Codice Penale art. 159 - Sospensione del corso della prescrizione 1 2 .[I]. Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei casi di: 1) autorizzazione a procedere, dalla data del provvedimento con cui il pubblico ministero presenta la richiesta sino al giorno in cui l'autorità competente la accoglie;3 2) deferimento della questione ad altro giudizio, sino al giorno in cui viene decisa la questione;4 3) sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore. In caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l'udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell'impedimento, dovendosi avere riguardo in caso contrario al tempo dell'impedimento aumentato di sessanta giorni. Sono fatte salve le facoltà previste dall'articolo 71, commi 1 e 5, del codice di procedura penale; 3-bis) pronuncia della sentenza di cui all'articolo 420-quater del codice di procedura penale ;5 3-ter) rogatorie all'estero, dalla data del provvedimento che dispone una rogatoria sino al giorno in cui l'autorità richiedente riceve la documentazione richiesta, o comunque decorsi sei mesi dal provvedimento che dispone la rogatoria 678.
[II]. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione.9 [III]. Quando è pronunciata la sentenza di cui all'articolo 420-quater del codice di procedura penale il corso della prescrizione rimane sospeso sino al momento in cui è rintracciata la persona nei cui confronti è stata pronunciata, ma in ogni caso non può essere superato il doppio dei termini di prescrizione di cui all'articolo 15710.
[1] Articolo così sostituito dall'art. 6 , comma 3, l. 5 dicembre 2005, n. 251. V. l'art. 10 l. n. 251, cit., sub art. 157. Il testo dell'articolo, come modificato dall'art. 1, l. 5 ottobre 1991 n. 320, e successivamente dall'art. 15 l. 8 agosto 1995, n. 332, era il seguente: «[I]. Il corso della prescrizione rimane sospeso nei casi di autorizzazione a procedere, o di questione deferita ad altro giudizio, e in ogni caso in cui la sospensione del procedimento penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge. [II]. La sospensione del corso della prescrizione, nei casi di autorizzazione a procedere di cui al primo comma, si verifica dal momento in cui il pubblico ministero effettua la relativa richiesta. [III]. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione. In caso di autorizzazione a procedere, il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui l'autorità competente accoglie la richiesta». [2] Con riferimento alle misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, v. art. 24, d.l. 9 novembre 2020, n. 149, per la sospensione del corso della prescrizione (dall'entrata in vigore del citato decreto fino al 31 gennaio 2021, v. anche comma 2 dell'art. 24). Successivamente l'intero decreto è stato abrogato dall'articolo 1, comma 2, della legge 18 dicembre 2020, n. 176. Precedentemente la sospensione era stata operata dall 'art. 83, comma 9, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv., con modif., in l. 24 aprile 2020, n. 27, v. successivamente la sentenza di illegittimità costituzionale dell'art. 83, comma 9 cit. operata dalla Corte cost. n, 140/2021 (Gazzetta Ufficiale n. 27 del 7 luglio 2021). Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto. V. ora l'art. 23-ter del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., in l. 18 dicembre 2020, n. 176. [3] I numeri 1) e 2) sono stati sostituiti dall'art. 1, comma 11, lett. a), n. 1, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell'articolo 1, comma 15, della legge n. 103 cit., le disposizioni del suddetto comma si applicano ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge. A norma dell'articolo 1, comma 95, della legge cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quella della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). Il testo dei numeri era il seguente: «1) autorizzazione a procedere; 2) deferimento della questione ad altro giudizio». [4] I numeri 1) e 2) sono stati sostituiti dall' art. 1, comma 11, lett. a), n. 1, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell'articolo 1, comma 15, della legge n. 103 cit., le disposizioni del suddetto comma si applicano ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge. A norma dell'articolo 1, comma 95, della legge cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quella della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). Il testo dei numeri era il seguente: «1) autorizzazione a procedere; 2) deferimento della questione ad altro giudizio». [5] Numero così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. i), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Il testo come aggiunto dall'art. 12, l. 28 aprile 2014 n. 67 , era il seguente: «3-bis) sospensione del procedimento penale ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale». Ai sensi del comma 1 dell'art. 15-bis l. n. 67, cit., inserito dall'art. 1 l. 11 agosto 2014, n. 118, tale disposizione si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore (17 maggio 2014) della suddetta l. n. 67, cit., « a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado ». Il successivo comma 2 del predetto art. 15-bis stabilisce che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, « le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della [suddetta] legge continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della [medesima] legge quando l'imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità ». [6] Numero aggiunto dall'art. 1, comma 11, lett. a), n. 2, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell'articolo 1, comma 15, della legge n. 103 cit., le disposizioni del suddetto comma si applicano ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge. A norma dell'articolo 1, comma 95, della legge cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quella della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). [7] La Corte costituzionale, con sentenza 25 marzo 2015, n. 45, , nella versione precedente alla modifica operata dalla l. 2017, n. 103, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma, nella parte in cui: «ove lo stato mentale dell'imputato sia tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento e questo venga sospeso, non esclude la sospensione della prescrizione quando è accertato che tale stato è irreversibile». [8] Seguiva un secondo comma abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. a), l. 27 settembre 2021, n. 134, in vigore dal 19 ottobre 2021. Il testo del comma, come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. e), n. 1, l. 9 gennaio 2019, n. 3, era il seguente: "Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell'irrevocabilità del decreto di condanna". Precedentemente il comma abrogato era stato inserito dall'art. 1, comma 11, lett. b), l. 23 giugno 2017 n. 103 cit. con il seguente testo: « Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso nei seguenti casi: 1) dal termine previsto dall'articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi; 2) dal termine previsto dall'articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi». L' originale secondo comma è stato poi abrogato dall'art. 1, comma 11, lett. c), l. 23 giugno 2017, 103. Ai sensi dell'articolo 1, comma 15, della legge n. 103 cit., le disposizioni del suddetto comma si applicavano ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge. A norma dell'articolo 1, comma 95, della legge n. 103 cit., la stessa legge entrava in vigore il trentesimo giorno successivo a quella della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). Il testo del comma abrogato era il seguente: « Nel caso di autorizzazione a procedere, la sospensione del corso della prescrizione si verifica dal momento in cui il pubblico ministero presenta la richiesta e il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui l'autorità competente accoglie la richiesta». Seguivano due commi abrogati dall'art. 1, comma 1, lett. e), n. 2, l. 9 gennaio 2019, n. 3, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2020, ai sensi dell'art. 1, comma 2, l. n. 3. Il testo dei commi, come inseriti dall' art. 1, comma 11, lett. b), l. 23 giugno 2017, n. 103 cit., era il seguente: I periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere dopo che la sentenza del grado successivo ha prosciolto l'imputato ovvero ha annullato la sentenza di condanna nella parte relativa all'accertamento della responsabilità o ne ha dichiarato la nullità ai sensi dell'articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, del codice di procedura penale. - Se durante i termini di sospensione di cui al secondo comma si verifica un'ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini sono prolungati per il periodo corrispondente." . [9] Seguiva un comma abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. a), l. 27 settembre 2021, n. 134, in vigore dal 19 ottobre 2021. Il testo del comma, come inserito dall'art. 12, l. 28 aprile 2014 n. 67 , era il seguente: "Nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale, la durata della sospensione della prescrizione del reato non può superare i termini previsti dal secondo comma dell'articolo 161 del presente codice". [10] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. i), n. 2, d.lgs. n. 150, cit. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. InquadramentoNel Titolo VI del Libro Primo del Codice è contenuta la regolamentazione legislativa delle cause di estinzione del reato e della pena; al Capo primo, tra le cause estintive del reato, figura la prescrizione. L'attuale veste di tale disposizione normativa è il risultato, in primo luogo, dell'intervento dell'art. 6 l. n. 251/2005 (c.d. legge ex Cirielli). Con riferimento all'inquadramento sistematico, alla natura ed alla funzione dell'istituto della prescrizione, si può effettuare operare un integrale rinvio al commento contenuto nell'analogo paragrafo concernente l'art. 157. La sospensione della prescrizione è un istituto che determina l'arresto temporaneo del decorso del termine prescrizionale , che riprende a decorrere una volta cessata la causa sospensiva. La disciplina della prescrizione è stata oggetto di profonde modifiche nel corso degli ultimi anni, dapprima con la riforma del 2017 (l. n. 103/2017) e successivamente con gli interventi del 2019 (l. n. 3/2019) La riforma del 2017 aveva introdotto specifiche ipotesi di sospensione della prescrizione, come nei casi di richiesta di autorizzazione a procedere e di deferimento della questione ad altro giudizio , stabilendo che il termine di prescrizione rimanesse sospeso per tutta la durata della procedura. Inoltre, veniva prevista la sospensione nel caso di rogatorie internazionali , fino alla ricezione della relativa documentazione o comunque per un massimo di sei mesi. Queste modifiche rispondevano all'esigenza di garantire certezza nella durata delle sospensioni, evitando il rischio di una prescrizione eccessivamente dilatata nel tempo. Successivamente, la riforma Bonafede del 2019 ha inciso ulteriormente sull'istituto, introducendo un meccanismo che bloccava definitivamente il decorso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado , sia in caso di condanna che di assoluzione. Tale intervento ha sollevato molteplici perplessità, in quanto rischiava di determinare una situazione di stallo processuale che avrebbe potuto portare ad un significativo allungamento dei tempi senza un limite massimo. La l. n. 134/2021, entrata in vigore il 19 ottobre 2021 (cd. Riforma Cartabia), ha poi introdotto rilevanti modificazioni nel sistema penale e processualpenalistico. Recependo le numerose richieste provenienti dall'U.E. e dalla Cedu, il Legislatore italiano ha infatti cercato di affrontare il problema della esagerata durata dei processi, soprattutto nella fase delle impugnazioni. Accanto quindi alla prescrizione di tipo sostanziale, viene ora inserita una nuova forma di improcedibilità, che realizzerà la cd. prescrizione processuale. Quest'ultima è ora disciplinata dal nuovo art. 344-bis (introdotto dall'art. 2 l. 134/2021e la cui rubrica è appunto intitolata “improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione”). La prescrizione invece di natura sostanziale viene regolamentata, sostanzialmente sul solco della precedente legge cd. Bonafede, mediante le modifiche introdotte agli artt. 159 e 160, nonché per il tramite dell'introduzione del nuovo art. 161-bis. Tale ultima disposizione codicistica stabilisce la definitiva cessazione del termine di prescrizione, al momento della pronuncia della sentenza di primo grado (sia essa di condanna o di assoluzione); tale cessazione, prescindendosi dalla terminologia adoperata dal Legislatore, non è evidentemente definitiva, atteso