Codice Penale art. 158 - Decorrenza del termine della prescrizione.Decorrenza del termine della prescrizione. [I]. Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione1.
[II]. Quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal verificarsi di una condizione [44], il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata. Nondimeno, nei reati punibili a querela [120-126], istanza [9, 10, 130] o richiesta [8-11, 127, 313 ], il termine della prescrizione decorre dal giorno del commesso reato. [III]. Per i reati previsti dall’articolo 392, comma 1-bis, del codice di procedura penale, se commessi nei confronti di minore, il termine della prescrizione decorre dal compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa, salvo che l’azione penale sia stata esercitata precedentemente. In quest’ultimo caso il termine di prescrizione decorre dall’acquisizione della notizia di reato 2.
[1] L'art. 1, comma 1, lett. d), l. 9 gennaio 2019, n. 3, ha disposto la sostituzione del presente comma. Tale disposizione, ai sensi dell'art. 1, comma 2, l. n. 3, cit. è entrata in vigore il 1° gennaio 2020. Il testo precedente, come modificato dall'art. 6 , comma 2, l. 5 dicembre 2005, n. 251, che ha soppresso le parole «o continuato» che figuravano dopo la parola «permanente» e le parole «o la continuazione» che figuravano alla fine del comma (v. l'art. 10 l. n. 251, cit., sub art. 157), era il seguente : «Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione [557]; per il reato tentato [56], dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la permanenza». [2] Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 10, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’articolo 1, comma 15, della legge n.103 cit., le disposizioni del suddetto comma si applicano ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge. A norma dell’articolo 1, comma 95, della legge cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quella della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). InquadramentoNel Titolo VI del Libro Primo del Codice è contenuta la regolamentazione legislativa delle cause di estinzione del reato e della pena; al Capo primo, tra le cause estintive del reato, figura poi la prescrizione. La disposizione normativa in esame è stata destinataria degli anni di una significativa riscrittura. Per ciò che attiene all'inquadramento sistematico, alla natura ed alla funzione dell'istituto della prescrizione, è qui possibile operare un integrale richiamo ai commenti già ampiamente espressi nell'analogo paragrafo concernente l'art. 157. Sottolineiamo la portata davvero dirompente che – sullo specifico tema della decorrenza del termine di prescrizione – hanno avuto le modifiche normtive succedutesi negli ultimi anni, a partire dalla l. n. 103/2017, fino alla riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022). Si può sinteticamente anticipare che quest'ultima ha introdotto rilevanti novità in materia di prescrizione, sostituendo la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado con un nuovo regime di improcedibilità per superamento dei termini nei giudizi di impugnazione. Trattasi di interventi normativi volti a rispondere all'esigenza di non lasciare impunite condotte delinquenziali di particolare gravità, soprattutto quelle a danno di soggetti vulnerabili. Si pensi, ad es., ai reati contro i minori, che spesso emergono a distanza di molti anni dalla loro commissione. In tal senso, si conferma la rilevanza dell'art. 157 c.p., che per alcuni reati specifici prevede termini prescrizionali più lunghi o l'esclusione della prescrizione, in linea con l'evoluzione della sensibilità giuridica e sociale sul tema. Mantenere dunque fermo il nesso fra il decorso del termine di prescrizione ed il tempus commissi delicti, significava correre il serio rischio della caduta nell'oblio di tali fatti; disancorare tale termine dal fatto e saldarlo invece al corso della vita della vittima, determina un forte incremento della possibilità che questa – ormai verosimilmente dotata di una più formata e salda personalità, stante il raggiungimento della maggiore età – si risolva a denunciare quanto subito da minorenne. Del resto, il fatto che questo sia lo spirito informatore delle modifiche possa essere agevolmente dedotto dal testo stesso della norma ora modificata; in questa si trova infatti inserita una clausola di riserva, cristallizzata nelle parole «salvo che l'azione penale sia stata esercitata precedentemente». Anche nel caso in cui però – in epoca antecedente rispetto al compimento del diciottesimo anno della persona offesa – sia già stata esercitata l'azione penale, comunque il termine di prescrizione dovrà esser computato a partire dal momento dell'acquisizione della notitia criminis. Sarebbe a dire, ancora una volta, comunque non dal tempo di consumazione del reato. Ricordiamo che tutte le disposizione inserite dalla succitata legge sono applicabili – secondo l'espresso dettato normativo, di cui all'art. 1 comma 15 della stessa – ai fatti commessi in epoca posteriore, rispetto all'entrata in vigore della medesima