Codice di Procedura Penale art. 5 - Competenza della corte di assise (1).Competenza della corte di assise (1). 1. La corte di assise è competente: a) per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti di tentato omicidio [56, 575 c.p.], di rapina, di estorsione, di associazioni di tipo mafioso anche straniere, comunque aggravati e dal decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (2); b) per i delitti consumati previsti dagli articoli 579, 580, 584 (3) del codice penale; c) per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, escluse le ipotesi previste dagli articoli 586, 588 e 593 del codice penale (4); d) per i delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione finale della Costituzione, dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962 e nel titolo I del libro II del codice penale [241-313 c.p.], sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni (5). d-bis) per i delitti consumati o tentati di cui agli articoli 416, sesto comma, 600, 601, 602 del codice penale, nonché per i delitti con finalità di terrorismo sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni (6). (1) Sulla corte di assise, vedi l. 10 aprile 1951, n. 287. (2) Lettera sostituita dapprima dall'art. 1 d.l. 22 febbraio 1999, n. 29, conv., con modif., in l. 21 aprile 1999, n. 109 (v. anche art. 3 d.l. n. 29, cit.), e successivamente dall'art. 11 lett. a) d.l. 12 febbraio 2010, n. 10, conv., con modif., in l. 6 aprile 2010, n. 52. Ai sensi dell'art. 12 d.l. n. 10, cit., le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del suddetto decreto (13 febbraio 2010) solo nei casi in cui alla data del 30 giugno 2010 non sia stata già esercitata l'azione penale. V. anche l'art. 2 d.l. n. 10, cit., che così dispone: « 1. In deroga a quanto previsto nell'articolo 1, comma 2, nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del [medesimo decreto], relativi ai delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale, comunque aggravati, è competente il tribunale, anche nell'ipotesi in cui sia stata già esercitata l'azione penale, salvo che, prima della suddetta data, sia stato dichiarato aperto il dibattimento davanti alla corte d'assise ». (3) Le parole «, 600, 601 e 602», che figuravano dopo la parola 584, sono state soppresse dall'art. 6 1 a) l. 11 agosto 2003, n. 228. Ai sensi dell'art. 16 1 l. n. 228, cit., tale disposizione si applica solo ai reati commessi successivamente alla data di entrata in vigore della legge medesima (7 settembre 2003). (4) V. artt. 396 2 n. 2, 571 2, 572 2, 591 3 c.p.; artt. 18 4 e 19 6 l. 22 maggio 1978, n. 194; art. 1 4 l. 10 maggio 1976, n. 342. (5) Sui delitti di cui alla XII disp. finale della Costituzione, v. l. 20 giugno 1952, n. 645. (6) Lettera inserita dall'art. 1, comma 1, lett. b), del d.l. 12 febbraio 2010, n. 10, con modif., in l. 6 aprile 2010, n. 52. Il testo inserito, e poi modificato in sede di conversione, recitava: «per i delitti consumati o tentati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis e comma 3-quater, esclusi i delitti previsti dall'articolo 416-bis del codice penale, comunque aggravati, e i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, salvo che si tratti di delitti indicati nelle lettere a), b), c) e d)». InquadramentoNel delimitare la competenza della corte d'assise, il legislatore ha seguito un principio tradizionale del nostro ordinamento, adoperandosi affinché « la cognizione dei reati più gravi sia assegnata ad un organo che esprima la partecipazione popolare all'amministrazione della giustizia » (Rel. prog. prel. c.p.p., 4), prestando, peraltro, attenzione a non ampliare eccessivamente il carico delle predette corti: questa esigenza (più che la necessità, pure evocata dalla Relazione, di una specifica conoscenza di nozioni di carattere tecnico che si assume possa essere acquisita con difficoltà dai giudici popolari), ha inizialmente imposto l'attribuzione ai tribunali di tutta la materia dei reati previsti dalla legge sugli stupefacenti (d.P.R. n. 309/1990); analoga ratio ha ispirato l'attribuzione ai tribunali dei tentati omicidi, comunque aggravati. L'individuazione dei reati devoluti alla competenza della corte d'assise ha avuto luogo seguendosi un criterio misto, in parte quantitativo (quoad poenam), in parte qualitativo (quoad titulum), non più, come disposto dall'art. 29 dell'abrogato codice di rito, solo qualitativo; l'assetto