Codice Penale art. 12 - Riconoscimento delle sentenze penali straniere.Riconoscimento delle sentenze penali straniere. [I]. Alla sentenza penale straniera pronunciata per un delitto può essere dato riconoscimento [730-741 c.p.p.]: 1) per stabilire la recidiva [99-101] o un altro effetto penale della condanna, ovvero per dichiarare l'abitualità [102-104] o la professionalità nel reato [105] o la tendenza a delinquere [108]; 2) quando la condanna importerebbe, secondo la legge italiana, una pena accessoria [19, 28-37]; 3) quando, secondo la legge italiana, si dovrebbe sottoporre la persona condannata o prosciolta, che si trova nel territorio dello Stato [4 2], a misure di sicurezza personali [201 2, 215]; 4) quando la sentenza straniera porta condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno [185], ovvero deve, comunque, esser fatta valere in giudizio nel territorio dello Stato [4 2], agli effetti delle restituzioni o del risarcimento del danno, o ad altri effetti civili [185-198; 741 c.p.p.]. [II]. Per farsi luogo al riconoscimento, la sentenza deve essere stata pronunciata dall'autorità giudiziaria di uno Stato estero col quale esiste trattato di estradizione. Se questo non esiste, la sentenza estera può essere egualmente ammessa a riconoscimento nello Stato, qualora il ministro di grazia e giustizia (1) ne faccia richiesta. Tale richiesta non occorre se viene fatta istanza per il riconoscimento agli effetti indicati nel numero 4. (1) V. sub art. 8. InquadramentoLa norma in esame regola gli effetti (effetti penali, dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o tendenza a delinquere, pene accessorie, misure di sicurezza personali ed effetti civili) e le condizioni (esistenza di un trattato di estradizione con lo Stato estero o, in alternativa, richiesta del Ministro di giustizia o istanza per gli effetti civili) del riconoscimento delle sentenze penali straniere. Aspetti generaliIn alternativa alla rinnovazione del giudizio (art. 11 c.p.), l'ordinamento prevede che alle sentenze penali straniere possano essere riconosciuti alcuni effetti secondari. In particolare, l'art. 12 consente il riconoscimento della sentenza penale straniera nei casi in cui la pronuncia comporti conseguenze a carico del condannato suscettibili di essere realizzate nel nostro ordinamento: i primi tre numeri della disposizione sono ispirati ad alla ratio di « meglio adeguare il diritto penale italiano alla personalità etico-criminologica del delinquente » (Mantovani, Diritto penale, parte generale, 2013, 922) in un'ottica di prevenzione speciale (Dean, 63), mentre il quarto numero prende in considerazione gli effetti d'ordine meramente civilistico. Dalla disciplina positiva si evince che le sentenze pronunciate da giudici stranieri non possono essere poste in esecuzione in ordine alla pena principale irrogata. Ne consegue che il riconoscimento, non determinando l'esecuzione in Italia della pena relativa, non è impedito dall'intervenuta estinzione della pena per prescrizione (Cass. VI, n. 16477/2011). Diverso è il caso del Mandato di arresto europeo (v. sub art. 13), che si basa sul reciproco riconoscimento dei provvedimenti limitativi della libertà personale emessi da ciascun Stato membro e consente di deliberare in merito alla consegna sulla base della mera indicazione dell'esistenza del provvedimento e di altre specifiche informazioni (natura e qualificazione giuridica del reato, descrizione delle circostanze della sua commissione, pena inflitta ovvero quella minima e quella massima, le altre conseguenze del reato). Deve, inoltre, segnalarsi che il principio di ineseguibilità delle sentenze penali straniere è stato eroso anche dalla progressiva opera di integrazione europea ed internazionale, che si sta indirizzando verso una sempre maggiore circolazione delle decisioni giudiziarie per contrastare la criminalità. La Convenzione europea sulla validità dei giudizi repressivi, firmata a L'Aja il 28 maggio 1970 e resa esecutiva in Italia con l. 16 maggio 1977, n. 305, prevede, infatti, l'obbligo di eseguire le sentenze penali straniere che applicano pene o misure di sicurezza privative della libertà, pene pecuniarie e interdittive, quando l'esecuzione nello Stato richiesto appaia opportuna anche nell'ottica della risocializzazione. Più di recente, occorre citare la decisione quadro 2009/948/Gai in tema di prevenzione e risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali, adottata dal Consiglio dell'Unione europea il 30 novembre 2009. Va, infine, ricordato che il riconoscimento della sentenza penale straniera può avvenire