legge di riforma. Una precisazione legislativa forse superflua, costituendo tale regola il naturale precipitato del meccanismo della successione delle leggi penali nel tempo, di cui all'art. 2, nonché della ormai pacifica natura sostanziale e non processuale delle norme concernenti la prescrizione. Per le modifiche introdotte dalla l. n. 3/2019, con riferimento al reato continuato, v. § 6. Si rammenta come ovviamente anche in questo ambito vigano i principi generali del diritto penale, tra i quali quello del favor rei. Si rammenta Cass. III, n. 7245/2024, secondo la quale il principio del favor rei, secondo cui, in caso di dubbio sulla data di inizio del termine di prescrizione, si deve adottare la data che risulta più favorevole per l'imputato, si applica solo quando c'è un'incertezza totale riguardo alla data di commissione del reato o comunque all'inizio del termine di prescrizione. Non si applica quando è possibile risolvere l'incertezza anche tramite deduzioni logiche. Profili generali (rinvio)Anche in relazione ai profili generali che connotano l'istituto, possono mutuarsi i concetti già enucleati in sede di commento all'art. 157 c.p. La disciplina previgenteFermo restando il momento consumativo del reato, negli ultimi anni, il momento iniziale della prescrizione per il reato continuato è stato più volte riconsiderato dal legislatore. Nella formulazione originaria dell’art. 158, comma 1, c.p., il termine di prescrizione iniziava a decorrere dal momento in cui cessava la continuazione, ossia dalla data in cui veniva commesso l’ultimo atto criminoso rientrante nel medesimo disegno illecito. La riforma operata nel 2005 aveva espunto il riferimento al reato continuato. Ciò determinava un vantaggio per i reati più remoti, che potevano estinguersi prima per decorso dei termini. Prima dell’intervento della l. n. 3/2019 (v. infra), laddove si riteneva sussistente una ideazione unitaria preventiva e pertanto, – per fictio iuris, – si procedeva all’unificazione delle varie fattispecie sotto l’egida normativa del reato continuato, occorreva comunque far riferimento al termine di prescrizione vigente in relazione a ciascuna fattispecie di reato. Il vincolo ex art. 81, veniva allora idealmente scisso al momento dell’individuazione del termine di decorrenza della prescrizione; si aveva quindi a tal fine riguardo al termine stabilito in relazione ad ognuna delle fattispecie accertate, sebbene esse venissero considerate unitariamente secondo l’istituto della continuazione. Successivamente, la l. n. 3/2019, ha ripristinato la versione originaria dell’articolo, facendo nuovamente decorrere la prescrizione dal momento in cui termina la continuazione del reato. Di conseguenza, se un soggetto compie, nell’ambito dello stesso progetto criminoso, una serie di reati come furti, episodi di corruzione o evasione fiscale in momenti differenti, i fatti più datati non potranno più estinguersi anticipatamente per prescrizione. La disciplina attuale in sintesiL'art. 158 c.p. disciplina il momento dal quale inizia a decorrere il termine di prescrizione del reato. La regola generale è quella secondo la quale la prescrizione decorre dal giorno in cui il reato è stato commesso. La norma prevede alcune eccezioni, legate alla particolare natura di certi reati, che saranno a breve esaminate. La funzione dell'art. 158 c.p. è quella di garantire che il termine di prescrizione sia ancorato a un momento che tenga conto della concreta manifestazione del reato e della procedibilità, evitando che l'azione penale si attivi in modo iniquo o prematuro. La decorrenza dal momento consumativo del reatoIl testo della norma in esame – successivo anch'esso al profondo intervento operato dalla succitata legge c.d. ex Cirielli del 2005 – fissa anzitutto la decorrenza iniziale del termine di prescrizione al momento della consumazione dello stesso, laddove appunto si verta in tema di reato consumato. È innanzitutto importante evidenziare che, nella teoria generale del diritto non esiste un consenso unanime sul concetto di consumazione del reato. Alcuni autorevoli studiosi distinguono infatti tra il momento della perfezione e quello della consumazione. Secondo questa prospettiva, un reato si perfeziona quando si realizzano tutti gli elementi essenziali previsti dalla fattispecie incriminatrice nel loro contenuto minimo. La consumazione, invece, si verificherebbe nel momento del raggiungimento della massima gravità concreta della specifica fattispecie perfetta di reato [Mantovani, 427, il quale propone il seguente esempio, molto significativo: “Perfezione e consumazione possono coincidere (es. la lesione personale inferta con un solo colpo di arma) [...]