Codice di Procedura Penale art. 719 - Impugnazione dei provvedimenti relativi alle misure cautelari.Impugnazione dei provvedimenti relativi alle misure cautelari. 1. Copia dei provvedimenti emessi dal presidente della corte di appello o dalla corte di appello a norma degli articoli precedenti è comunicata [153] e notificata, dopo la loro esecuzione, al procuratore generale presso la corte di appello, alla persona interessata e al suo difensore, i quali possono proporre ricorso per cassazione [606] per violazione di legge. InquadramentoSul tema dell'impugnabilità dei provvedimenti cautelari adottati nei confronti dell'estradando le Sezioni unite hanno sancito, da tempo, in ossequio a quanto previsto dall'art. 111, comma 2, Cost. (vecchia versione), nonché degli artt. 5, § 4, della CEDU, e 9, § 4, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, la ricorribilità in cassazione di tali provvedimenti (Cass. S.U. , 23 novembre 1988, Polo Castro). Il ricorso per cassazione contro i provvedimenti cautelari emessi durante la procedura deve essere presentato nel termine indicato dall'art. 311 c.p.p., decorrente, in base al disposto dell'art.719., dalla notificazione all'interessato o al difensore, successiva all'esecuzione, dell'avviso di deposito del provvedimento. (Cass. VI, n. 3172/2022). Anche il provvedimento, con il quale il presidente della Corte di appello, su richiesta dell'Autorità governativa per il tramite del procuratore generale, dispone la proroga del termine di perenzione dell'arresto provvisorio, ai sensi dell'art. 10, comma 4, l. 22 aprile 1985, n. 158, è ricorribile per Cassazione. È stato altresì precisato che l'omessa identificazione dell'arrestato, la mancata richiesta del suo consenso all'estradizione e il mancato invito alla nomina di un difensore concretizzano il vizio di violazione di legge che inerisce alla legittimità del provvedimento con la quale la Corte d'appello ha applicato provvisoriamente la misura coercitiva in attesa di estradizione e contro il quale è esperibile il ricorso per Cassazione in base al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. (Cass. VI, n. 17170/2007; Cass. VI, n. 7482/2009). Anche il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti in tema di revoca o sostituzione delle misure cautelari strumentali all'estradizione è consentito per violazione di legge e non anche per vizio di motivazione ( Cass. VI, n. 40298 /2021). Anche per l'ordinanza di convalida e di applicazione di misura cautelare conseguenti ad arresto provvisorio ex art. 716 il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge e non per vizio di motivazione pena l'inammissibilità dello stesso(Cass. VI, n. 29410/2009). Tale vizio non riguarda invece le incombenze successive alla emanazione ed esecuzione del provvedimento, di cui all'art. 717 e la cui eventuale omissione va fatta valere davanti alla Corte d'appello in sede di richiesta di revoca della misura eseguita (Cass. I, 5 dicembre 1995, Begolli). L'Autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento non ha il potere di annullamento, riservato al giudice dell'impugnazione; la richiesta in tal senso avanzata dalla parte deve essere dichiarata inammissibile dal giudice adito e, in mancanza, dalla Corte di Cassazione, se investita della cognizione del caso da una delle parti processuali (Cass. VI, 27 agosto 1992, Serranò). E' funzionalmente incompetente il tribunale del riesame a decidere in ordine ad un'impugnazione avverso un provvedimento di convalida di arresto operato dalla Corte d'appello, in ordine ad un arresto eseguito dalla polizia giudiziaria. Anche in tema di MAE, in virtù del rinvio recettizio operato dall'art. 9, comma 7, l. n. 69/2005 all'art. 719, unico rimedio proponibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali emesse per l'esecuzione di un mandato di arresto europeo è il ricorso per cassazione (Cass. VI, n. 24891/2015). Il ricorso deve ritenersi peraltro inammissibile nella ipotesi in cui, a norma della seconda parte del comma 1 del predetto art. 718, della revoca o della sostituzione sia investita la stessa Corte di Cassazione, esaurendosi in tal caso nella relativa decisione inoppugnabile il procedimento de libertate in questione. È stato, infine, precisato che l'art. 719, prevedendo espressamente la possibilità del ricorso per cassazione contro i « provvedimenti emessi dal presidente della corte d'appello o dalla corte d'appello a norma degli articoli precedenti », rende