Codice Penale art. 600 - Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (1) (2).

Paola Borrelli

Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (1) (2).

[I]. Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento (3) ovvero a sottoporsi al prelievo di organi, è punito con la reclusione da otto a venti anni [604; 380 2 lett. d c.p.p.] (4).

[II]. La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità (5), di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona (6).

 

(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, l. 11 agosto 2003, n. 228.

(2) Per l'aumento delle pene, qualora il fatto sia commesso da persona sottoposta a misura di prevenzione, v. art. 71, comma 1 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che ha sostituito l'art. 7, comma 1 l. 31 maggio 1965, n. 575.

(3) Cfr. Convenzione di Ginevra del 4 novembre 1956, resa esecutiva con l. 20 dicembre 1957, n. 1304.

(4) L’art 2, d.lgs. 4 marzo 2014, n. 24 ha sostituito, dopo le parole: «all'accattonaggio o comunque» le parole: «a prestazioni» con le parole: «al compimento di attività illecite» e dopo la parola «sfruttamento» ha inserito le parole: «ovvero a sottoporsi al prelievo di organi».

(5) L’art 2, d.lgs. 4 marzo 2014, n. 24 ha aggiunto dopo le parole: «approfittamento di una situazione» le parole: «di vulnerabilità, ».

(6) Seguiva un terzo comma abrogato dall'art. 3 della legge 2 luglio 2010, n. 108. Il testo era il seguente: «La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi».

competenza: Corte d'Assise

arresto: obbligatorio

fermo: consentito

custodia cautelare in carcere: consentita

altre misure cautelari personali: consentite, v. 282-bis, comma 6 e 384-bis c.p.p.

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Il delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù è stato concepito, nel suo contenuto attuale, per adeguarsi alle indicazioni provenienti da fonti sovranazionali, al fine di massimizzare il contrasto alla mercificazione degli esseri umani. La disciplina attuale include una regolamentazione dettagliata delle fattispecie, distinguendo tra "schiavitù" ¾ quale reificazione della vittima, che diviene un oggetto nelle mani dell’autore del fatto ¾ e "servitù", quest'ultima caratterizzata da una condizione di soggezione della vittima meno intensa della schiavitù ma continuativa, ottenuta con varie forme di coartazione o approfittamento delle sue condizioni.

Soggetti

Soggetto attivo

Si tratta di un reato comune, che può essere commesso da « chiunque ».

Materialità

Condotta

E’ un delitto a fattispecie plurima Cass. V, n. 32149/2024Cass. V, n. 26143/2024) giacché contempla due distinte condotte tipiche, entrambe classificabili come reati di danno.

a) L’una, descritta nella prima proposizione del comma 1, riconducibile alla nozione di schiavitù in senso proprio, è costituita dall’esercizio dei poteri del proprietario su un altro essere umano. Il reato può consistere sia nell’asservire un soggetto fino a quel momento libero, sia nel mantenere in stato di schiavitù un soggetto già privato della libertà. La condotta si distingue da quella della proposizione successiva (quella che segue la parola “ovvero”) e non vi sono ricollegate le medesime modalità attuative, che si riferiscono solo alla riduzione o mantenimento in servitù e di cui si dirà al punto b). 

b) L'altra condotta, definita come riduzione o mantenimento in servitù, ha una struttura decisamente più complessa, fondata su un'elencazione nutrita sia di condotte-mezzo (comma 2) che di eventi a cui le prime sono funzionali (comma 1, 2ª parte) e che hanno, come elemento di connessione, uno stato di soggezione della vittima, che, a differenza degli eventi che la coinvolgono, che possono anche essere isolati, deve essere continuativo (Cass. V n. 49514/2018); sia le condotte-mezzo che gli eventi, nell'ambito della rispettiva categoria di appartenenza, sono previsti in via alternativa. Il reato consiste nel determinare in un essere umano uno stato di soggezione continuativa, in cui la vittima cade perché costretta attraverso 1) violenza, 2) minaccia, 3) inganno, 4) abuso di autorità, 5) approfittamento di una situazione di vulnerabilità, 6) di inferiorità fisica o psichica, 7) di uno stato di necessità ovvero 8) la promessa o dazione di denaro o altri vantaggi a chi ha autorità su di essa. Il costringimento è diretto ad ottenere che la p.o., sempre in via alternativa, ponga in essere o comunque subisca 1) prestazioni lavorative o sessuali, 2) accattonaggio, 3) attività illecite che ne comportino lo sfruttamento, 4) prelievo di organi. Queste ultime due condotte ed il concetto sopra menzionato di vulnerabilità sono frutto dell'interpolazione dell'art. 600 ad opera dell'art. 2 comma 1 lett. a) d.lgs. n. 24/2014 attuativo della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione ed alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime.

