Codice di Procedura Penale art. 574 - Impugnazione dell'imputato per gli interessi civili.

Sergio Beltrani

Impugnazione dell'imputato per gli interessi civili.

1. L'imputato può proporre impugnazione [581 s.] contro i capi della sentenza che riguardano la sua condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno e contro quelli relativi alla rifusione delle spese processuali [535, 538-541, 600].

2. L'imputato può altresì proporre impugnazione contro le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande da lui proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali [541 2, 542].

3. L'impugnazione è proposta col mezzo previsto per le disposizioni penali della sentenza.

4. L'impugnazione dell'imputato contro la pronuncia di condanna penale o di assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali [535, 538 s.], se questa pronuncia dipende dal capo o dal punto impugnato.

Inquadramento

L'art. 574 « ripete la disciplina contenuta negli artt. 516 e 526, comma 2, c.p.p. [abrogato], sicché, per ragione di compiutezza, è stato introdotto, rispetto al Progetto preliminare del 1978, un secondo comma al fine di disciplinare anche l'impugnazione contro le disposizioni della sentenza di proscioglimento relative alle richieste dell'imputato quanto ai danni ed alle spese processuali. Al comma 4 è stata aggiunta una precisazione delimitativa dell'effetto consequenziale dell'impugnazione penale » (Relazione al Progetto preliminare del codice di procedura penale, 287).

Il diritto di impugnazione dell'imputato per gli interessi civili

L'art. 574 consente all'imputato di proporre impugnazione:

- contro i capi della sentenza che riguardino la sua condanna alle restituzioni ed al risarcimento del danno (comma 1, prima parte);

- contro i capi della sentenza che riguardino la sua condanna alla rifusione delle spese processuali (comma 1, seconda parte);

- contro i capi della sentenza che riguardino l'assoluzione relativa alle domande da lui proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali (comma 2): la dottrina (Marandola, 96) ha ravvisato un difetto di coordinamento « nella parte in cui l'art. 574, comma 2, riferendosi alle sole sentenze di assoluzione che abbiano deciso sulle domande di risarcimento dei danni o di rifusione delle spese, non rinvia all'analoga situazione di sfavore nella quale l'imputato potrebbe trovarsi allorché, ai sensi dell'art. 541, comma 2, c.p.p., il giudice decida “comunque” sulle domande civili. Trattasi, fra l'altro, di una lacuna difficilmente colmabile, stante il principio di tassatività ».

Con riferimento a quest'ultima fattispecie, la giurisprudenza ha ritenuto che è ricorribile per cassazione dall'imputato, e non appellabile, la sentenza di assoluzione del giudice di pace che abbia omesso di pronunciarsi sulla condanna del querelante alla rifusione delle spese processuali e, in caso di colpa grave, al risarcimento dei danni (Cass. II, n. 23142/2011).

Il mezzo di impugnazione esperibile

Il mezzo previsto per l'impugnazione dell'imputato nei casi sopra indicati è lo stesso di volta in volta previsto per impugnare le disposizioni penali della sentenza.

L'estensione agli effetti civili dell'impugnazione proposta dall'imputato agli effetti penali

Il comma 4 della norma in commento disciplina i rapporti che intercorrono tra l'impugnazione dell'imputato contro la pronuncia di condanna penale o di assoluzione, e quella di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese processuali: la disposizione mira ad assicurare la «unità logica» della sentenza, stabilendo che « l'impugnazione che abbia ad oggetto la sentenza di condanna penale estende oggettivamente i suoi effetti sospensivi e devolutivi anche alla pronuncia di condanna “civile” » (Marandola, 97, per la quale, inoltre, il rinvio alla “sentenza di assoluzione” è improprio, perché essa « non può contenere una statuizione di condanna dell'imputato per gli aspetti civilistici, salvo intendere il termine assoluzione quale “proscioglimento”, ovvero ritenere che il richiamo riguardi le ipotesi in cui il gravame dell'imputato si orienti contro la formula di proscioglimento onde ottenerne una diversa che comporti la condanna della parte civile (art. 541, comma 2) o del querelante (art. 542, comma 1) al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese sostenute »).

