Codice Penale art. 528 - Pubblicazioni e spettacoli osceni (1) (2).

Maria Teresa Trapasso, aggiornato da Aldo Aceto

Pubblicazioni e spettacoli osceni (1) (2).

[I]. Chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente [266 4], fabbrica, introduce nel territorio dello Stato [4 2], acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni [529] di qualsiasi specie, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000 (3).

[II]. Alla stessa sanzione (4) soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli oggetti indicati nella disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente [266 4].

[III]. Si applicano la reclusione da tre mesi a tre anni e la multa non inferiore a euro 103 (5) a chi:

1) adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte di questo articolo;

2) dà pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenità.

[IV]. Nel caso preveduto dal numero 2, la pena è aumentata [64] se il fatto è commesso nonostante il divieto dell'Autorità.

competenza: Prefetto (1° e 2° comma); Trib. monocratico (3° e 4° comma) 

arresto: non consentito

fermo: non consentito 

custodia cautelare in carcere: non consentita 

altre misure cautelari personali:  non consentite 

procedibilità: d’ufficio (3° e 4° comma) 

(1) Corte cost. n. 368 del 1992, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, con riferimento all'art. 21, all'art. 273 e al combinato disposto degli artt. 2, 3, 13 e 25 2 Cost., una questione di legittimità dell'art. 528 nella parte in cui punisce chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione, detiene scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni di qualsiasi specie, osservandosi nella motivazione che la «capacità offensiva dell'osceno verso gli altri, considerata in relazione alle modalità di espressione e alle circostanze in cui l'osceno è manifestato..., non può certo riscontrarsi nelle ipotesi in cui l'accesso alle immagini o alle rappresentazioni pornografiche, non sia indiscriminatamente aperto al pubblico, ma sia riservato soltanto alle persone adulte che ne facciano richiesta».

(2) V. anche art. unico l. 17 luglio 1975, n. 355.

(3) L'art. 2 d.lg. 15 gennaio 2016, n. 8 ha sostituito le parole «è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103» con le parole: «è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000».

(4) L'art. 2 d.lg. 15 gennaio 2016, n. 8 ha sostituito le parole «Alla stessa pena» con le parole: «Alla stessa sanzione».

(5) L'art. 2 d.lg. 15 gennaio 2016, n. 8 ha sostituito le parole «Tale pena si applica inoltre» con le parole: «Si applicano la reclusione da tre mesi a tre anni e la multa non inferiore a euro 103».

 

Inquadramento

Lo scopo dell'incriminazione delle pubblicazioni e degli spettacoli osceni è di reprimere la pornografia prevenendo l'involontario impatto con materiali a contenuto erotico (Fiandaca-Musco, 131).

Con il d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 (art. 2), l'ordinamento è intervenuto nella materia, prevedendo la trasformazione dei reati di cui ai commi 1 e 2 in illeciti amministrativi, puniti entrambi con la sanzione amministrativa pecuniaria “da euro 10.000 a euro 50.0000” (sul “diritto intertemporale”, si v. ultra).

Per la previsione di cui al comma 3, che conserva la rilevanza penale, trova applicazione la pena della “reclusione da tre mesi a tre anni e la multa non inferiore a euro 103”.

Soggetti

Soggetto attivo

Si tratta di un reato comune, che può essere commesso da “chiunque”.

Per taluni soggetti — edicolanti, librai — la legge prevede ipotesi particolari di non punibilità (si v. ultra).

Materialità

Condotta

A seguito dell'intervento di depenalizzazione operato dal d.lgs. n. 8/2016, la sola condotta che costituisce reato, è quella di cui al comma 3. Le previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 528, costituiscono ora illeciti amministrativi.

La previsione, prima dell'intervento di depenalizzazione che ha interessato i commi 1 e 2, era qualificabile come “norma a più fattispecie” (Bacco, 303); in essa le distinte ipotesi delittuose risultavano accomunate dal medesimo trattamento sanzionatorio e dal ricorrere, nella maggior parte dei casi, del medesimo oggetto materiale (Fiandaca-Musco, 130).

