Codice di Procedura Penale art. 631 - Limiti della revisione.Limiti della revisione. 1. Gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena d'inammissibilità della domanda [634], essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto a norma degli articoli 529, 530 o 5311. (1) [1] La Corte cost., con sentenza 5 luglio 1991, n. 311, nel dichiarare non fondata una questione di legittimità costituzionale dell'art. 566 2 c.p.p. 1930, ha affermato «che, anche nei procedimenti che proseguono con l'osservanza delle norme del vecchio rito, l'art. 479, secondo capoverso, del codice abrogato non può trovare applicazione, dal momento che le sentenze di proscioglimento possono essere pronunciate solo con le formule previste dal nuovo codice». Ne consegue che «la situazione di insufficienza di prove circa la commissione del fatto, accertata nel giudizio di rinvio, non può che determinare l'assoluzione con la corrispondente formula prevista dall'art. 530, non diversamente da ciò che sarebbe avvenuto ove il procedimento di revisione fosse stato celebrato con l'osservanza delle norme previste dal nuovo codice di rito». V. al riguardo anche l'art. 254 trans. InquadramentoSi rinvia alla trattazione già svolta nell’esame dell’art. 630. CasisticaQuanto ai profili effettuali, ai fini dell'esito positivo del giudizio di revisione l'elemento nuovo o sopravvenuto deve condurre all'accertamento - in termini di ragionevole sicurezza - di un fatto la cui dimostrazione evidenzi come il compendio probatorio originario non sia più in grado di sostenere l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato oltre ogni ragionevole dubbio (Cass. II, n. 18765/2018). Di conseguenza, ai fini della revisione della sentenza di condanna, la risoluzione del giudicato non può avere come presupposto una diversa valutazione del dedotto o una inedita disamina del deducibile, bensì l'emergenza di nuovi elementi estranei e diversi da quelli definiti nel processo (Cass. VI, n. 28267/2017). Si può quindi parlare di inconciliabilità fra giudicati nella misura in cui vi sia un'oggettiva incompatibilità fra fatti storici su cui si fondano i diversi provvedimenti (Cass. II, n. 14785/2017) e non alle divergenti valutazioni in ordine ad elementi normativi della fattispecie, fondate sulla medesima ricostruzione in punto di fatto (Cass. VI, n. 34927/2018). In conseguenza di ciò, si deve far riferimento all'accertamento, operato in via definitiva, del fatto coinvolgente lo specifico ricorrente in ordine alla specifica condotta (Cass. V, n. 7205/2006). Non viene in gioco quindi alcun profilo di inconciliabilità tra diversi esiti processuali in separati giudizi che abbiano colpito diversi concorrenti nel medesimo reato (Cass. I, n. 6273/2009) a meno che il fatto sia in scindibile, come ad esempio nelle ipotesi di concorso in falsità (Cass. V, n. 7205/2006); ovvero quando il concorrente sia stato assolto per insussistenza del fatto (Cass. V, n. 27013/2007). Nemmeno rilevano le diverse valutazioni riguardanti l'attendibilità del medesimo collaboratore di giustizia essendo tale difformità conseguenza dell'applicazione del criterio legale di valutazione fissato dall'art. 192, comma 3 (Cass. VI, n. 16458/2014). Nemmeno risulta rilevante alcun aspetto che possa riguardare una difforme interpretazione di norma processuale (Cass. II, n. 25110/2009). Con specifico riferimento poi alla possibilità di revisione della sentenza di patteggiamento, di regola si ritiene inammissibile l'istanza di revisione ex art. 630, comma 1, lett. a), in quanto si tratta di provvedimento pronunciato all'esito di una procedura priva della ricostruzione probatoria del fatto e dell'accertamento della responsabilità penale dell'autore (Cass. I, n. 4417/2017) è stata ritenuta sussistente la presenza di conflitti rilevanti fra giudicati in tutti i casi in cui sopraggiungano al patteggiamento elementi tali da dimostrare la sussistenza di cause di proscioglimento dell'interessato secondo il parametro di giudizio dell'art. 129 (Cass. VI, n. 5238/2018), come ad esempio nel caso di insussistenza del fatto a carico dei