Nel caso in cui riduzione e mantenimento siano riconducibili alla stessa persona, si è sottolineato come si commetta un solo reato. (Mantovani, 2013, 285). Il reato è a forma vincolata, avendo il legislatore tracciato dettagliatamente le modalità della condotta.

Quanto alle modalità esecutive, se violenza e minaccia non pongono particolari interrogativi definitori, può dirsi che 1) l’inganno si identifica nell’induzione in errore della p.o., 2) l’abuso di autorità nell’esercizio illegittimo dei poteri e delle facoltà di cui un soggetto, in posizione  sovraordinata, sia titolare (secondo la giurisprudenza, l’agente deve essere dotato di una posizione autoritativa di carattere formale e pubblicistico, Cass. V, n. 15632/2016), 3) l’approfittamento delle condizioni di inferiorità fisica o psichica nello sfruttamento della debolezza personale della p.o., 4) il mercimonio della parte lesa nell’acquisizione di prerogative “dispositive” sulla medesima dietro pagamento o promessa ad un soggetto che sulla vittima eserciti già un potere. Una notazione specifica merita, in primo luogo, lo stato di necessità della parte lesa di cui pure il soggetto-agente può approfittare, che è discusso debba essere inteso nella nozione di cui all’art. 54 (necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona) ovvero genericamente come stato di bisogno.

Secondo la giurisprudenza, la situazione di necessità di cui all'art. 600 non è quella di cui all'art. 54, ma va piuttosto ricondotta alla nozione di bisogno indicata nel delitto di usura aggravata di cui all'art. 644, comma 5, n. 3, ed intesa come qualsiasi situazione di debolezza o di mancanza materiale o morale del soggetto passivo, atta a condizionarne la volontà personale (Cass. V, n. 35134/2016, Cass. V, n. 31647/2016), ovvero va delineata sulla scorta dello stato di bisogno di cui all'art. 1448 c.c. (Cass. III n. 21630/2010).

Il concetto di vulnerabilità, introdotto con la novella del d.lgs. n. 24/2014, completa il quadro al fine di sanzionare ogni forma di strumentalizzazione dell'inferiorità della vittima (anche preesistente e indipendente dall’azione del reo, Cass. V,  n. 26143/2024) ed è definita dall'art. 2, § 3 della direttiva europea 2011/36/UE come «una situazione in cui la persona in questione non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all'abuso di cui è vittima». L’art. 1 comma 1 d.lgs. 24/2014 indica, quali soggetti vulnerabili, «i minori, i minori non accompagnati, gli anziani, i disabili, le donne, in particolare se in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le persone con disturbi psichici, le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica, sessuale o di genere». 

Molto efficacemente, Cass. V,  n. 26143/2024 ha ritenuto che approfitta della condizione di vulnerabilità colui che «conscio della condizione di debolezza fisica, psichica o esistenziale della persona offesa, se ne sia subdolamente avvalso per accedere alla sua sfera interiore, manipolandone capacità critica e tensioni emotive e, per tale via, inducendola in uno stato di remissività, così da ridurla a mezzo per soddisfare più agevolmente il proprio proposito di sfruttamento».

Quanto all'oggetto della costrizione, la formula normativa è chiara nell'elencare le attività a cui è teso il costringimento; giova osservare che la clausola di chiusura concernente la coazione verso ogni attività illecita che comporti lo sfruttamento della vittima può essere intesa sia nel senso di sfruttamento strettamente economico, che come condotta priva di connotazioni patrimoniali.

