Codice di Procedura Penale art. 579 - Impugnazione di sentenze che dispongono misure di sicurezza.

Sergio Beltrani

Impugnazione di sentenze che dispongono misure di sicurezza.

1. Contro le sentenze di condanna [533 s.] o di proscioglimento [529-531] è data impugnazione anche per ciò che concerne le misure di sicurezza [199 s. c.p.], se l'impugnazione è proposta per un altro capo della sentenza che non riguardi esclusivamente gli interessi civili1 .

2. L'impugnazione contro le sole disposizioni della sentenza che riguardano le misure di sicurezza è proposta a norma dell'articolo 680, comma 2.

3. L'impugnazione contro la sola disposizione che riguarda la confisca [240 c.p.] è proposta con gli stessi mezzi previsti per i capi penali.

 

[1] Comma modificato dall'art. 23, comma 2,  l. 16 dicembre 1999, n. 479.

Inquadramento

L'art. 579 detta una disciplina unitaria delle impugnazioni delle sentenze che dispongono misure di sicurezza: «il Progetto preliminare del 1978 [...] aveva previsto il solo ricorso per cassazione avverso il capo della sentenza riguardante le misure di sicurezza, motivando tale scelta col fatto che nelle disposizioni generali non è stata riprodotta la disposizione dell'art. 212 [c.p.p. abr.]. Tenuto conto che quest'ultimo fa[ceva] rinvio — se l'impugnazione è proposta per la sola misura di sicurezza — al “ricorso in appello” [...], è parso ragionevole prevedere in via generale e con i normali mezzi di impugnazione, l'autonoma reclamabilità delle pronunce riguardanti le misure anzidette» (Relazione al Progetto preliminare del codice di procedura penale, 288).

L'impugnazione riguardante le misure di sicurezza ed altro capo della sentenza

È possibile impugnare con i mezzi ordinari i capi della sentenza di condanna o di proscioglimento riguardanti le misure di sicurezza, quando l'impugnazione riguardi anche un diverso capo della sentenza, non concernente esclusivamente gli effetti civili.

L'attrazione, ai sensi dell'art. 579, comma 1, dell'impugnazione dei capi della sentenza concernenti le misure di sicurezza nell'impugnazione proposta per altro capo non riguardante esclusivamente gli interessi civili, opera, rispetto al ricorso per cassazione, quando l'impugnazione dei predetti capi sia limitata ai soli motivi di legittimità; fuori da tale ipotesi, invece, concorrono l'appello davanti al Tribunale di sorveglianza sui capi concernenti le misure di sicurezza ed il ricorso per cassazione sugli altri capi della sentenza (Cass. VI, n. 44433/2011).

Profili di costituzionalità

È stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 579 sollevata per asserita violazione dell'art. 3 Cost.: «sulla base di un' interpretazione costituzionalmente orientata, infatti, l'attrazione, ai sensi dell'art. 579, comma 1, c.p.p., dell'impugnazione dei capi della sentenza concernenti le misure di sicurezza nell'impugnazione proposta per un altro capo non riguardante esclusivamente gli interessi civili, opera solo in due casi: rispetto al gravame di merito, qualora l'imputato sia abilitato a proporre appello limitatamente all'ipotesi di cui all'art. 603, comma 2, c.p.p.; rispetto al ricorso per cassazione, qualora l'impugnazione delle disposizioni concernenti le misure di sicurezza sia limitata ai soli motivi di legittimità. Fuori da tali casi, concorrono l'appello davanti al tribunale di sorveglianza sui capi concernenti le misure di sicurezza e il ricorso per cassazione sugli altri capi della sentenza» (Cass. I, n. 28015/2007).