anche quando lo prevedono accordi internazionali (art. 731 c.p.p.). Condizioni del riconoscimentoOltre che dall'articolo in esame, le condizioni per il riconoscimento delle sentenze penali straniere sono dettate anche dalle disposizioni processuali contenute negli artt. 730 ss. c.p.p. (da ultimo modificati dal d.lgs. n. 149/2017). Per il riconoscimento occorre che si tratti di una sentenza penale divenuta irrevocabile secondo l'ordinamento in cui è stata emessa (art. 733, comma 1, lett. a), c.p.p.) e pronunciata contro chiunque (cittadino, straniero e apolide) per un fatto costituente delitto (secondo la legge penale italiana). È possibile procedere al riconoscimento anche dei provvedimenti che abbiano, se non il nome, i caratteri essenziali di una sentenza (Cass. IV, n. 2884/1966), come il decreto penale di condanna. Oltre all'irrevocabilità, occorre che il fatto sia previsto come reato anche dalla legge italiana (principio della doppia incriminabilità), a prescindere dal regime di perseguibilità (Vinciguerra, in Diritto, 416, nota 196) e dal trattamento sanzionatorio (Cass. VI, n. 40883/2007), che possono essere diversi nei due Paesi. Occorre, inoltre, che la sentenza non contenga disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato. Non è tale la sentenza straniera che sia priva di motivazione per effetto dell'espressa rinuncia dell'imputato al diritto di ottenere l'esposizione scritta delle ragioni della decisione (Cass. II, n. 14440/2013). Con riguardo al suddetto limite, benché il nostro ordinamento costituzionale non contenga il principio del doppio grado giurisdizionale di merito, ma soltanto quello della ricorribilità per cassazione per i soli casi di violazione di legge, hanno assunto forza privilegiata, in virtù degli artt. 10 e 117, comma 1, Cost., i principi delle convenzioni internazionali, contenuti nel Patto internazionale sui diritti civili e politici e nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, secondo cui ciascun condannato per fatti penalmente rilevanti ha diritto alla revisione, al riesame o alla rivalutazione da parte di un organo giurisdizionale di diversa od ulteriore istanza. Ne consegue che incombe alla Corte d'Appello chiamata alla valutazione dei requisiti di riconoscibilità della sentenza straniera esaminare se avverso quest'ultima siano stati dati al condannato mezzi ordinamentali di impugnazione o di revisione di qualsiasi portata (Cass. VI, n. 38727/2006). Non è ostativa al riconoscimento della sentenza straniera di condanna neppure la mancata previsione nell'ordinamento estero di riti alternativi premiali, ovvero la loro ammissibilità solo per i reati meno gravi, trattandosi di disciplina che, pur se differente da quella interna, non integra la contrarietà ai principi fondamentali dell'ordinamento (Cass. VI, n. 6949/2019, che ha confermato il riconoscimento di sentenza di condanna emessa dall'autorità giudiziaria tedesca in relazione al reato di omicidio, non ritenendo ostativo che in tale ordinamento, pur essendo previsto un rito alternativo assimilabile al giudizio abbreviato, ne sia esclusa l'ammissibilità in relazione ai reati di maggiore gravità). Occorre, ancora, che la sentenza sia stata pronunciata da un giudice indipendente e imparziale, che l'imputato sia stato citato a comparire in giudizio davanti all'autorità straniera e che gli sia stato riconosciuto il diritto ad essere interrogato in una lingua a lui comprensibile e ad essere assistito da un difensore e che non vi siano fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali abbiano influito sullo svolgimento o sull'esito del processo. Non può quindi essere riconosciuta la sentenza penale straniera emessa in un procedimento nel quale non siano state espletate le formalità necessarie per portare effettivamente a conoscenza dell'imputato l'atto di citazione a giudizio dinanzi all'autorità estera (Cass. VI, n. 30831/2013, che in motivazione ha specificato che spetta al giudice di merito l'indagine sugli eventuali, infruttuosi tentativi esperiti nel procedimento straniero per portare l'atto a conoscenza dell'imputato). Non può trovare riconoscimento la sentenza di condanna emanata nel procedimento par default disciplinato dalla legge belga, che si svolge senza contraddittorio e senza assistenza difensiva, nei confronti dell'imputato che, citato, non compare e che, condannato, non propone opposizione (Cass. V, n. 225/1996). L'esistenza dei requisiti di riconoscibilità è valutata dalla Corte d'Appello nel cui distretto ha sede il casellario giudiziario nel quale va fatta l'annotazione della sentenza (art. 