che un eventuale intervento demolitorio della pronuncia d'appello comporterà la ripresa del termine di prescrizione (è infatti previsto che, in presenza di un annullamento con regressione del procedimento al primo grado o anche a una fase anteriore, la prescrizione riprenda il suo corso, a decorrere dalla pronuncia di annullamento). Per quanto riguarda l'articolo in esame, la riforma Cartabia ha innanzitutto eliminato il secondo comma, che in precedenza attribuiva alla sentenza di primo grado e al decreto penale di condanna un effetto sospensivo sulla prescrizione; vi era stata unanimità di vedute, da parte di tutti i commentatori della norma, circa l'incoerenza semantica e lessicale del ricorso al concetto della sospensione (un termine che resti sospeso, ma che non sia destinata a riprendere al venire meno della ragione della sospensione, quindi una sospensione che presenti il connotato della definitività, in realtà non è altro che una cessazione). L'eliminazione di questo comma è stata compensata dall'introduzione del nuovo art. 161-bis c.p., il quale stabilisce che la sentenza di primo grado, indipendentemente dall'esito, determini la cessazione della prescrizione. Contestualmente, la stessa riforma (l. n. 134/2021) ha ricollocato il decreto penale di condanna nell'ambito dell'art. 160 c.p., assegnandogli un ruolo puramente interruttivo della prescrizione. Si può aggiungere, in particolare, che lo specifico istituto della sospensione della prescrizione trae la sua origine dogmatica e funzionale dalla situazione di stallo in cui viene a trovarsi – in dipendenza di determinate evenienze – l'autorità giudiziaria procedente. Al ricorrere infatti di determinate condizioni stabilite dalla legge stessa, l'azione penale resta sospesa e con essa lo snodarsi del relativo procedimento; il logico corollario dell'esistenza di tale fatto ostativo, ovviamente, consiste nella sospensione del decorso del tempo utile a prescrivere, fino alla eliminazione di tale fattore di blocco. Si è infatti sottolineato come la disposizione normativa in esame sia direttamente collegata alla condizione di inerzia obbligata nella quale si viene a trovare l'organo procedente; una condizione che rimuove la funzione del decorso del tempo, quale elemento evocativo del venire meno della volontà punitiva statale (Pisa, 89). Giova precisare come la sospensione operi esclusivamente nei casi tassativamente indicati dalla norma. Modifiche dalla legge n. 134/2021 e dal d.lgs. n. 31/2024La l. n. 134/2021, nota come Riforma Cartabia, ha introdotto significative modifiche in materia di prescrizione del reato. In particolare, l'art. 2, comma 1, lett. a), ha abrogato il secondo comma dell'art. 159 c.p., eliminando la sospensione del corso della prescrizione a seguito della pronuncia della sentenza di primo grado o dell'emissione del decreto penale di condanna. Contestualmente, è stato introdotto l'art. 161-bis, che prevede la cessazione definitiva del corso della prescrizione al momento della pronuncia della sentenza di primo grado, indipendentemente, dall'esito (condanna o assoluzione). Il decreto penale di condanna, invece, assume una funzione meramente interruttiva del corso della prescrizione, come stabilito dall'art. 160 c.p. Tra gli interventi correttivi e integrativi di natura sostanziale legati al codice penale, rileva in tema di sospensione della prescrizione l'art. 8 del d.lgs. n. 31/2024. Questa norma ha introdotto un nuovo comma 5-bis nell'art. 89 del d.lgs. n. 150/2022, stabilendo che, nei procedimenti a reati per i quali non si applica l'art. 150, comma 1, n. 3-bis c.p., come modificato dal d.lgs. n. 150/2022, il termine per le ricerche dell'imputato assente (art. 420-quater, comma 3, c.p.p.) coincida con il termine di prescrizione previsto per il reato contestato. Per comprendere l'effettiva portata di questa modifica, è necessario richiamare le innovazioni introdotte in tema di sospensione della prescrizione dell'art. 1, lett. i), del d.lgs. n. 150/2022. A partire dal 30 dicembre 2022 (data di entrata in vigore della riforma Cartabia), il legislatore delegato ha operato due interventi coordinati. In primo luogo, ha riformulato il n. 3-bis dell'art. 159 c.p., sostituendo il riferimento alla sospensione del procedimento per irreperibilità dell'imputato (prevista nel previgente art. 420-quater c.p.o.) con la nuova previsione della sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo. Questa sentenza, revocabile, consente di avviare un periodi di ricerca del prosciolto, con possibilità di riaprire il processo, qualora questi venga successivamente rintracciato. In secondo luogo, è stato aggiunto un ulteriore capoverso all'art. 159 c.p., stabilendo che, qualora venga pronunciata una sentenza di non luogo a procedere per assenza “impediente” (art. 420-quater c.p.p.), la prescrizione rimane sospesa fino al rintraccio della persona prosciolta, ma comunque non oltre il doppio del termine ordinario di prescrizione del reato (art. 157 c.p.). Dal punto di vista dell'applicazione temporale, trattandosi di modifiche sfavorevoli all'imputato, la loro natura sostanziale ne ha comportato l'applicabilità solo ai reati commessi dopo l'entrata in vigore della riforma. Per i reati commessi prima del 30 dicembre del 2022, invce, continuano a trovare applicazione le disposizioni previgenti, come espressamente previsto dall'art. 89, comma 4, d.lgs. n. 150/2022. Inoltre, il comma 5 dello stesso articolo precisa che, per i reati commessi dopo il 18 ottobre 2021, nei quali alla data del 30 dicembre 2022, era già stata pronunciata un'ordinanza di procedimento in assenza o una sospensione del processo ex previgente art. 420-quater c.p.p., si applica comunque il nuovo regime con il raddoppio dei termini di prescrizione. In questo contesto normativo si inserisce l'art. 8 d.lgs. n. 31/2024, che ha aggiunto il comma 5-bis all'art. 89 d.lgs. n. 150/2022. Questa nuova disposizione stabilisce che, nei procedimenti relativi a reati esclusi dall'applicazione del nuovo art. 159, comma 1, n. 3-bis c.p., il termine massimo per le ricerche dell'imputato assente corrisponda al termine di prescrizione del reato per cui si procede. La norma si applica ai processi nei quali prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022, era stata già disposta la celebrazione in assenza dell'imputato. L'obiettivo del legislatore delegato del 2024 è quindi quello di armonizzare la disciplina sostanziale della prescrizione (art. 159, comma 1, n. 3-bis, c.p.), con le disposizioni processuali relative all'assenza dell'imputato (art. 420-quater c.p.p.). In concreto, per i reati commessi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 e ancora oggetto di procedimenti sospesi, il termine per le ricerche dell'imputato assente non sarà più fissato al doppio del termine di prescrizione, come previsto dall'ultimo comma dell'art. 159 c.p., ma coinciderà con il termine ordinario di prescrizione. Questa modifica si configura come una misura di raccordo tra vecchio e nuovo regime, riducendo il periodo massimo per le ricerche dell'imputato nei procedimenti in cui continua ad applicarsi la disciplina previgente. Profili generali (rinvio)Anche per ciò che attiene ai profili generali che caratterizzano l'istituto in esame, può anzitutto richiamarsi il commento relativo alla disposizione normativa che precede. Sotto il profilo semantico e lessicale — oltre che con riferimento alla funzione dell'istituto — è utile precisare che la sospensione opera sostanzialmente alla stregua di una parentesi, durante la quale non decorre il tempo utile per la prescrizione. In modo tale che il periodo antecedente e quello successivo siano poi destinati a saldarsi tra loro. Si è infatti scritto quanto segue: “La sospensione della prescrizione è l'effetto giuridico, conseguente a determinate cause che ostacolano il corso del procedimento penale, per cui la decorrenza del termine prescrittivo viene arrestata per il tempo necessario a rimuovere l'ostacolo, in modo che la parte del termine già trascorsa rimane valida e si ricongiunge alla parte successiva, a decorrere dal giorno della cessazione della causa sospensiva. Per effetto dell’interruzione della prescrizione, invece, la parte del termine prima trascorsa rimane annullata, e il termine ricomincia a decorrere per intero ed ex novo dal giorno della cessazione dell’interruzione” La formulazione normativaLa disposizione in esame prevede, in primo luogo, la sospensione del corso della prescrizione ogni volta che una particolare disposizione di legge stabilisca la sospensione del procedimento, del processo, oppure dei termini di custodia cautelare. Trattasi quindi della situazione che ricorre: a) durante il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell'art. 168-ter ; b) nel caso in cui, nel corso di un procedimento penale, taluno renda dichiarazioni false o reticenti al Pubblico Ministero, ovvero al Procuratore della Corte Penale Internazionale; in tal caso, secondo il disposto dell'art. 371-bis, il procedimento penale a carico del falso dichiarante resta sospeso fino a che — nell'ambito del processo all'interno del quale siano state rese le suddette informazioni — venga emessa sentenza di primo grado, o decreto di archiviazione, ovvero ancora sentenza di non luogo a procedere; c) nel caso di ricusazione del giudice allorquando, fuori dei casi di inammissibilità, la Corte d'Appello chiamata a deliberare su tale questione disponga, con ordinanza, che il giudice ricusato sospenda le attività processuali, secondo quanto previsto dall'art. 41 comma 2 c.p.p.; d) ai sensi dell'art. 47 comma 2 c.p.p., in caso di rimessione del processo; e) per incapacità psichica dell'imputato a norma dell'art. 71 c.p.p., allorquando questi risulti in condizioni tali da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento (in tema di infermità mentale, si rammenta che Corte cost. n. 45/2015 ha dichiarato la illegittimità costituzionale della norma in esame e, per la precisione, del primo comma della stessa, nella parte in cui non esclude la sospensione della prescrizione, in caso di incapacità dell'imputato di prendere coscientemente parte al giudizio, a cagione dell'accertata irreversibile infermità psichica; in tal caso, dunque, non si verifica il fenomeno della sospensione della prescrizione, proprio in ragione della natura definitiva della patologia mentale e, consequenzialmente, della definitiva impossibilità per il soggetto di partecipare al processo); f) nel caso di restituzione nel termine, ex art. 175 comma 8 c.p.p.; g) in caso di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, secondo il dettato dell'art. 304 c.p.p.; h) in caso di sospensione del procedimento, per un tempo non superiore a due anni, nel caso del ravvedimento operoso previsto dall'art. 452-decies, in tema di delitti contro l'ambiente; i) quando si renda necessario, per esigenze istruttorie e ai sensi dell'art 509 c.p.p., sospendere il dibattimento; j) laddove il giudice — a fronte di una questione di legittimità costituzionale, la cui risoluzione ritenga non manifestamente infondata, oltre che essenziale per la definizione del giudizio — disponga la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, nel contempo sospendendo il giudizio in corso, come previsto dall'art. 23 comma 2 l. n. 87/1953. l) nelle ipotesi di autorizzazione a procedere, m) l'imputato sia assente e sia stata pronunciata una sentenza di non doversi procedere ai senis dell'art. 420-quater c.p.p. n ) secondo il dettato dell'art. 162-ter, nel caso di inadempimento agli obblighi riparatori o restitutori non riconducibile a fatto dell'imputato, allorquando venga chiesta al giudice la fissazione di nuovo termine per il pagamento del quantum debeatur, anche in forma rateale; in caso di accoglimento di tale istanza, il giudice fissa la nuova udienza e sospende il processo, meccanismo che determinerà anche la sospensione del corso della prescrizione. Oltre che in tali casi – dettati dalla norma in maniera per così dire aperta e pertanto, suscettibile di ulteriore ampliamento, in caso di ulteriore tipizzazione legislativa di specifici casi di sospensione – è inoltre previsto che il decorso del termine prescrizionale resti sospeso, in alcune evenienze particolari tassativamente indicate dalla norma. Trattasi dunque dei casi di autorizzazione a procedere, di deferimento di questioni ad altro giudizio, di sospensione del procedimento o del processo penale a causa di impedimento o richiesta; di sospensione del processo per assenza dell'imputato, a norma dell'art. 420-quater c.p.p.L'art. 2 comma 1 lett. a) l. n. 134/2021 ha abrogato il quarto comma della disposizione codicistica in esame. È così caduto – in relazione al caso della