consociati nel delitto associativo quando, per effetto di tale ulteriore accertamento, il novero degli associati sia inferiore alle tre persone (Cass. I, n. 40815/2010). Per la stessa ragione, esulano dal novero delle nuove prove rilevanti ai fini dell'ammissibilità le pronunce in ordine all'attendibilità di un testimone di accusa in diverso procedimento riguardante fatti analoghi (Cass. III, n. 49959/2009); la pura e semplice ritrattazione del teste di accusa essendo necessari specifici elementi di prova che avvalorino la falsità della deposizione non denunciabile come reato di calunnia (Cass. III, n. 5026/2010); la prova dell'inattendibilità del collaboratore di giustizia che non travolga lo specifico fatto e i ritenuti riscontri (Cass. I, 11261/2009), le dichiarazioni liberatorie del terzo, del coimputato o di un soggetto che debba essere esaminato ai sensi dell'art. 197-bis, dovendo tali dichiarazioni essere valutate "unitamente agli altri elementi che ne confermano l'attendibilità" (art. 192, comma 3), e non potendo perciò costituire, pertanto, da sole, "prova nuova" agli effetti della richiesta di revisione, bensì mero elemento probatorio integrativo di quelli confermativi (Cass. II, n. 4150/2015). Nemmeno non possono essere annoverate invece le mere dichiarazioni liberatorie di un coimputato ove non siano supportate da ulteriori elementi che ne confermino l'attendibilità (Cass. II, n. 4150/2015) ovvero richieste aventi carattere meramente esplorativo (Cass. I, n. 44591/2018; Cass. V, n. 24070/2016). Parimenti esclusa la rilevanza — ai fini che qui interessano — del sopravvenire di modifiche normative quale ad es. l'introduzione di una legge penale più favorevole al condannato (Cass. V, n. 388/1993), fermo restando che l'abrogazione della legge penale incriminatrice determinerebbe l'applicabilità del diverso istituto previsto dall'art. 673. L'individuazione di un diverso responsabile del delitto per il quale l'imputato venne definitivamente condannato, assume la qualità di prova nuova, legittimante la revisione del processo, laddove sia avvenuta mediante sentenza passata in giudicato, che quindi escluda la validità di quello precedentemente formatosi (Cass. I, n. 31610/2004). La revisione inoltre è ammissibile solo in presenza di nuovi elementi idonei a comprovare che il condannato, al momento dei fatti, fosse un minore infraquattordicenne, perciò non imputabile (Cass. V, n. 28627/2017). Con riferimento — poi — all'introduzione di nuovi metodi scientifici che possano essere rilevanti ai fini della valutazione dei reperti raccolti ed utilizzati ai fini della decisione, spetta al giudice stabilire se il nuovo metodo scientifico posto a base della richiesta, necessariamente scoperto e sperimentato successivamente a quello applicato nel processo ormai definito, sia in concreto produttivo di effetti diversi rispetto a quelli già ottenuti e se i risultati così conseguiti, da soli o insieme con le prove già valutate, possano determinare una diversa decisione rispetto a quella, già intervenuta, di condanna. In relazione a tale principio, quindi, sono stati ritenuti irrilevanti diverse valutazioni tecnico scientifiche di dati già valutati, in quanto queste ultime si tradurrebbero in una mera «rilettura» di un medesimo dato di fatto già processualmente accertato in via definitiva (Cass. VI, n. 53428/2014) o l'affermarsi di eventuali protocolli, anche assunti in sede internazionale, relativi alle modalità di svolgimento della prova testimoniale (Cass. IV, n. 3446/2014). Pacificamente esclusa la rilevanza del sopravvenire di nuovi fatti storici, il sopravvenire di provvedimenti, quali ad esempio il sopravvenuto rilascio della concessione edilizia in sanatoria (Cass. III, n. 28530/2018). È stata tuttavia riconosciuta la rilevanza della sopravvenuta deliberazione di insindacabilità delle opinioni espresse da un parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni, emessa dalla Camera dei deputati, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna conseguente a tali dichiarazioni (Cass V, n. 1756/2004). BibliografiaV. art. 629. |