Esso conserva, quanto alla previsione di cui al comma 3, la natura di un reato di pericolo, definito in sede giurisprudenziale come reato di pericolo “astratto”, in quanto la soglia della rilevanza penale è anticipata sino a ricomprendere condotte solo astrattamente idonee ad offendere il pudore (Cass. III, n. 26608/2002). Si è osservato tuttavia in sede dottrinale l'opportunità di una ricostruzione in chiave personalistica del bene tutelato, così che le condotte rilevino penalmente solo ove siano tenute in assenza di accorgimenti tali da evitare la percezione da parte di coloro che non vi abbiano preventivamente acconsentito”. A tenore di tale orientamento sarebbe da escludere da responsabilità penale il soggetto che, con riguardo a spettacoli caratterizzati da oscenità, abbia adottato le opportune cautele al fine di coinvolgere solo un pubblico consapevole della natura dello spettacolo e, con riguardo al materiale osceno, qualificare come penalmente irrilevante l'introduzione di tale materiale in un circuito di distribuzione caratterizzato da riservatezza, intesa come modalità di offesa tale da poter attingere solo i soggetti che vogliano fruirne consapevolmente (si v. sub art. 529).

La pubblicità rappresenta sia un elemento costitutivo della fattispecie, che requisito essenziale, perché si realizzi l'offesa al buon costume (non è pertanto sufficiente la mera detenzione del materiale osceno, perché si configuri l'art. 528; la Cassazione ha altresì precisato come, trattandosi di elemento costitutivo della fattispecie, spetti all'accusa l'onere di provare la percepibilità concreta od astratta dell'osceno da parte di un numero indeterminato di persone” (Cass. III, n. 2775/1971).

Fattispecie

La fattispecie prevede due tipologie di condotte: l'una concernente gli “oggetti osceni”; l'altra, le “rappresentazioni oscene”.

Quanto agli oggetti osceni (scritti, disegni, immagini), si può distinguere tra l'incriminazione di condotte preparatorie rispetto alla fruizione effettiva dei materiali osceni — fabbricazione, introduzione, acquisto, detenzione, messa in circolazione allo scopo di farne commercio, distribuirli o esporli pubblicamente — attraverso le quali il codice persegue una funzione di tutela anticipata (Fiandaca-Musco, 112) e condotte costituenti oggetto del dolo specifico delle prime — fare commercio, distribuire o esporre pubblicamente — tali da collocarsi “quale riflesso di un avanzamento della soglia dell'intervento penale” (Fiandaca-Musco, 131)

Riguardo alle condotte a carattere preparatorio indicate nella prima parte del comma primo dell'art. 528, è necessario precisare come esse assumano rilievo penale a condizione che perseguano il fine di commercializzazione o pubblica esposizione.

Riguardo alle singole condotte si è precisato come per “fabbricazione” (quando si tratti di oggetti prodotti a mezzo della stampa) si debba intendere quel complesso di operazioni proprie dello stampatore, necessarie perché si abbia uno stampato (Cass. III, n. 9191/1974). Quanto alla condotta di “introduzione” si è esclusa la liceità del commercio c.d. riservato di oggetti offensivi del pudore, in quanto l'art. 528 punisce espressamente il commercio di tali oggetti, anche se clandestini (prescindendo cioè dalle loro modalità di introduzione nel circuito commerciale): il legislatore teme infatti che tale introduzione, attraverso passaggi e sfuggendo a controlli, possa propagarsi tra un numero non preventivamente determinabile di persone di ogni età, così da equiparare sostanzialmente, quanto agli effetti, tale condotta a quella di esposizione pubblica di oggetti osceni (Cass. III, n. 4693/1994) (così anche a proposito dell'introduzione di videocassette pornografiche nel circuito commerciale attraverso distributori automatici azionati mediante schede, ritenuta sostanzialmente corrispondente alla “esposizione pubblica” degli oggetti osceni, in quanto con tal sistema si raggiunge un numero indeterminato di persone offendendone il pudore, così Cass. III, n. 9089/1983).