sospensione del processo in caso di assenza dell'imputato ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p. – il divieto di superamento dei termini massimi di prescrizione ex art. 161 secondo comma. La sospensione del corso della prescrizione in caso di impedimento delle parti o dei difensori, ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore è frutto della succitata novella del 2005. Qui il legislatore si è in realtà conformato ad una linea interpretativa giurisprudenziale che era ormai divenuta consolidata (v. giurisprudenza riportata). Giova anche ricordare che — in forza del disposto dell'art. 16 l. n. 152/1975 — la prescrizione di alcuni reati di particolare caratura criminale previsti sia dall'art. 14 della medesima legge, sia dalla l. n. 497/1974 (e dunque rapina aggravata o estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, reati in materia di armi, strage, naufragio, sommersione o disastro aviatorio, omicidio volontario), rimane sospesa: a) durante la latitanza dell'imputato e per tutta la durata di essa; b) durante il tempo necessario per la notifica di ordini o mandati all'imputato che non abbia provveduto alla comunicazione delle modifiche inerenti all'elezione o dichiarazione di domicilio; c) durante il rinvio, chiesto dall'imputato o dal suo difensore, di un atto di istruzione o del dibattimento e per tutto il tempo del rinvio. Segnaliamo che il d.lgs. n. 36/2018 ha come noto reso procedibili a querela molte fattispecie di reato; in particolare, all'art. 12 comma 2, ha stabilito che – in pendenza del procedimento – il P.M. in fase di indagini preliminari e il Giudice dopo l'esercizio dell'azione penale debbano informare, previe ricerche anagrafiche, la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e, in tal caso, il termine per la proposizione della querela decorrerà dal giorno in cui la p.o. abbia avuto certamente notizia. Si è osservato in dottrina come tale novella possa comportare vari problemi di diritto intertemporale. Si è infatti scritto quanto segue: «Ci si chiede, infine, se nel tempo necessario alle ricerche anagrafiche della persona offesa e al successivo adempimento, nonché in pendenza del termine di novanta giorni decorrenti dal prescritto avviso, il termine di prescrizione sia sospeso» (Beltrani, 2). Le SS.UU. hanno di recente affrontato il seguente tema: «Se durante i novanta giorni decorrenti dall'avviso dato alla persona offesa, ai sensi dell'art. 12 d.lg.s n. 36/2018 cit., operi la sospensione del termine di prescrizione»; con sentenza Cass. n. 40150/2018, le Sezioni Unite hanno stabilito il principio di diritto secondo il quale, – in pendenza del termine di novanta giorni decorrenti dall'avviso dato alla persona offesa ex art. 12 d.lgs. n. 36/2018 ossia durante il lasso di tempo necessario a dare attuazione a tale disposizione transitoria, - non opera la sospensione del corso della prescrizione. Segue . Le sospensioni “COVID”Nuove ipotesi di sospensione del corso della prescrizione del reato sono state introdotte, in occasione della nota situazione emergenziale venutasi a creare in occasione della recente pandemia da Coronavirus, dall’art. 83 commi 2, 4 e 9 d.l. n. 18/2020 (Misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare), conv. con modif. in l. n. 27/2020 (in vigore dal 30 aprile 2020) e ulteriormente modificato dal d.l. n. 28/2020, conv., con modif., in l., n. 70/2020 (Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misura urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrative e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta COVID-19) in vigore dal 1° maggio 2020. La citata disposizione ha introdotto una nuova causa di sospensione: – l’art. 83, comma 2, ha, infatti, previsto la sospensione – fino alla data dell’11 maggio 2020 – del decorso dei termini utili per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali (le eccezioni sia a tale disposizione, sia al rinvio d’ufficio di tutte le udienze già fissate, sono contenute nel successivo terzo comma della medesima disposizione normativa); – l’art. 83, comma 4, ha sospeso i termini di prescrizione, relativamente appunto ai processi interessati da tale sospensione di termini, mentre il nono comma ha sancito la sospensione dei termini di prescrizione non oltre il 30 giugno 2020, in dipendenza del rinvio del procedimento operato ai sensi del precedente art. 7 lett. g). La seconda parte del comma 3-bis dell’art. 83 d.l. n. 18/2020 (introdotta al momento della conversione della succitata l. n. 27/2020), prevede poi che «nei procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione e pervenuti alla cancelleria della Corte nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020 il decorso del termine di prescrizione è sospeso sino alla data dell’udienza fissata per la trattazione e, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2020». Sul punto, la dottrina ha precisato che: «Si tratta, all’evidenza, di una disposizione che deroga a quanto previsto dal comma 4 dello stesso art. 83 d.l. n. 18/2020, atteso che la stessa prevede che la sospensione della prescrizione sia estesa, per i procedimenti ivi indicati, sino alla data fissata per la trattazione dinanzi alla Suprema Corte, con il limite massimo, comunque, del 31 dicembre 2020. Al di là dell’imprecisa e illogica collocazione nel comma 3-bis, va osservato che, riguardando i procedimenti già pendenti dinanzi alla Corte di cassazione nonché quelli che perverranno alla cancelleria della stessa Corte sino al 31 luglio 2020, la norma è ovviamente destinata ad applicarsi anche ai reati commessi prima della sua entrata in vigore (30 aprile 2020)… In ogni caso, va osservato come, nel caso di specie, una sospensione della prescrizione prolungata sino al 31 dicembre 2020 non trova, allo stato, alcun addentellato in una corrispondente «sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare» (Castiglia, 338 ss.). Per quanto attiene al tema dell’efficacia temporale delle norme contenute in decreto legge in parte non convertito, giova precisare quanto segue. L’art. 83 comma 1, d.l. n. 18/2020 aveva stabilito il rinvio d’ufficio delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari a data posteriore al 15 aprile 2020; nel periodo di conversione, l’art. 36 del d.l. n. 23/2020 ha prorogato la sospensione dell’attività ordinaria, stabilendo che il termine del 15 aprile 2020 indicato dall’art. 83, commi 1 e 2, del d.l., n. 18/2020 fosse spostato al giorno 11 maggio 2020 e quindi fissando il termine iniziale del periodo di cui al successivo comma 6 al 12 maggio 2020. Invece il termine finale della legislazione emergenziale era restato fissato al 30 giugno 2020 (data poi spostata – in ragione dell’evoluzione almeno apparentemente positiva dell’emergenza sanitaria – al 31 luglio 2020, ai sensi del d.l. n. 28/2020, emesso contestualmente alla l. n. 27/2020, di conversione del d.l. n. 18/2020). Si è poi prevista – in forza dell’art. 1 comma 2, l. n. 70/2020 – la salvezza degli effettiprodottisi e dei rapporti giuridici instauratisi grazie all’art. 3, comma 1, lett. i) d.l. n. 28/2020. Il tempo di vigenza della normativa emergenziale ha subito quindi modifiche, in forza di un decreto legge successivamente in parte non convertito. Si è allora posto il problema della efficacia della disciplina ex art. 83 l. n. 27/2020, nonché della norma che ha conservato gli effetti già prodottisi grazie al d.l. n. 28/2020 nella parte non convertita [si rammenta il dettato dell’art. 77, comma 3, Cost., che consente – in presenza di una mancata conversione di un decreto legge – la regolamentazione mediante legge dei rapporti giuridici originati proprio dai decreti non convertiti (viene qui in rilievo una legge ordinaria con effetti retroattivi statuiti direttamente dalla Costituzione, come precisato da Corte cost. n. 507/2000)]. L’effetto sanante inerente alle disposizioni originariamente contenute in un decreto legge e poi non convertite attiene però ai soli rapporti nati durante il periodo di vigenza di tale norma, così escludendosi ogni impropria forma di ultrattività. L’art. 83 l. n. 27/2000 contiene dunque un’ipotesi di sospensione della prescrizione da ricondurre al principio generale ex art. 159 c.p., che la ricollega a tutti i casi nei quali la sospensione del procedimento o del processo o dei termini cautelati sia imposta da una particolare disposizione di legge. Tale dettato legislativo costituisce una norma in bianco, che rimette ad altra norma (in questo caso, appunto, all’art. 83 succitato) la determinazione della causa di sospensione della prescrizione. Relativamente alla regolamentazione del corso della prescrizione, si sono poi anche poste questioni di sospetta illegittimità costituzionale. L’operatività in peius del succitato art. 83 non pare però in contrasto con la natura sostanziale dell’istituto della prescrizione. Questa risulta in effetti modificata in senso peggiorativo non in forza di una norma sopravvenuta, bensì proprio ad opera del principio generale contenuto nello stesso art. 159 (in relazione al quale la normativa dettata per fronteggiare l’emergenza sanitaria altro non è, se non il fatto storico dal quale è scaturita l’opportunità della sospensione). Nella Relazione Tematica redatta dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte Suprema di Cassazione è dato leggere – sul punto specifico – quanto segue: “…in occasione dei ricorrenti fenomeni sismici e calamità naturali, il Legislatore è sempre intervenuto prevedendo la sospensione dei procedimenti e della prescrizione, senza che ciò abbia dato luogo a pronunce di illegittimità costituzionale. Fatta tale necessaria premessa, il problema che si pone per effetto della riduzione del periodo emergenziale riguarda la possibilità o meno di ritenere la perdurante efficacia del più ampio periodo di sospensione che era stato introdotto per effetto dell’estensione della disciplina fino al 31 luglio 2020. Alla questione pare doversi dare risposta negativa. … gli effetti derivanti dall’introduzione di una clausola di sanatoria in relazione ad un decreto legge non convertito possono operare solo per il passato e con riguardo agli atti compiuti nel periodo di vigenza del decreto. Al contrario, non può determinarsi alcuna efficacia “ultrattiva” di una previsione che non ha trovato conferma in sede di conversione. Nel caso di specie, la sospensione della prescrizione era direttamente collegata al rinvio dei procedimenti, ma non contemplava la sospensione del termine fino alla nuova data di celebrazione dell’udienza, bensì era prevista in ogni caso una limitazione. L’art. 83, comma 9, stabiliva che, per i procedimenti rinviati nel periodo indicato dall’art. 83, comma 7, lett. g), si applicava la sospensione della prescrizione non oltre il 31 luglio; una volta venuto meno il riferimento a quest’ultimo termine, l’art. 83, comma 9 ha riacquistato il suo originario tenore, sicché la sospensione della prescrizione non potrebbe in nessun caso andare oltre il 30 giugno”. Ne deriva dunque che – anche a fronte di un eventuale rinvio disposto entro il 31 luglio – la prescrizione non potrebbe comunque essere sospesa fino a tale data, non trattandosi di effetto già cristallizzatosi con la mera fissazione dell’udienza. Ancora dalla Relazione di cui sopra: «A ben vedere, infatti, la sospensione della prescrizione era fin dalla prima versione dell’art. 83, comma 9, collegata solo in parte al differimento dell’udienza, nel senso che il rinvio costituiva il presupposto per la sospensione, ma il periodo temporale di questa prescindeva dalla data del rinvio ed era autonomamente stabilita. 7 Quanto detto comporta che la norma che determina la sospensione e ne disciplina la durata è il solo art. 83, comma 9 (ovviamente per i procedimenti di cui all’art.83, comma 7, lett. g), sicché la rideterminazione del termine contenuto in tale norma (dal 31 luglio al 30 giugno) impone anche una diversa modulazione del periodo di sospensione della prescrizione. Tali considerazioni, tuttavia, hanno una valenza condizionata all’interpretazione dell’art. 83, comma 3-bis, che ha introdotto un regime particolare per la prescrizione nei procedimenti in sede di legittimità». È poi pacifico che – perché resti integrata la causa di sospensione della prescrizione a norma dell’art. 83, comma 3-bis, d.l. n. 18/2020, conv., con modif., in l. n. 27/2020 – occorre che i due requisiti ivi indicati (l’essere il procedimento giunto alla cancelleria della Corte di Cassazione nel periodo emergenziale e l’essere tale procedimento pendente nel medesimo lasso di tempo) debbano ricorrere in maniera congiunta e non alternativa. Giova infine ricordare come l’art. 24 d.l . 