L'impugnazione riguardante soltanto le misure di sicurezza

Fuori dai casi di cui all'art. 579, comma 1, ovvero quando l’impugnazione riguardi anche altri capi o punti penali della sentenza, l'impugnazione dei soli capi della sentenza (di condanna o di proscioglimento) riguardanti le misure di sicurezza va proposta a norma dell'art. 680, comma 2, ovvero dinanzi al Tribunale di sorveglianza, che in materia ha competenza funzionale inderogabile (Cass. I. n. 2260/2015; Cass. II, n. 29625/2019), la cui inosservanza determina una nullità assoluta di carattere generale, rilevabile di ufficio e/o eccepibile in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi dell'art. 21, comma 1.

Alla luce di quanto disposto dal successivo comma 3 dell'art. 579, la disposizione di cui al comma 2 della norma si applica a tutte le misure di sicurezza personali, ed alla misura di sicurezza patrimoniale della cauzione di buona condotta.

Ai fini dell'individuazione del giudice competente sulle impugnazioni in tema di misure di sicurezza personali, la distinzione va fatta non tra misure di sicurezza provvisorie e definitive (trattandosi di provvedimenti per loro natura provvisori e legati alla personale condizione del sottoposto), bensì tra misure di sicurezza disposte con sentenza o con ordinanza quali mezzi di provvisoria applicazione equiparati dal codice di rito alle misure cautelari personali. La decisione pronunciata in tema di misure di sicurezza personali dal giudice della cognizione, è, pertanto, impugnabile:

- davanti al Tribunale di sorveglianza quando la sentenza sia impugnata per la sola disposizione riguardante la misura di sicurezza personale (artt. 579, comma 2, e 680, comma 2): tale competenza, in relazione a dette sentenze, sussiste anche nel caso in cui l'impugnazione ha ad oggetto misure di sicurezza applicate con sentenze di secondo grado, in quanto l'applicazione di una misura di sicurezza non può prescindere da un accertamento positivo della pericolosità sociale, non solo nel momento della concreta esecuzione ma anche nel momento della sua applicazione (Cass. I, n. 7930/1996, che ha precisato come, dovendosi il giudizio sulla concreta pericolosità effettuare anche nel grado di appello, la cognizione dell'impugnazione su tale capo è demandata al giudice specializzato anche se ha ad oggetto una sentenza di secondo grado, e ciò perché la magistratura di sorveglianza ha una competenza generale ed istituzionalizzata in relazione alle misure di sicurezza, e che, in applicazione del principio, ha disposto la trasmissione degli atti al competente Tribunale di Sorveglianza, previa qualificazione del ricorso proposto dall'imputato come impugnazione ex art. 680);

- davanti al Tribunale del riesame, per le ordinanze emesse ex artt. 312 e 313 (applicazione provvisoria di misure di sicurezza);

- davanti alla Corte d'Appello per le sentenze quando l'impugnazione comprenda anche altri capi penali (art. 579, comma 1).

La competenza del Tribunale di sorveglianza riguarda anche le ordinanze del magistrato di sorveglianza riguardanti dette misure.

L'attribuzione della competenza funzionale alla magistratura di sorveglianza in materia di misure di sicurezza personali e di accertamento della pericolosità sociale presuppone che l'impugnazione sia limitata alle sole disposizioni che riguardano le misure di sicurezza, mentre quando l'impugnazione riguarda anche altri «capi» penali della sentenza, ovvero altri «punti» della decisione pur afferenti allo stesso capo, riprende vigore la regola generale che attribuisce la competenza al giudice della cognizione sul merito (Cass. II, n. 29625/2019; Cass. I, n. 2260/2015: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto competente la Corte di appello a decidere sull'impugnazione che riguardava l'accertamento della configurabilità di una istigazione non accolta a commettere un delitto e della sussistenza la pericolosità sociale; conforme, Cass. I, n. 2457/2009, in fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto competente la Corte di appello a decidere sull'impugnazione che investiva il punto della sentenza assolutoria di primo grado concernente l'accertamento della condotta di istigazione addebitata all'imputato).