Con riguardo alla condotta di detenzione, è stato affermato il principio secondo il quale non integra il reato la detenzione di materiale osceno, anche se finalizzata al commercio, se questo, per le concrete modalità di riservatezza con le quali può svolgersi, non sia idoneo a realizzare alcuna offesa, reale o potenziale, al pubblico pudore (Cass. S.U., n. 5/1995; in tal senso anche la Corte cost. n. 368/1992, che, nell'affermare la legittimità costituzionale dell'art. 528 ha osservato come la misura di illiceità dell'osceno sia data dalla capacità offensiva del fatto verso altri, capacità che deve ritenersi insussistente nelle ipotesi in cui l'accesso alle immagini pornografiche non sia indiscriminatamente aperto al pubblico, ma sia riservato solo alle persone adulte che ne facciano richiesta).

Quanto ai rapporti tra “detenzione” di oggetti osceni a scopo di commercio e “commercio” si è affermato come tra di essi intercorra un rapporto strumentale di mezzo a fine, quindi di continenza, presupponendo il commercio la detenzione della cosa (che dunque rappresenta l'antefatto non punibile): ricorre pertanto un'ipotesi di concorso apparente di norme, da risolversi in base al principio di specialità, dandosi la prevalenza all'incriminazione della fattispecie — fare commercio- che presuppone e comprende quella alternativa di acquisto e detenzione (Cass. I, n. 2584/1971).

La “messa in circolazione” ricorre quando gli oggetti vengono fatti uscire dalla sfera di custodia del detentore per farli entrare nella disponibilità di altri (così Cass. III, n. 26608/2002, la quale ha precisato come l'invio a mezzo fax di una pubblicazione oscena, rientri nella nozione di messa in distribuzione, atteso che trattasi di espressione ricomprendente tutte le possibili modalità di diffusione).

L'espressa previsione della punibilità del commercio, anche clandestino, di oggetti osceni esclude la liceità del commercio c.d. riservato degli stessi. (Cass. III, n. 4693/1994).

L'uso di mezzi di pubblicità (art. 528, comma 3) — unica previsione che ha conservato la rilevanza penale, dopo l'intervenuta depenalizzazione, exd.lgs. n. 8/2016, che ha riguardato le altre previsioni (commi 1 e 2) — viene incriminato in quanto volto a propagandare gli oggetti pornografici in vista della loro commercializzazione (Fiandaca-Musco, 132).

Con riguardo alle pubbliche rappresentazioni (art. 528, comma 3, n. 2), in sede dottrinale si è posta in evidenza la tassatività dell'elencazione: ogni manifestazione di oscenità non riconducibile alle categorie tipizzate — pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, audizioni o recitazioni pubbliche — potrà essere condotta all'art. 527 (ove ne ricorrano i presupposti, così Fiandaca-Musco, 133). A proposito della qualificazione di oscenità dello “spettacolo”, la giurisprudenza ha ritenuto che essa ricorresse in presenza dei seguenti presupposti: spettacolo osceno non presentato come tale e avvenuto senza alcuna riservatezza. Essendo la capacità offensiva dell'osceno condizionata dal contesto ambientale, lo spettacolo osceno che si svolga con particolari modalità di riservatezza e di cautela ed in presenza di sole persone adulte non integra il reato di cui all'art. 528, comma 3, n. 2 (Cass. III, n. 135/1997).

Elemento psicologico

Dolo

Il dolo esige la volontà del fatto e la consapevolezza del carattere osceno dell'oggetto o dello spettacolo (Antolisei, 567).

Non è necessario il requisito della scopo di offendere il pudore, non essendo dalla legge richiesto tale dolo specifico (Cass. III, n. 713/1971).

Consumazione e tentativo

Consumazione

Il reato si consuma nel momento in cui viene realizzata una delle diverse condotte indicate dalle previsione di cui all'art. 528. Nel caso di realizzazione nel medesimo contesto di azione di più ipotesi fra quelle previste dal comma 1 e dal primo cpv dell'art. 528, si configura un solo reato, trattandosi di fattispecie prese in considerazione alternativamente (come modalità diverse della stessa violazione giuridica) oppure come momenti di progressione dell'azione delittuosa. (Fiandaca-Musco, 133).

Nel caso di “atti di commercio” il reato si consuma anche con il commercio di un solo oggetto osceno, posto che — ha osservato la S.C. — il plurale di cui all'art. 528 ha valore solo indeterminativo (Cass. III, n. 1197/1970). La previsione è stata depenalizzata e trasformata in illecito amministrativo dall'art. 2, d.lgs. n. 8/ 2016.