9 novembre 2020, n. 149 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese e giustizia, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, pubblicato in G.U Serie Generale n. 279 del 09 novembre 2020 ed in vigore a far data dal 9 novembre 2020) abbia fra l’altro introdotto una causa di sospensione del corso della prescrizione nei procedimenti penali, in stretta correlazione con il periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19. Tale norma ha infatti stabilito che – a decorrere dal momento della entrata in vigore del decreto stesso e fino alla scadenza del termine di cui all’art. 1 d.l. n. 19/2020, conv. con mod. in l. n. 35/2020 – i giudizi penali restino sospesi durante il tempo di rinvio dell’udienza che sia cagionato dall’assenza di un testimone, di un CT, di un perito ovvero di un imputato in procedimento connesso, i quali siano stati citati a comparire in correlazione ad una determinata esigenze di acquisizione probatoria; ciò a condizione che l’assenza di uno di tali soggetti sia ricollegabile alle restrizioni alla mobilità, imposte da obbligo di quarantena o da sottoposizione a isolamento fiduciario, conseguenti all’adozione di “misure urgenti in materia di contenimento e gestione della emergenza epidemiologica da COVID-19 sul territorio nazionale previste dalla legge o dalle disposizioni attuative dettate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro della salute”. E per tutto il lasso di tempo in cui si estenderà tale rinvio del procedimento, resteranno appunto sospesi i termini di prescrizione. Resta però stabilito che il differimento dell’udienza non potrà andare oltre il sessantesimo giorno, “successivo alla prevedibile cessazione delle restrizioni ai movimenti, dovendosi avere riguardo in caso contrario, agli effetti della durata della sospensione del corso della prescrizione …, al tempo della restrizione aumentato di sessanta giorni”. Se ne evince allora che – nel computo dei termini di prescrizione – dovrà ricomprendersi il tempo per il quale si siano in concreto protratte le sopra dette misure restrittive, aumentandolo dei soli sessanta giorni consentiti dalla norma per il rinvio; escludendo quindi da tale computo l’eventuale periodo più ampio del rinvio. Le Sezioni Unite hanno sciolto il nodo con l’importante pronuncia: Cass. S.U., n. 5292/2020. La soluzione adottata dalle Sezioni Unite è nel senso che la sospensione della prescrizione ex art. 83, comma 3-bis, d.l. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020 sia operativa soltanto per ciò che attiene ai procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione, ma che siano giunti alla cancelleria della stessa nel lasso di tempo ricompreso fra il 9 marzo e il 30 giugno 2020. La Corte ha altresì ricordato come il corso della prescrizione sia restato ex lege sospeso – a norma del sopra detto art. 83, commi 1, 2, e 4 – nel periodo intercorrente fra il 9 marzo e l’11 maggio 2020 (in relazione a quei procedimenti nell’ambito dei quali in tale periodo un’udienza sia stata fissata e poi differita). E parimenti, a norma dell’art. 83 comma 9 d.l. n. 18/2020 – il corso della prescrizione è restato sospeso dal 12 maggio al 30 giugno 2020, in ordine sempre a quei procedimenti in relazione ai quali in tale periodo sia stata fissata udienza e ne fosse stato disposto il differimento a data successiva al termine del medesimo, in ossequio ai provvedimenti adottati ex art. 83 comma 7 lett. g) d.l. n. 83/2020 dai Capi degli uffici giudiziari. Hanno infine precisato le S.U. che – laddove il provvedimento ai sensi dell’art. 83, comma 7, lett. g) d.l. n. 83/2020 sia stato adottato in epoca successiva al 12 maggio 2020 – la sospensione dovrà esser fatta decorrere dal momento di tale adozione. Le Sezioni Unite hanno fornito una risposta basata sia sull’interpretazione letterale sia su un’analisi logico-sistematica dell’insieme delle misure emergenziali adottate nella primavera nel 2020. Le Sezioni Unite hanno sottolineato l’importanza dell’interpretazione testuale della norma, la quale stabilisce che la sospensione della prescrizione fino al 31 dicembre 2020 riguarda esclusivamente i procedimenti che risultano pendenti alla Corte di Cassazone e che sono stati iscritti nel periodo emergenziale. Quindi, il comma 3-bis dell’art. 83 evidenzia chiaramente la necessità della concomitanza dei due requisiti: da un lato, la pendenza del procedimento e, dall’altro, l’avvenuta iscrizione presso la cancelleria della Corte nello specifico arco temporale. Quest’interpretazione discende dalla struttura stessa della norma, in cui i due elementi sono congiunti dalla particella “e”, con una funzione cumulativa. Diversamente, il secondo requisito risulterebbe privo di un riferimento chiaro. In altri termini, il testo avrebbe potuto prestarsi a una diversa lettura solo se avesse fatto riferimento separatamente ai “procedimenti pendenti” e ai “procedimenti pervenuti”. In tal caso, si sarebbe potuto ritenere che la sospensione della prescrizione riguardasse due categorie di procedimenti distinti. Oltre all’argomento letterale, le Sezioni Unite hanno valorizzato anche un’interpretazione logica della disposizione. Hanno evidenziato che, se l’iscrizione del procedimento in un determinato periodo non fosse stata considerata un requisito autonomo, la norma sarebbe risultata superflua: sarebbe bastato prevedere l’applicazione della sospensione ai soli procedimenti pendenti in Cassazione. Al contrario, il richiamo esplicito alla data di iscrizione indica la volontà di limitare l’ambito di applicazione della sospensione ai procedimenti che, essendo stati iscritti nel periodo emergenziale, hanno subito inevitabili ritardi nella trattazione. Se dunque il riferimento temporale all’iscrizione non è privo di significato normativo, le Sezioni Unite hanno anche attribuito una valenza al concetto di pendenza, rispondendo all’obiezione secondo cui, essendo i procedimenti iscritti automaticamente pendenti, il richiamo esplicito a tale elemento sarebbe ridondante. In realtà, anche la nozione di pendenza ha un ruolo distinto rispetto alla data di iscrizione. Ciò si giustifica con il fatto che un ricorso, pur essendo stato iscritto nel periodo emergenziale, potrebbe essere stato rapidamente definito e, di conseguenza, non risultare più pendente dinanzi alla Corte di Cassazione, ma essere ritornato al giudice di merito in seguito a un annullamento con rinvio.. Evidenziamo che – all’udienza tenutasi il 14 luglio 2020 – la Corte di Cassazione (Sez. V), ha reputato la sospensione del corso della prescrizione ex art. 83, comma 4, d.l. n. 18/2020, conv. con modif., in l. n. 27/2020 e succ. mod., non contraria al principio di irretroattività della legge penale sfavorevole. Tale decisione si fonda sul presupposto che la disciplina indicata dai commi 1 e 2 dell’art. 83 è direttamente ricollegabile all’ipotesi di sospensione dettata dall’art. 159. E in base alla medesima considerazione, i Giudici di legittimità hanno dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di tali norme, sospettate di essere in conflitto con l’art. 25, comma 2, Cost. (questo il principio di diritto, che si ritiene utile riportare nella sua integralità: “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 4, d.l. n. 18/2020 – che dispone la sospensione del corso della prescrizione nei procedimenti in cui operano la sospensione dei termini ed il rinvio delle udienze per il periodo dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020 – sollevata in riferimento al principio di irretroattività della legge penale sfavorevole previsto dall’art. 25, comma 2, Cost.: la disposizione sospettata d’illegittimità costituzionale non ha introdotto una nuova figura di sospensione o modificato in senso sfavorevole la disciplina codicistica, ma si è limitata a prevedere una fattispecie di sospensione obbligatoria del processo riconducibile alla norma generale prevista dall’art. 159, comma 1, c.p.”. Cass. III, n. 21367/2020, ha ritenuto manifestamente infondati i dubbi circa la legittimità costituzionale della sospensione della prescrizione ex art. 83, comma 4, d.l. n.18/2020. I Giudici hanno ritenuto essere tale sospensione di portata generale e proporzionata, nonché di durata limitata nel tempo, affermando come la deroga al principio generale della irretroattività ex art. 25 Cost. della legge penale peggiorativa trovi qui fondamento nella necessità di assicurare adeguata salvaguardia ad un bene primario quale la salute, messo in pericolo da un evento eccezionale quale la pandemia; tale situazione consente allora – secondo i Giudici di legittimità – la realizzazione di un equo bilanciamento tra diritti fondamentali, alcuno dei quali appare in grado di prevalere con connotati di inderogabilità. La Consulta – su questione posta dal Tribunale di Roma – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83, comma 9 d.l. n. 18/2020 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), conv. con mod. in l. n. 27/2020. Il Giudice delle leggi ha riscontrato un profilo di incostituzionalità di tale norma, per contrasto con il dettato dell’art. 25, co.mma2 Cost., sub specie di irretroattività della legge penale sfavorevole. L’art. 83, comma 9, d.l. n. 18/2020 risulta quindi costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati ai sensi del precedente comma 7, lett. g), e in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020. Sussiste infatti, a giudizio della Corte, una fondamentale differenza rispetto a quanto disposto dal precedente comma 4; norma quest’ultima in relazione alla quale si è già posta – ed è stata già dichiarata non fondata – la questione di legittimità costituzionale, visto che questa lega la sospensione del corso della prescrizione ad alcuni presupposti esattamente delineati nei precedenti commi 1 e 2, così concretizzandosi qui una disposizione normativa determinata in modo sufficiente. Al contrario, la lettera della norma ora dichiarata incostituzionale si riporta al precedente comma 7, lett. g), il quale a sua volta rinvia alle misure organizzative demandate – quale facoltà finalizzata al contrasto rispetto alla nota situazione emergenziale – ai capi degli uffici giudiziari; ma tali misure possono concretizzarsi in una gamma di prescrizioni, che includono anche il rinvio delle udienze. E tale ultima facoltà, riservata ai capi degli uffici, è delineata dalla norma in modo molto vago quanto a obiettivi e condizioni. Viene in tal modo introdotta nell’ordinamento una disciplina a carattere processuale, ma dai marcati effetti di tipo sostanziale. Da un provvedimento che postula finalità organizzative generali collegate al contrasto all’epidemia, deriva invece un risultato negativo per l’imputato, risultato consistente nella sospensione del termine di prescrizione in caso di rinvio del processo (sebbene ciò non possa protrarsi oltre il 30 giugno 2020). La pur derivata significazione sostanziale di tale norma la riconduce allora entro l’alveo del principio di legalità; e in forza di questo, la norma – esplicando effetti in tema di punibilità del reato – deve essere preventivamente delineate nei punti fondamentali, così da assicurare un soddisfacente livello di conoscibilità. Stabilire in modo predeterminato il periodo necessario, perché si realizzi la fattispecie estintiva della prescrizione, rappresenta una stretta esplicazione della discrezionale funzione legislativa, a sua volta censurabile esclusivamente laddove appaia non ragionevole o sproporzionata. Solo il legislatore può infatti valutare – in base alle proprie opzioni di politica criminale – l’eventuale venir meno dell’interesse collettivo alla repressione di un dato crimine, in relazione al trascorrere del tempo (la Corte ha sul punto richiamato il dictum contenuto in un proprio recente precedente, ossia in Corte cost. n. 278/2020). Sottolineiamo come venga quindi in rilievo l’arco temporale ricompreso fra il 12 maggio e il 30 giugno 2020; durante tale periodo, laddove non si fosse celebrata l’udienza in forza delle disposizioni impartite dal capo dell’ufficio, la norma prevedeva che il termine di prescrizione dovesse subire una sospensione pari a cinquanta giorni. Resta invece intonsa la sospensione per il periodo di sessantaquattro giorni, stabilita allorquando un termine processuale sia restato sospeso ex lege, in quanto racchiuso nel periodo intercorrente fra il 9 marzo e l’11 maggio del 2020. Quest’ultima norma è infatti contenuta nell’art. 83 comma 4 d.l. 18/2020 ed è stata ritenuta costituzionalmente legittima da Corte cost. n. 278/2020. Segnaliamo che la stessa sentenza (Corte cost. n. 140/2021) ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 9, d.l. n. 18/2020, sollevata, in riferimento all’art. 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con l. n. 848/1955, sollevata dal Tribunale ordinario di Paola. Ritiene la Corte che il rimettente si sia sostanzialmente affidato ad argomentazioni identiche a quelle svolte nei confronti del comma 4 dell’art. 83 d.l. n. 18/2020 (questione già reputata inammissibile). Non risulterebbe chiarito – sempre attenendosi alla decisione della Consulta – come la garanzia convenzionale richiamata possa tutelare il principio di legalità in maniera più ampia di quanto faccia l’art. 25, comma 2, Cost. Ulteriore questione di legittimità costituzionale relativamente all’art. 83, comma 4, d.l. n. 18/2020– posta questa volta dai Tribunali di Spoleto, Roma e Crotone in riferimento all’art. 117, comma 1, Cost. in relazione all’art. 7 CEDU – è stata parimenti dichiarata manifestamente inammissibile dalla stessa sentenza (Corte cost. 140/2021), trattandosi peraltro di questioni già proposte e ritenute inammissibili da Corte cost. n. 278/2020. Le A.G. rimettenti – sebbene richiamino la natura sostanziale dell’istituto della prescrizione – non chiariscono in che modo la disciplina convenzionale assicuri al principio di legalità una protezione maggiore rispetto all’art. 25 Cost. (la questione conteneva, in particolare, la possibile lesione della regola – anche dettata dalla Convenzione EDU – della irretroattività della legge penale sfavorevole, connessa alla sospensione del termine di prescrizione anche in relazione a reati perpetrati in epoca antecedente al 9 marzo 2020). Sempre Corte cost. n. 140/2021 ha infine dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 4, del d.l. n. 18/2020, che i Tribunali di Paola, Spoleto, Roma e Crotone avevano sollevato in riferimento all’art. 25, comma 2, Cost., in relazione alla sospensione del termine di prescrizione anche per fatti commessi prima del 9 marzo 2020 (i remittenti lamentavano violazione del divieto di retroattività della norma penale sfavorevole). Cass. VI, n. 18313/2021 ha chiarito come il provvedimento presidenziale di rinvio dell’udienza d’appello e fissazione di nuova udienza, ex art. 83 comma 1 d.l. 18/2020, possa essere notificato all’imputato appellante tramite spedizione alla PEC del difensore – ai sensi dello stesso art. 83, comma 14 – ma solo laddove questi abbia nominato un difensore di fiducia, oppure nel caso in cui la notifica debba per legge essere effettuata al difensore anche d’ufficio. Fuori da tali ipotesi, la notifica al difensore d’ufficio via PEC ai sensi dell’art. 83, co.mma14 d.l. 18/2020 si deve ritenere omessa e tale da causare una nullità assoluta ed insanabile, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio. Ciò è dovuto al fatto che il rapporto tra difensore d’ufficio e imputato non garantisce la sicura conoscenza dell’atto da parte di quest’ultimo, a differenza del difensore di fiducia, che ha un obbligo deontologico di informare il proprio assistito. Se l’imputato appellante, assistito da un difensore d’ufficio, ha eletto domicilio, la notifica deve essere effettuata seguendo la procedura ordinaria prevista dagli articoli 601, comma 1, e 157 ss. c.p.p., presso il domicilio indicato. Solo se tale notifica risulta impossibile, si può procedere alla notifica via PEC al difensore d’ufficio, in conformità con l’art. 83, comma 14, d.l. 18/2020 e all’art. 161, comma 4, c.p.p. Il mancato rispetto di queste regole comporta la nullità assoluta dell’udienza svolta in assenza dell’imputato e l’annullamento della sentenza. Sempre in materia di disciplina emergenziale da COVID-19, Cass. II, n. 8642/2021 ha precisato come l’istanza di trattazione del processo di primo grado, inoltrata ex art. 83, comma 3 lett. b) d.l. n.18/2020 dal detenuto, determini automaticamente una rinuncia alla sospensione dei termini utili per proporre l’impugnazione della sentenza. Cass. IV, n. 12161/2021 ha chiarito come la sospensione dei termini processuali ex art. 83 comma 2, d.l. 18/2020, conv. in l. 27/2020 possa trovare applicazione con esclusivo riferimento a quei procedimenti in corso, nei quali abbiano materialmente operato dei termini procedurali finalizzati al compimento di specifici atti; non si è pertanto determinata – per effetto della norma sopra citata – una generalizzata sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, in relazione a tutti i procedimenti pendenti in tale periodo. Nello stesso senso si è espressa Cass. IV, n. 17787/2021, secondo la quale la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare ex art. 83, comma 4, d.l. n.18/2020, non incide in maniera indifferenziata su tutti i procedimenti, bensì esclusivamente su quelli all’interno dei quali abbiano effettivamente operato dei termini procedurali, previsti in vista del compimento di atti specifici e vi sia stata la relativa sospensione. Secondo Cass. II, n. 35246/2021, il periodo di sospensione della prescrizione per la nota situazione emergenziale, pari a sessantaquattro giorni, deve essere computato: a) in relazione ai processi per i quali era fissata udienza nel periodo intercorrente fra il 9 marzo e l’11 maggio 2020, indipendentemente dal fatto che si trattasse di prima udienza o di una udienza di rinvio; b) in relazione a quei processi per i quali, entro il medesimo arco temporale, fosse prevista la scadenza di un termine processuale. Il periodo di sospensione della prescrizione ex art. 83, comma 4, d.l. n. 18/2020 trova pertanto applicazione a tutti i procedimenti, relativamente ai quali fosse in scadenza il termine per proporre impugnazione nel lasso di tempo fra il 9 marzo e l’11 maggio 2020. In data 12 dicembre 2024, le Sezioni Unite penali della Corte di cassazione hanno stabilito che la disciplina della sospensione del corso della prescrizione, dettata dall’art. 159, commi 1, 3 e 4 c.p., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 debba ancora trovare applicazione – pure all’indomani dell’introduzione dell’art. 2, comma 1, lett. a), l. n. 134/2021 – con riferimento ai reati commessi a partire dal 3 agosto 2017 e fino al 31 dicembre 2019; per ciò che inerisce ai reati commessi in data posteriore al 1 gennaio 2020, deve trovare applicazione, invece, la disciplina di cui alla l. n. 134/2021. Segue. In caso di autorizzazione a procedereI delitti in relazione ai quali l'azione penale è subordinata ad autorizzazione a procedere sono indicati nell'art. 313. In tali casi la prescrizione resterà sospesa, a partire dalla data del provvedimento mediante il quale il P.M. presenta la richiesta, sino al momento in cui l'autorità competente conceda l'autorizzazione. Molto si è agitata, tra gli interpreti della norma, la questione inerente alla possibile sospensione del corso della prescrizione, in caso di diniego dell'autorizzazione. Parte della dottrina reputa infatti in toto applicabile, in tal caso, la medesima disciplina dettata in relazione al caso in cui intervenga un provvedimento positivo di autorizzazione; altri Autori reputano invece non equiparabili le due situazione, non essendo “[...] possibile riconoscere al diniego un perdurante effetto sospensivo della prescrizione, che si produrrebbe in quanto l'atto, a differenza della concessione, è revocabile” (Diotallevi, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 578). Segue. In caso di deferimento di questioni ad altro giudizioLe questioni pregiudiziali previste dalla vigente normativa processualpenalistica sono rintracciabili negli artt. 3 e 479 c.p.p. La prima norma è dettata in relazione ai casi in cui la decisione inerente alla sussistenza di una data fattispecie tipica di reato dipenda – in maniera imprescindibile – dalla risoluzione di una controversia legata allo stato di famiglia o di cittadinanza. In tal caso – apparendogli seria la questione dedotta e risultando già in corso il relativo giudizio in sede civile – il giudice ha facoltà di sospendere il processo penale, fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce la questione pregiudiziale. L'art. 479 c.p.p. disciplina invece il caso in cui la decisione attinente all'esistenza di un reato dipenda dalla risoluzione di una questione civile o amministrativa, che si presenti particolarmente complessa e per la quale già penda giudizio dinanzi al giudice competente. È anche in tal caso previsto che il giudice possa sospendere il dibattimento, sino a soluzione della controversia avente carattere pregiudiziale. La riforma operata nel 2017 (l. n. 103/2017) prevede la sospensione del termine di prescrizione – in caso di deferimento ad altro giudizio – sino al momento in cui venga decisa la questione stessa. Nel corso degli anni, com'è stato già ampiamente osservato, si sono susseguite differenti modifiche normative. Il massimo consesso nomofilattico è stato chiamato a sciogliere il nodo relativo all'operatività delle modifiche apportate dalla l. n. 103/2017 agli art. 159, commi 2, 3 e 4 c.p.. È stato così affermato che siffatta disciplina debba continuare a trovare applicazione, pure all'indomani dell'introduzione dell'art. 2, comma 1, lett. a), della l. n. 134/2021, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019. Trattasi di principio già affermato dalla Cass. IV, n. 28474/2024, la quale aveva fatto leva sul principio della legge penale più favorevole. È forse utile precisare come la dizione legislativa «altro giudizio» postuli il deferimento della questione pregiudiziale e non solo ad un diverso giudice, ma anche ad un ambito decisionale del tutto avulso, rispetto a quello proprio del processo all'interno del quale si ponga la questione stessa. Ciò comporta l'esclusione di questioni di tipo endoprocedimentale, quali potrebbero essere – a puro titolo esemplificativo – quelle demandate allo studio di periti, ovvero i casi di estradizione o di risoluzione di conflitti di competenza (Diotallevi, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 578). In sostanza, quindi, l'espressione sopra detta “deve intendersi in senso obiettivo e in relazione a «questione ostacolante» il corso del procedimento penale»; di modo che deve trattarsi non solo d'un giudizio deferito ad altro giudice, ma di un esame o di una decisione vertenti sopra materia diversa da quella che è oggetto immediato e principale del procedimento sospeso” (Manzini, 502). Segue. In caso di rogatorie all’esteroLa l. n. 103/2017 (c.d. legge Orlando) ha introdotto una nuova ipotesi di sospensione del termine prescrizionale, che si verifica nel caso in cui vengano inoltrate rogatorie all'estero. Si produrrà in tal caso la suddetta sospensione fino al momento dell'arrivo, all'autorità istante, della documentazione richiesta per il tramite della rogatoria. Sarebbe a dire, fino al completo esaurimento dell'attività rogatoriale, con ricezione degli atti da parte di chi li aveva richiesti. Non troppo comprensibile – visti i tempi notoriamente non proprio brevissimi, che spesso connotano le attività di cooperazione internazionale – è però la previsione di un tetto massimo di durata pari a sei mesi, per tale ipotesi di sospensione. Trattasi di una limitazione davvero poco coerente con il sistema, soprattutto laddove si consideri che – allo scadere di tale termine massimo – la prescrizione riprenderà il suo corso, nonostante la ininmputabilità all'ordinamento italiano di una qualsivoglia forma di inerzia o di lungaggine. Segue. In caso di impedimento delle parti e dei difensori