. Oppure non coincidere, come nel caso di reato di lesioni personali inferte con più colpi, che si perfeziona già col primo colpo ma si consuma solo con l'ultimo”. E quindi: “Mentre la perfezione indica il momento in cui il reato è venuto ad esistere, la consumazione indica il momento in cui è venuto a cessare, in cui si chiude l'iter criminis per aprirsi la fase del post factum” (Mantovani, ibidem). Giova peraltro precisare come tale distinzione sia avversata da altra parte della dottrina, a mente della quale la distinzione fra le due categorie concettuali sarebbe il portato di una impropria commistione di piani logici, dati dalla confusione fra l'aspetto della integrazione del modello legale, rispetto a quello invece della valutazione dell'intensità e gravità dell'offesa, rilevante solo ex art. 133, in sede di irrogazione della pena (Fiandaca- Musco, 228). Ai fini che ora interessano e per sola facilità di esposizione, possiamo accettare l'impostazione teorica che tende a far coincidere la consumazione con la realizzazione del fatto nei suoi minimi elementi costitutivi; dal momento consumativo di ciascun paradigma normativo, pertanto, inizierà a decorrere il relativo termine prescrizionale. Nel caso in cui si intenda invece individuare il momento iniziale di decorrenza del termine di prescrizione, in ordine al delitto nella forma tentata, dovrà prendersi in considerazione l'epoca in cui risulti cessata l'attività del soggetto agente. Quando cioè sia stato compiuto l'ultimo segmento di condotta facente parte di quello snodarsi di comportamenti idonei – e diretti in modo non equivoco – alla commissione del reato, che segnano la sussistenza del tentativo punibile. L'attuale veste assunta dalla norma in commento contiene poi – come sarà in seguito meglio sviscerato – il richiamo alla commissione del reato permanente. Qui sarà dunque necessario far riferimento – quale momento iniziale del termine prescrizionale – all'epoca della cessazione della condotta. Infine, vi sono casi nei quali la legge riconnette la punibilità di una data fattispecie di reato al verificarsi di una condizione (v. sul punto il commento all'art. 44). In tal caso, il termine prescrizionale decorrerà dal momento della realizzazione di tale condizione obiettiva di punibilità; però, nei reati procedibili solo a seguito di presentazione di querela, istanza o richiesta, il termine dovrà esser fatto decorrere dalla consumazione del reato. Precisiamo anche che il termine di prescrizione si calcola facendo riferimento al criterio indicato dall'art. 14, comma 2 (dies a quo non computatur), ossia senza tener conto del giorno iniziale (sarebbe a dire, di quello nel quale si collocano – secondo i casi – la consumazione del fatto, il compimento dell'ultimo atto della sequenza criminale, ovvero la cessazione dell'attività illecita). Come da consolidata giurisprudenza, inoltre, il computo inizia con il compimento delle ore zero del giorno iniziale (ossia, del giorno successivo rispetto a quello in cui risulta consumata la previsione incriminatrice) e termina con lo spirare delle ore ventiquattro del giorno finale. Laddove infine siano noti anno e mese di consumazione del reato, ma non se ne conosca il giorno esatto, il principio del favor rei impone di prendere quale riferimento il primo giorno del mese conosciuto. Quanto finora evidenziato trova applicazione anche nel caso del reato progressivo: la descrizione decorre nel momento in cui si raggiunge l'offesa più grave. Per quanto attiene alla lottizzazione abusiva – nella forma cd. negoziale – l'operazione consistente nell'accatastamento del terreno realizza una delle modalità esecutive di tale modello legale. Trattasi di attività rilevante anche allo specifico fine di determinare la permanenza del reato, purché la relativa volontà sia riconducibile ai soggetti attivi della lottizzazione medesima; quindi l'accatastamento medesimo non è una condotta in grado di integrare il suddetto reato permanente, nel caso in cui costituisca niente altro che l'adempimento di un obbligo prescritto dall'amministrazione (Cass. III, n. 37641/2015). È stato recentemente affermato che in materia di lottizzazione abusiva, per determinare il momento consumativo del reato, il quale può protrarsi a causa della sua eventuale natura progressiva, rilevano non solo le condotte consistenti nella realizzazione di interventi edilizi aggiuntivi o che accentuano l'alterazione dell'assetto del territorio stabilito dagli strumenti urbanistici, ma anche quelle volte a consolidare le trasformazioni già effettuate, attraverso modifiche, migliorie o integrazioni del preesistente. Ciò in quanto l'alterazione del suolo persiste sino a quando continuano le attività lottizzatorie che compromettono la destinazione d'uso riservata alla sfera pubblica (Cass. III., n. 37639/2024). Il momento iniziale in relazione al reato permanenteSi tratta, come noto, di quei modelli di reato nei quali la condotta antigiuridica presenta una connotazione stabile, ossia si protrae ininterrotta nel tempo, in ragione della persistente condotta volontaria del soggetto attivo del reato stesso. La norma ora in esame costituisce dunque il frutto, logicamente ineludibile, della natura stessa del reato permanente. Questo presenta infatti una conformazione intimamente unitaria, ferma, immutabile entro un certo arco temporale; una struttura che non è poi possibile frantumare in una pluralità di fattispecie di reato tra loro autonome “essendo unico il bene giuridico leso nel corso della