Le modalità esecutive del reato sono alternative dal che consegue che, perchè sussista la costrizione ad una delle condotte specificamente previste dall'art. 600 comma 1 c.p., nei confronti di un soggetto che si trovi in una situazione di inferiorità fisica o psichica ovvero di necessità, è sufficiente l'approfittamento di tale situazione da parte dell'autore, mentre non è necessario l'uso della violenza o della minaccia, dell'inganno o dell'abuso di autorità, la cui presenza è solo sintomatica dell’approfittamento (Cass. V, n. 15632/2016).

Evento

 a) La riduzione o il mantenimento in schiavitù  è fattispecie di evento, laddove quest’ultimo si identifica nella perdita dello status libertatis (Mantovani, 2013, 282).

In giurisprudenza (Cass. III, n. 3368/2005), al contrario, si è reputato trattarsi di reato di mera condotta.

b) La riduzione o il mantenimento in servitù è stato reputato reato ad evento triplice, costituito da 1) lo stato di soggezione continuativa, 2) la condizione di coazione psichica della p.o., a causa di ciò indotta allo svolgimento delle attività imposte dall'agente, 3) l'espletamento delle prestazioni indicate dalla norma (Mantovani, 2013, 286); per Cass. V n. 49514/2018, l’evento è invece duplice, identificandosi in quelli sub 1) e 3)).

Elemento psicologico

Si tratti di fattispecie punite solo a titolo di dolo, sub specie di dolo generico, essendo solo richiesta la coscienza e volontà, per la schiavitù, di esercitare su una persona i poteri corrispondenti alla proprietà, e, per la servitù, di porre in essere ciascuno degli aspetti dell’evento, nella sua lettura tripartita (v. supra) (Mantovani, 2013, 282 e 286).

Consumazione e tentativo

 

Consumazione

a) Il delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù è permanente e si perfeziona nel momento e nel luogo in cui la p.o. è ridotta o mantenuta nello stato di oggetto di proprietà e si consuma laddove cessa la condotta volontaria dell'autore (Mantovani, 2013, 282); esso è a forma libera, ma occorre che la condotta sia reiterata, come evocato dall'utilizzo del termine «esercizio» (Fiandaca e Musco, 2013, 140).

b) Il delitto di riduzione o mantenimento in servitù è, al contrario, reato a forma vincolata (Cass. V, n. 10426/2015Cass. V, n. 15632/2016), anch'esso permanente (Mantovani, 2013, 286, Cass. V, n. 35479/2010), mentre è discusso se sia reato abituale. A quest'ultimo proposito, si ritiene, da una parte (Mantovani, 2013, 286, Pompei, cit.), che la continuatività sia richiesta solo per lo stato di soggezione, mentre anche una sola delle prestazioni frutto della coartazione sarebbe sufficiente ad integrare l'illecito, che in quel momento si perfeziona; dall'altra (Fiandaca e Musco, 2013, 141), si è opinato che occorrano più condotte di asservimento. Anche per la servitù, la consumazione e la cessazione della permanenza si hanno quando vi è cessazione volontaria della condotta da parte dell'autore (Mantovani, 2013, 286).

La continuatività della condizione di soggezione della p.o. - ancorché essenziale -  non richiede tuttavia una particolare durata, tanto che la sussistenza del reato non è stata esclusa dalla circostanza che la condotta dell’agente fosse stata interrotta dieci giorni dopo il suo esordio, grazie alla fuga o all’intervento della Polizia (Cass. V, n. 33877/2018Cass. V, n. 35479/2010; Cass. V, n. 8370/2014 ha, invece, escluso la configurabilità del reato in caso di protrazione dell'asservimento per un solo giorno). Si è altresì affermato che la negazione della libertà personale della vittima può anche non essere integrale e restare, per qualche tempo, latente, oltre a lasciare alla p.o. una qualche limitata autonomia nel rapporto di soggezione, sempre che resti ferma la posizione di supremazia esercitata nei suoi confronti dell’agente (Cass. V, n. 32149/2024; Cass. V, n. 26143/2024Cass. V, n. 15662/2020; Cass.V, n. 37315/2019; Cass. I, n. 34917/2018).