possibile contro le ordinanze in materia di revoca o sostituzione delle misure cautelari adottate ai sensi dell'art. 718,in deroga alla norma generale dell'art. 310 secondo cui tali provvedimenti sono appellabili e non direttamente ricorribili, il ricorso per Cassazione (Cass. I, 25 agosto 1993, Houzi); e poiché avverso l'ordinanza con la quale venga respinta la richiesta di revoca della misura coercitiva disposta ai sensi dell'art. 714 nei confronti dell'estradando, è proponibile esclusivamente il ricorso per cassazione, ex art. 568, comma 5, l'appello che sia stato proposto avverso la suddetta ordinanza deve essere qualificato come ricorso per cassazione e trasmesso alla Corte di Cassazione per la decisione (Cass. VI, 23 ottobre 1995, Diakovic). Tuttavia non è possibile riqualificare come ricorso l'istanza di riesame erroneamente proposta, quando la stessa non sia redatta da un difensore iscritto all'albo speciale dei difensori abilitati al patrocinio innanzi alla Corte di cassazione e non risponda ai requisiti di cui all'art. 311, commi 2, 3 e 4 c. p. p., anche in relazione a termini e formalità di presentazione. (Cass. VI , n. 38169/2021). L'annullamento con rinvio della sentenza che decide sulla domanda di estradizione non ha diretta incidenza sulla misura cautelare disposta in relazione ad essa, data l'autonomia tra i provvedimenti, confermata dalla previsione, nell'art. 714, comma 4, del termine di durata della cautela legato alla procedura estradizionale (Cass. VI, n. 17992/2019). Nel giudizio di legittimità, in ogni caso, non è deducibile, sotto il profilo della manifesta illogicità della motivazione, il contrasto con sentenze o altri provvedimenti decisionali adottati dal medesimo giudice o da altro giudice in diverso processo, in quanto il vizio non risulta dal testo del provvedimento impugnato; (Cass. VI, n. 25703/2003). Per quanto riguarda il MAE, l'unico rimedio esperibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali è il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma degli artt. 9, comma 7, della l. n. 69/2005 e 719, che può essere proposto per l'inesistenza della motivazione o per la presenza di una motivazione solo apparente, ma non per mero vizio logico della stessa. (Cass. VI, n. 10906/2013, con nota di Plastina - Iuzzolino, 412). L'inammissibilità dell'impugnazione deve essere dichiarata per sopravvenuta carenza di interesse se, nelle more, il provvedimento applicativo della custodia cautelare in carcere sia stato sostituito (Cass. VI, 3 febbraio 2000, Fiorini). In tema di MAE, la violazione dell'art. 13 l. n. 69/2005, che prescrive che il presidente della corte di appello, nel procedere alla convalida dell'arresto e alla eventuale emissione della misura cautelare, debba provvedere entro quarantotto ore dalla ricezione del verbale di arresto all'audizione della persona arrestata, deve essere dedotta solo con ricorso per cassazione ex art. 719 e non già con richiesta di revoca della misura cautelare applicata (Cass. VI, n. 24640/2006). I soggetti legittimati a proporre impugnazioneLegittimati a proporre impugnazione sono sia il procuratore generale presso la Corte d'appello, sia l'interessato che il suo difensore ai quali il provvedimento deve venire rispettivamente comunicato e notificato. Anche in tema MAE, in virtù del rinvio recettizio operato dall'art. 9, comma 7, l. n. 69/2005 all'art. 719, unico rimedio proponibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali emesse per l'esecuzione di un mandato di arresto europeo è il ricorso per cassazione, che deve essere presentato entro il termine di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento applicativo della misura cautelare, a norma dell'art. 311 (Cass. VI, n. 48126/2013). Ex art. 311 il gravame è presentato da un soggetto a ciò legittimato, circostanza insussistente nel caso in cui il ricorso è stato proposto da un avvocato non iscritto nell'albo speciale dei professionisti abilitati al patrocinio presso le giurisdizioni superiori (Cass. VI, n. 20538/2011) o se presentato personalmente dalla parte per posta, senza la autenticazione della sottoscrizione richiesta dall'art. 583, comma 3 (Cass., S.U., n. 31297/2004, Terkuci; in dottrina v. Fumu, 34). Il ricorso per cassazione contro i provvedimenti cautelari emessi durante la procedura di estradizione deve essere presentato, nel termine indicato dall'art. 311 c. p. p., presso la cancelleria della Corte di Appello che li ha adottati, restando a