Si è chiarito che la sentenza d'appello confermativa dell'assoluzione dell'imputato per vizio totale di mente con contestuale applicazione al medesimo di una misura di sicurezza è impugnabile con ricorso per cassazione, anche qualora l’impugnazione sia volta a contestare esclusivamente la parte relativa a detta misura, giacché, non potendosi radicare la competenza del tribunale di sorveglianza ai sensi degli artt.  579, comma 2, e 680 c.p.p., riferibile esclusivamente al giudizio di merito e, quindi, quanto alle impugnazioni, all'appello, residua in via ordinaria il ricorso previsto dall'art. 606 c.p.p. (Cass. I, n. 51869/2019).

E' stato ritenuto ammissibile l'appello del pubblico ministero innanzi al Tribunale di sorveglianza, ai sensi degli artt. 579, comma 2, e 680, comma 2, c.p.p., avverso la sentenza di condanna emessa all'esito di giudizio abbreviato che abbia modificato anche uno solo dei titoli di reato, qualora si contesti la sola omessa statuizione sulla applicazione della misura di sicurezza, operando in tale ipotesi la previsione generale di cui all'art. 443, comma 3, c.p.p. (Cass. V, n. 1196/2021).

La competenza per territorio

La competenza territoriale del Tribunale di sorveglianza in grado di appello, per le impugnazioni contro le sole disposizioni concernenti le misure di sicurezza delle sentenze di condanna o di proscioglimento, è determinata avendo riguardo al distretto giudiziario di appartenenza del Tribunale che ha emesso la sentenza di primo grado (Cass. I, n. 14602/2011).

Il procedimento

Anche nel procedimento di sorveglianza, l'inosservanza delle norme concernenti l'avviso al difensore dell'interessato e la sua partecipazione all'udienza deve intendersi sanzionata, in difetto di una specifica previsione, dalla nullità di ordine generale indicata dal combinato disposto degli artt. 178, comma 1, lett. c), e 179, per il caso di assenza del difensore in tutte le ipotesi in cui ne è obbligatoria la presenza; ne consegue che l'omessa notificazione dell'avviso, con la data fissata per la trattazione dell'impugnazione, al difensore di fiducia, e la sua conseguente assenza in udienza comportano, anche se sia presente un difensore d'ufficio, la nullità assoluta e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, di tutti gli atti, della deliberazione adottata e degli atti successivi a questa correlati (Cass. I, n. 3153/1993).

I limiti della cognizione del Tribunale di sorveglianza nel giudizio di impugnazione

La cognizione del Tribunale di Sorveglianza quale giudice dell'impugnazione in ordine alla pericolosità sociale dell'imputato, ritenuta dal giudice di primo grado con applicazione di misura di sicurezza personale contestuale al suo proscioglimento per incapacità di intendere e di volere, è limitata alla rivalutazione e al riesame degli stessi elementi di fatto acquisiti nel processo di primo grado, senza che rilevi l'eventuale mancanza di attualità della pericolosità sociale, che è presa in considerazione nella successiva fase esecutiva e non incide sulle sorti della provvisoria applicazione della misura di sicurezza frattanto disposta, suscettibile di revisione nel procedimento ex artt. 679 e 680 (Cass. I, n. 4775/1999 e Cass. n. 23078/2005).

Giudizio abbreviato

Superando il contrasto in proposito insorto, le Sezioni Unite hanno affermato che la sentenza di condanna emessa a seguito di giudizio abbreviato che abbia omesso di statuire in ordine alla misura di sicurezza dell'espulsione (nel caso di specie, prevista dall'art. 86 d.P.R. n. 309 del 1990) non è, sotto tale profilo, appellabile  dal pubblico ministero dinanzi al Tribunale di sorveglianza ex art. 680 c.p.p., bensì impugnabile con  ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 608 c.p.p.; in caso di annullamento della sentenza impugnata, il rinvio va disposto dinanzi al medesimo giudice che ha emesso la sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 623, comma 1, lett. d), c.p.p.(Cass. S.U., n. 38810/2022).