Nel caso di opera filmica, il momento consumativo del reato deve essere assegnato al montaggio e non alla ripresa, in quanto è il montaggio il momento creativo dell'opera, il momento cioè in cui le riprese manifestano la loro attitudine ad esprimere compiutamente il discorso voluto dal suo autore (Cass. III, n. 5308/1984, secondo la quale le riprese non possono costituire elemento materiale del reato, ai fini di un eventuale sequestro, in quanto è ancora ignoto se il regista le utilizzerà nella pellicola). Nella specie, relativa al film "Caligola", la suprema Corte aveva annullato la sentenza del giudice d'appello, avendo ritenuto non ascrivibile al regista il fatto-reato, previsto dalla prima parte dell'art. 528, per avere realizzato le riprese oggettivamente oscene. E invero l'elemento psichico dell'ipotesi in questione consiste, oltreché nell'ipotesi di riprendere le immagini oscene (dolo generico), anche nello scopo di farne distribuzione e, nel campo cinematografico, di farne oggetto di pubblica proiezione (dolo specifico): nella specie il regista fu estromesso dalla produzione dopo la direzione delle riprese (tanto che ricorse al pretore) e il materiale realizzato fu utilizzato con l'ausilio di altro montatore ed altro regista).

Tentativo

l tentativo viene considerato “astrattamente possibile”, benché la natura di illecito di pericolo del reato ne renda problematica la configurabilità (Fiandaca-Musco, 133).

Forme di manifestazione

Circostanze

Nel caso previsto dal comma 2 dell'art. 528 — commercio, distribuzione, pubblica esposizione di oggetti osceni — viene previsto un aggravamento di pena se il fatto viene commesso nonostante il divieto dell'Autorità allo svolgimento della rappresentazione oscena (art. 528, ult. comma). La previsione di cui al secondo comma, depenalizzata dal d.lgs. n. 8/2016, costituisce ora illecito amministrativo.

È previsto altresì un aggravamento di pena per i casi di applicazione dell'art. 528 alle pubblicazioni destinate ai fanciulli e agli adolescenti, quando siano idonee ad offendere il loro sentimento morale o incitarli alla corruzione, al delitto, o al suicidio (art. 14, l. n. 47/1948).

È prevista altresì un aggravamento di pena (da uno a tre anni) nei casi in cui il reato di cui all'art. 528 sia commesso da un editore di libri (o stampa periodica) (art. unico l. n. 355/1975).

Concorso di persone

In materia di pubblicazioni oscene, la S.C. ha affermato che il titolare di azienda editoriale che faccia stampare una collana di libri di impostazione esclusivamente erotica, consapevole del contenuto di essa, risponda in concorso con la persona qualificata come direttore responsabile (Cass. VI, n. 1219/1972). Il distributore del film deve considerarsi concorrente nella commissione del reato di pubblico spettacolo cinematografico osceno (Cass. III, n. 4309/1976).

Causa di non punibilità

I titolari e gli addetti alla rivendita di giornali e riviste non sono punibili per il fatto di detenere, rivendere o esporre nell'esercizio normale della propria attività, pubblicazioni ricevute dagli editori e distributori autorizzati (l. 17 luglio 1975, n. 355). La non punibilità è estesa anche ai librai, rispetto a libri e pubblicazioni non periodiche, salvo si provi che essi operino di concerto con editori o distributori al fine di diffondere la stampa oscena.

La causa di non punibilità tuttavia non trova applicazione: quando parti palesemente oscene delle pubblicazioni siano esposte in modo da renderle immediatamente visibili al pubblico; oppure quando le pubblicazioni oscene siano vendute ai minori di 16 anni.

L'esclusione di responsabilità per i rivenditori professionali di stampa periodica e libri (l. n. 355/1975) è limitata solo a quella derivante dagli artt. 528 e 725 e dagli artt. 14 e 15 l. n. 47/1948. Persiste invece la responsabilità di cui all'art. 1, l. n. 1591/1960, relativa alla affissione ed esposizione al pubblico di manifesti immagini oggetti contrari al pudore o alla decenza e volta a tutelare la moralità e sensibilità dei minori degli anni diciotto.

L'esimente in parola non trova applicazione ai rivenditori e noleggiatori di videocassette oscene (così C. cost. n. 1063/1988, che ha escluso l'incostituzionalità della norma in questione per la sua mancata estensione ai commercianti di videocassette pornografiche). Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno tuttavia ritenuto che il commercio di film pornografici, purché realizzato con particolari modalità di riservatezza e cautela nei confronti di acquirenti adulti, non integri il reato di cui all'art. 528 (Cass. S.U., n. 18/1992).

Rapporti con altri reati

Per quanto riguarda i rapporti con il reato di atti che offendono la pubblica decenza (art. 725), la S.C. ha affermato come questi siano contrari ai principi di pudicizia e di costumatezza e dunque capaci di destare sentimento di disagio o di ripugnanza morale; mentre siano offensivi del pudore (art. 528) quegli atti aventi contenuto e finalità sessuali che, offendendo il pudore di chi li percepisce a causa della loro commissione in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, ne turbano la verecondia (Cass. III, n. 1218/1968).

Il reato di cui all'art. 14, l. n. 47/1948 benché affine all'art. 528, se ne distingue in quanto l'oscenità non è necessariamente elemento costitutivo del primo Cass. III, n. 7136/1978).

Il reato di cui all'art. 1, l. n. 1591/1960 e quello di cui all'art. 528 hanno oggettività giuridiche diverse ed integrano figure criminose autonome e distinte; non v'è pertanto contraddizione nell'esenzione da pena dell'esposizione al pubblico di una copertina ritenuta oscena o contraria alla pubblica decenza per la generalità dei cittadini, e nella punizione dell'esposizione di una copertina offensiva del pudore e della pubblica decenza solo per gli infradiciottenni (Cass. III, n. 6856/1980 a proposito dell'esclusione dei rivenditori professionali della stampa periodica e i librai solo dalla responsabilità derivante dagli artt. 528 e 725  e artt. 14-15 l. n. 47/1948, ma non quella derivante dall'art. 1, l. n. 1591/1960).

Casistica

È stata esclusa la configurabilità del reato di cui all'art. 528 a proposito della esposizione e messa in commercio di oggetti di forma fallica, nel caso in cui il contenuto palesemente ironico e canzonatorio degli oggetti escluda il carattere di oscenità (Cass. III, n. 3027/1995).

La rappresentazione di pellicole cinematografiche a contenuto intrinsecamente osceno nelle sale a ciò destinate (sale c.d. a luci rosse), in quanto la società attuale riconosce che specifiche manifestazioni in particolari circostanze possono svolgersi senza ledere il comune sentimento del pudore (Cass. III, n. 14018/1986).

Rientra nella categoria dei reati commessi con mezzo della stampa l'affissione e l'esposizione in luogo pubblico di manifesti contrari al pudore o alla pubblica decenza (Cass. III, n. 23/1985).

Nel caso di spettacolo di spogliarello con riproduzione esplicita di atti sessuali, si è ritenuto integrato il delitto di cui all'art. 528, in quanto il contenuto reale dello spettacolo non era stato pubblicizzato, riferendosi le locandine al solo strip-tease, e il luogo di svolgimento, discoteca, determinava nei presenti il coinvolgimento in rappresentazioni oscene cui non avevano consapevolmente accettato di assistere (Cass. III, n. 135/1997).

Il commercio di prodotti osceni integra la fattispecie criminosa di cui all'art. 528 ove ricorra il requisito della "pubblicità", ossia della possibilità di percepire l'osceno da parte di un numero indeterminato di persone (Cass. III, n. 23426/2011 che ha ritenuto il reato in un caso in cui di si trattava di circa 23.000 riviste con videocassette di contenuto osceno commercializzate senza particolari accorgimenti che assicurassero la riservatezza).

Profili processuali

Le previsioni di cui ai primi due commi, costituiscono attualmente illecito amministrativo (ex d.lgs. n. 8/2016); competente ad irrogare la sanzione è il Prefetto.

Permane per la previsione di cui al terzo comma la qualificazione in termini di illecito penale; esso è procedibile d'ufficio e di competenza del Tribunale monocratico. Non è consentito né l'arresto, né il fermo, né l'applicazione della custodia cautelare in carcere e delle altre misure cautelari personali.

