. proc. 2000; Filippi, La contumacia, l'assenza e l'allontanamento dell'imputato e l'impedimento del difensore nell'udienza preliminare, in Kalb, Le recenti modifiche al codice di procedura penale, Milano, 2000; Iovino, La costituzione delle parti all'udienza preliminare, in Kalb (a cura di), Le recenti modifiche al Codice di Procedura penale: commento alla legge 16 dicembre 1999, n. 479 (c.d. l. Carotti) integrata e corretta dal Decreto-Legge 7 aprile 2000, n. 82 convertito, con modificazioni, in Legge 5 giugno 2000, n. 144, I, Milano, 2000, 299; Mastrogiovanni, Le modifiche alle modalità di esercizio della difesa, in Kalb (a cura di), Le recenti modifiche al Codice di Procedura penale: commento alla legge 16 dicembre 1999, n. 479 (c.d. l. Carotti) integrata e corretta dal Decreto-Legge 7 aprile 2000, n. 82 convertito, con modificazioni, in Legge 5 giugno 2000, n. 144, I, Milano, 2000, 225; Plessi, Il «no» delle Sezioni Unite alla rilevanza del difensore nelle udienze camerali con partecipazione facoltativa di accusa e difesa, in Cass. pen. 1999, 2070; Potetti, L'impedimento a comparire del contumace, in Cass. pen. 2004, 135; Ranaldi, Nuove prospettive per l'effettività della difesa all'udienza camerale, in Giur. it. 1998; Romano, Provvedimenti adottati senza contraddittorio e nullità dell'udienza preliminare, in Giust. pen. 2003, III, 301; Spagnoli, Legittimo impedimento a comparire del difensore e di ritto alla difesa tecnica nel segno del «giusto processo», in archiviopenale.it. |