Codice di Procedura Penale art. 472 - Casi in cui si procede a porte chiuse.

Sergio Beltrani

Casi in cui si procede a porte chiuse.

1. Il giudice dispone che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse [1144; 1474 att.] quando la pubblicità può nuocere al buon costume ovvero, se vi è richiesta dell'autorità competente, quando la pubblicità può comportare la diffusione di notizie da mantenere segrete nell'interesse dello Stato [256-258, 261-263 c.p.] .12

2. Su richiesta dell'interessato, il giudice dispone che si proceda a porte chiuse all'assunzione di prove che possono causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni ovvero delle parti private in ordine a fatti che non costituiscono oggetto dell'imputazione. Quando l'interessato è assente o estraneo al processo, il giudice provvede di ufficio.

3. Il giudice dispone altresì che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, quando avvengono da parte del pubblico manifestazioni che turbano il regolare svolgimento delle udienze ovvero quando è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati [4732; 147-ter att.] 3.

3-bis. Il dibattimento relativo ai delitti previsti dagli articoli 600600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602,  609-bis, 609-ter e 609-octies del codice penale si svolge a porte aperte; tuttavia, la persona offesa può chiedere che si proceda a porte chiuse anche solo per una parte di esso. Si procede sempre a porte chiuse quando la parte offesa è minorenne. In tali procedimenti non sono ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità della persona offesa se non sono necessarie alla ricostruzione del fatto [1942] 4.

4. Il giudice può disporre che avvenga a porte chiuse l'esame dei minorenni [4984; 1474 att.; 33 min.].

 

[1] L'art. 3, comma 1, lett. l), d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216 ha dapprima disposto l'aggiunta alla fine del comma 1 del seguente secondo periodo: «Il giudice dispone che si proceda a porte chiuse alle operazioni di cui all'articolo 268-ter quando le parti rinnovano richieste non accolte o richiedono acquisizioni, anche ulteriori, e quando le ragioni della rilevanza a fini di prova emergono nel corso dell'istruzione dibattimentale.». Ai sensi dell'art. 9, comma 1, d.lgs. n. 216, cit.,  come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a) d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, ​tale disposizione si applica «ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020»  (in precedenza l'art. 1, comma 1, n. 1) d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, aveva modificato il suddetto art. 9, comma 1, d.lgs. n. 216, cit., disponendo che la disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 30 aprile 2020»; lo stesso art. 1, comma 1, n. 1) d.l. n. 161, cit., anteriormente alla conversione in legge, aveva invece stabilito che la suddetta disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020 »). Il termine di applicabilità originariamente previsto dal suddetto art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., ovvero « alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto », era stato già differito dall'art. 2  comma 1 d.l. 25 luglio 2018, n. 91, conv., con modif. in l. 21 settembre 2018, n. 108, sostituendolo con il termine « dopo il 31 marzo 2019 », poi dall'art. 1 comma 1139 lett. a) n. 1) l. 30 dicembre 2018, n. 145Legge di bilancio 2019, sostituendolo con il termine « dopo il 31 luglio 2019 » e dall'art. 9 comma lett. ad.l. 14 giugno 2019, n. 53, conv., con modif., in l. 8 agosto 2019, n. 77, sostituendolo con il termine « dopo il 31 dicembre 2019 ».

Ma, da ultimo, l'art. 2, comma 1 lett. p) d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, ha soppresso il suddetto secondo periodo. A norma dell'art. 2, comma 8, d.l. n. 161, cit., conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, come modificato dall'art. 1, comma 2, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, ​ le disposizioni del citato articolo si applicano « ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ad eccezione delle disposizioni di cui al comma 6 che sono di immediata applicazione.»

[2] Sugli atti, documenti e quanto altro è coperto dal segreto di Stato, v. art. 39 l. 3 agosto 2007, n. 124.

[3] Per  la possibilità di celebrare a porte chiuse le udienze dibattimentali al di fuori del codice di rito, in tema di disposizioni vigenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 v., dapprima, l’art. 10, comma 12, d.l. 2 marzo 2020, n. 9, successivamente l’art. 83, comma 7 lett. e), d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con modif., in l. 24 aprile 2020, n. 27,  e, da ultimo l’art. 23, comma 3 , del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 , conv., con modif., in l. 18 dicembre 2020, n. 176. 

Inquadramento

L'art. 472 apporta altre deroghe al principio di pubblicità dell'udienza, prevedendo, in linea (come si vedrà) con le fonti internazionali, che in alcuni casi (indicati tassativamente e, quindi, con elencazione insuscettibile di analogia) il dibattimento od alcuni atti di esso devono svolgersi a porte chiuse.

