Codice di Procedura Penale art. 622 - Annullamento della sentenza ai soli effetti civili.Annullamento della sentenza ai soli effetti civili. 1. Fermi gli effetti penali della sentenza, la corte di cassazione, se ne annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l'azione civile [538 s.] ovvero se accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell'imputato [576], rinvia quando occorre al giudice civile competente per valore in grado di appello, anche se l'annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile. InquadramentoVa opportunamente premesso che il dettato dell'art. 622 c.p.p. deve essere coordinato con il disposto dell'art. 573 c.p.p. per come novellato dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. riforma Cartabia). L'art. 573 novellato prevede infatti che “Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile”. A parte le considerazioni già svolte nell'esame di detto articolo, deve rilevarsi che tale disposto limita di fatto l'ambito applicativo della norma in esame riducendo in maniera drastica la possibilità che – davanti al giudice penale – vengano trattate questioni finalizzate alla valutazione dei presupposti di condanne da rendersi esclusivamente in sede civile. Se, come costantemente affermato, norma in esame regolamenta infatti le fattispecie in cui, all'esito del giudizio di Cassazione, debba disporsi un rinvio davanti al giudice civile avendo il residuo oggetto del contendere natura puramente civilistica, una volta che si sia esclusa la possibilità che l'oggetto del contendere in sede di impugnazione possa vertere sui soli interessi civili, l'ambito applicativo della norma rimane limitato all'ipotesi in cui vi sia una pluralità di ricorrenti avverso la medesima decisione e che – all'esito – residuino esclusivamente questioni civili. Fatte queste premesse, va osservato che le due fattispecie previste dall'art. 622 sono eterogenee fra loro e regolano l'eventuale rinvio riguardante le disposizioni sui soli capi che riguardano l'azione civile oppure la responsabilità dell'imputato all'esito dell'annullamento della sentenza di proscioglimento. In sostanza, il rinvio al giudice civile, di cui alla seconda parte dell'art. 622 è limitato alle sole ipotesi in cui la sentenza di proscioglimento dell'imputato venga caducata esclusivamente in accoglimento del ricorso della parte civile, in quanto la “ratio” della suddetta previsione è quella di evitare ulteriori interventi del giudice penale ove non vi sia più nulla da accertare agli effetti penali (Cass. S.U., n. 40109/2013; Cass. III, n. 46476/2017). La Corte Costituzionale, (Corte cost. n. 176/2019) ha evidenziato che la disposizione in commento trova la sua giustificazione nella particolarità della fase processuale collocata all'esito del giudizio di cassazione, dopo i gradi (o l'unico grado) di merito, senza che da ciò possa desumersi l'esigenza di un più ampio ricorso alla giurisdizione civile per definire le pretese restitutorie o risarcitorie della parte civile che abbia, fin dall'inizio, optato per la giurisdizione penale. Nell'applicazione della norma in commento, si sono in passato registrati plurimi contrasti di giurisprudenza delle sezioni semplici in relazione ai casi in cui, oltre ai profili civilistici, venissero in considerazione ulteriori vizi afferenti alla condanna in sede penale. In particolare, controversa risultava la valutazione della fattispecie in cui la parte civile impugnasse l'assoluzione nel merito dell'imputato. In tal caso, la pacifica ammissibilità dell'impugnazione proposta dalla parte civile preordinata a chiedere l'affermazione della responsabilità dell'imputato – secondo un orientamento poi disatteso dalle SS.UU. – avrebbe dovuto ipotizzarsi una deroga all'art. 622 perché il giudice dell'impugnazione, dovendo decidere su una domanda civile necessariamente dipendente da un accertamento sul fatto reato e, dunque, sulla responsabilità dell'autore dell'illecito, avrebbe potuto, seppure in via incidentale, statuire in modo difforme sul fatto oggetto dell'imputazione (Cass. II, n. 5072/2006). Ciò anche in considerazione del sopravvenuto orientamento delle sezioni civili della Corte per cui le regole del giudizio di rinvio ai sensi della norma in esame avrebbero dovuto essere quelle proprie del giudizio civile e non del giudizio penale. È stato di conseguenza affermato che, nel caso di appello proposto dalla sola parte civile contro la sentenza di assoluzione dell'imputato, cui sia conseguita sentenza di condanna, della quale vada disposto l'annullamento per violazione dell'art. 603, comma 3-bis, c.p.p., in ragione della mancata rinnovazione dell'esame di prove dichiarative, tale rinnovazione istruttoria risulta ineludibile quale peculiare garanzia del giusto processo a favore dell'imputato coinvolto nel procedimento penale, con la conseguenza che l'annullamento con rinvio deve essere disposto dinanzi al giudice penale, sia pure ai soli effetti civili (Cass. III, n. 14229/2020; Cass. III, n. 15758/2020). Tali assunti sono stati disattesi per effetto di plurime pronunce delle Sezioni Unite della Corte. Le Sezioni Unite Sciortino (Cass. S.U., n. 40109/2013) hanno rilevato che la via dell'annullamento con rinvio al giudice penale non può essere considerata percorribile nell'ipotesi in cui il ricorso dell'imputato, come nel caso sottoposto al suo esame, investisse solo il capo relativo all'affermazione della responsabilità civile ritenendo irrilevante che la parte civile possa essere “pregiudicata” dall'applicazione, nel giudizio di rinvio, delle regole e delle forme della procedura civile, che potrebbero ritenersi meno favorevoli agli interessi del danneggiato dal reato rispetto a quelle del processo penale, dominato dall'azione pubblica di cui può beneficiare indirettamente il danneggiato stesso. Ad analoghe conclusioni la sentenza Sciortino ritiene debba giungersi anche sul versante delle aspettative dell'imputato, giacché il perseguimento dell'interesse ad un pieno accertamento della sua innocenza, anche ai fini della responsabilità civile, può ben essere assicurato dall'opzione di rinuncia alla prescrizione (art. 157, settimo comma, c.p.) o all'amnistia (Corte cost., n. 175 del 1971). Si affermava infatti che ammettere una riapertura del tema penale solo per effetto della incidenza che su di esso potrebbe in via di mera ipotesi determinare la rivisitazione dell'accertamento sulla responsabilità civile equivarrebbe a stravolgere finalità e meccanismi decisori della giustizia penale in dipendenza da interessi civilistici ancora sub iudice, che devono invece essere isolati e portati all'esame del giudice naturalmente competente ad esaminarli posto che l'art. 622 non ammette distinzioni di sorta in relazione alla natura del vizio che inficia le statuizioni civili assunte dal giudice penale, che potranno riguardare sia vizi di motivazione in relazione ai capi o ai punti oggetto del ricorso, sia violazioni di legge, comprese quelle afferenti a norme di natura procedurale, relative al rapporto processuale scaturente dall'azione civile nel processo penale. Più di recente, le Sezioni unite Cremonini (Cass. S.U., n. 22065/2021) si sono trovate ad affrontare nuovamente la questione in relazione alla questione relativa all'annullamento dei capi civili per vizi del procedimento penale relativi alla mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ex art. 603 comma 3-bis c.p.p. In tale occasione, le Sezioni Unite hanno individuato le ragioni sistematiche del principio del necessario rinvio al giudice civile in tutti i casi in cui residui la sola questione della responsabilità ai fini civili. Ragioni che si collegano al fatto che, con l'esaurimento della fase penale, risulta coerente con il principio dell'autonomia dell'azione civile rispetto a quella penale che la domanda risarcitoria venga esaminata secondo le regole dell'illecito aquiliano, dirette alla individuazione del soggetto responsabile ai fini civili su cui far gravare le conseguenze risarcitorie del danno verificatosi nella sfera della vittima. Ulteriori profili di coerenza sono individuati nella tassatività delle eccezioni a questa regola generale contenute negli artt. 576 e 578 c.p.p., che prevedono specifiche ipotesi in cui è conservato lo spazio decisorio del giudice penale, nonché nell'art. 3 c.p.p., con specifico riferimento alle questioni pregiudiziali. Il Supremo Consesso indica ulteriori profili di coerenza nella considerazione dell'evoluzione normativa sul punto a partire dal codice del 1913 secondo formulazioni che – costantemente – si riferiscono senza eccezione ai casi di annullamento di capi o disposizioni riguardanti la responsabilità civile. In questo contesto, la soluzione offerta dalle Sezioni Unite Cremonini risulta trovare un ulteriore e sopravvenuto fondamento nel sopra richiamato d.lgs. n. 150/2022 in cui può leggersi l'enunciazione di un principio generale per cui le questioni civili rimangono di esclusiva pertinenza del giudice civile. Natura del giudizio di rinvio davanti al giudice civile e conseguenze in punto regole di giudizio.Secondo le citate Sezioni Unite Cremonini (Cass. S.U., 22065/2021), il giudizio avanti al giudice civile conseguente all’applicazione della norma in commento è da considerarsi come un giudizio civile disciplinato dagli artt. 392 e ss cod. proc. civ. a seguito di riassunzione dopo l'annullamento della Corte di Cassazione ai soli effetti civili rilevando che rubrica e testo del citato art. 622 utilizzano il verbo "rinvia" con riferimento all'effetto della statuizione penale, così evocando l'istituto del "rinvio" in sede civile quale disciplinato dagli artt. 392 e ss c.p.c. Da tale assunto consegue che la Corte di cassazione penale non ha il potere di enunciare il principio di diritto al quale il giudice civile dovrà uniformarsi. Di più: la configurazione del giudizio conseguente all'annullamento in sede penale ai soli effetti civili (art. 622) come giudizio autonomo rispetto a quello svoltosi in sede penale consente alle parti di introdurlo nelle forme civilistiche previste dall'art. 392 c.p.c. nonché di allegare fatti costitutivi del diritto al risarcimento del danno diversi da quelli che integravano la fattispecie di reato in ordine alla quale si è svolto il processo penale. Di conseguenza, al danneggiato dovrà ritenersi riconosciuta la facoltà di "espandere" la domanda risarcitoria