Tentativo

Il tentativo è configurabile per entrambe le fattispecie.

Cause di giustificazione

Il consenso dell'avente diritto

 La scriminante di cui all’art.50 non è applicabile al reato in discorso giacché presuppone la disponibilità del diritto leso dalla condotta criminale, di cui la p.o. è al contrario priva (Cass. III, n. 2841/2007, concernente la condotta di parenti, di adolescenti infraquattrordicenni costretti all'accattonaggio, che, durante il processo, avevano in qualche modo manifestato un consenso alle pratiche subite). Cass. V, n. 37315/2019 ha reputato irrilevante il consenso all’ingresso in Italia di donne straniere per matrimoni combinati, donne poi adibite a mansioni domestiche, senza un’effettiva libertà di movimento e di autodeterminazione).

L'esercizio di un diritto

L'esimente di cui all'art. 51, relativamente all'esercizio della potestà genitoriale (ora responsabilità genitoriale) o di una potestà parentale, non è applicabile al reato ex art. 600, siccome esula da tali  potestà la facoltà di ridurre i figli e gli altri discendenti in stato di soggezione continuativa e di costringerli all'accattonaggio. Per l'ordinamento italiano, infatti, non hanno rilievo in bonam partem le consuetudini delle popolazioni nomadi di usare i bambini nell'accattonaggio, atteso che la consuetudine può avere una valenza scriminante ex art. 51, solo se richiamata da una legge, secondo il principio di gerarchia delle fonti di cui all'art. 8 preleggi (Cass. III, n. 2841/2007, già richiamata supra; negli stessi sensi, Cass. V, n. 37315/2019 e Cass. V, n. 23052/2016).

Secondo Cass. V, n. 30538/2021 (con nota di motta), non scrimina neanche il movente culturale in tutti i casi in cui l’azione si traduca nella negazione dei beni e dei diritti fondamentali dell’ordinamento costituzionale, presidiati dalle norme penali violate (principio sancito in materia di cessione di una figlia per un matrimonio combinato).

Circostanze

a ) La l. n. 108 /2010 ha abrogato il terzo comma dell'art. 600, inserendo un apposito articolo per la disciplina delle aggravanti — anche — dei reati di cui agli artt. 600, 601 e 602. Si rinvia, pertanto, al commento dell'art. 602-ter.

b ) Un'ulteriore aggravante, se il reato è commesso da soggetto sottoposto, in via definitiva, a misura di prevenzione, durante il periodo di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l'esecuzione, è prevista dall'art. 71 d.lgs. n. 159/2011.

c ) Quando il reato è commesso in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, la pena è aumentata da un terzo alla metà (art. 36, comma 1, l. n. 104/1992).

d ) Una speciale attenuante è prevista dall'art. 600-septies.1, cui si rinvia.

Concorso di persone

Il soggetto a cui sia provvisoriamente consegnata la vittima del reato ex art. 600 concorre ai sensi dell'art. 110 con chi abbia ridotto la persona nello stato di cui si tratta (Cass. V, n. 18072/2010); lo stesso dicasi per colui che opera una vigilanza sulla p.o. (Cass. V, n. 29693/2016).

Rapporti con altri reati

Impiego di minori nell'accattonaggio

L'impiego di minori nell'accattonaggio (art. 671) resta assorbito nel più grave delitto ex art. 600, ogni qualvolta sia concretamente accompagnato dalla riduzione in servitù dei minori, attuata con violenza, minaccia, abuso di autorità e simili condotte tipicamente previste nell'ipotesi delittuosa (Cass. III, n. 2841/2007); il principio conserva validità anche alla luce dell'entrata in vigore dell'art. 600-octies (introdotto dall'art. 3 comma 19, lett. a) l. n. 94/2009), che punisce la medesima condotta dell'abrogato art. 671, con il quale la norma di nuovo conio presenta continuità precettiva (cfr. sub art. 600-octies).