730, comma 1, c.p.p.), nell'ambito di un procedimento promosso dal Procuratore generale. La valutazione non è operata in astratto, bensì in relazione alle statuizioni emesse dal giudice straniero nei confronti dell'imputato. In presenza dei requisiti richiesti il riconoscimento è un atto dovuto (art. 734, comma 1, c.p.p.). In alcuni casi, il riconoscimento della sentenza penale straniera è subordinato al verificarsi di determinate condizioni di procedibilità: l'esistenza di un trattato di estradizione con il Paese che ha emesso la sentenza oppure, in mancanza, la richiesta del Ministro della giustizia. Infatti, l'avvenuta stipulazione di un accordo internazionale implica un giudizio di affidabilità del Paese straniero che, in mancanza, è rimesso al Ministro della giustizia (Vinciguerra, in Diritto, 417). La richiesta di riconoscimento della sentenza estera da parte del Ministro della giustizia non è necessaria se viene fatta istanza per il riconoscimento agli effetti della restituzione o del risarcimento del danno o ad altri effetti civili. Quando il riconoscimento della pronuncia straniera è finalizzato a sottoporre il condannato o il prosciolto ad una misura di sicurezza, è necessario che vi sia anche la presenza di questi sul territorio dello Stato. L'art. 733, comma 1, c.p.p. richiede, quale ulteriore condizione, che per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona non sia in corso un procedimento penale nello Stato, in quanto il rinnovamento del giudizio è alternativo al riconoscimento della sentenza penale straniera (art. 733, comma 1, lett. g, c.p.p.), e non sia stata pronunciata nello Stato sentenza irrevocabile (art. 733, comma 1, lett. f, c.p.p.). Effetti del riconoscimentoIl riconoscimento della sentenza penale di condanna è finalizzato alla realizzazione di alcuni effetti secondari: a) stabilire la recidiva (la c.d. recidiva internazionale) od un altro effetto penale della condanna (come il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena: Cass. II, n. 1310/1970; oppure la revoca di benefici già concessi: Cass. I, n. 3876/1996), indipendentemente dall'esistenza di un procedimento penale in corso sul territorio nazionale al quale la recidiva vada riferita, giacché per l'ammissibilità del riconoscimento non occorre l'attualità degli effetti, ma soltanto la possibilità di essi (Cass. II, n. 3715 /1984); b) dichiarare l'abitualità o la professionalità nel reato o la tendenza a delinquere; c) l'applicazione di una pena accessoria (anche se i relativi effetti si sono già esauriti: Cass. VI, n. 27738/2013; oppure sono stati sospesi: Cass. II, n. 32070/2017, che ha rilevato come la norma in esame si limiti a richiedere che, nell'ordinamento italiano, alla sanzione inflitta sia associabile una pena accessoria, senza esprimersi sulla sua immediata e concreta operatività; inoltre, il beneficio della sospensione condizionale della pena è intrinsecamente precario perché, ricorrendone i presupposti, può sempre essere revocato). Se si tratta di una pena accessoria rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, la sua applicazione deve essere specificamente motivata anche quando la relativa decisione sia stata adottata in sede di riconoscimento di una sentenza penale straniera (Cass. VI, n. 20766/2014; Cass. VI, n. 27736/2013, secondo cui il condannato può esercitare il suo diritto di difesa, deducendo ogni elemento a lui favorevole, davanti al giudice italiano, la cui cognizione deve estendersi alla valutazione circa l'applicabilità delle riferite sanzioni, in ordine sia all'an sia al quantum temporale); ai fini dell'applicazione di una pena accessoria rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, è altresì necessario che il fatto per il quale l'imputato è stato punito all'estero costituisca reato secondo la legge italiana del tempo in cui fu commesso (Cass. VI, n. 21348/2016). d) l'applicazione di una misura di sicurezza personale; e) l'applicazione della confisca, qualora si tratti di misura che ha ad oggetto beni la cui confisca è possibile, per lo stesso fatto, secondo la legge italiana (art. 733, comma 1-bis, c.p.p.). f) far valere in giudizio nel territorio dello Stato le disposizioni civili della sentenza. Tale previsione riguarda sia ai casi in cui rilevi l'esecuzione delle disposizioni civili della sentenza, sia a quelli in cui sia richiesta l'utilizzazione della sentenza in un autonomo giudizio civile in Italia per ottenere la condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno, ovvero agli "altri effetti civili", comprendendo tale espressione tutti gli altri effetti