La giurisprudenza ha precisato che l'impugnazione avanzata dall'imputato contro la pronuncia di condanna penale, estende oggettivamente i suoi effetti devolutivi, in base alla previsione di cui all'art. 574, comma 4, anche alla pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, ma solo nella parte in cui quest'ultima abbia diretta dipendenza dal capo o dal punto penale impugnato (Cass. VI, n. 10373/2002: in applicazione del principio, la S.C. ha escluso che possa considerarsi devoluta al giudice di appello la cognizione dei vizi interni riguardanti le statuizioni civili, concernenti le modalità di liquidazione delle restituzioni e del risarcimento del danno, non dedotti in uno specifico motivo di gravame).

In tema di appello incidentale, premesso che l'impugnazione dell'imputato contro la pronuncia di condanna penale, giusta la precisazione delimitativa dell'art. 574, comma 4, estende oggettivamente i suoi effetti devolutivi alla pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, se quest'ultima dipende dal capo o dal punto gravato, impedendone la parziale irrevocabilità, si è ritenuto legittimamente proponibile dalla persona offesa costituita parte civile l'appello incidentale contro il capo della sentenza di condanna che riguarda l'azione civile e l'entità del danno risarcibile, osservando che la parte della sentenza investita dell'appello incidentale risulta, infatti, logicamente collegata ai capi ed ai punti oggetto dell'impugnazione principale, potendo la parte civile, inizialmente acquiescente, subire indubbiamente dalla modifica di questi una diretta ed immediata influenza negativa (Cass. III, n. 10308/1999); è stato anche dichiarato inammissibile l'appello incidentale che aveva ad oggetto non solo capi, ma anche soltanto punti, della decisione impugnata diversi da quelli investiti dall'appello principale: premesso che, in base alla previsione di cui all'art. 574, comma 4, l'impugnazione avanzata dall'imputato contro la pronuncia di condanna penale estende oggettivamente i suoi effetti devolutivi alla pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, se dipendente dal capo o punto impugnato, e considerato che tale effetto estensivo non si produce in relazione alle autonome statuizioni concernenti le modalità e i criteri di liquidazione del risarcimento del danno, si è ritenuto non ammesso l'appello incidentale della parte civile su tali punti, quando l'appello principale dell'imputato abbia l'oggetto sopra indicato (Cass. V, n. 13660/2006); per la medesima ragione, se la pronuncia di condanna al risarcimento dei danni dipende dal capo o dal punto gravato, impedendone la parziale irrevocabilità, è stato ritenuto legittimamente proponibile dalla persona offesa costituita parte civile l'appello incidentale contro il capo della sentenza di condanna che riguarda l'azione civile e l'entità' del danno risarcibile: in questo caso, infatti, la parte della sentenza investita dell'appello incidentale risulta logicamente collegata ai capi ed ai punti oggetto dell'impugnazione principale, potendo la parte civile, inizialmente acquiescente, subire indubbiamente dalla modifica di questi una diretta ed immediata influenza negativa (Cass. IV, n. 17560/2010: fattispecie in cui l'imputato aveva proposto appello, contestando il riconoscimento di responsabilità e la determinazione del concorso di colpa a lui ascritto ai fini della quantificazione del danno, ma rinunciando in seguito a tale ultimo motivo di gravame, e la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del giudice di appello di rideterminazione del danno, in accoglimento dell'appello incidentale della parte civile).