I casi nei quali si procede a porte chiuse

Deve procedersi necessariamente a porte chiuse:

a ) quando la pubblicità può nuocere al buon costume;

b ) quando la pubblicità può comportare la diffusione di notizie da mantenere segrete nell'interesse dello Stato (la previsione riguarda le « notizie riservate » ed è, pertanto, più ampia rispetto a quella di cui all'art. 202, che riguarda il « segreto di Stato »): in tal caso, tuttavia, non è previsto il divieto assoluto di procedere in udienza pubblica, ma un divieto meramente relativo, in quanto, affinché il giudice valuti la necessità di procedere a porte chiuse, è necessaria la richiesta dell'autorità competente, che va identificata, ai sensi dell'attuale legge sul segreto di Stato (l. 3 agosto 2007, n. 124: v., in precedenza, l. 24 ottobre 1977, n. 801), nel Presidente del Consiglio dei Ministri, cui sono attribuite le facoltà decisionali in tema di opposizione del segreto di Stato;

c ) quando si procede all'assunzione di prove che possono pregiudicare la riservatezza dei testimoni o delle parti private in ordine a fatti « che non costituiscono oggetto dell'imputazione » e, cioè, che esulano dall'ambito degli elementi costitutivi dei reati contestati nelle imputazioni: in tal caso, è necessaria la richiesta dell'interessato, e solo quando l'interessato non è parte del processo, può provvedere il giudice d'ufficio: si è, in tal modo, inteso escludere « che possa darsi rilievo a un diritto dell'imputato alla riservatezza dell'imputazione » (Rel. prog. prel. c.p.p., 256). La deroga ha ad oggetto tutte le prove (compreso l'esame dell'imputato o della persona offesa non costituita parte civile), ed opera soltanto per il tempo necessario all'assunzione dell'atto, e non per l'intero dibattimento;

d ) quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene;

e ) quando avvengono, da parte del pubblico, manifestazioni che turbano il regolare svolgimento delle udienze: quest'ipotesi richiama quella di cui all'art. 471, comma 4, e ricorre in presenza di intemperanze (non di soggetti ben determinati e/o determinabili, bensì) indistintamente attribuibili a tutto il pubblico presente in aula (Manzione, in Chiavario, V, 1991, 67);

f ) quando è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati;

g ) quando si procede per i delitti di cui agli artt. 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), 600-quinquies(iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto ed alienazione di schiavi), 609-bis(violenza sessuale), 609-ter (violenza sessuale aggravata), 609-octies (violenza sessuale di gruppo) c.p., e la persona offesa maggiorenne chiede che si proceda a porte chiuse.

Si procede a porte chiuse anche in tutti i casi nei quali la persona offesa sia minorenne: questa previsione ricomprende, pertanto, anche i delitti di cui agli artt. 609-quater e 609-quinquies c.p., la cui persona offesa è sempre un minorenne (Beltrani, 1996, 129). Non è apparso dubbio che, « pure a seguito dell'inserimento del nuovo comma 3-bis, il giudice possa decidere che si proceda a porte chiuse ove ricorrano i presupposti di cui ai primi tre commi dell'art. 472, anche a prescindere da una richiesta della persona offesa maggiorenne » (S. Beltrani, 1996, 130).

La sentenza della Corte cost. n. 93/2010, ha ritenuto che è legittima l'attribuzione al giudice del potere di disporre che si proceda, in tutto o in parte, senza la presenza del pubblico, in rapporto a particolarità del caso concreto, che facciano emergere esigenze di tutela di valori contrapposti, nei limiti in cui, a norma dell'art. 472, risulti legittimato lo svolgimento del dibattimento penale a porte chiuse; analogamente, la Corte  Edu (IV, 19 maggio 2015, S. contro Italia), con riguardo alla disposizione di cui all'art. 472, comma 3-bis, ha ammesso che, nell'ambito di procedimenti che si riferiscono ad abusi sessuali, al fine della più incisiva protezione della vittima, possano essere prese misure speciali, purché conciliabili con un esercizio adeguato ed effettivo dei diritti della difesa.