Impiego di minori nell'accattonaggio e maltrattamenti

Qualora un minore sia costretto continuativamente, benché solo per alcune ore del giorno, a mendicare insieme alla madre, trattandosi di comportamento che cagiona sofferenze e disagio al bambino, si configura il reato di maltrattamenti, mentre va escluso il reato di cui all'art. 600, mancando una condizione di integrale asservimento ed esclusiva utilizzazione del minore a fini di sfruttamento economico; se si tratta, invece, di un isolato episodio di mendicità con utilizzo di minori sarà ravvisabile il reato ex art. 671 (Cass. V, n. 44516/2008, riguardante una donna che si accompagnava al figlioletto di quattro anni, il quale, restando sempre in piedi per quattro ore, elemosinava nei paraggi e consegnava poi il danaro alla madre, senza mangiare nulla e vestito, nonostante il periodo invernale, soltanto con pantaloni e maglietta). Sulla perdurante validità del principio anche alla luce dell'introduzione dell'art. 600-octies e dell'abrogazione dell'art. 671, v. supra. Quando vi sia una condizione di integrale asservimento ed esclusiva utilizzazione di un minore ai fini di sfruttamento economico sarebbero astrattamente ipotizzabili sia il reato ex art. 600  sia quello ex art. 572  giacché le condotte legalmente predeterminate ex art. 600 hanno tutte in comune lo stato di sfruttamento del  soggetto passivo, a prescindere dalla percezione che questi ne abbia. Tuttavia, in ragione del principio di consunzione, il concorso tra le due fattispecie va escluso (Cass. VI, n. 1090/2006; Provenzano, cit.), restando configurabile solo la fattispecie ex art. 600, laddove quella ex art. 572 può, invece, ritenersi applicabile solo nel caso di assenza di una condizione di integrale asservimento ed esclusiva utilizzazione del minore ai fini di sfruttamento economico (Cass. V, n. 15632/2016).

Alterazione di stato

Non integra gli estremi del delitto di riduzione in schiavitù, ma quello di alterazione di stato, la vendita di un neonato ad una coppia di coniugi allorché il bambino sia destinato all'inserimento nel nucleo familiare di questi ultimi, in quanto trattasi di condotta non connotata da finalità di sfruttamento (Cass. V, n. 32986/2008; ma si veda, contra, per la punibilità ex art. 600 del venditore, Cass. V, n. 43084/2015).

Violenza privata

Il delitto in commento differisce da quello di violenza privata, perché, mentre quest'ultimo ha natura istantanea e la violenza e la minaccia sono funzionali al costringimento della p.o. a "fare, tollerare o ad omettere qualche cosa", il delitto ex art.  600 ha natura permanente e la violenza e la minaccia costituiscono, a norma del comma 2 dello stesso articolo, soltanto alcune delle modalità attuative della condotta attraverso cui si ottiene la riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione continuativa della p.o. (Cass. V, n. 39456/2018).

Costrizione o induzione al matrimonio

Secondo Cass. V, n. 30538/2021 (con nota di Motta ), non ricorre successione di leggi penali nel tempo tra il delitto in commento e quello di costrizione o induzione al matrimonio di cui all'art. 558-bis c. p., introdotto dall'art. 7 l.19 luglio 2019, n. 69, in riferimento ad un fatto che integri la reificazione della vittima, non sussistendo coincidenza, sotto il profilo strutturale, tra le due fattispecie.

Sfruttamento della prostituzione aggravato dalla violenza o minaccia.

Tale ipotesi differisce dalla riduzione in schiavitù in quanto, nel primo caso, il soggetto sfruttato sceglie comunque volontariamente di esercitare il meretricio, mentre, nel secondo caso, l’uso della violenza o minaccia determina uno stato di soggezione, intesa come significativa compromissione della capacità di autodeterminazione della vittima (Cass. IV, n. 407/2022).

Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Ai fini della configurazione del delitto di cui all’art. 600, le condizioni di sfruttamento che possono derivare dalla violazione di norme a tutela del lavoratore devono essere accompagnate dalla dimostrazione della compromissione della capacità di autodeterminarsi della p.o. a causa della verificata assenza di alternative esistenziali validamente percorribili; il che risulta del tutto compatibile con l’accettazione volontaria, da parte della vittima, di condizioni di lavoro particolarmente sfavorevoli, in tal senso potendosi individuare il criterio discretivo rispetto alla fattispecie di cui all’art. 603-bis (Cass. V, n. 17095/2022, circa lo sfruttamento dei lavoratori agricoli nelle campagne di Nardò).