carico del ricorrente il rischio che, se presentato presso un ufficio diverso, sia dichiarato inammissibile per tardività, in quanto la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività resta pur sempre quella in cui l'atto perviene all'ufficio competente a riceverlo (Cass., VI , n. 435/2020); all'inammissibilità non consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, se manca la certezza che l'impugnazione sia stata proposta dal ricorrente (Cass. VI, n. 38141/2008). Allo stesso modo è stato ritenuto che lo Stato richiedente non è legittimato ad impugnare i provvedimenti dell'Autorità giudiziaria italiana relativi alle misure cautelari assunte dall'estradando. E' stato escluso che tale omissione presenti profili di incostituzionalità (Cass. VI, n. 38849/2008). Infatti il diritto riconosciuto allo Stato estero ad intervenire nel procedimento di estradizione ai sensi dell'art. 702 lo legittima ad impugnare le sentenze pronunziate dalla Corte d'appello sulla materia estradizionale, ma non gli consente di interloquire nel procedimento incidentale de libertate, instauratosi a carico della persona nei cui confronti viene richiesta l'estradizione. (Cass. VI, 12 gennaio 1999, Ocalan). Le modalità di proposizione del ricorso e l'interesse all'impugnazioneIn ordine all'individuazione dei termini per proporre impugnazione la giurisprudenza ha fornito pur con qualche oscillazione, un orientamento maggioritario E' stato così ritenuto che al ricorso per cassazione contro i provvedimenti relativi a misure cautelari emessi nel corso della procedura estradizionale si applicano, per ciò che riguarda il termine e le altre modalità di proposizione, le disposizioni contenute nell'art. 311, commi 2, 3 e 4, da coordinarsi, per quanto attiene alla decorrenza del termine, con quanto dispone l'art. 719; pertanto il ricorso deve essere proposto entro dieci giorni dalla comunicazione al procuratore generale o dalla notificazione all'interessato o al difensore di copia del provvedimento dopo la sua esecuzione, con atto contenente l'enunciazione contestuale dei motivi, presentato nella cancelleria della Corte d'appello, salva la facoltà del ricorrente di enunciare nuovi motivi davanti alla Corte di Cassazione prima dell'inizio della discussione (Cass. VI, 18 aprile 1990). Il ricorso deve essere presentato nel termine indicato dall'art. 311 presso la Cancelleria della Corte d'appello che ha adottato i provvedimenti, restando a carico del ricorrente il rischio che, se presentato presso un ufficio diverso, sia dichiarato inammissibile per tardività, essendo rilevante, ai fini della tempestività la data in cui l'atto perviene all'ufficio competente (Cass. VI, n.435/2020). In tema di estradizione, il ricorso per cassazione contro i provvedimenti cautelari emessi durante la procedura deve essere presentato nel termine indicato dall'art. 311 c. p. p., decorrente, in base al disposto dell'art. 719 c. p. p., dalla notificazione all'interessato o al difensore, successiva all'esecuzione, dell'avviso di deposito del provvedimento (Cass., VI , n. 3172 /2022). È stato ritenuto anche che, nel caso di impugnazione ex artt. 715 e 719 avverso una misura coercitiva applicata provvisoriamente in sede di estradizione, i motivi cosiddetti integrativi sono assimilabili ai motivi nuovi di cui all'art. 311, ma la loro presentazione è soggetta ai termini di decadenza previsti dall'art. 585 (Cass. VI, 5 luglio 1991). E poiché l'art. 719 prevede la possibilità del ricorso per cassazione contro i « provvedimenti emessi dal presidente della corte di appello o dalla corte di appello a norma degli articoli precedenti » ne consegue che contro le ordinanze in materia di revoca o sostituzione delle misure cautelari adottate ai sensi dell'art. 718, il ricorso per cassazione è ammissibile (Cass. VI, n. 1649/1993, Houzi) ma solo per violazione di legge (Cass., VI, n.38169/2021). In ogni caso sussiste l'interesse all'impugnazione anche da parte del soggetto nei cui confronti sia stata emessa ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere non eseguibile in mancanza del provvedimento di estradizione, risultando giuridicamente apprezzabile l'interesse dello stesso all'immediato controllo ed alla eventuale rimozione di un provvedimento cautelare, influente significativamente sulla procedura di estradizione suppletiva ed in ogni caso incidente negativamente sulla persona, sotto il profilo del pregiudizio, non solo morale o psicologico, ma spesso