A seguito dell'ordine di procedere a porte chiuse, sono legittimate ad entrare in aula soltanto le persone che, in relazione allo specifico processo di volta in volta in esame, hanno il diritto (imputati, altre parti private, difensori) od il dovere (giudice, p.m., ausiliari, commessi, forza pubblica) di intervenire; i giornalisti non possono essere presenti nei casi di cui all'art. 472, comma 3 (quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene; quando avvengono, da parte del pubblico, manifestazioni che turbano il regolare svolgimento delle udienze; quando è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati). Per i testimoni, i periti e i consulenti tecnici, si prevede la presenza in aula per il tempo strettamente necessario, salvo che non risulti necessario trattenere in aula, più a lungo, questi soggetti.

La deroga alla pubblicità del dibattimento non si estende alla fase degli atti successivi alla deliberazione (artt. 544 ss.): in particolare, ai sensi dell'art. 545, è sempre pubblica la lettura del dispositivo (cfr. anche art. 6 § 1 C.E.D.U.).

Per il divieto di pubblicazione di atti o di immagini del dibattimento, nei casi in cui si proceda a porte chiuse, si rinvia sub art. 114, comma 4).

Le vicende riguardanti le intercettazioni

Il d.lgs. n. 216/2017 aveva aggiunto, alla fine del comma 1, la previsione della possibilità di procedere a porte chiuse alle operazioni di acquisizione di comunicazioni o conversazioni in precedenza non acquisite, valutando richieste integrative di prova o richieste di revisione della decisione di rigetto del g.i.p. (cfr. art. 268-ter ), o, comunque, nei casi in cui la cui rilevanza ai fini della decisione di quanto intercettato sia emersa soltanto nel corso dell'istruzione dibattimentale: si intendeva in tal modo tutelare la riservatezza degli interlocutori. 

 La disposizione doveva applicarsi, secondo quanto inizialmente previsto dall'art. 9, comma 1, d.lgs. n. 216/2017 cit., alle operazioni d'intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo al 26 gennaio 2018, data di entrata in vigore del decreto.

In seguito,  il termine di applicazione originariamente previsto èera stato sostituito:

  • in forza  dell'art. 2, comma 1, d.l. n. 91/2018, conv., con modif. in l. n. 108/2018, con l'indicazione del diverso termine «dopo il 31 marzo 2019»; .
  • in forza dell'art.1, comma 1139, lett. a) , n. 1,  della l. n. 145/2018 (legge di bilancio 2019) con l'indicazione del termine «dopo il 31 luglio 2019»;. 
  • - in forza dell'art. 9, comma 2, d.l. n. 53/2019, conv., con modif., in l. n. 77/2019, con l'indicazione del termine «dopo il 31 dicembre 2019».  

Successivamente, l'art. 2 d.l.n. 161/2019, rubricato "Modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni", in vigore dal  1 ° gennaio 2020, ha disposto la modifica del comma 1 dell'art. 472, sopprimendone il periodo aggiunto dal d.lgs. n. 216/2017, che non ha quindi mai trovato effettiva vigenza.

Tale intervento risultava, peraltro, necessitato dalla in pari data intervenuta soppressione dell'art. 493-bis c.p.p. (anch'esso mai effettivamente vigente), al quale si rinvia.

La legge 28 febbraio 2020, n. 7, di conversione del d.l. n. 161/2019, ha:

- differito l'applicazione delle disposizioni di cui al d. lgs. n. 216/2017, destinate allo stato a trovare applicazione “ai procedimenti penali iscritti dopo il 30 aprile 2020”, e quindi iscritti a partire dal 1° maggio 2020;

- confermato la soppressione dell'inciso inizialmente inserito alla fine del comma 1 dell'art. 472.

Da ultimo, l'art. 2, comma 8, d.l. n. 161, cit., come sostituito dall'art. 1, comma 2, d.l. n. 28/2020, conv., con modif., in l. n. 70/2020, ha previsto che la nuova disciplina si applica « ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020».

Casistica

La giurisprudenza ha evidenziato che non dà luogo a nullità, per assenza di espressa previsione di legge ad hoc, lo svolgimento in pubblico del dibattimento relativo ai delitti di cui all'art. 472, comma 3, con persona offesa minorenne (Cass. III, n. 13922/2009: la S.C., nell'enunciare tale principio, ha precisato che, in ogni caso, tale eccezione sarebbe preclusa all'imputato, unica legittimata essendo la persona offesa, costituitasi parte civile).

Le domande inammissibili

Nei procedimenti indicati dalla prima parte del comma 3-bis dell'art. 472 non sono ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità della persona offesa, che non risultino necessarie alla ricostruzione del fatto. La disposizione, inserita dall'art. 15 l. 15 febbraio 1996, n. 66, e successivamente integrata dall'art. 13 della l. 3 agosto 1998, n. 269 e dall'art. 15 l. 11 agosto 2003, n. 228, avrebbe dovuto trovare più opportuna collocazione in altro contesto (artt. 498 ss.) (così, Beltrani, 1996, 128).