Concorso di reati

 

 

a ) Con i reati commessi per mano della vittima della servitù.

L'esegesi secondo cui vi è concorso è stata sostenuta in dottrina (Mantovani, 2013, 283) e sembra decisamente condivisibile laddove la capacità di autodeterminazione della vittima sia annullata o fortemente compromessa dalla violenza fisica altrui, sicché, nel commettere un reato, la p.o. rappresenti la longa manus del proprio carnefice e non vi sia alcuna reale determinazione soggettiva verso l'illecito se non quella di assecondare le violenze altrui. In questo caso, l'autore del fatto persegue, oltre che l'intento di asservire un altro essere umano, anche quello di beneficiare dell'attività illecita a cui quest'ultimo è costretto e le condotte ed i beni giuridici vulnerati sono ontologicamente distinti.

b) Con il reato di violenza o minaccia per costringere a commettere un reato.

Il reato ex art. 611 c.p, commesso in danno di persona in condizione analoga alla schiavitù per indurla a perpetrare furti, concorre con i reati di riduzione in schiavitù e di alienazione e acquisto di schiavi, dovendosi escludere che si versi in un'ipotesi di reato complesso o progressivo (Cass. V, n. 30570/2011, relativa a bambini «importati» dalla Romania e costretti al furto mediante violenze e minacce).

c) Con il reato di sequestro di persona.

Il reato di cui all'art. 600 concorre con quello ex art. 605 quando la p.o. non solo sia privata della libertà di locomozione, oggetto di tutela di quest'ultima fattispecie, ma subisca anche un potere pieno e incontrollato di un altro soggetto, che la privi, con violenza fisica e morale, della capacità di autodeterminarsi e le infligga trattamenti inumani e degradanti (Cass. II, n. 37489/2004).

d) Con il reato di tratta di persone.

Secondo Cass. I, n. 14843 / 2024, il reato di riduzione in stato di servitù (art. 600, comma 1, seconda ipotesi, c.p.) e il reato di tratta di persona libera (art. 601, comma primo, seconda ipotesi, c.p.), possono concorrere perchè sono caratterizzati da un rapporto di specialità reciproca bilaterale; si è precisato che, difettando l'unicità naturalistica del fatto, non sussiste un rapporto di specialità ai sensi dell'art. 15 c.p. tra le due fattispecie, né le stesse contengono clausole di riserva che consentano l'applicazione delle figure dell'assorbimento, della consunzione o del "post-factum" non punibile. (Fattispecie relativa a vittime che, convinte a lasciare il loro Paese con la prospettiva di trovare un lavoro lecito all'estero, giunte in Italia erano state poste in stato di servitù e indotte a prostituirsi).. In termini  Cass. V n. 49514/2018).

e) con il reato di maltrattamenti. V. supra

f) Con il reato di sfruttamento della prostituzione. Il problema si pone in caso di contestazione dell‘aggravante di cui all'art. 602-ter comma 1, lett. b) quando i fatti siano diretti allo sfruttamento della prostituzione. In tale evenienza, si è ritenuto che il reato ex art. 600 assorba la fattispecie di cui all'art. 3, comma 1, n. 8, l. n. 75/1958 (Cass. III, n. 32322/2015; Occorre segnalare anche l'esegesi contraria (Cass V n. 49514/2018; Cass. V, n. 23050/2016), secondo cui detto assorbimento va escluso, così come va ripudiata l'idea che il reato ex art. 600  possa essere assorbito in quello di sfruttamento della prostituzione, mentre deve essere sancita la possibilità che le due fattispecie concorrano.

g) Con il reato di sfruttamento della prostituzione minorile. Quando vi è contestazione delle aggravanti di cui all'art. 602-ter comma 1, lett. a) e b) perchè i fatti siano diretti allo sfruttamento della prostituzione del minore di cui all'art. 600-bis, comma 1, n. 2, si è ritenuto che il reato in commento assorba l'altra fattispecie (Cass. V, n. 35115/2016; Cass. III, n. 32322/2015).

h) Con il reato di violenza sessuale. Secondo Cass. V, n. 32149/2024, non vi è concorso perché vi è un rapporto di continenza, in quanto il delitto di riduzione in servitù contiene tutti gli elementi costitutivi del delitto di violenza sessuale, rispetto al quale presenta, in funzione specializzante, l'ulteriore requisito caratteristico della riduzione in stato di soggezione continuativa.