durata dell’azione o dell’omissione, così da renderlo insensibile all’intervento di cause estintive, che operano solo se la permanenza sia cessata” (Diotallevi, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 555). Insomma, la maggioranza degli Autori esprime uniformità di posizioni, circa il fatto che il reato permanente sia una fattispecie di reato unica (Pagliaro, 500). Con la categoria del reato permanente non devono esser confuse le ulteriori schematizzazioni, che hanno condotto molti interpreti della teoria generale del diritto ad individuare anche le figure del reato eventualmente permanente (quello caratterizzato da un’offesa al bene giuridico protetto che viene protratta nel tempo, in base ad un’opzione attuativa del soggetto attivo) e del reato istantaneo con effetti permanenti (che si connoterebbe per il mero prolungarsi delle conseguenze del fatto entro un ampio arco cronologico). Nel ritenerle infatti categorizzazioni sostanzialmente prive di un effettivo substrato contenutistico, riportiamo quanto scritto in proposito: “Non si tratta di categorie peculiari di reati, perché esse si limitano a registrare un mero dato fenomenico, e cioè la circostanza che la lesione al bene protetto può durare per un certo periodo di tempo” (Fiandaca-Musco, 82). Nel reato commissivo permanente In ordine a tali tipologie di condotte, occorrerà aver riguardo – al fine di fissare il dies a quo del termine prescrizionale – al momento della cessazione volontaria della condotta antigiuridica, ovvero anche al momento in cui la prosecuzione della stessa sia divenuta ormai non più consentita al soggetto agente, per effetto dell'intervento di fattori estranei da lui stesso non governabili. In tema di reati edilizi, si è ad esempio scritto che “La permanenza cessa con il completamento dell'opera, comprese le rifiniture, ovvero con la totale sospensione dei lavori, sia essa volontaria o dovuta a provvedimento autoritativo (sequestro, ordinanza di sospensione dei lavori od altro); oppure, nell'ipotesi in cui i lavori siano proseguiti successivamente all'accertamento senza che sia intervenuto alcun provvedimento sospensivo, fino alla sentenza di condanna di primo grado” (Sandulli, 520). In tema di sequestro di persona, che si condigura quando l'autore impone una limitazione alla libertà di movimento della vittima, si è detto che la prescrizione del reato decorre dal momento in cui cessa la condotta illecita, ossia quando la vittima riacquista la libertà (Cass. II, n. 6709/2020). La permanenza del reato di costruzione in violazione della normativa antisismica perdura fino alla persistenza dell'attività costruttiva. Ciò è conseguenza del fatto che non è previsto un obbligo – la cui violazione sia accompagnata da sanzione penale – di procedere all'eliminazione degli abusi, posto che peraltro tale obbligo sarebbe in contrasto con il disposto dell'art. 25 l. n. 64/1974, che prevede l'ordine di demolizione, in caso di estinzione del reato per qualsiasi causa, (Cass. III, n. 8100/1994). In tema di reati edilizi, fermo l'onere per l'accusa di provare la data di inizio della decorrenza del termine di prescrizione, grava sull'imputato, che intenda giovarsi di tale causa estintiva allegare gli elementi in suo possesso, dei quali sia il solo a poter disporre, idonei a fissare una data di decorrenza diversa da quella risultante dagli atti, non essendo sufficiente una sua mera affermazione difensiva a far ritenere il reato realmente estinto per prescrizione, né a determinare l'incertezza assoluta sulla data del commesso reato che rende applicabile il principio “in dubio pro reo” (Cass. II, n. 4422/2024). In relazione al delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, che ha natura di reato permanente, allorquando la condotta sia riportata in incolpazione mediante la sola specificazione della data iniziale, il termine prescrizionale inizierà il proprio iter dalla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado e non dal momento dell'emissione del decreto di citazione. Questo nel caso in cui – in corso di dibattimento – emerga la protrazione della condotta antigiuridica anche in epoca successiva all'esercizio dell'azione penale (Cass. VI, n. 33220/2015; nello stesso senso si è espressa Cass. VI, n. 16561/2016). Nel reato omissivo permanente In relazione a tale categoria dogmatica, occorre operare una differenziazione. Esistono infatti tipologie di reato in ordine alle quali è legislativamente fissato un termine ultimo, di natura perentoria per l’adempimento; l’inutile spirare di tale termine integra il momento realizzativo di tali fattispecie, alle quali dovrà pertanto attribuirsi natura istantanea. Qui infatti il compimento dell’azione dovuta – in momento successivo allo spirare del termine previsto – è impossibile per il soggetto agente. Allorquando invece sia fissato un termine non ultimativo, bensì ordinatorio, l’inutile spirare di tale termine vale solo quale momento qualificativo dell’antigiuridicità della condotta. È però riservata al soggetto la possibilità di compiere comunque l’azione tipica dovuta, elidendo così