Codice Penale art. 146 - Rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena 1 .

Pierluigi Di Stefano

Rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena 1.

[I]. L'esecuzione di una pena, che non sia pecuniaria, è differita:

[1) se deve aver luogo nei confronti di donna incinta;]2

[2) se deve aver luogo nei confronti di madre di infante di età inferiore ad anni uno;]3

3) se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, del codice di procedura penale, ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione, quando la persona si trova in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative 4.5

 

 

[1] Articolo così sostituito dall'art. 11l. 8 marzo 2001, n. 40. Il testo recitava: «[I]. L'esecuzione di una pena, che non sia pecuniaria, è differita: 1) se deve aver luogo contro donna incinta; 2) se deve aver luogo contro donna che ha partorito da meno di sei mesi; 3) se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, del codice di procedura penale, ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione, quando la persona si trova in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative. [II]. Nel caso preveduto dal numero 2 il provvedimento è revocato, qualora il figlio muoia o sia affidato a persona diversa dalla madre, e il parto sia avvenuto da oltre due mesi». In argomento v. art. 108 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230.

[4] V. d.m. sanità 21 ottobre 1999 (G.U. 22 dicembre 1999, n. 299).

[5] Seguiva un secondo comma abrogato dall'art. 15, comma 1, lett. a), d.l. 11 aprile 2025, n. 48, conv. in  l. 9 giugno 2025, n. 80. Il testo del comma, come modificato dall'art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, era il seguente: « Nei casi previsti dai numeri 1) e 2) del primo comma il differimento non opera o, se concesso, è revocato se la gravidanza si interrompe, se la madre è dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio ai sensi dell'articolo 330 del codice civile, il figlio muore, viene abbandonato ovvero affidato ad altri, sempreché l'interruzione di gravidanza o il parto siano avvenuti da oltre due mesi».

Inquadramento

  Gli artt. 146, 147 e 148, norme in materia di esecuzione residuate nel codice penale dopo che la materia della esecuzione della pena ha trovato una propria specifica disciplina nell'ordinamento penitenziario (l. n. 354/1975) e nel codice di procedura penale del 1989, disciplinano delle ipotesi di rinvio della esecuzione della pena detentiva in ragione di motivi sostanziali che vanno dalla prevalenza di altri interessi sostanziali (la maternità), alla eccessiva afflittività della pena scontata in condizioni di cattiva salute, tale da comportare una ridotta aspettitiva di vita (Cass. I, n. 26588/2024), alla inutile afflittività della pena laddove vi sia una seria prospettiva di applicazione della grazia (pena che potrebbe risultare non dovuta) ovvero una incapacità di percepire, a fronte di tale afflittività, il carattere retributivo/rieducativo.

L'art. 146, in particolare, all'esito della modifica disposta dal d.l. 11 aprile 2025, n. 48, convertito in l. n. 80/2025, prevede il rinvio obbligatorio della esecuzione della pena detentiva per situazioni gravissime di malattia: quando il soggetto è affetto da Aids conclamato ovvero grave deficienza immunitaria ovvero da un'altra malattia che risulti incompatibile con il trattamento carcerario il rinvio è obbligatorio se la malattia sia in tale avanzato da non rispondere più “ai trattamenti disponibili e alle terapie curative”. In tale ultimo caso, il rinvio è dovuto indipendentemente da qualsiasi valutazione di compatibilità o meno della patologia con lo stato di detenzione (Cass. I, n. 42276/2010).

Si consideri come anche per l'Aids/immunodeficienza è necessario che ricorra la condizione di non rispondenza ai trattamenti medici (Cass. I, n. 41580/2009); la precisazione si è resa necessaria per le residue incertezze rispetto ad una precedente disciplina che riconosceva al malato di Aids la incompatibilità tout court con la detenzione (disposizione dichiarata incostituzionale).

Ai fini della disposizione in esame, l'incompatibilità delle condizioni di salute con il regime detentivo significa una qualsiasi condizione fisica capace di determinare una situazione di esistenza al di sotto di una soglia di dignità minima che deve pur garantirsi in occasione della detenzione (Cass. I, n. 22373/2009). Ovvero, quale definizione più generale, si afferma che deve esserci una “abnorme afflittività in caso di accertata grave infermità fisica” (Cass. fer., n. 34286/2008). La compatibilità con il trattamento carcerario va intesa nel senso che la detenzione in tale condizione non deve contrastare con il “basilare senso di umanità” e non deve impedire il normale trattamento penitenziario, potendo il detenuto essere adeguatamente seguito all'interno dell'istituto di pena o in centri clinici penitenziari (Cass. I, n. 37086/2023).

Si noti che, sino alla riforma del 2025, l'art. 146 prevedeva, tra i casi di rinvio “obbligatorio”, anche l'ipotesi in cui la pena dovesse essere applicata nei confronti di donna incinta o madre di infante di età inferiore ad un anno; anche tali ipotesi, ora, rientrano nel rinvio “facoltativo” di cui al successivo art. 147.

Rinvio dell'esecuzione e detenzione domiciliare

L'art. 47 ter dell'ordinamento penitenziario, l. n. 354/1975, consente l'applicazione della detenzione domiciliare in varie delle ipotesi cui fanno riferimento gli artt. 146 e 147. Inoltre il comma 1-ter di tale articolo prevede espressamente che laddove ricorrano le condizioni per il rinvio facoltativo od obbligatorio, il Tribunale di Sorveglianza può applicare la detenzione domiciliare senza dovere rispettare i limiti di pena previsti negli altri casi (quindi presupposto necessario per tale comma Cass. I, n. 25841/2015).

Si è quindi affermato che la applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare è ampiamente satisfattiva dell'interesse tutelato dall'art. 146 n. 3 tanto da rendere inammissibile per carenza di interesse, il ricorso contro il differimento obbligatorio (Cass. VII, n. 9641/2016).

Non vi è, però, automatismo perché la detenzione domiciliare, che resta esecuzione della pena, può essere disposta solo se il condannato sia in grado di partecipare consapevolmente al processo rieducativo portato avanti dal servizio sociale e via sia una sua pericolosità sociale che imponga il suo controllo (Cass. n. 4750/2011).

Malattia fisica e malattia psichiatrica

La disposizione in esame fa riferimento alla sola infermità fisica; quella psichica, laddove tale da impedire l'esecuzione ordinaria della pena, non determina il rinvio dell'esecuzione ma impone solo i provvedimenti di cui all'art. 148 (ricovero in O.P.G. o Casa di Cura – ora R.E.M.S.); gli artt. 146 e 147, però, trovano applicazione quando la malattia psichiatrica si risolva anche in malattia fisica (Cass. I, n. 41542/2010).

Bibliografia

Burzi, Infermità fisica, infermità psichica ed esecuzione della pena, in Giur. It. 2009, 943.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario