Codice Penale art. 153 - Esercizio del diritto di remissione. Incapaci.Esercizio del diritto di remissione. Incapaci. [I]. Per i minori degli anni quattordici e per gli interdetti a cagione di infermità di mente [414 c.c.], il diritto di remissione è esercitato dal loro legale rappresentante [121; 316, 320, 357 c.c.]. [II]. I minori [2 1 c.c.], che hanno compiuto gli anni quattordici, e gli inabilitati [415 c.c.] possono esercitare il diritto di remissione, anche quando la querela è stata proposta dal rappresentante [120 3], ma, in ogni caso, la remissione non ha effetto senza l'approvazione di questo. [III]. Il rappresentante può rimettere la querela proposta da lui o dal rappresentato [120 3], ma la remissione non ha effetto, se questi manifesta volontà contraria [125]. [IV]. Le disposizioni dei capoversi precedenti si applicano anche nel caso in cui il minore raggiunge gli anni quattordici, dopo che è stata proposta la querela. InquadramentoNel Titolo VI del Libro Primo del Codice è contenuta la regolamentazione legislativa delle cause di estinzione del reato e della pena. Tra le prime figura la remissione di querela. Per ciò che attiene alla struttura ed alla funzione dell'istituto, riteniamo opportuno operare un integrale rinvio alla descrizione contenuta nel commento all'articolo che precede. La norma in esame detta invece la disciplina dell'esercizio del diritto di remissione di querela da parte di soggetti incapaci. Essa costituisce, in un certo senso, il riflesso speculare dell'art. 120 c.p., il quale stabilisce che non a ogni forma di incapacità corrisponde necessariamente l'incapacità a proporre querela; l'ovvio corollario è quindi dato dal fatto che non ad ogni tipo di incapacità consegua l'incapacità ad esercitare il diritto di rimettere la querela. Profili generali (rinvio)Anche con riferimento ai profili generali, alla funzione ed alla collocazione sistematica dell'istituto, non vi è motivo perché si debba ripetere ciò che si è già esposto in sede di commento all'art. 152. La disposizione normativaSecondo l’impostazione concettuale seguita dal legislatore, alcuni soggetti, pur essendo astrattamente titolari del diritto di remissione della querela, non possono autonomamente esercitare il diritto di rimettere la querela. Questi sono i minori degli anni quattordici e gli interdetti per infermità di mente. I minori ultraquattordicenni e gli inabilitati possono invece esercitare il diritto de quo in via autonoma, pure nel caso in cui la querela sia stata proposta in loro vece dal rappresentante; tuttavia, la remissione del minore ultraquattordicenne non può esplicare effetti, laddove non intervenga l’approvazione del rappresentante. Il rappresentante è poi legittimato a rimettere la querela da lui stesso presentata, così come quella autonomamente proposta dal rappresentato; tale remissione è però improduttiva di effetti, laddove il rappresentato stesso manifesti una contraria volontà. Occorre quindi operare delle nette distinzione fra tali situazioni. I minori infraquattordicenni e gli infermi di mentePer ciò che afferisce ai minori degli anni quattordici ed agli interdetti a cagione di infermità mentale, si verifica una sostituzione totale del rappresentante legale alla persona avente diritto. Il sostituto può dunque esercitare il diritto di rimettere la querela anche contro una eventuale volontà contraria, che in qualsiasi modo venga manifestata dalla persona offesa. Ciò in quanto la volontà di tali soggetti è sostanzialmente improduttiva di effetti giuridici significativi; si tratta dunque di quella situazione che in dottrina è stata definita di rappresentanza legale necessaria ed esclusiva (Romano, 49). L'ultimo comma della norma in esame stabilisce inoltre che il criterio rilevante per l'applicabilità delle disoosizioni sulla remissione di querela sia l'età del soggetto al momento della remissione stessa e non quella al momento della consumazione del reato o della proposizione della querela. Così come fatto sostanzialmente da tutti i commentatori della norma, evidenziamo poi come il legislatore si sia qui riferito esclusivamente all'interdetto per infermità di mente (abbia cioè richiamato la situazione disciplinata dall'art. 414 c.c., come sostituito dall'art. 4 l. n. 6/2004). Non è quindi riconducibile sotto l'egida normativa dell'articolo in commento, la diversa figura dell'interdetto legale ex art. 32 . Giova anche precisare come il sistema processual-penalistico conosca un intervento surrogatorio, nel caso di mancanza del soggetto in grado di esercitare la rappresentanza, in relazione al minore infraquattordicenne o all'infermo di mente; ovvero anche nel caso in cui si verifichi una situazione di conflitto di interessi, fra tali persone e chi ne eserciti ex lege la rappresentanza. In tal caso, dunque, il giudice procede – anche in epoca successiva alla proposizione della querela – alla nomina di un curatore