la situazione contra legem. In tale ultimo caso – appunto, nel reato omissivo permanente – la permanenza cessa con il compimento del comportamento obbligatorio ignorato; ovvero, in mancanza di adempimento, con la pronuncia della sentenza di primo grado. Ad ogni modo, si rimanda alla lettura della giurisprudenza sotto riportata. Segue... e nel caso di concorso formale di reatiIl reato abituale, come noto, postula la sussistenza di una serie di fatti i quali – laddove isolatamente considerati – potrebbero anche non costituire delitto; fatti che però rinvengono la ratio dell'antigiuridicità penale proprio nella loro ripetizione, in quella reiterazione che si prolunga entro un esteso arco cronologico, che appunto ha natura non istantanea ed episodica. La corrente invisibile che lega i singoli episodi – costituenti o meno reato, nella loro singolarità – è data dalla persistenza dell'elemento intenzionale. In altri termini, per reato abituale si intende “un reato il cui fatto esige la ripetizione, anche ad apprezzabile distanza di tempo, di una serie di azioni od omissioni: con la conseguenza che un singolo atto del tipo descritto nella norma incriminatrice non integrerà la figura legale del reato in questione” (Marinucci , 310) . I singoli fatti di prevaricazione, pertanto, devono esser legati dal tratto comune dell'abitualità, avente natura oggettiva, nonché dalla immutabilità del necessario coefficiente doloso. Il termine iniziale di prescrizione – in relazione a tali fattispecie – dovrà esser fissato al momento del compimento dell'ultimo fatto, che appaia evocativo dell'abitualità del reato. È stato affermato in giurisprudenza che “in tema di atti persecutori, il termine di prescrizione, per la natura abituale del reato, decorre, in caso di contestazione “aperta” dal momento in cui cessa il compimento dell'ultimo degli atti della sequenza criminosa integrativa dell'abitualità, ove emerga dalle risultanze processuali” (Cass, V, n. 12498/2022). Certamente peculiare il tema del c.d. reato eventualmente abituale. Trattasi di un reato che, di per sé, può essere consumato anche con una sola condotta, ma che, se ripetuto nel tempo, assume una connotazione di abitualità. Recentemente, è stata riconosciuta tale natura al delitto di esercizio molesto dell'accattonaggio, potendo il medesimo essere integrato tanto da un singolo fatto qunato dalla reiterazione di una pluralità di fatti omogenei. In tale occasione, è stato affermato che “i termini di prescrizione decorrono dal compimento dell'ultimo atto antigiuridico, in quanto solo in tale momento cessa il pericolo di lesione dei beni tutelati dalla norma incriminatrice” (Cass. I, n. 29233/2024). La consumazione del reato di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti si realizza con il compimento dell'ultimo atto antigiuridico, sicché, nei confronti del concorrente eventuale, il dies a quo del termine di prescrizione non coincide necessariamente con il momento in cui è cessato il suo contributo materiale, laddove quest'ultimo, salvo il caso di percepibile dissociazione dell'attività illecita, costituisca concausa dei successivi atti giuridici dell'autore della condotta principale (Cass. III. N. 41583/2021). Segue … e in relazione al reato continuato (modifiche introdotte dalla l. n. 3/2019)La l. n. 3/2019 (”Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”), ha modificato il primo comma dell'articolo in commento, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2020, sostanzialmente ripristinando – sul punto specifico della decorrenza del termine di prescrizione – il quadro normativo esistente in epoca antecedente, rispetto all'intervento dell'art. 6, comma 2, l. n. 251/2005. Si prevede dunque che il termine di prescrizione inizi a decorrere, in relazione al reato continuato, dal giorno in cui cessi la continuazione stessa. La riforma è stata ispirata alla considerazione della natura sostanzialmente unitaria del reato continuato, che solo apparentemente risulta frazionabile nei singoli reati che lo compongono; i segmenti di condotta sono pertanto tra loro inscindibilmente avvinti, rappresentando niente altro, se non tappe intermedie di un percorso criminoso di carattere unitario. Un iter criminis unico, che giunge alla conclusione soltanto con la commissione dell'ultimo dei fatti, che sono stati oggetto di ideazione preventiva. Restano ovviamente ferme le ulteriori previsioni – inerenti alla decorrenza del termine di prescrizione in presenza di reato consumato, tentato o permanente – contenute nella norma in commento. In sostanza, si ritorna all'idea primigenia dell'istituto, che è quella di far partire il computo del termine di prescrizione dal momento in cui possa considerarsi definitivamente cessata ogni situazione di illiceità (Mantovani, 830). Non è comunque forse superfluo ricordare il principio generale in base al quale – in sede di calcolo della prescrizione e in presenza di una situazione di incertezza, in ordine alla collocazione del tempus commissi delicti – il momento iniziale del termine deve essere sempre fissato secondo il criterio