Codice di Procedura Penale art. 513 - Lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare 1 .Lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare 1 . 1. Il giudice, se l'imputato è assente [420-quinquies] ovvero rifiuta di sottoporsi all'esame [208, 503], dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero [364, 373 1b, 374, 388] o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari [294, 391] o nell'udienza preliminare [421, 422], ma tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che ricorrano i presupposti di cui all'articolo 500, comma 4 23. 2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell'articolo 210, comma 1, il giudice, a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l'accompagnamento coattivo [132, 210] del dichiarante o l'esame a domicilio [502] o la rogatoria internazionale [727-729] ovvero l'esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contradditorio. Se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all'esame in uno dei modi suddetti, si applica la disposizione dell'articolo 512 qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l'accordo delle parti4. 3. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono state assunte ai sensi dell'articolo 392, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 511.
[1] Articolo così sostituito dall'art. 1 l. 7 agosto 1997, n. 267. V. la disposizione transitoria di cui all'art. 6 l. n. 267, cit. [2] Le parole « contumace o », che figuravano dopo le parole « se l'imputato è », sono state soppresse dall'art. 10, comma 3 l. 28 aprile 2014, n. 67. Ai sensi del comma 1 dell'art. 15-bis l. n. 67, cit., inserito dall'art. 1 l. 11 agosto 2014, n. 118, tale disposizione si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore (17 maggio 2014) della suddetta l. n. 67, cit., « a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado ». Il successivo comma 2 stabilisce che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, « le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della [suddetta] legge continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della [medesima] legge quando l'imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità ». [3] Comma modificato dall'art. 18, comma 1, 1 lett. a) l. 1° marzo 2001, n. 63. V. l'art. 26 l. n. 63, cit. [4] Comma modificato dall'art. 18, comma 2, lett. b) l. n. 63, cit. L'ultimo periodo del comma era stato dichiarato costituzionalmente illegittimo da C. cost. 2 novembre 1998, n. 361, nel testo anteriore alla sostituzione operata dalla l. n. 267, cit., « nella parte in cui non prevede che, qualora il dichiarante rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la responsabilità di altri già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza dell'accordo delle parti alla lettura si applica l'art. 500, commi 2-bis e 4 del codice di procedura penale ». InquadramentoL'articolo in esame disciplina la lettura dei verbali di dichiarazioni rese dall'imputato e dal coimputato in sede predibattimentale, contemperando, da un lato, il diritto al silenzio con l'interesse processuale al recupero del contributo conoscitivo proveniente dall'imputato e, dall'altro, il diritto del dichiarante a non autoaccusarsi e il diritto dell'accusato al contraddittorio con l'accusatore. Aspetti generaliCome tutte le norme che consentono un recupero delle conoscenze formate nelle fasi precedenti al dibattimento, derogando al metodo dialettico di formazione della prova, l'art. 513 delinea un meccanismo eccezionale, di stretta interpretazione e non suscettibile di applicazione analogica (Cass. VI, n. 8244/1997, che su tale presupposto esclude che possa essere data lettura ex art. 513 delle dichiarazioni rese nella fase delle indagini integrative del pubblico ministero). La norma in esame è applicabile solo alle dichiarazioni raccolte nel corso delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare relative al medesimo procedimento, posto che la circolazione di atti da un procedimento all'altro è regolata dagli artt. 238 e 511-bis (Cass. III, n. 9993/1991). L'art. 513 non è invocabile in fase di appello, nel senso che il giudice non è obbligato, se le parti lo richiedono, a dare lettura delle dichiarazioni in esso indicate, non essendo tenuto alla rinnovazione del dibattimento, nell'ambito del quale, unicamente, è possibile avvalersi, in appello, della citata disposizione (Cass. IV, n. 4973/1995). La suddetta norma non è applicabile neppure nel processo di prevenzione, giacché la previsione concerne la sola formazione della prova nel giudizio penale di cognizione, mentre in sede di prevenzione si esige unicamente la sussistenza di indizi (Cass. I, n. 3964/1998). La dottrina ne esclude l'operatività anche nell'ambito dei riti alternativi, in sede cautelare e nell'incidente probatorio (Peroni, 149). Dichiarazioni leggibiliLe dichiarazioni acquisibili mediante lettura ai sensi dell'art. 513 sono quelle contenute nei verbali di interrogatorio resi dall'imputato, durante le indagini preliminari o nel corso dell'udienza preliminare, al pubblico ministero, al giudice e alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero. L'elencazione è tassativa e non ammette ampliamenti per via analogica (Cesari, 411). Tra le dichiarazioni assunte dal giudice, la giurisprudenza ha ritenuto legittima, in caso di rifiuto dell'imputato di sottoporsi all'esame dibattimentale, la lettura dei verbali contenenti le dichiarazioni spontanee da questi in precedenza rese davanti al Tribunale del riesame (Cass. III, n. 17391/2011). Cadono fuori dall'ambito applicativo della norma in esame: a) le sommarie informazioni assunte dalla polizia giudiziaria (art. 350), alla cui disciplina sono estranee le forme dettate dall'art. 65 (Buzzelli, 111); b) le dichiarazioni assunte dalla polizia giudiziaria nelle forme dettate dall'art. 351, comma 1-bis, non acquisibili neppure attraverso il canale aperto per la categoria degli atti ad irripetibilità sopravvenuta (Grifantini, 160); c) le dichiarazioni rese al pubblico ministero in sede di indagini integrative, ossia svolte dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, non a caso circoscritte agli atti non garantiti (Cass. VI, n. 8244/1997); d) gli atti provenienti da altri procedimenti e oggetto di scambio tra uffici del pubblico ministero ex art. 371 (Buzzelli, 114). Per quanto riguarda le dichiarazioni assunte dal difensore nel corso delle sue investigazioni, l'art. 391-decies, comma 1, fa espresso richiamo alla possibilità di una spendita processuale ai sensi dell'art. 513. Tuttavia, si è osservato che il difensore non potrebbe raccogliere dichiarazioni dal proprio assistito, di talché il richiamo all'art. 513 dovrebbe intendersi limitato all'ipotesi di cui al capoverso della predetta norma (Lorenzetti, 739). Discussa è l'applicabilità dell'art. 513 con riferimento alle dichiarazioni rese dall'indagato o dall'imputato nel corso di altro procedimento svoltosi all'estero. Secondo un primo orientamento, può darsi lettura, ai sensi degli artt. 513 e 210, delle dichiarazioni rese dal soggetto processato e condannato all'estero al giudice o alla polizia dello Stato estero, atteso che detto soggetto va considerato imputato in procedimento connesso ai sensi dell'art. 12 (Cass. VI, n. 11360/1994). Secondo altro indirizzo, il principio vigente in materia di rogatoria internazionale, secondo cui le prove raccolte all'estero sono utilizzabili in Italia alla sola condizione che siano state assunte legalmente con riferimento alla legge del luogo in cui sono state raccolte (art. 3 primo comma della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, richiamata dall'art. 696), non è applicabile per l'acquisizione e l'utilizzazione nel procedimento italiano di atti propri di un autonomo procedimento penale di altro Stato, trovando questa materia disciplina nell'art. 238. In particolare, per quanto attiene a verbali di prove di procedimenti stranieri, deve escludersi l'acquisibilità e la utilizzabilità di dichiarazioni rese da un imputato di reato connesso, sottoposto a procedimento penale all'estero, le quali siano state assunte su iniziativa di organi di polizia di un paese straniero (art. 78, comma 2, disp. att.), mentre sono acquisibili, a norma del citato art. 78, comma 2, disp. att., e utilizzabili, nel rispetto delle norme sulle letture in dibattimento, i verbali di atti assunti dall'autorità giudiziaria straniera o dalla polizia su delega di tale autorità, se espletati secondo la legge del luogo e sempreché risultino conformi alla normativa italiana attinente alle essenziali esigenze dei diritti della difesa (Cass. VI, n. 11421/1995). Lettura delle dichiarazioni dell'imputatoPer dare lettura delle dichiarazioni rilasciate dall'imputato nel corso delle indagini preliminari occorre che egli sia assente o, se presente, che si avvalga della facoltà di non rispondere. All'assenza non può essere equiparato il decesso dell'imputato, dato che la previsione postula l'esistenza in vita e la capacità di rendere dichiarazioni