anche di natura patrimoniale, che la sola emissione del provvedimento cautelare comporta (Cass. IV, n. 24627/2004). È stato ritenuto invece inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso avverso l'ordinanza con la quale il Presidente della corte d'appello, in sede di convalida dell'arresto provvisorio, ha applicato all'estradando la misura cautelare della custodia in carcere, fondato esclusivamente sul punto delle esigenze cautelari quando, nelle more del procedimento, la misura sia stata revocata (Cass. VI, n. 21748/2008), salvo l'interesse ai limitati fini della equa riparazione per l'ingiusta detenzione Cass. VI., n.21748/2008). L'intervenuta consegna dell'interessato allo Stato richiedente comporta l'inammissibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, dell'impugnazione proposta contro il provvedimento di diniego della revoca o sostituzione di misure coercitive già disposte durante il procedimento estradizionale definito (Cass. VI, n. 41990/2004; Cass. S.U., n. 6624/2012; in dottrina, Bargis, 105; Nappi, 2011, 22 e ss.). Anche in tema di MAE, divenuta definitiva la decisione favorevole alla consegna della persona richiesta, si instaura una fase meramente esecutiva nell'ambito della quale, entro rigorosi e brevissimi termini, e salve cause di forza maggiore, il soggetto deve essere materialmente consegnato allo Stato estero, senza che possa venire in questione la sussistenza di pericula libertatis. Ne consegue che, in tale fase, perde di interesse il ricorso per cassazione proposto avverso il rigetto di sostituzione della misura coercitiva (Cass. VI, n. 10054/2013). La presentazione del ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento. Il diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzioneLa Corte costituzionale, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 314 sollevata con riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 24, comma 4, Cost., nella parte in cui in tema di estradizione passiva, non prevede la riparazione per ingiusta detenzione nel caso di arresto provvisorio e di applicazione provvisoria di misura cautelare custodiale su richiesta dello stato estero che si accerti carente di giurisdizione, ha espressamente affermato la generale applicabilità degli artt. 314 e 315 anche per i provvedimenti adottati nell'ambito del procedimento di estradizione passiva, atteso che la disciplina di cui agli artt. 314 e 315 deve ritenersi richiamata dall'art. 714, comma 2. La Corte costituzionale ha chiarito che, nei confronti dei soggetti di cui è richiesta l'estradizione gli estremi dell'ingiusta detenzione dovranno essere valutati, verificando se, in conformità all'orientamento già espresso nelle sentenze della Corte cost. n. 284/2003 e Corte cost. n. 230/2004, risulta ex post accertata l'insussistenza delle specifiche condizioni di applicabilità delle misure coercitive, per tali soggetti individuate a norma dell'art. 714, comma 3, per una sentenza favorevole all'estradizione (Corte cost., 16 luglio 2004, n. 231). Così la privazione della libertà personale, sofferta nell'ambito di una procedura di estradizione passiva conclusasi con il rigetto della richiesta, può essere ritenuta ingiusta sia in senso sostanziale, ove non sussistessero "ab origine" le condizioni per una decisione favorevole all'estradizione, sia in senso formale, ove non sussistesse, al momento dell'adozione della misura, un adeguato pericolo che l'interessato potesse sottrarsi alla consegna allo Stato estero (Cass., III, n. 554/2023 ) Tale principio ha trovato applicazione nell'ipotesi relativa alla caducazione di un mandato d'arresto europeo dopo la decisione di procedere in Italia per i fatti oggetto del medesimo procedimento poi conclusosi con provvedimento d'archiviazione (Cass. IV, n. 2678/2009). BibliografiaBargis, Ricorso per Cassazione inammissibile e principio di diritto nell'interesse della legge ex art. 363, comma 3, c.p.c.: un istituto esportabile in sede penale a fini nomofilattici?in Cass. pen.2013,1,105; De Amicis, in Cooperazione giudiziaria penale, a cura di Marandola, Milano, 132 e ss; Diotallevi , sub art. 719, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, diretta da Lattanzi-Lupo, Milano, X, 2020,1020; Fumu, La conversione dell’atto non sana il difetto di procura, in Dir. e giust. 2004, 34; Nappi, Il sindacato di legittimità nei giudizi civili e penali di cassazione, Torino, 2011, 22-26, 333-339; Plastina - Iuzzolino, Foro it. 2013, 7-8, II, 412. |