allegando elementi rientranti nella fattispecie di responsabilità prevista dall'art. 2043 cod. civ. nei limiti connaturati a una emendatio libelli, sempre che la domanda così integrata risulti connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio. La natura autonoma del giudizio civile, ribadita - di fatto - anche dalla nuova formulazione dell'art. 573, comporta conseguenze anche con riferimento all’individuazione delle regole processuali applicabili in tema di nesso causale e di prove, in ragione della diversa funzione della responsabilità civile e della responsabilità penale e dei diversi valori in gioco nei due sistemi di responsabilità trovando applicazione il principio espresso dalle Sezioni Unite civili (Cass. S.U. civ, n. 576/2008) per cui il nesso di causa nella responsabilità civile trae origine dallo stesso fondamento normativo dettato dagli artt. 40 e 41 cod. pen. per la responsabilità penale, secondo il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, attenuato dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base della quale, all’interno della serie causale, occorre dare rilievo solo a quegli eventi che non appaiano, ad una valutazione ex ante, del tutto inverosimili; tuttavia il nesso causale si differenzia quanto al regime probatorio applicabile in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi, vigendo, nell’accertamento del nesso causale in materia civile, la regola della preponderanza dell’evidenza “del più probabile che non”, mentre nel processo penale vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio”. Resta comunque fermo il principio, già espresso dalle SS UU Schirru (Cass. S.U., n. 46688/2016) per cui il diritto della parte civile già costituita nel processo penale che si conclude con l’annullamento dei capi della sentenza concernenti i suoi interessi non rimane, peraltro, menomato al punto da dovere — quella — espletare il proprio onere probatorio come se l’istruttoria già compiuta in sede penale fosse rimasta totalmente azzerata posto che la stessa giurisprudenza civile di legittimità riconosce al giudice civile, adito per il risarcimento del danno, l’onere del riesame dei fatti emersi nel procedimento penale, pure conclusosi con sentenza assolutoria (cfr. Sez. U civ., n. 1768/2011 e Sez. 3 civ., n. 1665/2016); si tratta di assunto che mantiene inalterata la propria pregnanza anche alla luce della coerenza di tale principio con il dettato del novellato art. 573, in particolare alla luce del comma 1 bis di tale disposizione. Profili di legittimità costituzionale.Nell’ampia trattazione, le SS UU Cremonini (Cass. S.U., 22065/2021) riassumono anche le principali pronunce della Corte Costituzionale relative alla norma in esame segnalando come la Corte Costituzionale abbia dato già risposta sotto molteplici profili al tema della compatibilità costituzionale di precetti di rito che determinino limitazioni o pesi per la parte civile costituita nel processo penale affermando , in tali occasioni, due principi di rilievo agli odierni fini. Da una parte, ritenendo legittimo che l'inserimento dell'azione civile esercitata nel processo penale, in ragione del suo carattere accessorio e subordinato rispetto all'azione penale, subisca tutte le conseguenze derivanti dalla funzione e struttura del processo penale in particolare in conseguenza della prevalenza data dal legislatore, nell'interesse pubblico e dell'imputato, all'esigenza di una rapida conclusione del processo penale (Corte Cost., n. 443/1990, Corte Cost. n. 217/2009; Corte Cost. n. 424/1998 e Corte Cost. n. 185/1994). Dall’altra ribadendo il rilievo che l'assetto generale del nuovo processo penale è ispirato all'idea di separazione dei giudizi, penale e civile, essendo prevalente, nel disegno del codice, l'esigenza di speditezza e di sollecita definizione del processo penale rispetto all'interesse del soggetto danneggiato di esperire la propria azione nel processo medesimo (Corte Cost n. 168/2006 e Corte Cost n. 23/2015). In questo contesto, con la sentenza, Corte cost. 176 del 2019, la Corte costituzionale ha rilevato che l'art. 622 cod. proc. pen. si pone come eccezione al sistema impugnatorio che impone che - una volta che l'azione civile si iscriva nel contesto di un giudizio penale - si debbano applicare le più garantiste regole di giudizio tipiche del medesimo processo penale. Nell'affrontare il profilo del giudizio di rinvio, la Corte Costituzionale qualifica l'art. 622 come "deviazione dal paradigma", che trova giustificazione nella particolarità della fase processuale collocata all'esito del giudizio di cassazione, dopo i gradi (o l'unico grado) di merito (Corte Cost. n. 176/2019). “Deviazione dal paradigma” che risulterebbe in particolar modo giustificata nell’ipotesi in cui l’imputato profitti di o non rinunci a una causa estintiva del reato (sul punto, in particolare, Cass. S.U., n. 35490/2009). BibliografiaAndreazza, Il ricorso per Cassazione della persona offesa costituita parte civile avverso la sentenza di non luogo a procedere tra incoerenze sistematiche e dubbi di costituzionalità, in Cass. pen. 2009, 109; Bargi, Il ricorso per Cassazione, in Gaito, Le impugnazioni penali, II, Torino, 1998, 652. |