Diritto intertemporale

La trasformazione in illecito amministrativo del reato di cui al primo comma determina importanti conseguenze quanto ai profili di diritto intertemporale. Secondo quanto stabilito dall'art. 8 (comma 1) d.lgs. n. 8/2016, le disposizioni che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore del decreto, salvo che il procedimento non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili. Nel caso in cui il procedimento sia stato definito, prima dell'entrata in vigore del decreto, con sentenza di condanna o con decreto irrevocabile, il giudice dell'esecuzione, secondo quanto previsto dall'art. 667, comma 4, c.p.p., revoca la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti. La trasmissione degli atti all'autorità amministrativa

è disciplinata dall'art. 9 d.lgs. n. 8/2016.

Quanto alla competenza per materia, viene fatta rientrare nella categoria dei “reati commessi con il mezzo della stampa”, l'affissione e l'esposizione in luogo pubblico di manifesti contrari al pudore o alla pubblica decenza, in quanto la stampa in essi costituisce lo strumento attraverso il quale si concreta l'azione antigiuridica (Cass. III, n. 23/1985). Relativamente alla competenza per territorio, l'art. 14, l. n. 161/1962, in deroga alle regole generali di determinazione della competenza territoriale, ha stabilito che nei reati commessi tramite la proiezione di opere cinematografiche (o di rappresentazioni teatrali), la competenza appartenga al giudice dove è avvenuta la prima proiezione o rappresentazione pubblica (Cass. I, n. 329/1977). Tale competenza speciale sussiste indipendentemente dall'essere stata promossa l'azione penale nel luogo di prima rappresentazione (Cass. I, n. 435/1973). Nel caso di spettacoli cinematografici iniziati nello stesso giorno in luoghi diversi, il criterio è stato individuato con riferimento all'ora del primo spettacolo (Cass. I, n. 1491/1970).

La natura di norma speciale ed eccezionale dell'art. 14, l. n. 161/1962, impedisce l'applicazione in via analogica del criterio di “priorità temporale” alle ipotesi di pubblicazioni oscene, per le quali riprendono vigore le norme generali, che stabiliscono la competenza per territorio in capo al giudice del luogo in cui è avvenuto l'ultimo atto di commercio (Cass. I, n. 329/1977).

È onere dell'accusa provare la percepibilità concreta od astratta dell'osceno da parte di un numero indeterminato di persone, essendo la pubblicità l'elemento su cui si incentra l'offesa al buon costume (non è pertanto sufficiente, per la S.C., Cass. III, n. 34417/2005, la mera detenzione del materiale osceno).

Il nulla-osta della commissione censura (l. n. 161/1962) alla proiezione in pubblico di un film, è un provvedimento amministrativo che non ha l'efficacia di escludere la punibilità di uno spettacolo che in effetti sia osceno, né sotto il profilo dell'esimente dell'esercizio di un diritto, né sotto il profilo del difetto dell'elemento psicologico del reato (Cass. III, n. 4309/1976).

Si è stabilita la legittimità del sequestro probatorio di un carico di videocassette pornografiche destinate al commercio, ove non emerga che il commercio fosse destinato a svolgersi con accorgimenti tali da assicurarne la riservatezza, così da impedire la realizzazione di una indiscriminata diffusione del materiale sequestrato (Cass. S.U., n. 5/1995).

Estinzione per amnistia. L'opera cinematografica considerata oscena, quale elemento materiale la cui fabbricazione e detenzione costituisce reato, in quanto destinata alla distribuzione ed alla pubblica proiezione, costituisce corpo di reato, soggetto dunque a confisca obbligatoria, a norma dell'art. 240, indipendentemente dalla dichiarazione di estinzione del reato. Nel caso in cui il film sia stato giudicato osceno nella quasi totalità delle sequenze, non è possibile limitare la confisca ad alcune sequenze; essa pertanto deve essere disposta per l'intera pellicola (Cass. III, n. 5308/1984).

Nel caso di reato di commercio di pubblicazioni oscene, l'estinzione per amnistia ne impedisca la confisca, poiché di esse non è vietata in modo assoluta la detenzione o l'alienazione (Cass. III, n. 580/1993).

Bibliografia

Si veda sub art. 527.

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