Casistica

La sentenza di appello che abbia escluso la sussistenza di una circostanza aggravante (nella specie, quella del fatto commesso a fini di discriminazione di cui all'art. 3 l. n. 295/1993) deve essere qualificata come pronuncia incidente sulla responsabilità penale dell'imputato, concorrendo a definire la concreta configurazione di tale responsabilità, sicché, per l'effetto devolutivo di cui all'art. 574, comma 4, ha diretta efficacia sulla quantificazione del risarcimento del danno (Cass. V, n. 1917/2011).

Anche la sentenza di appello che abbia riconosciuto la sussistenza di una circostanza attenuante (nella specie, quella di cui all'art. 609-bis, ultimo comma, c.p.) deve essere qualificata come pronuncia incidente sulla responsabilità penale dell'imputato, concorrendo a definirne la concreta configurazione, sicché, per il menzionato effetto devolutivo, ha diretta efficacia sulla quantificazione del risarcimento del danno, comportando l'obbligo per il giudice di procedere, pur in assenza di uno specifico motivo di appello, alla rideterminazione della somma liquidata (Cass. III, n. 40552/2014).

La sentenza di appello che riformi parzialmente quella di primo grado, escludendo la configurabilità di uno soltanto dei plurimi reati ascritti all'imputato, è esplica direttamente la sua efficacia in ordine alla quantificazione del risarcimento del danno, pur in assenza di uno specifico motivo di gravame sul punto; ne consegue che il giudice dell'impugnazione, in virtù dell'effetto devolutivo dell'appello ex art. 574, comma 4, deve procedere, anche di ufficio, alla rideterminazione della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno in primo grado, con riferimento a tutte le imputazioni in origine contestate all'imputato (Cass. VI, n. 1611/2021). 

Sentenza del giudice di pace di condanna a pena pecuniaria con risarcimento del danno

L'orientamento senz'altro dominante in giurisprudenza ritiene che, con riferimento al procedimento dinanzi al giudice di pace, sia ammissibile l'appello proposto dall'imputato avverso la sentenza di condanna alla pena della multa ed al risarcimento del danno — ancorché non sia stato impugnato il capo relativo alla condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in quanto, ai sensi dell'art. 37 d.lgs. n. 274/2000, la sentenza del giudice di pace che applica una pena pecuniaria è suscettibile di appello nel caso in cui venga impugnato il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno, in virtù dell'effetto estensivo di cui all'art. 574, comma 4, con il quale la disposizione speciale di cui all'art. 37 deve essere coordinato (Cass. IV, n. 27460/2019; Cass. II, n. 9631/2019; Cass. V, n. 35023/2016 e Cass.  n. 17784/2017). L'orientamento trova conferma anche nella giurisprudenza costituzionale: Corte cost. n. 426/2008, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità dell'art. 37, comma 1, d.lgs. n. 274/2000, cit., sollevata in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost., ha, infatti, osservato che l'espressione « quelle che applicano la sola pena pecuniaria » presente nella legge delega (art. 17, comma 1, lett. n, l. n. 468/1999), si riferisce alle pronunce che rechino esclusivamente tale condanna, non accompagnata da statuizioni civili.

L'opposto, meno recente (Cass. V, n. 19382/2005; Cass. V, n. 4886/2006) e senz'altro minoritario orientamento per il quale, al contrario, l'impugnazione proposta dall'imputato avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla sola pena pecuniaria, deve essere — qualora non sia stato specificamente impugnato il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno — qualificata come ricorso per cassazione, in virtù dell'art. 568, comma 5, indipendentemente dalla qualificazione di appello ad essa conferita dalla parte, successivamente ribadito da Cass. II, n. 31190/2015, che ha valorizzato il carattere di specialità del citato art. 37, considerato norma chiaramente derogative a quella generale di cui all'art. 574, comma 4 (l'art. 37, con il chiaro e non opinabile inciso « L'imputato [...] può proporre appello anche contro le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno » avrebbe posto una precisa condicio sine qua non all'impugnazione, circoscrivendo la facoltà di appellare le sentenze che applicano la pena pecuniaria all'interesse qualificato derivante dalla condanna al risarcimento del danno) appare superato.