Il legittimo impedimento a comparire. La prescrizione del reato è sospesa nei casi in cui vi sia una causa che impedisce la prosecuzione del processo. Tra queste cause, la giurisprudenza ha incluso il legittimo impedimento dell’imputato, quale situazione che gli impedisce di partecipare al processo in modo involontario e giustificato. Questo può essere anzitutto determinato da un concomitante impegno professionale dell'Avvocato difensore dell'imputato, il quale risulti magari contestualmente impegnato dinanzi ad altra Autorità Giudiziaria. Si realizza in questo caso un'ipotesi di impedimento assoluto a comparire, rilevante a norma dell'art. 420-ter c.p.p.; trattasi quindi di situazione atta a legittimare il rinvio dell'udienza, purché il difensore instante, in primo luogo, rappresenti tempestivamente (ossia, appena avutane notizia), al giudice titolare del processo nell'ambito del quale chieda il rinvio, la sussistenza dell'impedimento. È inoltre onere del difensore indicare in maniera specifica ed analitica le ragioni in forza delle quali egli ritenga indispensabile la sua presenza nel processo concomitante, rispetto a quello che chiede di rinviare ad altra data. Dovrà inoltre rappresentare l'impossibilità di avvalersi dell'aiuto di sostituti, tanto nel processo nell'ambito del quale chiede il rinvio, quanto nel diverso procedimento contestuale. Infine, sarà tenuto a documentare l'assenza di codifensori (si veda la giurisprudenza sotto richiamata). Per ciò che invece attiene all’impedimento a comparire determinato da una minorata condizione di salute, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente chiarito come tale situazione debba tradursi in una effettiva, concreta ed assoluta impossibilità fisica del soggetto richiedente a presenziare all’udienza. È infatti assodato che debba essere dedotta — ed adeguatamente documentata mediante idonea certificazione medica — la sussistenza di una patologia che sia di tale entità, da rendere impossibile, o almeno potenzialmente rischioso per la salute del soggetto — lo spostamento necessario per raggiungere il luogo d’udienza. Si è infine chiarito come — in presenza di una duplicità di motivi di rinvio, l'uno riconducibile alla situazione clinica in cui versino l'imputato ovvero il difensore, l'altro alla ricorrenza di esigenze di tipo istruttorio, rilevanti ai sensi dell'art. 304 comma 1 lett. a) c.p.p. — debba attribuirsi maggior rilievo a tale ultima ragione di differimento. Cosa che comporta la inapplicabilità dell'art. 159, oltre che la non operatività dell'istituto della sospensione del termine utile per il consolidamento della causa estintiva in esame (si veda, anche sul punto, la giurisprudenza sotto riportata). Secondo le Sezioni Unite della Corte, il rinvio dell'udienza motivato dalla documentata esistenza di altro contemporaneo impegno del difensore, determina la sospensione del corso del termine prescrizionale per un termine pari, al massimo, a sessanta giorni, secondo il disposto dell'art. 159 comma primo n. 3. Tale termine dovrà esser computato a far data dal venire meno dell'impedimento medesimo (Cass. S.U., n. 4909/2014; qui i Giudici hanno altresì chiarito che, laddove venga disposto un rinvio originato da impedimento del difensore per altro impegno professionale, pur in carenza delle condizioni legittimanti, il corso del termine di prescrizione resterà comunque sospeso per l'intera durata necessaria per il differimento. Tale durata potrà essere indicata dal giudice secondo sua scelta discrezionale, tenuto conto delle necessità di organizzazione dell'ufficio giudiziario, nonché dei diritti e delle facoltà riconosciuti alle parti del processo e, infine, tenendo presenti i principi costituzionali di ragionevole durata del processo, nonché di efficienza della giurisdizione). La Corte ha altresì stabilito — sempre nella medesima pronuncia — che il concomitante impegno del difensore costituisce causa di impedimento assoluto a comparire, come tale in grado di legittimare il rinvio ad altra udienza, al ricorrere però delle seguenti condizioni: a) tempestiva prospettazione dell'impedimento da parte del difensore, il quale ha l'obbligo di renderne edotta l'Autorità Giudiziaria immediatamente, appena egli abbia notizia della esistenza di diversi impegni tra loro contemporanei; b) indicazione dettagliata — ad opera del difensore richiedente — dei motivi per i quali la sua presenza debba ritenersi indispensabile nel processo diverso, rispetto a quello nell'ambito del quale viene chiesto il rinvio; c) assenza nel diverso procedimento di un codifensore, in grado magari di assicurare la continuità della linea difensiva al soggetto assistito; d) rappresentazione, ad opera sempre del difensore richiedente il rinvio, dell'impossibilità di giovarsi dell'ausilio di un sostituto ex art. 102 c.p.p., tanto nel processo nell'ambito del quale venga chiesto il rinvio, quanto nel processo al quale il difensore voglia partecipare. L'ordinamento salvaguarda inoltre i diritti della difesa considerando assoluto l'impedimento determinato da contestuale altro impegno professionale. In tal caso, è assicurato il rinvio dell'udienza, che dovrà essere rinviata a data non successiva al sessantesimo giorno. In caso di rinvio a data successiva rispetto a tale soglia, il corso del termine prescrizionale non potrà comunque rimanere sospeso per un tempo superiore ai sessanta giorni, secondo quanto indicato dall'art. 159 comma 1 n. 3 (Cass. III, n. 37171/2014). L'astensione degli Avvocati. Il tema inerente all’effetto da ricollegare al diritto della classe forense ad astenersi dallo svolgimento delle udienze – con particolare riferimento alla sospensione del decorso del termine prescrizionale – si è parecchio agitato, sia in dottrina che in giurisprudenza. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno in primo luogo statuito – sotto l’impero dell’art. 159 antecedente alla ex Cirielli – come dalla sospensione o dal rinvio del procedimento o del dibattimento su istanza dell’imputato o del difensore discendesse sempre la sospensione del corso della prescrizione; a patto ovviamente che il rinvio non fosse originato da esigenze probatorie, ovvero da richiesta di termine a difesa. In seguito, le Sezioni Unite sono ripetutamente tornate sull’argomento. Hanno dunque considerato il codice di autoregolamentazione degli avvocati alla stregua di una norma secondaria, sostanzialmente cogente anche per il giudice. Il codice di autoregolamentazione dell’astensione dalle udienze, concernente gli avvocati (codice dichiarato idoneo dalla Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con deliberazione del 13 dicembre 2007 e pubblicato nella GU n. 3 del 4 gennaio 2008), nonché la precedente Regolamentazione provvisoria dell’astensione collettiva degli avvocati dall’attività giudiziaria (deliberazione della Commissione di garanzia del 4 luglio 2002, pubblicata nella GU.n. 171 del 23 luglio 2002), sono stati dunque considerati quali fonti di diritto oggettivo. Atti aventi quindi la valenza e l’efficacia della normativa secondaria o regolamentare, con validità imperativa erga omnes, ai quali il giudice è tenuto a conformarsi, in virtù del dettato dell’art. 101 Cost. (Cass. S.U., n. 40187/2014; si v. anche Cass. S.U., n. 26711/2013). Quindi, il rapporto fra il diritto di rango costituzionale all’astensione ed i diritti – eventualmente in conflitto – dello Stato all’accertamento dei fatti e, in genere, dei soggetti coinvolti a vario titolo nello svolgersi dell’iter processuale è stato regolamentato sia con la l. n. 146/1990, sia con le ulteriori fonti secondarie. A tale assetto normativo primario e secondario è riservata la regolamentazione effettiva della materia. Al giudice spetterà invece il compito di “accertare se l’adesione all’astensione sia avvenuta nel rispetto delle regole fissate dalle competenti disposizioni primarie e secondarie, previa loro corretta interpretazione” (Diotallevi, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 568). Si segnala poi un importantissimo arresto giurisprudenziale, inerente agli effetti da ricollegare all’adesione del difensore della persona offesa o della parte civile all’astensione dalle udienze, proclamata dalla categoria forense. È qui più in generale trattato il tema della sussistenza di un diritto al rinvio dell’udienza camerale, a seguito di rituale adesione all’astensione di categoria. La Corte ha spiegato, in primo luogo, che l’adesione all’astensione manifestata dal difensore della persona offesa o della parte civile – a mente dell’art. 3, comma 2, del codice di autoregolamentazione – comporta il diritto al rinvio della trattazione del procedimento, ma solo nel caso in cui il difensore dell’imputato o dell’indagato ugualmente aderisca all’astensione. In caso contrario, infatti, quest’ultimo manifesta – sebbene magari implicitamente – un interesse contrario al rinvio, dunque rivolto ad una pronta definizione del processo. È stato altresì chiarito che il rigetto della richiesta di rinvio dell’udienza camerale – in presenza di legittima adesione all’astensione di categoria – determina una nullità ex art. 178, comma 1, lett. c) c.p.p. Nullità che sarà di carattere assoluto, laddove si verifichi in una udienza camerale a partecipazione necessaria del difensore, e invece di natura intermedia negli ulteriori casi (si veda Cass. S.U., n. 15232/2014). È infine utile evidenziare che – con riferimento alla sospensione della prescrizione – il limite massimo dei sessanta giorni di cui all’art. 159, comma 1 n. 3) non si applica allorquando il rinvio dell’udienza sia determinato dall’adesione, da parte del difensore, all’astensione proclamata dalla categoria forense. In tale evenienza, dunque, il corso della causa estintiva in commento può venire sospeso per un arco cronologico anche maggiormente esteso, rapportato alle esigenze organizzative dell’ufficio. Cass. II n. 5050/2021 ha ribadito tale principio, già ripetutamente enunciato dai Giudici di legittimità. Stando come detto a tale impostazione – con riferimento alla sospensione della prescrizione – il limite di sessanta giorni indicato dal primo comma della norma in esame non può trovare applicazione, allorquando il rinvio dell’udienza sia causato dall’adesione del difensore ad una agitazione proclamata dalle Camere Penali. La giurisprudenza è dunque consolidata nel ritenere che «l’adesione del difensore all’astensione collettiva dalle udienze indetta dalle Camere penali non integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire, sicché il rinvio della trattazione del processo disposto in tal caso dal giudice determina la sospensione del corso della prescrizione fino alla celebrazione dell’udienza successiva, non trovando applicazione il limite massimo di durata, pari a sessanta giorni, previsto dall’art. 159, comma primo, n. 3, c.p.» (Cass. III, n. 8171/2023). Ciò in quanto l’adesione del difensore all’astensione inibisce ogni iniziativa processuale, quale ad esempio l’attività tesa al controllo dell’assenza dei testimoni e la eventuale decisione di disporne l’accompagnamento coattivo. La verifica in ordine alla presenza del difensore precede infatti ogni altra tipologia di verifica, con la conseguenza che è precluso anche il possibile esercizio, da parte del giudice, degli ordinari poteri processuali, quale quello di ordinare l’accompagnamento coattivo di testi ingiustificatamente assenti (trattasi di un principio di diritto già enunciato ad esempio da Cass. III, n. 11671/2015 e da Cass. III, n. 6362/2018). La ricaduta di tale impostazione è che – in presenza di adesione del difensore all’agitazione di categoria – il corso della prescrizione può essere sospeso per il lasso di tempo, anche superiore ai sessanta giorni, che il giudice reputi consono in relazione alle esigenze organizzative dell’Ufficio. La Consulta ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’art. 2-bis l. n. 146/1990 (Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge), nella parte in cui consente che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati – adottato in data 4 aprile 2007 dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA) e da altre associazioni categoriali (UCPI, ANF, AIGA, UNCC), valutato idoneo dalla Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali con delibera n. 07/749 del 13 dicembre 2007 e pubblicato nella G.U. n. 3 del 2008 – nel regolare, all’art. 4, comma 1, lettera b), l’astensione degli avvocati nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare, interferisca con la disciplina della libertà personale dell’imputato» (Corte cost. n. 180/2018). In materia di sospensione dei termini di prescrizione per adesione del difensore a un’astensione dalle udienze della categoria, la contemporanea assenza dei testimoni da ascoltare non ha alcuna rilevanza. Al contrario, essa rappresenta un risultato positivo derivante dall’applicazione del codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze, adottato dall’Avvocatura il 4 aprile 2008 in ottemperanza all’obbligo normativo stabilito dalla l. n. 146/1990 e successive modifiche in materia di servizi pubblici essenziali. Di conseguenza, la mancata presenza dei testimoni non può prevalere sull’adesione al cosiddetto sciopero degli avvocati ai fini del calcolo del periodo di sospensione (Cass. VI, n. 41384/2023). Segue. In caso di richiesta dell'imputato o del difensoreIl rinvio del giudizio, allorquando venga disposto a seguito di richiesta congiunta delle parti, rappresenta un fattore in grado di dar luogo alla sospensione della prescrizione, atteso che trattasi di differimento non originato da esigenze di carattere probatorio o comunque legate a strategie difensive. Si evidenzia inoltre che, nel caso in cui vi sia una richiesta di rinvio proveniente da tutte le parti e che sia finalizzata a coltivare trattative, atte a dar luogo ad un risarcimento del danno, si dovrà far luogo alla sospensione del corso della prescrizione. Il Supremo Collegio ha ribadito come la richiesta di rinvio proposta durante il giudizio dalla parte civile non possa costituire causa di sospensione dei termini di prescrizione. Ciò nel caso in cui la Difesa dell'imputato si mostri semplicemente