Codice Penale art. 10 - Delitto comune dello straniero all'estero.Delitto comune dello straniero all'estero. [I]. Lo straniero che, fuori dei casi indicati negli articoli 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce [la pena di morte o] 1 l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, è punito secondo la legge medesima [112, 2011], sempre che si trovi nel territorio dello Stato [42], e vi sia richiesta del ministro di grazia e giustizia (2) [127-129; 342 c.p.p.], ovvero istanza [130; 341 c.p.p.] o querela [120-126; 336-340 c.p.p.] della persona offesa. [II]. Se il delitto è commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole è punito secondo la legge italiana, a richiesta del ministro di grazia e giustizia 2 [128, 129; 342 c.p.p.], sempre che: 1) si trovi nel territorio dello Stato [42, 1282]; 2) si tratti di delitto per il quale è stabilita la pena [di morte o] (1) dell'ergastolo, ovvero della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni; 3) l'estradizione [13; 697 c.p.p.] di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o da quello dello Stato a cui egli appartiene 3. [III]. La richiesta del Ministro della giustizia o l'istanza o la querela della persona offesa non sono necessarie per i delitti previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis 4
[1] Per i delitti previsti nel codice penale e in altre leggi diverse da quelle militari di guerra, la pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo: d.lg.lt. 10 agosto 1944, n. 224 e d.lg. 22 gennaio 1948, n. 21. Per i delitti previsti dalle leggi militari di guerra, la pena di morte è stata abolita e sostituita con quella «massima prevista dal codice penale» (l. 13 ottobre 1994, n. 589). V. ora anche art. 274 Cost., come modificato dall'art. 1, l. cost. 2 ottobre 2007, n. 1. V. inoltre la l. 15 ottobre 2008 n. 179, di ratifica del Protocollo n. 13 del 3 maggio 2002 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza. [3] Comma così modificato dall'art. 5, comma 2, l. 29 settembre 2000, n. 300. V. sub art. 322-ter. [4] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. b), l. 9 gennaio 2019, n. 3, in vigore dal 31 gennaio 2019. InquadramentoLa norma in esame disciplina le ipotesi in cui lo straniero viene punito in Italia per un delitto comune commesso all'estero a danno dello Stato italiano o di un cittadino italiano (principio della personalità passiva) ovvero a danno di uno Stato estero, delle Comunità europee o di uno straniero (principio di universalità). Aspetti generaliIn base al principio di personalità passiva la legge penale italiana tutela gli interessi dello Stato italiano o del cittadino italiano, anche se l'offesa si verifica all'estero da parte di uno straniero. In base la principio di universalità, invece, la legge penale italiana tutela gli interessi delle Comunità europee, dello Stato estero o dello straniero. Come per i delitti commessi all'estero dal cittadino italiano (art. 9), la legge penale italiana non si applica alle contravvenzioni e ai delitti comuni commessi dallo straniero all'estero quando si tratta di fattispecie punite con la sola multa. Quando si tratta di delitti puniti con pena detentiva, la misura della sanzione incide sulle condizioni di applicazione della legge italiana. Delitto comune, ai sensi dell'art. 10, è qualsiasi delitto diverso da quelli indicati negli artt. 7 e 8. I delitti comuni commessi all'estero dallo straniero in danno dello Stato italiano o di un cittadino italianoPer la punibilità di tali delitti occorrono tre condizioni: a) che la legge italiana preveda la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a un anno; b) la richiesta di procedimento del Ministro della giustizia oppure, in alternativa, quando l'offeso è un privato, la richiesta di procedimento da parte della persona offesa (o dei suoi prossimi congiunti, se la vittima è deceduta: Cass. I, n. 4144/1992) oppure, in alternativa all'istanza, la querela, se si tratta di delitto perseguibile a querela; c) la presenza del reo sul territorio nazionale (necessaria anche ai fini dell'applicazione di misure cautelari da adottarsi nella fase delle indagini preliminari: Cass. I, n. 41333/2003). Occorre chiarire che, nonostante la formulazione della norma, che sembra considerare equivalenti richiesta, istanza e querela, per la perseguibilità in Italia di un reato commesso all'estero in danno di un cittadino italiano, in ordine al quale