dell'imputato (Buzzelli, 111). Semmai, la morte dell'imputato, se imprevedibile, consente di recuperare la sue dichiarazione contra alios facendo applicazione dell'art. 512 (Nobili, in Chiavario, 1992, 278). È controverso se la lettura possa aver luogo anche quando l'imputato rifiuti di rispondere solo ad alcune domande. Mentre alcuni autori lo ritengono possibile (Corbetta, in Giarda-Spangher, IV, 2010, 6556; Grevi, 1129), altri autori lo escludono sul presupposto che l'art. 513 presupporrebbe la totale mancanza della prova dibattimentale (Buzzelli, 118; Mazza, 305). Ipotesi affine è quella dell'imputato che ad un certo punto rifiuta di proseguire l'esame oppure rifiuta di sottoporsi al solo controesame, situazioni che, a stretto rigore, non dovrebbero integrare il presupposto della norma in commento. Tuttavia, in giurisprudenza si è osservato che il regime delle letture ex art. 513 non può mutare in riferimento alla facoltà di non rispondere della quale la parte si sia avvalsa all'inizio o nel corso dell'esame, non potendosi frazionare artificialmente o casualmente il relativo dato conoscitivo di natura anche probatoria, improntato a necessaria unitarietà di contesto. Le dichiarazioni dell'imputato hanno, sotto l'aspetto fisiologico-processuale e valutativo, una portata unitaria e la lettura dei relativi verbali, che costituisce un mezzo di acquisizione processuale delle risultanze agli atti per la decisione, riguarda l'atto già formato, e documentato, nella sua interezza (Cass. VI, n. 9429/1994, che ha ritenuto infondato il motivo di ricorso secondo cui — avendo la persona dichiarato di avvalersi della facoltà di non rispondere quando l'esame era già iniziato — doveva ritenersi illegittima la lettura integrale del verbale delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari). Occorre precisare che la lettura delle precedenti dichiarazioni rilasciate dall'imputato che si sia rifiutato di rendere l'esame non è preclusa dalla circostanza che l'imputato abbia rilasciato dichiarazioni spontanee nel corso dell'istruzione dibattimentale, non costituendo esse mezzo di prova (Cass. I, n. 30286 /2002, secondo la quale la funzione “sostitutiva” delle letture rispetto all'esame mancato implica che, una volta che la lettura è stata svolta e sono state rese dichiarazioni spontanee, l'esame non può più essere richiesto). Qualora l'istruzione dibattimentale si articoli attraverso più udienze, la volontaria assenza dell'imputato all'udienza dibattimentale fissata per l'assunzione del suo esame legittima il giudice a dare lettura delle dichiarazioni già rese nelle indagini preliminari. La mancata rinnovazione di tale atto durante la prosecuzione dell'istruttoria non è suscettibile di determinare alcuna nullità ex art. 178, lett. c), o, comunque, una concreta menomazione del diritto di difesa, atteso che egli può avvalersi della facoltà di rendere dichiarazioni spontanee e di domandare per ultimo la parola in sede di discussione (Cass. I, n. 31624/2014). L'art. 513 è stato ritenuto applicabile anche alle dichiarazioni rese dell'imputato al giudice per le indagini preliminari nel corso dell'interrogatorio di cui all'art. 294, a seguito delle quali avrebbe potuto essere sentito come testimone ex art. 197-bis, ma che sia poi deceduto in epoca anteriore al giudizio. Si osserva, infatti, che al momento in cui fu sottoposto ad interrogatorio, il dichiarante era coimputato nel medesimo procedimento e che tale qualità, non essendo mai venuta meno, comporta l'applicazione della norma in esame, a nulla rilevando il fatto che il dichiarante avrebbe potuto acquisire una qualità soggettiva diversa (quella di teste “assistito”) (Corte cost. n. 112/2006). Utilizzabilità contra se e contra aliosLe dichiarazioni predibattimentali dell'imputato, una volta acquisite mediante lettura, sono pienamente utilizzabili per la decisione, ai sensi dell'art. 526, comma 1, nei confronti di colui che le ha rese (Cass. II, n. 7029/2013). Esse, però, possono essere utilizzate nei confronti di terzi solo in due casi: a) se vi è il loro consenso all'utilizzazione; b) se l'assenza o il rifiuto dell'imputato sono il frutto di pressioni illecite (art. 500, comma 4). La prima ipotesi mira a tutelare il diritto al contraddittorio della persona investita dalle dichiarazioni oggetto di lettura. Si ritiene che le dichiarazioni alle quali si riferisce l'utilizzabilità su consenso di parte siano solo quelle a carico, mentre quelle a discarico possono essere utilizzate incondizionatamente (Peroni, 