Si è anche ritenuto che, a seguito dell'annullamento con rinvio della sentenza di condanna emessa all'esito del giudizio abbreviato per omessa applicazione della misura di sicurezza della confisca obbligatoria, il giudice di rinvio deve essere individuato (non nel Tribunale di sorveglianza, ai sensi dell'art. 680, comma 2,  c.p.p. bensì) nel giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato, ai sensi dell'art. 623, comma 1, lett. d), c.p.p. sempre in considerazione del fatto che la sentenza di condanna emessa all'esito del giudizio abbreviato non è appellabile (Cass. III, n. 32173/2018).

Patteggiamento

La sentenza di patteggiamento, che abbia omesso di statuire in ordine all'applicazione di una misura di sicurezza, non è appellabile dinanzi al Tribunale di sorveglianza ex art. 680, ma è ricorribile per cassazione (Cass. III, n. 7641/2010: fattispecie nella quale l'omessa applicazione riguardava la misura di sicurezza obbligatoria dell'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, prevista dall'art. 86 d.P.R. n. 309 del 1990).

Giudice di pace

La sentenza con la quale il giudice di pace applichi una misura di sicurezza personale è impugnabile con appello dinanzi al Tribunale di sorveglianza, e non con ricorso per cassazione, in virtù degli artt. 579, comma 2, e 680, comma 2 (Cass. V, n. 2656/2007).

Giudizio di rinvio

Il giudizio di rinvio a seguito dell'annullamento delle sole disposizioni della sentenza che riguardano le misure di sicurezza, anche in caso di omessa applicazione delle medesime, con rigetto dell'impugnazione contro i capi concernenti la pena, è devoluto al Tribunale di sorveglianza, e non al giudice d'appello perché, venuta meno la connessione con gli altri capi della sentenza, non vi è ragione per derogare alla competenza funzionale del primo (Cass. I, n. 18510/2010; Cass. II, n. 45325/2013).

Casistica

In un interessante caso pratico, nel quale il G.u.p. aveva assolto l'imputato dall'imputazione di concorso in omicidio volontario (con uccisione da parte di un killer prezzolato di persona diversa da quella che si intendeva fare uccidere) per non aver commesso il fatto, ritenendo accertato unicamente che egli avesse istigato il cognato a compere il fatto contestato, versandogli un anticipo in denaro per assoldare un killer, il P.G. aveva impugnato la decisione ritenendo che l'intervenuto accertamento della commissione di un “quasi reato” ex art. 115 c.p. e legittimava l'applicazione di una misura di sicurezza, il Tribunale di sorveglianza si era dichiarato funzionalmente incompetente (osservando che l'impugnazione del P.G. imponeva preliminarmente di verificare se, rispetto all'accordo criminoso inizialmente ipotizzato, l'imputato avesse istigato il cognato a commettere l'omicidio — in danno della moglie del primo, e sorella del secondo —) e la Corte (di assise) di appello aveva ritenuto la propria competenza, la Corte di cassazione (Cass. I, n. 2260/2015) ha ribadito che, in virtù del combinato disposto degli artt. 579, comma 2, e 580, comma 2 «l'attribuzione della competenza funzionale alla magistratura di sorveglianza — quale giudice specializzato, in materia di misure di sicurezza e di accertamento della pericolosità sociale del soggetto — presuppone necessariamente che l'impugnazione resti rigorosamente limitata “alle sole disposizioni che riguardano le misure di sicurezza”; qualora, invece, l'impugnazione riguardi anche altri “capi” penali della sentenza, ovvero altri “punti” della decisione, pur inerenti allo stesso ed unico “capo”, e però diversi rispetto al “punto” attinente alla disposizione applicativa della misura di sicurezza personale, riprende vigore la regola generale attributiva della competenza al giudice della cognizione sul merito della impugnazione relativa ai capi penali» (nel caso di specie, la Corte di assise di appello, poiché l'assoluzione dell'imputato per la sua estraneità al fatto, pronunciata in dispositivo dal primo giudice, era l'unico punto della decisione idoneo a divenire irrevocabile, laddove «la mancanza di statuizioni in ordine alla eventuale applicazione di una misura di sicurezza è stata preclusiva della proponibilità di impugnazione ai sensi dell'art. 680, comma 2, c.p.p.».

L'impugnazione riguardante soltanto la confisca

La regola enunciata dall'art. 579, comma 2, trova una deroga in tema di confisca, poiché l'art. 579, comma 3, prevede che l'impugnazione riguardante esclusivamente i capi della sentenza (di condanna o di proscioglimento) che la riguardino va proposta con gli stessi mezzi previsti per i capi penali; il riferimento alla «confisca> (istituto dalla proteiforme natura giuridica nell'ordinamento italiano) va inteso in relazione alla misura di sicurezza patrimoniale prevista e disciplinata dall'art. 240 c.p.

Funzionalmente competente a conoscere sia il gravame relativo all'applicazione della misura di sicurezza della confisca disposta con la sentenza di condanna di primo grado, che quello relativo al capo della sentenza assolutoria che abbia disposto unicamente la confisca è, pertanto, la Corte d'appello, e non il Tribunale di sorveglianza (Cass. I, n. 1652/1995; Cass. III, n. 46833/2009, fattispecie in tema di confisca obbligatoria di opere d'arte contraffatte); anche quando sia stata pronunciata dal G.u.p. una sentenza di non luogo a procedere per amnistia, può essere proposto appello a norma dell'art. 428, comma 1, lett. b), sul quale la Corte d'appello provvede in camera di consiglio con le forme previste dall'art. 127, richiamato dal secondo comma del citato art. 428 (Cass. I, n. 1450/1991).

La nozione di «disposizione che riguarda la confisca»

La locuzione «disposizione che riguarda la confisca», contenuta nell'art. 579, comma 3, si riferisce non soltanto alle statuizioni accessorie della sentenza penale che decidono positivamente sulla confisca, ma anche a quelle che la negano (Cass. VI, n. 3596/1995: fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto che correttamente il Pubblico Ministero, anziché rivolgersi alla magistratura di sorveglianza — come previsto in ogni altro caso in cui si controverta sulle sole disposizioni della sentenza che riguardano le misure di sicurezza — si era servito dell'ordinario mezzo di impugnazione previsto per i capi penali, proponendo, cioè — trattandosi di sentenza pronunciata in esito alla procedura del patteggiamento — il ricorso per cassazione consentito dagli artt. 448, ultimo comma, e 568, comma 2).

Dalla data di deliberazione della sentenza di primo grado che abbia disposto la confisca di un bene sottoposto a sequestro, l'imputato non può più esercitare i rimedi cautelari previsti dagli artt. 322 e 322-bis c.p.p. per ottenere la restituzione di detto bene, ma può impugnare il capo della sentenza contenente tale statuizione ai sensi dell'art. 579, comma 3 (Cass. I, n. 11914/2019).

La confisca successiva e separata dalla sentenza di condanna

È abnorme (e quindi immediatamente ricorribile in cassazione) l'ordinanza con la quale il giudice, dopo avere omesso di disporre con la sentenza di condanna la confisca obbligatoria di beni sottoposti a sequestro preventivo, provveda in merito successivamente e separatamente prima che la sentenza passi in giudicato (Cass. II, n. 21420/2011; Cass. VI, n. 49071/2013; Cass. VI, n. 10623/2014; nel medesimo senso, in riferimento alla confisca prevista dall'art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992, conv. in legge n. 356 del 1992, ora art. 240-bis c.p.): alle eventuali omissioni è, infatti, possibile porre rimedio soltanto con l'impugnazione, oppure, in caso di formazione del giudicato, con lo strumento previsto dall'art. 676, specificamente dettato per l'ipotesi di beni oggetto di ablazione obbligatoria. È abnorme anche l'ordinanza con la quale il giudice, nella medesima situazione, provveda in merito utilizzando il procedimento ex art. 130 per la correzione di errori materiali (Cass. I, n. 43521/2013); ed è stato considerato abnorme anche il provvedimento con il quale il giudice della cognizione, dopo aver emesso sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti, abbia disposto, a seguito di istanza di dissequestro, la confisca facoltativa di un bene dell'imputato, posto che il rimedio per l'omessa decisione sulla confisca è l'impugnazione della sentenza e non una separata decisione assunta dopo la decisione della regiudicanda (Cass. V, n. 26481/2015).