non contraria a tale richiesta di differimento, limitandosi a dichiarare di non opporvisi. Diverso è invece il caso in cui – a fronte di una istanza di rinvio presentata in prima battuta dalla parte civile – la Difesa dell'imputato espressamente vi si associ, così sostanzialmente facendola anche propria. Solo in quest'ultimo caso, pertanto, si dovrà dar luogo a sospensione del termine prescrizionale (Cass. III, n. 51589/2017). Secondo Cass. III, n. 43913/2021, laddove venga disposto rinvio su istanza difensiva - al fine di riunire il processo ad altro, che penda nel medesimo stato e grado e dinanzi alla stessa A.G. – i termini di prescrizione dovranno considerarsi sospesi per l’intero periodo necessario al rinvio, ossia a partire dall’udienza nel corso della quale sia stato disposto il differimento e fino all’udienza alla quale sia stato rinviato il processo stesso. L’entità di tale differimento sarà poi frutto di valutazione discrezionale demandata al giudice; questi la compirà valutando le esigenze organizzative dell'ufficio, nonché i diritti e le facoltà assicurati alle parti interessate al processo e infine avendo riguardo ai principi costituzionali, in tema di durata ragionevole del processo e di efficienza dell’attività giurisdizionale. I Giudici di legittimità hanno precisato come il computo del periodo di sospensione del dibattimento debba essere effettuato secondo l'ordinario metodo indicato dall'art. 172 c.p.p.; questo come noto dispone che i termini processuali sono stabiliti a ore, giorni, mesi o anni e che – fatti salvi casi eccezionali – dies a quo non computatur in termine. In ragione di ciò, il periodo di sospensione del giudizio deve essere conteggiato a giorni, a partire dalla data in cui la sospensione stessa sia stata disposta (Cass. IV, n. 13115/2019). Segue. In caso di assenza dell'imputatoLa previsione della sospensione del procedimento penale ex art. 420 quater c.p.p., quale causa di sospensione del corso della prescrizione, è stata introdotta nel sistema ad opera dell'art. 12 comma 1, l. 28 aprile 2014 n. 67. A norma dell'art. 15-bis della medesima disposizione normativa, come inserito dall'art. 1 l. 11 agosto 2014 n. 118, tale comma trova applicazione ai procedimenti già in corso di svolgimento al 17 maggio 2014 — data di entrata in vigore di tale legge — purché non risulti ancora emessa sentenza di primo grado. Lo stesso art. 15-bis — derogando a quanto indicato nel primo comma — stabilisce inoltre, al secondo comma, che le norme previgenti debbano trovare applicazione ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima legge, nel caso in cui l'imputato sia stato dichiarato contumace e non sia stato emesso decreto di irreperibilità. Infine, nel caso in cui il processo venga sospeso ex art. 420 quater, la durata complessiva della sospensione del corso della prescrizione non può essere superiore ai termini indicati dall'art. 161 comma 2. Modifiche introdotte a seguito della Legge 27 settembre 2021 n. 134. In attuazione della Legge 27 settembre 2021 n. 134, recante delega al governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, e del successivo D. Lgs. delegato n. 150 del 2022, in vigore dal 30/12/2022, sono state fra l'altro introdotte modifiche al testo dell'art. 159. Segnatamente, il numero 3-bis) – che prevedeva la sospensione del corso della prescrizione, nel caso di sospensione del procedimento penale a norma dell'art. 420-quater c.p.p. - è stato sostituito dalla previsione della sospensione di tale termine, al momento della pronuncia di sentenza ex art. 420-quater c.p.p. Vi è poi una aggiunta al testo dell'art. 159, nel senso che – laddove venga emessa sentenza a norma dell'art. 420-quater c.p.p. - si verificherà contestualmente anche una sospensione del corso della prescrizione, che perdurerà fino al tempo in cui si addivenga al rintraccio della persona a carico della quale essa è stata pronunciata. Non sarà però comunque possibile oltrepassare lo sbarramento rappresentato dal doppio dei termini di prescrizione dettati dall'art. 157. Segnaliamo che la medesima riforma ha novellato il sopra citato art. 420-quater c.p.p., che prevede l'emissione di sentenza inappellabile di non doversi procedere, nel caso di mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell'imputato. Pronuncia che postula la regolarità delle notificazioni, l'assenza di alcuno dei casi tipizzati dagli artt. 420-bis e 420-ter c.p.p. e l'assenza dell'imputato. Con tale sentenza, il giudice dispone che - fino al momento in cui risulterà decorso, in relazione a tutti i reati oggetto di contestazione, il termine previsto dall'articolo 159, ultimo comma, la p.g. dovrà procedere a ricercare la persona nei cui confronti è stata emessa tale sentenza, notificandole personalmente la decisione stessa in caso di rintraccio. Decorso vanamente il sopra detto senza che si giunga al rintraccio dell'imputato, la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo diverrà irrevocabile. La modifica, di contenuto favorable, si applicherà retroattivamente ai reati commessi prima del 3o dicembre 2022, data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 150 del 2022. La sospensione in pendenza del termine per il deposito della motivazione (disciplina previgente)L’art. 1, comma 11 della riforma del 2017 aveva introdotto un aumento prefissato del termine di prescrizione, correlandolo alla scadenza del tempo utile per procedere alla redazione dei motivi della sentenza di condanna (in primo e poi anche in secondo grado). Il termine prescrizionale restava quindi sospeso, a partire dal termine previsto dall’art. 544 c.p.p. per la stesura della motivazione della pronuncia in primo grado, fino all’emissione del dispositivo che definisce il secondo grado di giudizio; restava parimenti sospeso, a far data dal termine previsto dall’art. 544 c.p.p. per la stesura della motivazione della pronuncia in grado di appello, fino all’emissione del dispositivo che rende irrevocabile la sentenza. In ambedue i casi, la sospensione non potrà comunque avere una estensione temporale eccedente il periodo di anni uno e mesi sei. Questo il dettato normativo antecedente all’intervento dell’art. 1 comma 1 lett. e) n. 1 l. 9 gennaio 2019, n. 3, con decorrenza a partire dal giorno 1 gennaio 2020. Trattasi di norma eliminata da tale novella, in quanto evidentemente superata dal fatto che – sempre in relazione ai fatti successivi al gennaio 2020 - il corso della prescrizione resta sospeso, a partire dal momento della pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto penale, fino alla data del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna. Problematiche di diritto intertemporaleLa successione delle leggi n. 103 del 23 giugno 2017, n. 3 del 9 gennaio 2019 e n. 134 del 27 settembre 2021 in materia di prescrizione ha posto rilevanti problemi di diritto intertemporale. In particolare, si è registrato un contrasto giurisprudenziale, circa la disciplina applicabile ai reati commessi nel periodo compreso tra l'entrata in vigore della legge n. 103/2017 (3 agosto 2017) e il 31 dicembre 2019. Sicché, sia in dottrina che in giurisprudenza, è stata evidenziata la necessità di un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite. La questione di diritto sottoposta all'esame del massimo consesso della Corte è stata così formulata: “se la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all'art. 159, commi secondo, terzo e quarto, nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, continui ad essere applicabile, dopo l'introduzione dell'art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021, n. 134, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019. Le Sezioni Unite , accogliendo l'orientamento maggioritario, già consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità, hanno risposto in senso affermativo, sancendo il seguente principio: “la disciplina della sospensione della prescizione di cui all'art. 159 c.p. nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della legge stessa, cioè dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 209, non essendo stata abrogata con effetto retroattivo né dalla legge n. 3 del 2019, né dalla legge n. 134 del 2021. Per i reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020 trova invece applicazione la disciplina riformata dalla legge n. 134 del 2021”. In altre parole, la Corte ritiene prevalente l'interpretazione secondo cui le modifiche alla disciplina della prescrizione apportate dalla legge n. 3/2019 e dalla leggen. 134/2021 non si pongono come una semplice successione di leggi nel tempo, ma introducono un regime transitorio specifico, applicabile solo ai reati commessi dal 1° gennaio 2020 in poi. La giurisprudenza ha inoltre puntualizzato che il sistema dell'improcedibilità, introdottondalla legge n. 134 del 2021, in collegamento con la riforma della prescrizione della legge n. 3 del 2019, non presenta profili di incostituzionalità. Le questioni sollevate sono state più volte dichiarate manifestamente infondate, in particolare riguardo alla sua applicazione solo ai reati commessi dal 1° gennaio 2020. Questa limitazione temporale è ritenuta una scelta legislativa discrezionale e ragionevole, coerente con la gradualità necessaria per l'organizzazione giudiziaria. L'istituto dell'improcedibilità ha natura principalmente processuale e la sua applicazione retroattiva non è costituzionalmente obbligatoria, poiché l'art. 25, comma 2, Cost. non si applica in modo diretto; eventuali deroghe al principio della retroattività della lex mitior sono ammesse purché fondate su motivi ragionevoli, come l'efficienza del processo e la tutela degli interessi delle parti. La coerenza tra improcedibilità e prescrizione giustifica il limite temporale: essi formano un nuovo sistema unitario, finalizzato alla ragionevole durata del processo. Inoltre, la previsione di termini più lunghi per l'entrata in vigore dell'improcedibilità consente una transizione ordinata, evitando l'applicazione indiscriminata che avrebbe potuto pregiudicare sia l'efficienza del sistema che i diritti delle parti, incluse le vittime. In conclusione, il legislatore ha agito in modo non irragionevole nel limitare l'applicazione del nuovo regime ai reati commessi dal 2020, garantendo un equilibrio tra le esigenze processuali e la tutela dei diritti costituzionali. Prescrizione del reato e restituzione nel termine (art. 175 c.p.p.)Nei casi in cui venga concessa la restituzione nel termine (art. 175, comma 2, c.p.p.), non si tiene conto, ai fini del computo del termine di prescrizione, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale o del decreto di condanna, e la notificazione alla parte dell’avviso di deposito del provvedimento che concede la restituzione (art. 175, comma 8, c.p.p.). Questioni di legittimità costituzionaleIl Supremo Collegio ha giudicato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma in commento — sollevata per presunto contrasto con il disposto dell'art. 3 Cost. — nella parte in cui non stabilisce il limite massimo della sospensione della prescrizione, correlato al differimento dell'udienza disposto a seguito di istanza dell'imputato. In tal caso, secondo la Corte, il rinvio dell'udienza si riconnette al soddisfacimento di esigenze che sono diverse dal legittimo impedimento. Queste cagionano inevitabilmente un aggravio organizzativo all’ufficio giudiziario e - onde bilanciare il fatto che derivino non da impedimento, bensì da richiesta di parte - pare del tutto logico che il periodo di tempo necessario perché si possa celebrare la successiva udienza venga lasciato alla scelta discrezionale del giudice; ed altresì logico è che, durante tale intero periodo, il corso della prescrizione debba restare sospeso (Cass. III, n. 45968/2011). È stata inoltre giudicata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 2, l. 12 giugno 2003, n. 134, sollevata per violazione dell'art. 3 Cost., laddove non è indicato un termine massimo di sospensione della prescrizione, a seguito della richiesta dell'imputato di rinvio per valutare la possibilità di accedere al cd. patteggiamento allargato. Hanno infatti osservato i Giudici, sul punto, come non si prospetti alcuna irragionevolezza nella scelta legislativa di non tarpare il libero esercizio di un diritto dell'imputato, rimettendo però alle parti ed al prudente apprezzamento del giudice la determinazione del periodo ritenuto maggiormente congruo, al fine di compiere le valutazione circa l'accesso al suddetto rito (Cass. IV, n. 36547/2009). CasisticaSaranno ora poste in risalto — fra la moltitudine di pronunce che interessano la complessa materia in esame — quelle che propongono spunti di riflessione maggiormente rilievanti. a) Allorquando venga pronunciata ordinanza di rinvio a tempo indeterminato del processo, in ragione della sussistenza di un legittimo impedimento a comparire dell'imputato, si determina la sospensione del termine di prescrizione quale effetto necessitato del rinvio, anche nel caso in cui ciò non sia stato espressamente enunciato nel provvedimento medesimo; si trattava, nella concreta fattispecie, di rinvio del dibattimento cagionato dalla detenzione all'estero dell'imputato (Cass. VI, n. 12497/2010). b) Il limite dei sessanta giorni – oltre il momento della cessazione dell’impedimento – previsto per il differimento dell’udienza che sia originato appunto dall’impedimento dell’imputato o del difensore, opera solo con riferimento ai rinvii che siano stati disposti in epoca successiva all’introduzione della norma, avvenuta con la l. n. 251/2005 (Cass. S.U., n. 43428/2010). Ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato, deve tenersi conto della disposizione secondo cui, in caso di sospensione del processo per impedimento del difensore dell’imputato dovuto ad un contestuale impegno professionale, l’udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento, anche con riguardo ai rinvii disposti prima dell’entrata in vigore della l. n. 251/2005 (Cass. VI, n. 4886/2015). c) Il rinvio del dibattimento, a causa di un impedimento, oppure anche a seguito della semplice presentazione di istanza ad opera dell'imputato o del difensore, determina sempre la sospensione del corso della prescrizione (Cass. S.U., n. 47289/2003; nella medesima direttrice si era collocata anche Cass. S.U., n. 1021/2001, la quale aveva altresì precisato come l'impedimento dell'imputato o del difensore comportasse la sospensione del corso del termine di prescrizione, purché la richiesta di rinvio non trovasse scaturigine né in esigenze attinenti all'acquisizione di elementi di prova, né nel riconoscimento di termini a difesa). Si veda però anche Cass. IV, n. 51959/2016, a mente della quale non assumono rilievo – in sede di calcolo del termine prescrizionale – quei periodi durante i quali siano stati disposti rinvii del processo in ragione della mera mancanza fisica dell'imputato in udienza, senza dimostrazione mediante allegazione documentale della sussistenza di un legittimo impedimento a comparire. Ciò nel caso in cui il giudice non abbia proceduto alla verifica in ordine alla eventuale sussistenza dei requisiti atti a condurre ad una dichiarazione di contumacia. Trattasi infatti – ad avviso dei Giudici di legittimità – di una situazione di irregolarità processuale, che non consente di apprezzare compiutamente se l'assenza fisica sia dovuta ad un legittimo impedimento oggettivamente impeditivo della presenza, ovvero ad un volontario rifiuto del contraddittorio. Cosa che impone l'adozione di una interpretazione favorevole per l'imputato. Inoltre, dal rinvio dibattimentale disposto dal giudice su istanza di parte scaturisce sempre la sospensione del termine prescrizionale per l’intero tempo del rinvio ad altra udienza, indipendentemente dalle motivazioni poste a fondamento dell’istanza. L’eccezione a tale principio è rappresentato dal caso in cui il rinvio stesso origini da un legittimo impedimento della parte o del difensore: in tale evenienza, infatti, la sospensione si estenderà al massimo per un periodo di sessanta giorni (Cass. III, 41349/2014). Infine. Nel caso in cui il giudice non prenda in considerazione l’istanza di rinvio del giudizio inoltrata dal difensore, per sostenuto legittimo impedimento a comparire, così omettendo qualsivoglia valutazione sul punto, si realizzerà una nullità assoluta ex art. 178 comma 1 lett. c) e 179, comma 1, c.p.p. (Cass. VI, n. 47213/2015). d) Allorquando venga disposto un rinvio del dibattimento in ragione dell'esistenza di due cause concomitanti, rappresentate dal dedotto impedimento dell'imputato e dall'assenza di un testimone [situazione riconducibile alla previsione normativa di cui all'art. 304 comma 1 lett. a) c.p.p., laddove è inserito il riferimento alle esigenze di acquisizione della prova], non vi è poi spazio per la sospensione del termine di prescrizione. La maggior rilevanza da riconnettere al rinvio disposto per esigenze probatorie, infatti, determina il venire meno dell'operatività dell'art. 159 e, dunque, non consente la sospensione del decorso del termine suddetto (Cass. VI, n. 41557/2005). Il Supremo Collegio ha di recente ancora ribadito come il differimento del processo che sia finalizzato alla rinnovazione della citazione all'imputato (nel caso di specie, in ragione del mancato rispetto del termine a comparire) sia da ricondurre al dovere – specificamente gravante sul giudice - di assicurare la regolare instaurazione del contraddittorio. Trattasi di esigenza destinata a prevalere su esigenze di altro tipo ed alla quale il giudice è tenuto a provvedere anche d'ufficio. In tale ottica, una eventuale concomitante richiesta difensiva di rinvio del processo assumerebbe un carattere recessivo, a fronte dell'esistenza di tale prioritaria esigenza. Ne deriva quindi che il rinvio del processo che sia determinato dall'esistenza della necessità di disporre la nuova notifica della citazione a giudizio, così assicurando la corretta instaurazione del contraddittorio, non può determina re la sospensione del corso della prescrizione del reato (Cass. II, n. 11039/2020). Nella motivazione di tale ultima decisione, la Corte ha nuovamente ricordato come non possa disporsi la sospensione del termine di prescrizione, laddove ad un tempo ricorrano una delle cause tipizzate dall'art. 159 e altra causa legittimante il rinvio del processo. In caso dunque di contemporanea ricorrenza di due fatti in grado di giustificare il rinvio, l'uno riconducibile all'imputato o al difensore e l'altro ricollegabile ad esigenze di acquisizione della prova o all'adesione del difensore all'astensione dalle udienze proclamata dalla categoria, la prevalente operatività di tale ultimo motivo di rinvio esclude la valenza della causa ex art. 159 e impedisce la sospensione del corso della prescrizione (così si sono espresse, oltre alla succitata Cass. VI, n. 41557/2005,anche Cass. V, n. 49647/2009eCass. III, n. 26429/2016; Cass. II, n. 11559/2011 ha altresì precisato come – in caso di contestualità fra due fatti parimenti legittimanti il rinvio del dibattimento, l'uno riconducibile all'imputato o al difensore e l'altro al giudice – la preminenza spett i al motivo di differimento ricollegabile al giudice, con la conseguenza che il rinvio dell'udienza non potrà essere accompagnato dalla sospensione del corso della prescrizione). e) Una certificazione medica che indichi in maniera solo vaga ed approssimativa una determinata situazione di carattere clinico legittima il rigetto della relativa istanza di differimento dell'udienza, non potendosi in tal caso avere certezza della sussistenza della assoluta impossibilità fisica di raggiungere il luogo deputato alla celebrazione dell'udienza (Cass. II, n. 24515/2015). f) Il giudice del merito è legittimato a reputare insussistente il dedotto impedimento a comparire, semplicemente avendo riguardo alla documentazione sanitaria posta a corredo della richiesta di rinvio. E ciò può fare anche indipendentemente dall'esperimento di una visita fiscale, dunque semplicemente facendo ricorso alla comune conoscenza ed a massime generali di esperienza. Può in tal modo valutare inesistente l'impedimento del soggetto richiedente ad intervenire in udienza (se non a prezzo di grave ed inevitabile rischio per la salute). Giova precisare che, nella concreta fattispecie, è stata ritenuta immune da censure la valutazione operata dal giudice di merito, il quale aveva disatteso una istanza di rinvio fondata sulla sussistenza di una lombosciatalgia. Aveva in tal caso osservato il giudice come tale patologia non rappresentasse un impedimento assoluto a comparire, essendo essa agevolmente contrastabile a mezzo di medicinali di uso comune e non essendo comunque ostativa al trasporto del paziente con mezzi adeguati, oltre che inidonea a cagionare una incapacità di stare in giudizio, rilevante ex art. 70 c.p.p. (Cass. V, n. 44369/2015). Cass. II, n. 11137/2024 – in materia di sospensione del corso della prescrizione - ha precisato che la relativa durata, nel caso di rinvio determinato da impedimento dell'imputato legato a motivi di salute, non è determinata, ove non possa essere compiuta una prognosi in ordine alla cessazione dell'impedimento, in sessanta giorni successivi al termine dell'indicato impedimento, ai sensi dell'art. 159, comma primo, n. 3, cod. pen., per essere invece commisurata alla durata del differimento che, in concreto, venga disposto dal giudice. g) Il differimento dell'udienza causato dall'adesione del difensore all'astensione proclamata dagli organismi rappresentativi della classe forense comporta la sospensione del processo per un periodo che non è necessariamente limitato al limite massimo dei sessanta giorni indicato dall'art. 159 comma 1 n. 3). Tale sospensione, dunque, non si correla alla durata dell'astensione, ma è invece rapportata alle esigenze di organizzazione dell'ufficio e può dunque estendersi a tutto il periodo di tempo indispensabile perché si adempiano gli incombenti finalizzati al recupero dell'ordinario svolgersi dell'attività (Cass. V, n. 18071/2010; nello stesso senso, si vedano Cass. IV, n. 46359/2007 e Cass. I, n. 5956/2009). h) Il corso della prescrizione deve considerarsi sospeso, allorquando penda il termine che — ai sensi dell'art. 544 c.p.p. — sia stato indicato dal giudice di merito per la redazione dei motivi della sentenza. Trattasi infatti di un meccanismo che sospende automaticamente il termine di custodia cautelare (Cass. II, n. 677/2014). i) Le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che la sospensione del processo, prevista nel caso di presentazione della istanza di «accertamento di conformità»exart. 36 d.P.R. n. 380/2001 (già art. 13 l. n. 47/1985), debba essere presa in considerazione, ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato edilizio. La medesima pronuncia ha statuito che, allorquando intervenga una sospensione del processo in conseguenza di richiesta proveniente dall'imputato o dal difensore, oltre il termine previsto per la formazione del silenzio-rifiutoexart. 36 d.P.R. n. 380/2001, dovrà operare la sospensione del corso della prescrizione a norma dell'art. 159, comma 1, n. 3. La Corte ha qui spiegato come, in caso di rinvio conseguente ad istanza presentata dall'imputato o dal difensore, valgano i principi generali stabiliti dal codice di rito. Tale disciplina opererà dunque — a differenza di ciò che si verifica con riferimento alla sospensione prevista dal combinato disposto degli artt. 36 e 45 d.P.R. n. 380/2001 — anche nei riguardi di reati eventualmente concorrenti con la contravvenzione di cui all'art. 44 del medesimo decreto (Cass. S.U., n. 15427/2016). l) Secondo i Giudici di legittimità, laddove si verifichi una sospensione del procedimento in ragione dell'inoltro di una domanda di rimessione ex art. 45 c.p.p., la cessazione degli effetti sospensivi e quindi il momento finale del periodo di sospensione del termine di prescrizione deve collocarsi al tempo dell'assunzione della decisione e della relativa comunicazione del dispositivo e non farsi invece coincidere con il momento del deposito della motivazione di tale decisione (Cass. VI, n. 38757/2016). m) Secondo Cass. III, n. 43916/2021, il giudice deve avere riguardo alla sussistenza di ogni possibile causa di sospensione correlata alla sospensione del procedimento o del processo, secondo quanto desumibile dalla lettura dei verbali di ciascuna delle fasi di cui si abbia conoscenza. Grava pertanto sul giudice stesso l'obbligo di procedere - anche d'ufficio - all'acquisizione dei verbali delle udienza tenutesi in altre fasi o gradi, qualora tali atti non siano già presenti nell'incarto processuale. Nel corso del giudizio di primo grado, il giudice dovrà pertanto attivare i poteri riservatigli ex art. 507 c.p.p.; durante il giudizio d'appello, dovrà far ricorso allo strumento riservato alla Corte dall'art. 603 comma 3 c.p.p. Risulta quindi errata la declaratoria di intervenuta estinzione per prescrizione, che venga pronunciata senza procedere previamente all'acquisizione al fascicolo del verbale dell'udienza preliminare, atto a dimostrare come in tale fase vi sia stata una sospensione della prescrizione derivante da una sospensione del processo. n) Il rinvio del processo disposto sull’accordo delle parti comporta la sospensione del termine di prescrizione per l’intera durata del rinvio, ai sensi dell’art. 159, comma 1, n. 3), c.p.p. 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