maggiormente favorevole per l'imputato. Il principio secondo il quale in dubio pro reo ha infatti una portata applicativa che è onnicomprensiva, quindi estesa anche alle cause estintive del reato (in giurisprudenza si potrà vedere, fra tante, Cass. II, n. 3292/2005). La modifica normativa operata nel 2019 ha detto ad una reviviscenza del regime ante-Cirielli in tema di inizio del termine di prescrizione, con riferimento ai casi nei quali possa individuarsi una unicità di disegno criminoso. Ritenendo pertanto tornati pienamente in vigore i principi di diritto enucleati dalla giurisprudenza sotto la vigenza di tale sistema, ne riportiamo una ampia panoramica. a ) L'inizio del decorso del termine di prescrizione è fissato al momento della cessazione della continuazione, in quanto il reato continuato è considerato dalla norma alla stregua di un'unità reale, come tale non passibile di alcun frazionamento nei singoli fatti che lo compongono, abbiano essi natura istantanea o permanente. La prescrizione inizia quindi a decorrere dal momento della cessazione della continuazione, in relazione a tutti i reati unificati nella figura complessa ex art. 81; ossia dalla consumazione dell'ultimo dei reati avvinti dal vincolo della continuazione, fermo restando il termine di prescrizione che è proprio di ognuno dei reati (Cass. IV, n. 46546/2004; conf. Cass. VI, n. 10404/1992 e Cass. III, n. 6155/1990); b ) Il principio secondo il quale il termine di prescrizione è legato al momento finale del reato continuato, opera anche laddove l'esistenza del vincolo ex art. 81 non sia oggetto di espressa enunciazione in imputazione, ma venga ritenuto al momento dell'emissione della sentenza. Ciò in quanto – nell'ambito dell'estinzione per prescrizione – la continuazione costituisce un fenomeno unitario; il relativo termine non può pertanto iniziare a decorrere, fin quanto la condotta facente parte dell'ideazione unitaria preventiva sia ancora in fase di svolgimento (così Cass. III, n. 16090/1990 eCass. I, n. 2809/1998; nello stesso senso, si veda Cass. II, n. 42790/2003). c ) L'inizio del termine di prescrizione è legato alla cessazione della continuazione e della permanenza: da un lato si considera il reato continuato alla stregua di un'unità reale non scindibile nei singoli fatti costituenti reato, dai quali essa è composta (indifferentemente dal fatto che si tratti di reati istantanei o permanenti), per cui la prescrizione origina dalla cessazione della continuazione per tutti i reati unificati nella complessa figura prevista dall'articolo 81 cpv.; dall'altro, laddove si sia in presenza di un reato a condotta permanente, il termine di prescrizione decorrerà dalla cessazione della permanenza della condotta criminosa (coincidente questa con il momento dell'esaurimento della condotta stessa in ragione della realizzazione dello scopo al quale essa tendeva, ovvero coincidente con l'elisione del connotato di antigiuridicità della condotta stessa, o con la desistenza del reo, o con l'intervento preventivo dell' A.G., oppure con la pronuncia di una sentenza di condanna in primo grado (Cass. III, n. 7878/1999). d ) Allorquando si riconosca la sussistenza del vincolo della continuazione, si può escludere il cumulo giuridico che ne derivi, se esso abbia a rivelarsi maggiormente afflittivo rispetto al cumulo materiale delle pene; non è però possibile escludere l'accertamento dell'unicità del disegno criminoso, per il fatto che il termine prescrizionale di ciascun reato decorre dalla data di cessazione della continuazione a norma dell'art. 158. Nella prima ipotesi, la continuazione non può infatti determinare un risultato confliggente con la sua ratio, che consiste nello stabilire una pena unitaria derivante dall'esistenza di una ideazione preventiva dei singoli reati, con esclusione del cumulo materiale. Nella seconda ipotesi, invece, essa non può essere disapplicata per assicurare un vantaggio non congruo, rispetto a tale ragione di previsione, visto che l'art. 158 postula proprio la statuizione di unicità del reato (Cass. V, n. 5097/2000). e )Cass. I, n. 43006/2005 ha poi ribadito come la prescrizione in presenza di continuazione parta dalla consumazione dell'ultimo dei reati avvinti da tale vincolo, facendo salvo il tempo di prescrizione che è proprio di ogni singolo reato e anche laddove il vincolo, non rientrante nell'imputazione, venga poi ritenuto in sentenza. Ha però chiarito come faccia eccezione il caso in cui il Giudice abbia pronunciato sentenza di non luogo a procedere ex art. 129 c.p.p.; in questa ipotesi, infatti, non è più consentito procedere al recupero del reato che sia stato già dichiarato estinto, unificandolo sotto il vincolo della continuazione con gli altri. f ) Laddove per alcuni dei reati uniti dal vincolo della continuazione spiri il termine di prescrizione, deve procedersi ad immediata declaratoria di estinzione ex art. 129 c.p.p.; non è invece consentito applicare la continuazione tra i reati, con conseguente decorrenza del termine prescrizionale dalla data di cessazione della consumazione, come previsto dall'art. 158 (Cass. fer., n. 