che ne è risultato non sembra ispirato da un criterio coerente, realmente parametrato alla particolare fisionomia della composizione di questo giudice. Secondo la giurisprudenza, i requisiti di età e le altre condizioni di capacità dei giudici popolari devono sussistere al momento della formazione degli albi comunali definitivi; ne consegue che la sentenza pronunciata dalla Corte di assise di cui sia componente un giudice popolare che, nel corso del giudizio, abbia compiuto 65 anni, non è affetta da nullità assoluta ex art. 178, comma 1, lett. a), c.p.p. (Cass. I, 12/05/2023, not. dec.). Profili di diritto intertemporaleLe modifiche introdotte con d.l. n. 10 del 2010, conv., con modif., in l. n. 52 del 2010 L'art. 1, comma 2, l. n. 251/2005, aveva inasprito le pene previste dall'art. 416-bis, comma 4, c.p. per i promotori, i capi e gli organizzatori dell'associazione mafiosa armata, prevedendo un limite edittale massimo pari a ventiquattro anni di reclusione, coincidente con quello che, ai sensi dell'art. 5, comma 1, lett. a), radica, sotto il profilo quantitativo, la competenza della corte d'assise. Le conseguenze della modifica sulla competenza risultava all'evidenza inconsapevole, come dimostra il fatto che il sopravvenuto d.d.l. n. 1440 (presentato dal Ministro della Giustizia), sul riordino del processo penale, prevedeva (in ipotesi, innovativamente), l'attribuzione alla corte d'assise della competenza su tutte le fattispecie di reato previste dall'art. 416-bis c.p. La giurisprudenza aveva immediatamente evidenziato che il delitto di promozione, direzione od organizzazione di un'associazione di tipo mafioso, aggravato ai sensi dell'art. 416-bis, comma 4, c.p. (associazione armata), apparteneva ormai alla competenza della corte d'assise e non più a quella del tribunale, qualora la consumazione del reato si fosse protratta anche successivamente all'entrata in vigore della l. n. 251/2005, e che, nel caso in cui la competenza per materia per il delitto di promozione, direzione od organizzazione di un'associazione di tipo mafioso appartenesse alla corte d'assise, veniva attratto nella competenza di quest'ultima anche l'eventuale procedimento a carico dei partecipi alla medesima associazione, necessariamente connesso, ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. a) a quello nei confronti dei partecipi di rango primario (Cass. I, n. 4964/2010). Per effetto di questa interpretazione, unanimemente considerata « ineccepibile » dalla dottrina (per tutti, Manzione, 143), il tribunale risultava incompetente per materia per tutti i processi pendenti (sia in dibattimento che nelle fasi successive, poiché l'incompetenza per materia, ai sensi dell'art. 21, è rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo: la sola incompetenza per connessione va rilevata o eccepita a pena di decadenza entro la conclusione dell'udienza preliminare, e la relativa eccezione deve essere riproposta, in caso di rigetto, subito dopo il compimento per la prima volta dell'accertamento sulla costituzione delle parti), aventi ad oggetto il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, aggravato dalla disponibilità di armi, nei quali fossero imputati sia soggetti in posizione verticistica che meri partecipi, se la consumazione era intervenuta dopo l'entrata in vigore della l. n. 251/ 2005. Per scongiurare le — agevolmente intuibili — conseguenze che sarebbero state prodotte da questa situazione, ed, in particolare, la possibile decorrenza dei termini di custodia cautelare per un gran numero di imputati sottoposti a cautela per il predetto reato, che poteva conseguire alla regressione dinanzi al giudice competente, il legislatore è intervenuto (con il d.l. n. 10/2010, conv., con modif., nella l. n. 52/2010), non limitandosi, peraltro, a ri-attribuire la competenza per il delitto di cui all'art. 416-bis c.p. sempre e comunque al tribunale, ma ampliando la competenza della corte d'assise. Il d.l. n. 10/2010 ha, infatti, aggiunto, all'art. 5, la lett. d-bis) che attribuiva alla corte d'assise « i delitti consumati o tentati previsti dall'art. 51 comma 3-bis e comma 3-quater esclusi i delitti previsti dall'art. 416-bis c.p., comunque aggravati, e i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, salvo che si tratti di delitti indicati nelle lettere a), b), c) e d) ». Venivano, in tal modo, attribuiti alla competenza della corte d'assise i delitti, consumati