Profili di costituzionalità

La giurisprudenza ha dichiarato manifestamente infondata una questione di costituzionalità degli artt. 574 e 578, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede il diritto degli eredi di impugnare le statuizioni relative agli “effetti civili”. Si è in proposito osservato che la morte dell'imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza, comporti la cessazione sia del rapporto processuale in sede penale che del rapporto processuale civile inserito nel processo penale, con la conseguenza che le eventuali statuizioni civilistiche restano caducate ex lege senza la necessità di una apposita dichiarazione da parte del giudice penale; ne consegue che, in tale ipotesi, è preclusa agli eredi dell'imputato la possibilità di impugnare, in luogo del de cuius, le suddette statuizioni, non potendo essi avvalersi del disposto di cui all'art. 574 (il quale riserva la possibilità di impugnazione al solo imputato), e neppure potendo trovare applicazione in loro favore l'art. 578, riferendosi questo soltanto all'eventualità di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione. Tale disciplina manifestamente non si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., lasciando essa aperta la possibilità per gli eredi dell'imputato, di far comunque valere le proprie ragioni nella sede civilistica, ove in tale sede venga rinnovata la pretesa risarcitoria da parte dei danneggiati dal reato (Cass. IV, n. 58/2001).

Casistica

Costituisce capo della sentenza passibile di passare in giudicato in conseguenza di omessa impugnazione, la statuizione con la quale il giudice, in caso di esercizio della azione civile nel processo penale, decide circa le restituzioni ed il risarcimento del danno derivante dal reato; ne consegue che, se l'appello del responsabile civile, avente ad oggetto unicamente i criteri di liquidazione del danno, la sua entità e la mancata applicazione del principio della compensatio lucri cum damno, sia stato dichiarato inammissibile, esso non può essere esaminato in virtù dell'effetto estensivo dell'appello proposto dall'imputato che non abbia — a sua volta — gravato i capi della sentenza riguardanti la azione civile (Cass. IV, n. 12489/2000).

La sentenza di appello che riconosca la sussistenza di una o più circostanze attenuanti si pronuncia sulla responsabilità penale dell'imputato, giacché concorre a definirne la concreta configurazione, e, pertanto, dispiega efficacia diretta sulla quantificazione del risarcimento del danno pur in assenza di specifico gravame sul punto, comportando per il giudice, in forza dell'effetto devolutivo dell'appello di cui all'art. 574, comma 4,  l'obbligo di procedere alla rideterminazione della somma liquidata a titolo risarcitorio in primo grado (Cass. III, n. 36020/2017: la S.C. ha annullato con rinvio, limitatamente alle statuizioni civili, la sentenza d'appello che - in parziale riforma di quella di primo grado, che condannava l'imputato per il delitto di violenza sessuale - aveva ritenuto l'ipotesi di minore gravità ex art. 609-bis, comma 3, c.p. e riconosciuto le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alla contestata aggravante, senza diminuirne l'ammontare della somma da risarcire alle parti civili).  

In riferimento al procedimento dinanzi al giudice di pace, è stata ritenuta illegittima la sentenza che ometta di provvedere sulla richiesta dell'imputato, assolto per insussistenza del fatto, di condanna del querelante alla rifusione delle spese processuali, potendo tale statuizione essere esclusa solo in presenza di giusti motivi individuati e valutati dal giudice (Cass. V, n. 13809/2020) .  

Bibliografia

AA.VV., Le impugnazioni, coordinato da Aimonetto, in Giurisprudenza sistematica di diritto processuale penale, diretta da Chiavario ed E. Marzaduri, Torino, 2005; Caputo, I poteri di impugnazione delle parti: il punto dopo le più recenti pronunce della Corte costituzionale, in Cass. pen. 2010, 562; Chiliberti, Azione civile e nuovo processo penale, Milano, 2006.

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