160). Il consenso all'utilizzabilità non deve essere manifestato in modo espresso e formale, con la conseguenza che può essere desunto per implicito dal solo fatto che la disposta acquisizione non abbia formato oggetto di specifica opposizione (Cass. V, n. 13895/2015). In dottrina, contra Grifantini, 270; Peronio, 164. Esso, una volta prestato, non è revocabile (Cass. I, n. 23157/2007). Si esclude la possibilità di un consenso parziale, ossia limitato alle sole porzioni utili del verbale (Grifantini, 270), mentre è possibile che il consenso sia prestato solo da alcuni degli imputati (Peroni, 164). In virtù dell'espresso rinvio contenuto nell'art. 513, anche alle dichiarazioni predibattimentali del coimputato è applicabile la disciplina prevista dall'art. 500, comma 4, con la conseguenza che, quando costui accetti di sottoporsi all'esame in dibattimento e rilasci dichiarazioni difformi da quelle rese nella fase delle indagini preliminari, le stesse, se utilizzate per le contestazioni, sono acquisibili nel fascicolo del dibattimento e valgono come prova sia nei confronti di chi le ha rese sia nei confronti di altri imputati (Cass. I, n. 28221/2014). Nonostante l'art. 513 richiami il solo comma 4 dell'art. 500, si ritiene che il procedimento per accertare la sussistenza dell'illecito debba avere i modi e le cadenze descritti dal comma 5 della predetta norma (Conti, 434). Un'altra eccezione alla regola della non utilizzabilità delle dichiarazioni predibattimentali è prevista nell'ipotesi in cui si tratti di dichiarazioni acquisite nel corso dell'incidente probatorio o, secondo quanto previsto dall'art. 514, comma 1, rese durante l'udienza preliminare secondo le forme dell'esame incrociato exartt. 498 e 499 (Corbetta, 6559). Le dichiarazioni accusatorie dell'imputato in procedimento connesso che in dibattimento si avvalga della facoltà di non rispondere sono utilizzabili nell'incidente cautelare del diverso procedimento nei confronti dell'accusato, nonostante l'inutilizzabilità c.d. fisiologica nel procedimento a quo, perché le inutilizzabilità estensibili alla fase cautelare sono soltanto quelle richiamate, con elencazione tassativa, dall'art. 273, comma 1-bis (Cass. II, n. 10724/2011). Lettura delle dichiarazioni rese dai soggetti ex art. 210 c.p.p.Il capoverso della norma in esame regolamenta le letture delle dichiarazioni rese dai soggetti di cui all'art. 210, comma 1, ossia gli imputati in un procedimento connesso a norma dell'art. 12, comma 1, lett. a), che non possono assumere l'ufficio di testimone. Il riferimento è, in particolare, al coimputato del medesimo reato nei cui confronti non sia stata pronunciata sentenza definitiva. Infatti, qualora sia intervenuta sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione pena su richiesta delle parti, l'imputato del procedimento connesso assumerà l'ufficio di testimone secondo le garanzie previste dall'art. 197-bis. Se, invece, il diverso procedimento è stato definito con decreto di archiviazione o con una sentenza di non luogo a procedere ex art. 425, l'imputato del procedimento connesso non potrà assumere la veste di testimone, e troverà quindi applicazione la disciplina in esame. L'art. 513, comma 2, trova applicazione anche alle dichiarazioni rese dal coimputato nel medesimo procedimento, essendo la posizione di quest'ultimo equiparabile a quella dell'imputato per il quale si procede separatamente, ai sensi dell'art. 210, comma 1 (Cass. I, n. 21534/2020). La disposizione in esame non prende in considerazione gli imputati in procedimento connesso o collegato ex artt. 12, comma 1, lett. c ) e 371, comma 2, lett. b ), che non abbiano reso in precedenza dichiarazioni sulla responsabilità dell'imputato. In effetti, poiché il presupposto del loro status è la mancanza di precedenti dichiarazioni, il meccanismo di recupero di cui all'art. 513 non potrebbe operare nei loro confronti. Tuttavia, qualora tali soggetti abbiano reso in precedenza dichiarazioni inidonee a convertirli in testimoni assistiti e non compaiano in giudizio, potrebbe applicarsi direttamente l'art. 512 o, estensivamente, l'art. 513, comma 2. Poiché la disciplina in commento deroga al principio del contraddittorio nella formazione della prova, essa trova applicazione solo dopo che il giudice si è attivato in ogni modo perché il contributo dichiarativo sia assunto con metodo dialettico. Più in dettaglio, non basta la mera difficoltà ad assumere la prova col metodo dialettico, ma occorre che siano tentati l'accompagnamento