o tentati: (a) con finalità di terrorismo; (b) di associazione per delinquere finalizzata alla consumazione dei delitti previsti dagli artt. 600,601 e 602 c.p. o dall'art. 12, comma 3-bis, d.lgs. n. 286/1998, Testo Unico in materia di immigrazione (art. 416 comma 6 c.p.); (c) di associazione per delinquere finalizzata alla consumazione dei delitti di cui agli artt. 473 e 474 c.p.; (d) di riduzione in schiavitù (se già non attribuiti alla competenza della corte d'assise), tratta di persone ed acquisto e alienazione di schiavi (artt. 600,601 e 602 c.p.); (e) di sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.); (f) di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater d.P.R. n. 43/1973). Per attenuare la — all'evidenza eccessiva ed immotivata — dilatazione delle competenze della corte d'assise, oltre che per superare i problemi che si ponevano con riguardo al delitto di cui all'art. 74 d.P.R. n. 309/1990 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope) che, almeno in apparenza, sembrava rientrare, ad un tempo, in forma aggravata (ovvero quando è punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni), tra quelli sottratti alla competenza della corte d'assise ex art. 5, lett. a) (quale delitto previsto dal d.P.R. n. 309/1990), ed in forma non aggravata tra quelli devoluti alla competenza della corte d'assise ex art. 5, lett. d-bis) (rientrando tra i delitti menzionati dall'art. 51, comma 3-bis, in quanto attribuito al procuratore della Repubblica distrettuale), il legislatore, nella l. di conversione n. 52/2010, ha eliminato il riferimento per relationem all'art. 51, commi 3-bis e 3-quater, riformulando in toto la lett. d-bis). Questi gli effetti definitivi della tormentata novellazione dell'art. 5: (a) essendo stato espunto dalla lett. a) dell'art. 5 il riferimento ad excludendum al reato di cui all'art. 630 comma 1 c.p., il sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravato o non aggravato, rientra oggi, quoad poenam, nella competenza della corte d'assise; (b) i delitti di cui all'art. 416-bisc.p., comunque aggravati, sono devoluti, ai sensi dell'art. 6, alla competenza del tribunale, non essendo espressamente attribuiti a quella della corte d'assise o del giudice di pace « la competenza per tutte le ipotesi di reato contenute nell'art. 416-bis c.p., a prescindere dalla pena edittale prevista in riferimento alla violazione contestata, appartiene al tribunale anche con riguardo ai procedimenti avviati precedentemente al momento dell'entrata in vigore del d.l. n. 10/2010, salvo che a quella data il giudizio non fosse già iniziato dinanzi alla Corte di assise » (Cass. VI, n. 21063/2011); (c) rientrano nella competenza della corte d'assise i delitti, consumati o tentati, di associazione per delinquere finalizzata alla consumazione dei delitti previsti dagli artt. 600,601 e 602 c.p. o dall'art. 12 comma 3- bis T.U. in materia di immigrazione (art. 416 comma 6 c.p.), i delitti di riduzione in schiavitù, tratta di persone ed acquisto e alienazione di schiavi(artt. 600,601 e 602 c.p.), nonché i delitti con finalità di terrorismo, sempre che, per tali delitti, sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni: « in realtà, i delitti contro la personalità dello Stato — nel cui capo sono individuate anche le “condotte con finalità di terrorismo” (art. 270-sexies c.p.) — risultavano già attribuiti alla cognizione della corte d'assise dalla lett. d) dell'art. 5 c.p.p. » (Manzione, 147); (d) rientrano nella competenza del tribunale i delitti di associazione per delinquere finalizzata alla consumazione dei delitti di cui agli artt. 473 e 474 c.p., di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater d.P.R. n. 43/1973), di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 d.P.R. n. 309/1990). La dottrina, nel valutare complessivamente l'intervento del legislatore, ha osservato che, « al di là della scarsa coerenza delle scelte normative (...) praticate (...), rimane, di fondo, l'imbarazzo per un testo nato al fine di rimediare ad una situazione di effettiva problematicità e poi esteso a situazioni tutt'altro che “urgenti”, seguendo, peraltro, nella ridistribuzione delle competenze tra tribunale e corte di assise, un mero criterio di presunto maggiore disvalore: criterio, per vero, disattento tanto alla complessità dell'accertamento demandata a quest'ultimo giudice, quanto alla ricorrenza delle fattispecie “traslocate”, con, quindi, possibili ripercussioni su un assetto organizzativo che, per certo, non ha bisogno di nuove disfunzionalità » (Manzione, 146 ss.). CasisticaAssociazione di tipo mafioso La giurisprudenza ha ritenuto che, pur dopo l'entrata in vigore della l. n. 52/2010, alla corte d'assise continua ad appartenere la competenza per l'associazione di tipo mafioso pluriaggravata in ordine a quei procedimenti nei quali non sia stato ancora dichiarato aperto il dibattimento, ma sui quali eserciti vis attractiva per connessione altro procedimento per lo stesso fatto pendente in fase dibattimentale dinanzi alla corte medesima (Cass. I, n. 27254/2010: nella specie, relativa a conflitto negativo, il procedimento non ancora in fase dibattimentale, iniziato nei confronti di promotore di un'associazione mafiosa, era stato separato dal troncone principale, ma non era approdato ancora al dibattimento, come quello principale, in corso di celebrazione dinanzi alla corte d'assise, designata come giudice competente dalla corte di cassazione in sede di risoluzione di precedente conflitto). Ha, inoltre, ritenuto che la competenza per tutte le ipotesi di reato contenute nell'art. 416-bis c.p., a prescindere dalla pena edittale prevista in riferimento alla violazione contestata, appartenga al Tribunale anche con riguardo ai procedimenti avviati precedentemente al momento dell'entrata in vigore del d.l. n. 10/2010, salvo che a quella data il giudizio non fosse già iniziato dinanzi alla Corte d'Assise (Cass. VI, n. 21063/2011 e Cass. I, n. 47655/2011). Inoltre, la competenza a giudicare in grado di appello i reati comunque aggravati di associazione di tipo mafioso, dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 10/2010, conv. nella l. n. 52/2010, spetta alla Corte di appello, e non alla Corte di Assise di appello, anche nel caso che il giudizio di primo grado sia stato celebrato e definito nelle forme del rito abbreviato davanti al giudice dell'udienza preliminare in epoca precedente alla modifica normativa, poiché l'art. 2 di detta legge stabilisce per tale tipologia di procedimenti la competenza del tribunale, salvo che, al momento dell'entrata in vigore del d.l., «sia stato dichiarato aperto il dibattimento davanti alla Corte di Assise» (Cass. VI, n. 19191/2013). Altre applicazioni Per i delitti di cui agli artt. 600 c.p. e art. 601 c.p. (rispettivamente riduzione in schiavitù e tratta di persone) la competenza in appello appartiene alla Corte d'assise d'appello anche quando il giudizio di primo grado sia stato celebrato con il rito abbreviato dinanzi al giudice dell'udienza preliminare; si tratta di competenza funzionale, con la conseguenza che la violazione della relativa disciplina determina, ex art. 178, comma 1, lett. a) e art. 179, comma 1, c.p.p., una nullità assoluta e, pertanto, insanabile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, ivi compreso quello di legittimità (Cass. V, n. 31673/2017).
Le ipotesi residualiCome precisato nella Relazione al progetto preliminare del c.p.p., la disposizione di cui alla lett. c) della norma in commento attribuisce alla competenza della corte d'assise i reati di cui agli artt. 571, comma 2 (morte conseguente ad abuso dei mezzi di correzione o di disciplina), 572, comma 2 (morte conseguente a maltrattamenti), 591, comma 3 (morte conseguente ad abbandono di persone minori od incapaci) c.p., nonché quelli di cui agli artt. 18, comma 4, e 19, comma 6 (rispettivamente, morte della donna conseguente ad aborto in difetto del consenso, oppure volontario) della legge 22 maggio 1978, n. 194 (« Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza»). BibliografiaMacchia, Sub art. 5, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da Lattanzi- Lupo, I, Agg. 2003-2007, Soggetti (artt. 1-108), a cura di Aprile- Bronzo- Cantone- Ciani- De Leo- Gargiulo- Macchia, Milano, 2008, 17; Manzione, Commento all'art. 1 d.l. n. 10 del 2010, conv., con modif., in l. n. 52 del 2010, in Leg. pen. 2010, 143; Pistorelli, In sede di conversione vengono sottratti i reati di associazione finalizzata al narcotraffico, in Guida dir. 2010, n. 17, 33; Spangher, Convertito il decreto-legge in tema di competenza per materia ed interrogatorio di garanzia, in Dir. pen. e proc. 1999, 553; Spangher, Le nuove disposizioni sulla competenza per materia e l'interrogatorio di garanzia, in Dir. pen. e proc. 1999, 275. |