32194/2002). g ) Al ricorrere dell'unicità del disegno criminoso, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la continuazione; il periodo di tempo occorrente perché tale termine maturi, resta però quello previsto in relazione ai singoli reati uniti in continuazione (Cass. S.U., n. 10928/1981 e Cass. S.U., n. 2780/1996). h ) Nel caso in cui – in relazione ad una delle violazioni contenute nell'incolpazione – venga emessa declaratoria di estinzione per prescrizione, non è poi più ammissibile far decorrere il più esteso termine prescrizionale in relazione alle residue fattispecie contestate dal momento, eventualmente successivo, in cui si collochi la violazione dichiarata prescritta. Ciò in quanto – mediante la declaratoria di estinzione per prescrizione – viene eliminata la possibilità di giungere ad un accertamento circa la penale responsabilità dell'imputato; il reato dichiarato estinto non può pertanto mai – a nessun effetto penale – esser ritenuto unificato dal vincolo della continuazione rispetto agli altri, né tale vincolo può essere preso in considerazione ai limitati fini di posporre la decorrenza del termine di prescrizione, in ordine alle altre fattispecie non estinte (Cass. I, n. 30802/2002). Segue. .. e nel caso di concorso formale di reatiSul punto, giova precisare come l’art. 81 funga da elemento unificatore ai soli fini della pena. Per ciò che invece attiene all’individuazione del dies a quo del termine prescrizionale, sarà necessario stabilirlo in relazione a ciascuna fattispecie di reato. Sarà quindi necessario avere riguardo al momento di consumazione di ognuno dei reati; i quali reati sono espressione di una unicità che è solo ricostruita ex post (sarebbe a dire che essa ha una connotazione fittizia, piuttosto che reale). Segue. .. e nel caso di concorso formale di reatiCertamente problematica la questione concernente l'individuazione del dies a quo in caso di reati a schema alternativo. Ancor prima, ci si interroga in relazione a quando possa dirsi che siffatto schema delittuoso sia giunto a consumazione. Il reato si perfeziona attraverso condotte alternative, ciascuna delle quali integra il fatto tipico e lede il bene giuridico tutelato dalla norma. Sebbene il bene giuridico protetto rimanga invariato, l'intensità dell'offesa può variare a seconda della condotta commessa. La norma prevede due condotte alternative: se una di esse (quella più grave) viene commessa insieme all'altra, quest'ultima è assorbita dalla prima. Un esempio classico di questo tipo di reato è il reato di corruzione. In questo schema delittuosa, sia la promessa che la dazione di danaro integrano il reato. Quindi, se viene fatta la promessa, anche senza dazione, il reato viene integrato. Si parla di una sorta di climax ascendente tra l'accettazione della promessa e la ricezione dell'utilità. Quando alla promessa segue l'accettazione, è in quel momento che il reato si consuma. È quindi in quel momento che decorre la prescrizione (Cass. VI, n. 15641/2023) Nei reati assoggettati a condizione obiettiva di punibilità o a condizione di procedibilitàNel primo caso – ossia quando sono previste condizioni obiettive di punibilità – il momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale è fissato al giorno del verificarsi della condizione stessa; nel secondo caso invece – laddove sia prevista una condizione di procedibilità quale la querela, l'istanza o la richiesta – tale termine coinciderà con il tempus commissi delicti. Si è condivisibilmente osservato come il motivo di tale differenziazione sia pacificamente da rintracciare nella diversa natura dei due istituti. Le condizioni obiettive di punibilità infatti – sebbene in posizione, come dire, defilata rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie – sono comunque riconducibili entro l'alveo dei requisiti materiali prodromici rispetto al profilo della punibilità; le condizioni di procedibilità sono invece intrinsecamente avulse rispetto al nucleo essenziale della figura tipica e attengono solo al versante processuale della vicenda (Romano, 78). Nei reati procedibili a querela “il termine di decorrenza della prescrizione va computato dalla data del commesso reato e non da quello di presentazione della querela” (Cass. II, n. 43339/2023). D'altra parte, trova applicazione l'art. 158, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui stabilisce che, per i reati perseguibili a querela (istanza o richiesta), il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla data in cui il reato è stato commesso. Non ci si trova, infatti, nella situazione di una condizione oggettiva di punibilità, che è invece disciplinata – secondo la dottrina prevalente – dalla prima parte della norma in questione, la quale prevede che la punibilità decorra dal momento in cui si verifica la condizione di punibilità. È vero che l'avverbio “nondimeno” lascia intendere che le due situazioni citate non siano necessariamente incompatibili, potendo configurarsi una terzia, quale quella di un reato condizionato che sia anche perseguibile a querela; in tale eventualità, evidentemente, la prescrizione inizierà a decorrere dal momento in cui si verifica la condizione di punibilità. Nel caso specifico, invece, poiché non sussiste alcuna condizione di procedibilità, il termine di prescrizione deve necessariamente decorrere dalla data in cui il reato è stato commesso. Un orientamento giurisprudenziale (Cass. V, n. 13910/2017) ha qualificato la sentenza dichiarativa di fallimento – in quanto accadimento avulso rispetto alla sfera tipica dell'offesa, nonché estraneo alla sfera volitiva del soggetto agente – alla stregua di una condizione estrinseca di punibilità. Condizione dunque che riduce l'area del penalmente rilevante, imponendo la punizione del colpevole esclusivamente laddove al fatto del debitore – già intrinsecamente lesivo degli interessi dei creditori – consegua la dichiarazione di fallimento. Tale impostazione ermeneutica non determina però modifiche, nella disciplina operativa adoperabile in materia di prescrizione. Deve infatti trovare applicazione la regola generale dettata dal secondo comma della norma in commento, secondo la quale – laddove la punibilità di una determinata fattispecie sia correlata al verificarsi di una condizione obiettiva – il termine di prescrizione inizierà a decorrere dall'epoca di verificazione della condizione stessa. Tra le condizioni di procedibilità, merita un cenno il profilo concernente la presenza del reo nel territorio dello Stato. Difatti, con specifico riguardo al delitto comune commesso all'estero dal cittadino italiano, ai sensi dell'art. 9 c.p. la giurisdizione italiana è fondata dalla presenza del cittadino nel territorio dello Stato. La giurisprudenza ha affermato che siffatta condizione deve preesistere all'esercizio dell'azione penale; una volta avverata, non viene meno per effetto dell'eventuale allontanamento, non potendo una condizione di procedibilità essere rimessa alla libera scelta dell'imputato (Cass. VI, n. 19335/2023). Nei reati commessi in danno di minoriLa riforma introdotta di cui alla l. n. 103/2017 ha modificato il termine iniziale di decorrenza, in relazione ai reati inseriti nella previsione di cui all’art. 392, comma 1-bis, c.p.p., quando commessi in danno di minori. Si prevede dunque in tal caso che il termine suddetto non debba coincidere con la consumazione del reato, bensì debba esser fissato al momento del compimento – da parte della persona offesa dal reato – della maggiore età. La chiarissima ratio della norma è stata già esaminata nel § 1. Si potrà qui ricordare come l’art. 392-bis c.p.p. contenga l’elencazione di una serie di ipotesi delittuose di particolare gravità e tali da destare notevole allarme sociale (si spazia dai maltrattamenti in famiglia alla riduzione in schiavitù; dalla prostituzione minorile alla detenzione di materiale pedopornografico; dai fatti di violenza sessuale al delitto di atti persecutori). Quando tali fatti vengano perpetrati in danno di soggetti appartenenti ad una tipica fascia debole – quale appunto quella rappresentata dai minori – è allora coerente con il sistema e con i principi costituzionali traslare avanti nel tempo la fissazione del momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale. Profili processualiPer ciò che attiene al tema della prova da fornire in giudizio, segnaliamo quanto segue. Il Supremo Collegio ha evidenziato come l'onere di allegare elementi di prova, dai quali si possa desumere una decorrenza del termine di prescrizione che sia diversa da quella risultante dagli atti, gravi sull'imputato. Quindi, colui che in dibattimento intenda anticipare la data di consumazione di una certa fattispecie riportata in incolpazione, ha poi anche lo specifico compito di introdurre nell'incarto processuale quegli elementi di valutazione e conoscenza, che consentano di fissare la consumazione del reato a data diversa, rispetto a quella risultante dagli atti, con conseguente spostamento dell'inizio e della fine del relativo termine di prescrizione (Cass. III, n. 27061/2014). Il decreto penale di condanna, nel caso di contestazione aperta priva dell'indicazione della data di cessazione della condotta illecita, pone fine alla permanenza del reato nel momento in cui viene emesso. Ciò avviene in quanto rappresenta l'atto che delimita l'oggetto del giudizio, indipendentemente dal fatto che diventi irrevocabile o venga revocato in seguito a un'opposizione (Cass. VI, n. 4919/2025) . BibliografiaBeltrani, “Prescrizione del reato”, in ilPenalista.it, 15 luglio 2015; Cardile, Zanotti, “Le diverse declinazioni della rinnovata disciplina della prescrizione, in Insolera, “ La legislazione penale compulsiva”, Padova, 2006; Fiandaca-Musco, Diritto penale - Parte generale, Bologna, 1985; Mantovani, Diritto Penale, Parte generale,Padova, 1992; Micheletti, “Commento all’art. 10 l. 5.12.2005, in LP, 2006; Padovani, “Una novella piena di contraddizioni che introduce disparità inaccettabili, in G. Dir., 2006;Pagliaro, Principi di diritto penale, Milano, 1980; Romano, in Romano-Grasso-Padovani, Commentario, Parte generale, III, Milano, 2011; Sandulli, Testo Unico dell'edilizia, Milano, 2004. |