di tipo strettamente privatistico, inclusi l'utilizzo probatorio nel procedimento civile della sentenza irrevocabile di condanna emessa all'estero (Cass. VI, n. 5256/2019). L'art. 12 c.p. stabilisce due casi in cui può essere riconosciuta anche la sentenza penale straniera di proscioglimento: a) quando nei confronti del soggetto prosciolto la legge italiana dispone una misura di sicurezza personale (in tal caso è richiesta la sua presenza nel territorio dello Stato); b) quando il soggetto prosciolto all'estero intende far valere in giudizio in Italia la sentenza penale assolutoria agli effetti civili, ed in particolar modo delle restituzioni o del risarcimento del danno. Questa conclusione è stata ricavata in via interpretativa dal fatto che il numero 4 dell'art. 12 c.p. non prevedendo che la sentenza straniera debba essere di condanna, ammetterebbe quindi che possa essere anche di proscioglimento (Vinciguerra, in Diritto, 415, nota 193). Gli effetti derivanti dal riconoscimento sono soltanto quelli tassativamente indicati dal legislatore (Cass. I, n. 30463/2011). Ne consegue che è inapplicabile in executivis la continuazione tra il reato giudicato in Italia e il reato giudicato con sentenza straniera riconosciuta nell'ordinamento italiano, in quanto il vincolo della continuazione non rientra tra le condizioni cui può essere finalizzato il riconoscimento delle sentenze penali straniere (Cass. V, n. 8365/2013). La sentenza di riconoscimentoIl riconoscimento di una sentenza penale straniera avviene tramite una sentenza avente natura costitutiva (Cass. I, n. 2748/1965; Treves, 190). La sentenza deve enunciare espressamente gli effetti che ne conseguono e non può limitarsi a richiamare l'art. 12 c.p. (Cass. VI, n. 30831/2013), mentre la richiesta di riconoscimento deve ritenersi sufficientemente motivata anche quando si limiti a fare riferimento agli effetti previsti dalla suddetta norma, atteso che in tal modo può ritenersi comunque assicurato il contraddittorio e il diritto di difesa dell'interessato (Cass. VI, n. 31377/2011; contra Cass. VI, n. 7067/2009, secondo la quale la richiesta del procuratore generale deve specificare gli effetti per i quali il riconoscimento è domandato, al fine di assicurare il contraddittorio e la difesa dell'interessato). Tuttavia, secondo un orientamento più risalente, poiché il contenuto fondamentale del riconoscimento delle sentenze penali straniere è l'accertamento definitivo del fatto reato, la dichiarazione degli effetti che, ai fini voluti dalla legge, possono determinarsi soltanto a seguito di tale riconoscimento non deve necessariamente essere contestuale alla dichiarazione di riconoscimento, ma ben può formare oggetto di un provvedimento successivo (Cass. I, n. 913/1976). Va chiarito che il riconoscimento della sentenza penale straniera, ove ricorrano le condizioni previste, è un atto dovuto dal giudice e non un atto meramente discrezionale (Cass. IV, n. 594/1978). La sentenza penale riconosciuta è esposta alle vicende sia dell'ordinamento interno che di quello di provenienza, « con la conseguenza che i suoi effetti vengono a cessare in tutto o in parte per effetto di abolitio criminis o di amnistia, secondo quanto stabilito nei relativi provvedimenti dello Stato che li emana » (Vinciguerra, in Diritto, 417). La sentenza straniera non riconosciutaLa sentenza straniera non riconosciuta non produce alcun effetto. Ad esempio, non può valere al fine di attribuire all'imputato la qualità di recidivo, né di consentire la contestazione della recidiva e di apportare l'aumento di pena relativo (Cass. II, n. 964/1970) o per determinare la revoca di una precedente sospensione condizionale della pena o per impedire l'applicazione di un provvedimento di clemenza (Cass. V, n. 2287/1972). Tuttavia, le sentenze straniere non riconosciute esistono come fatti indicativi della condotta dell'imputato anteriore o susseguente al reato, e il giudice di merito può e deve tener conto di esse in tutte le indagini in cui tale valutazione soggettiva abbia rilevanza, come in caso di diniego delle circostanze attenuanti generiche (Cass. V, n. 9391/1979). Il reciproco riconoscimento in ambito europeoPer completezza, occorre segnalare che il nostro Stato ha recepito alcune decisioni quadro sul reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie assunte dagli Stati membri dell'Unione europeo. Si tratta, in particolare del: a ) d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161, recante «Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/909/Gai relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea»; b) d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 31, recante «Attuazione della decisione quadro 2009/299/Gai del Consiglio, del 26 febbraio 2009, che modifica le decisioni quadro 2002/584/Gai, 2005/214/Gai, 2006/783/Gai, 2008/909/Gai e 2008/947/Gai, rafforzando i diritti processuali delle persone e promuovendo l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato al processo»; c) d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36, recante «Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2009/829/Gai del Consiglio, del 23 ottobre 2009, sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare»; d) d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 37, recante «Attuazione della decisione quadro 2005/214/Gai del Consiglio, del 24 febbraio 2005, sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie»; e) d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, recante «Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/947/Gai del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive». Anche la sentenza straniera che non sia stata riconosciuta secondo le speciali procedure previste dai suddetti decreti non produce alcun effetto. Da ultimo va segnalato il d.lgs. 12 maggio 2016, n. 73, recante «Attuazione della decisione quadro 2008/675/GAI, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell'Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale». In base a tale normativa, le condanne pronunciate per fatti diversi da quelli per i quali procede l'autorità giudiziaria italiana, oggetto di informazioni nell'ambito delle procedure di assistenza giudiziaria o di scambi di dati estratti dai casellari giudiziali, sono valutate, anche in assenza di riconoscimento e purchè non contrastanti con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato, per ogni determinazione sulla pena, per stabilire la recidiva o un altro effetto penale della condanna, ovvero per dichiarare l'abitualità o la professionalità nel reato o la tendenza a delinquere. Tale disciplina va letta in collegamento a quella in tema di c.d. casellario giudiziale europeo, ossia i d.lgs. 12 maggio 2016, n. 74 e 75, che attuano la decisione quadro 2009/315/GAI e la decisione 2009/316/GAI, entrambe in tema di scambi di informazioni tra i casellari europei, e il d.lgs. 27 maggio 2022, n. 76, che dà attuazione alla direttiva UE 2019/884 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che modifica la decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio per quanto riguarda lo scambio di informazioni sui cittadini di paesi terzi e il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS), e che sostituisce la decisione 2009/316/GAI del Consiglio. Al riguardo la Suprema Corte ha chiarito che il giudice dell'esecuzione, investito della richiesta di revoca di una sospensione condizionale, per effetto di una sentenza straniera non ancora riconosciuta secondo la procedura prevista dal d.lgs. n. 161/2010, non è abilitato a effettuare tale riconoscimento (Cass. I, n. 49757/2016). Profili processuali
Le notifiche nel procedimento per il riconoscimento Ai fini delle notificazioni nel procedimento per il riconoscimento di una sentenza penale straniera, è irrilevante l'elezione di domicilio effettuata nel giudizio svolto dinanzi all'Autorità Giudiziaria estera, trovando invece applicazione le generali prescrizioni previste dall'art. 157 c.p.p., che individuano la località dove effettuare la comunicazione nel luogo ove l'imputato ha dimora (Cass. VI, n. 45207/2013). L'intangibilità del giudicato straniero L'imputazione per cui sia intervenuta sentenza penale straniera di condanna, riconosciuta in Italia, non può essere integrata dal giudice dell'esecuzione, neanche sub specie di interpretazione del giudicato attraverso il postumo riconoscimento di una circostanza aggravante (ostativa, nella specie, all'applicazione dell'indulto elargito con l. n. 241/2006) (Cass. I, n. 41597/2009). BibliografiaAllegra, Il riconoscimento della sentenza penale straniera, Milano, 1943; Ballarino, Sul riconoscimento in Italia delle disposizioni civili di una sentenza penale straniera, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1965, 489; Ferrante, Riconoscimento di sentenza penale straniera agli effetti della recidiva, in Giust. pen., 1966, 623; Condorelli, La funzione del riconoscimento di sentenze penali straniere, Milano, 1967; Fulci, Sentenza penale straniera, in Enc. dir., XLI, 1989, 1334; Paglia, Ne bis in idem internazionale e riconoscimento delle sentenze straniere, in Dig. d. pen., Agg., II, Torino, 2005, 927. V. anche sub art. 9 |