speciale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 121,77 e 338 c.p.p. Alcuni Autori hanno giustamente dedotto da tale disciplina che il curatore speciale – oltre ad essere legittimato ad offrire impulso alla tutela degli interessi del rappresentato, mediante la proposizione della querela – possa poi anche produrre l'effetto estintivo in esame, procedendo alla relativa remissione (Romano, 50). Si è inoltre ritenuto che l'ambito di applicazione della norma in esame debba estendersi agli infermi di mente non interdetti, a condizione che sia stato loro nominato un curatore speciale per l'esercizio del diritto di querela, ai sensi dell'art. 121 c.p.p. In tal caso, al curatore speciale – in quanto soggetto legittimato, in forza di provvedimento del giudice, a proporre querela – deve poi essere riconosciuto anche il diritto contrario, ossia quello di rimettere la querela (Diotallevi, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 490; qui l'Autore precisa anche quanto segue: “Al di fuori di questa ipotesi la giurisprudenza nega che possa spettare al genitore, che non sia stato nominato curatore speciale, il diritto di querela e quindi di remissione per conto dell'infermo di mente non interdetto”). I minori ultraquattordicenni e gli inabilitatiTrattasi dei soggetti che hanno compiuto quattordici anni, ma non ancora diciotto, nonché degli inabilitati di cui all’art. 415 c.c. A differenza di quanto avviene per gli infraquattordicenni e per gli interdetti a cagione di infermità, tali soggetti possono esercitare il diritto di rimettere la querela in via autonoma, così come del resto esercitano anche personalmente il diritto di proporla. Il genitore, il tutore o il curatore possono peraltro proporre querela per conto dei rappresentati, anche indipendentemente da ogni volontà dell’avente diritto che sia minore ultraquattordicenne o interdetto. A differenza di quanto però accade in relazione al diritto di proporre querela, la remissione è improduttiva di effetti, in assenza di approvazione del legale rappresentante. La ratio ispiratrice di tale differenziazione è chiara: “[...] mentre la querela, determinando l’intervento attivo della giustizia, non può nuocere agli interessi dell’incapace, le remissione può produrre effetti patrimoniali e morali dannosi” (Manzini, 552). In dottrina si è inoltre evidenziato che la distinzione tra la proposizione della querela e la remissione si fonda, nel caso del minore ultraquattordicenne e dell’inabilitato, anche sul principio del favor querelae. Ciò sta a significare che «l’interesse alla repressione, o comunque l’intervento del giudice, nell’ottica del legislatore, prevale sul disimpegno dal processo: è questa la ragione per cui il minore ultraquattordicenne o l’inabilitato può sì proporre autonomamente querela, ma (così come non può da solo abdicativamente rinunciare alla querela ….) non può da solo (ovvero: senza l’approvazione del suo rappresentante) “ripensarci” e rimetterla» (Romano, Grassi, Padovani, 49). La volontà dismissiva del legale rappresentante non esplica d’altra parte l’effetto estintivo, laddove essa venga contrastata da una volontà contraria del rappresentato. Tale norma non può essere evocativa – sotto l’aspetto strettamente pratico ed applicativo – della necessità di ottenere un implicito beneplacito, antecedente o contestuale, rispetto alla manifestazione della remissione ad opera dell’avente diritto. Occorre insomma, perché si realizzi legittimamente l’effetto estintivo, che ricorrano una condizione positiva ed una negativa: che secondo i casi il minore ultraquattordicenne o l’inabilitato siano informati della volontà dismissiva e che non manifestino – anche se tacitamente – alcuna contraria intenzione. Si segnala che – sul punto specifico attinente alle manifestazione della volontà contraria – il legislatore non ha richiesto particolari formalità (vedere la giurisprudenza sotto riportata). CasisticaIl Supremo Collegio ha chiarito come il legislatore abbia previsto particolari formalità esclusivamente in ordine alla rinuncia espressa ed alla remissione della querela. Non vi è alcuna previsione del genere, al contrario, per ciò che attiene alla dichiarazione mediante la quale il minore — ai sensi del terzo comma della disposizione in commento — intenda esprimere una volontà contraria, rispetto alla remissione di querela formulata per suo conto dal rappresentante. Vige dunque qui, nella sua massima espansione, il principio della libertà delle forme. È quindi da reputarsi validamente formulata anche una dichiarazione spedita per posta, nonché priva di autenticazione della sottoscrizione (Cass. V, n. 1854/1993). Profili processuali (rinvio)Può anche sul punto operarsi un integrale rinvio all'esame condotto in relazione all'art. 152. BibliografiaManzini, Trattato di diritto penale italiano, III, Torino, 1950; Romano, in Romano-Grasso-Padovani, Commentario, Parte generale, III, Milano, 2011. |