Il diritto di impugnazione del terzo estraneo al giudizio e dell’erede

Il terzo rimasto estraneo al giudizio in cui sia stata disposta, con sentenza non irrevocabile, la confisca della cosa già oggetto di sequestro preventivo, non ha il diritto di impugnare la sentenza per il capo riguardante la misura di sicurezza patrimoniale, a norma dell'art. 579, comma 3, ma può presentare istanza di restituzione del bene confiscato al giudice che ha la disponibilità del procedimento, il quale può decidere, applicando analogicamente la procedura di cui agli artt. 676, comma 1, e 667, comma 4, stesso codice, senza formalità, con ordinanza — da comunicare al P.m. e da notificare all'interessato — non suscettibile di impugnazione, ma solo di opposizione dinanzi allo stesso giudice (Cass. II, n. 14146/2001) e, successivamente, ricorso per cassazione (Cass. I, n. 42107/2008); il principio è stato ribadito successivamente da Cass. II, n. 5380/2015, in motivazione (la massima ufficiale Ced Cass., n. 262283 risulta, infatti, ingannevole), e da Cass. III, n. 58444/2018, che ha anche dichiarato irrilevante la questione di legittimità costituzionale degli artt. 573, comma 1, 579, comma 3 e 607 c.p.p., nella parte in cui non prevedono per il terzo la facoltà di impugnare, con appello o con ricorso per cassazione, il capo della sentenza che dispone la confisca del bene, osservando che, in mancanza di un precedente sequestro, una eventuale lesione del diritto del terzo si può determinare solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che dispone il provvedimento ablatorio.

Si è anche chiarito che,  nel caso di sentenza di proscioglimento per morte del reo che disponga la confisca dei beni di quest'ultimo, l'erede dell'imputato, estraneo al giudizio, e quindi impossibilitato ad esperire qualunque mezzo d'impugnazione avverso la decisione, è legittimato ad agire, mediante incidente di esecuzione, per ottenere la restituzione del bene,  ma non può formulare censure inerenti al merito della contestazione (Cass. II, n. 11834/2018).

Mancata impugnazione del P.m.

Nell'ipotesi in cui il P.M. non abbia proposto impugnazione, il giudice d'appello, anche quando la misura di sicurezza (nella specie, assegnazione ad una casa di lavoro) sia obbligatoria e sia stata illegittimamente esclusa o non ritenuta dal giudice di primo grado, non può disporla, modificando in danno dell'imputato la sentenza da quest'ultimo impugnata, in quanto l'art. 597, comma 3, estende il divieto di reformatio in peius anche all'applicazione di una misura di sicurezza nuova o più grave (Cass. III, n. 12999/2015; Cass. VI, n. 15892/2014).

Bibliografia

AA.VV., Le impugnazioni, coordinato da Aimonetto, in Giurisprudenza sistematica di diritto processuale penale, diretta da Chiavario-Marzaduri, Torino, 2005; Gialuz, Sub art. 579, in Codice di procedure penale commentato, a cura di Giarda e Spangher, II, Milano, 2010, 7084; Marandola, Le disposizioni generali, in Trattato di procedura penale, diretto da Spangher, V, Impugnazioni, a cura di Spangher, Torino, 2009, 2 ss.; Tona, Sub art. 579, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio-Tranchina, Milano, 2012, 5219 ss.

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