coattivo, l'esame a domicilio e la rogatoria internazionale. Si tratta di un elenco non tassativo, in quanto la norma vi affianca «l'esame in altro modo previsto dalla legge », purché ciò avvenga « con le garanzie del contraddittorio» (si pensi all'esame a distanza ex art. 147-bis disp. att.). Non vi è alcun ordine di priorità fra gli strumenti indicati dal legislatore, ma la scelta è rimessa al prudente apprezzamento del giudice che deve individuare lo strumento ritenuto, nel caso di specie, più idoneo a superare l'impedimento. Solo se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all'esame in uno dei modi suindicati, troverà applicazione la disciplina prevista dall'art. 512, a condizione che l'impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni. Dall'ambito dell'irripetibilità sopravvenuta resta escluso l'esercizio della facoltà di non rispondere dei suddetti imputati, perché in tal caso, la lettura delle precedenti dichiarazioni potrà essere disposta soltanto con l'accordo delle parti. All'accordo devono partecipare tutte le parti (Grifantini, 271), quindi imputati, pubblico ministero e parte civile (contra Trib. Roma 2 marzo 2005, che ritiene sufficiente l'accordo delle parti principali, con esclusione della parte civile). Benché il comma 2 dell'art. 513, a differenza del primo comma, non contenga un rinvio all'art. 500, si ritiene che il recupero delle dichiarazioni predibattimentali sia possibile anche in caso di condotta illecita volta ad impedire l'esame del dichiarante in contraddittorio (Busetto, 103). Il comma terzo dell'art. 513 consente che sia data lettura, ai sensi dell'art. 511, alle dichiarazioni rese dall'imputato e dalle persone di cui all'art. 210 con le forme dell'incidente probatorio. La disposizione sembra superflua, dato che i verbali concernenti le dichiarazioni assunte con le forme dell'incidente probatorio risultano già inseriti nel fascicolo per il dibattimento ai sensi dell'art. 431, e di conseguenza leggibili a norma dell'art. 511 (Conti, 481). Procedimento acquisitivoPoiché l'art. 513 consente di recuperare dichiarazioni sconosciute al giudicante, la lettura è disposta dal giudice su richiesta di parte (con esclusione quindi della persona offesa non costituita parte civile e degli enti ed associazioni ex art. 91), dovendosi escludere la possibilità di una iniziativa officiosa. E poiché ai sensi dell’art. 495, comma 4-bis la prova, una volta ammessa, viene posta a disposizione del contraddittorio, è legittima la lettura ex art. 513 anche se effettuata su richiesta di una parte processuale diversa da quella che aveva chiesto l'ammissione della prova (Cass. VI, n. 26928/2018). Una volta accolta la richiesta, la lettura deve essere effettiva, posto che la possibilità di indicare gli atti utilizzabili per la decisione in luogo della loro lettura è prevista solo nell'art. 511 (Cesari, 420). Per intuibili ragioni di garanzia (Peroni, 160), possono essere lette solo le dichiarazioni che siano state documentate mediante verbale. La lettura non ha efficacia sanante, quindi possono essere acquisiti solo gli atti validamente formati. SanzioniL'inosservanza delle disposizioni contenute nell'art. 513 comporta l'inutilizzabilità del verbale oggetto di lettura, in quanto le dichiarazioni ivi contenute non sono state acquisite legittimamente al fascicolo per il dibattimento (art. 526). Diverso è il caso di ingiustificato diniego di lettura da parte del giudice. In tal caso si configura una nullità per violazione dell'art. 178, che può essere denunciata anche con il ricorso immediato per cassazione ai sensi degli artt. 569 e 606, lett. c) (Cass. VI, n. 8/1996). Bibliografiav. sub Artt. 511, 511-bis e 512. Bargis, Le dichiarazioni di persone imputate in un procedimento connesso, Milano, 1994; Busetto, Il contraddittorio inquinato, Padova, 2009; Conti, L'imputato nel procedimento connesso. Diritto al silenzio e obbligo di verità, Padova, 2003; Grevi, Facoltà di non rispondere delle persone esaminate ex art. 210 c.p.p. e lettura dei verbali di precedenti dichiarazioni, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1992, 1129; Lorenzetti, Il diritto di difendersi indagando nel sistema processuale penale, Napoli, 2013 739; Mazza, L'interrogatorio e l'esame dell'imputato nel suo procedimento, Milano, 2004; Peroni, La nuova disciplina delle letture di dichiarazioni provenienti dall'imputato, in AA.VV., Le nuove leggi penali. Abuso d'ufficio, dichiarazioni del coimputato, videoconferenze giudiziarie, Padova, 1998, 149. |