vi sia stata la richiesta di procedimento del Ministro della giustizia, occorre anche la querela della persona offesa, ove si tratti di reato che se commesso in Italia sarebbe procedibile a querela (Cass. I, n. 4144/1992). I delitti comuni commessi all'estero a danno di uno Stato estero, delle Comunità europee o di uno stranieroPer la punibilità di tali delitti occorrono quattro condizioni: a) che la legge italiana preveda la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni; b) la richiesta di procedimento del Ministro della giustizia; c) la presenza del reo sul territorio nazionale (necessaria anche ai fini dell'applicazione di misure cautelari da adottarsi nella fase delle indagini preliminari: Cass. III, n. 1015/2000); d) che la richiesta di estradizione del colpevole non sia stata concessa dallo Stato italiano od accettata dallo Stato in cui commise il delitto o dallo Stato a cui appartiene. La giurisprudenza ha escluso che sia configurabile una situazione di improcedibilità nel caso in cui lo Stato estero, nel cui territorio siano stati commessi i reati non solo non si avvalga della facoltà di richiedere l'estradizione, ma porti a conoscenza dello Stato italiano, nel cui territorio si trovi il reo, l'esistenza dei delitti, collaborando alla raccolta delle prove e dimostrando così d'avere rinunciato a punire direttamente l'autore dei fatti (Cass. I, n. 13988/1989). Va, inoltre, chiarito che ai fini della procedibilità di un delitto commesso a danno di uno stato estero la richiesta del ministro non deve essere necessariamente preceduta dalla procedura di estradizione con esito negativo, ma occorre soltanto che all'estradizione non si sia dato luogo, poiché i due istituti della procedibilità nello stato e dell'estradizione non possono coesistere (Cass. I, n. 13988/1989; Cass. II, n. 6043/2022). La deroga per taluni delitti contro la pubblica amministrazioneAl fine di adeguare la nostra legislazione agli impegni assunti dall'Italia con la ratifica (eseguita con l. 28 giugno 2012, n. 110) della Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa del 1999, la l. n. 3/2019 ha introdotto una deroga alle condizioni di procedibilità previste dall'art. 10 in relazione a taluni reati contro la pubblica amministrazione. Mediante l'inserimento di un nuovo comma, il legislatore ha previsto che non sia necessaria la richiesta del Ministro della giustizia o l'stanza o la querela della persona offesa per punire lo straniero che abbia commesso in territorio estero i delitti previsti dagli artt. 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis. Le condizioni di procedibilitàSulle condizioni della richiesta ministeriale di procedimento, della presenza del reo sul territorio italiano e dell'estradizione negata o non accettata, si veda il commento sub art. 9. Quando si tratta di reato procedibile a querela, il delitto comune commesso all'estero dallo straniero in danno di un cittadino italiano rientra nella giurisdizione del giudice italiano purché l'imputato si trovi nel territorio dello Stato italiano e la persona offesa abbia sporto querela, senza che sia necessaria anche la richiesta del Ministro (Cass. II, n. 45295/2017). La doppia punibilitàSi discute in dottrina se occorra anche la c.d. doppia incriminabilità o punibilità bilaterale, cioè la previsione del fatto come delitto non solo da parte dell'ordinamento italiano, ma anche dall'ordinamento dello Stato ove fu commesso (per la soluzione positiva si vedano: Marinucci-Dolcini, Corso 316; contraVinciguerra, Diritto, 395; Pagliaro, PG, 152; Mantovani, PG, 912). La giurisprudenza ritiene che, al di fuori dei casi tassativamente indicati all'art. 7 c.p., per il perseguimento dei reati commessi all'estero dallo straniero sia indispensabile che questi risultino punibili come illeciti penali oltre che dalla legge penale italiana anche dall'ordinamento del luogo dove sono stati consumati, ancorché con nomen iuris e pene diversi (Cass. I, n. 38401/2002). La giurisprudenza ha altresì escluso che il reato commesso all'estero possa rientrare nella giurisdizione del giudice italiano per il solo fatto che sia legato dal vincolo della continuazione con altro reato commesso in Italia, trattandosi di ipotesi non compresa tra quelle che, ai sensi degli artt. da 7 a 10, comportano deroga al principio di territorialità sul quale si basa la giurisdizione dello Stato italiano (Cass. III, n. 2986/2016). BibliografiaV. subart. 9. |