Parte della dottrina ha ritenuto che essa riguardi i soli delitti di cui agli artt. 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-octies c.p., e non si estenda anche a quelli di cui agli artt. 609-quater e 609-quinquies c.p., nei quali si procede sempre a porte chiuse, poiché la persona offesa è sempre minorenne (Conti 9); altra dottrina ritiene, al contrario, che l'espressione « in tali procedimenti » sia onnicomprensiva, ovvero faccia, in realtà, riferimento sia a quelli nei quali la persona offesa maggiorenne può chiedere che si proceda a porte chiuse, sia a quelli nei quali, essendo la persona offesa sempre minorenne, deve sempre procedersi a porte chiuse, evidenziandosi che, se si ha riguardo alla ratio della disposizione (rafforzare la tutela delle vittime di reati sessuali, sia maggiorenni sia minorenni), la disparità di trattamento risulterebbe del tutto irrazionale ed ingiustificata (Beltrani, 1996, 130).

Le dichiarazioni rese in risposta a domande inammissibili, perché non necessarie alla ricostruzione del fatto, sulla vita privata e sulla sessualità della persona offesa devono ritenersi inutilizzabili (Bargis, 1996, 523).

La giurisprudenza ha precisato che l'assistenza dei familiari o di un esperto in psicologia infantile all'esame testimoniale del minore è facoltativa e non obbligatoria (cfr. art. 498 comma 4), e non è imposta né dall'art. 609-decies c.p. (che ha la diversa finalità di assicurare alla parte offesa minorenne un'adeguata assistenza affettiva e psicologica durante tutto il corso del procedimento), né dalle disposizioni di cui agli artt. 392, comma 1-bis398, comma 3-bis 472 comma 3-bis, del codice di rito (Cass. III, n. 22066/2003).

L'esame a porte chiuse dei minorenni

L'art. 472, comma 4, nell'evidente intento di perseguire il prevalente interesse di tutelare la personalità e l'equilibrio psicologico dei soggetti minorenni dai danni che potrebbero loro derivare dalla pubblicità dei fatti costituenti oggetto del processo, attribuisce la « giudice » (e, quindi, al collegio, ove non si proceda con rito monocratico) il potere discrezionale di disporre che l'esame di detti soggetti abbia luogo a porte chiuse. La previsione riguarda, tendenzialmente, i processi in danno di imputati maggiorenni, poiché, in linea di principio, ai sensi dell'art. 33 d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, le udienze dibattimentali dinanzi al tribunale dei minorenni già si tengono sempre a porte chiuse (l'imputato ultrasedicenne ha, peraltro, la facoltà di chiedere che si proceda in pubblica udienza, ed il tribunale decide valutando la fondatezza della ragioni addotte a sostegno della richiesta e l'opportunità di procedere in udienza pubblica nell'esclusivo interesse dell'imputato; la richiesta non può mai essere accolta ove ci siano coimputati infrasedicenni, ovvero uno dei coimputati ultrasedicenni non vi consenta).

Il riferimento all'esame va interpretato in relazione sia all'esame testimoniale che a quello reso in qualità di parte privata (persona offesa, od anche imputato, ove si proceda a carico di un minorenne ultrasedicenne che abbia chiesto ed ottenuto che si proceda in pubblica udienza).

Le deroghe previste dalla normativa speciale emanata per fronteggiare l’emergenza da COVID-19

Si rinvia sub art. 471, § 7.

Bibliografia

Bargis, Commento all'art. 15 della l. 15 febbraio 1996 n. 66, in Leg. pen. 1996, 517; Beltrani, Le nuove norme sulla violenza sessuale, Napoli 1996; Beltrani, Il dibattimento penale monocratico, Torino, 2003; Conti, Commento agli artt. 13-17 della l. 15 febbraio 1996, n. 66, in Guida dir. 1996, 9, 27 ss.; D'Andria, Sub art. 472, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da G. Lattanzi-E. Lupo, VI, Agg. 2003-2007, (artt. 465-567), a cura di D'Andria-G. Fidelbo-E. Gallucci, Milano, 2008, 34; Plotino, Il dibattimento nel nuovo codice di procedura penale, Milano, 1996; Rivello, Il dibattimento nel processo penale, Torino, 1997; Spangher, Commento alla l. 3 agosto 1998, n. 269. Le norme di diritto processuale penale, in Dir. pen. e proc. 1998, 1231.

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