Casistica

La cessione e l'acquisto della p.o.

Quando lo sfruttatore di una prostituta ecceda il normale rapporto di meretricio, cedendo ad altro gruppo di sfruttatori la donna, togliendole il passaporto, impedendole di muoversi liberamente e di comunicare con terzi, nonché negandole i mezzi di sussistenza, risponde del delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù (Cass. V, n. 12574/2013). Lo stesso dicasi nel caso di acquisto di un minore previa corresponsione di un prezzo ai genitori, per poi utilizzarlo per commettere furti, indicandogli le risposte da dare alla Polizia in caso di arresto e diffidandolo dal rivelare ad alcuno l'avvenuta vendita (Cass. V, n. 35923/2010), ovvero nel caso di vendita di una minore da una famiglia rom ad un'altra (Cass. V, n. 28587/2017).

Non integra, al contrario, il delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù la condotta di chi acquisti un neonato al fine di inserirlo come figlio nel proprio nucleo familiare, non essendo tale condotta funzionale alla protrazione dello stato di asservimento della vittima. Il reato si configura, invece, nei confronti del venditore, trattandosi di condotta espressiva di un potere corrispondente al diritto di proprietà, che finisce per ridurre l'essere umano a merce di scambio (Cass. V, n. 43084/2015); contra Cass. V, n. 32986/2008, secondo cui il venditore risponde solo di alterazione di stato). Secondo Cass V, n. 37315/2019, commette il delitto di cui all'art. 600 non solo il venditore, ma anche chi acquista l'individuo, trattandosi di un comportamento che, a prescindere dall'eventuale consenso della p.o., comporta la degradazione della vittima a mera "res", su cui vengono esercitati poteri corrispondenti al diritto di proprietà. (Fattispecie relativa all'introduzione in Italia di donne dall'est Europa poi acquistate come spose e costrette a prestazioni lavorative).

La percezione di utilità da parte della p.o.

La finalità di sfruttamento non è esclusa dall'eventualità che un margine degli introiti dell'accattonaggio vada a beneficio delle pp. oo., sempre che queste ultime versino in uno stato di soggezione e siano sottoposte all'altrui potere di disposizione (Cass. V, n. 43868/2005).

Lo sfruttamento degli immigrati

Il reato, commesso approfittando dello stato di necessità della p.o., sussiste quando l'agente approfitti della mancanza di alternative di vita di un immigrato da un Paese povero, facendolo vivere in condizioni disumane ed imponendogli attività lavorative al fine di fargli onorare il debito contratto con chi ne aveva agevolato l'immigrazione clandestina (Cass. V, n. 46128/2008, vicenda concernente la condizione di una famiglia bulgara, comprensiva di figli minori, asservita agli indagati esercenti attività circense, i quali avevano rimborsato il prezzo pagato per giungere nel nostro Paese imponendo poi alle vittime il divieto di allontanarsi dal circo e l'obbligo, per talune di esse, di esibirsi con animali pericolosi e repellenti e di curare la pulizia del circo e delle abitazioni degli indagati, anche con turni di lavoro di venti ore). In un altro caso, la Corte ha valorizzato contra reum — ritenendo che si trattasse di uno sfruttamento dello stato di necessità da parte del soggetto attivo in assenza di un'effettiva capacità di autodeterminazione della p.o. — l'impossibilità della vittima di scegliere altri lavori ed altre sistemazioni abitative, in ragione delle proprie condizioni di straniero, da pochi mesi presente in Italia, senza denaro nè conoscenze, con scarsa o nulla conoscenza della lingua e consapevolezza della propria situazione e dei propri diritti (Cass. V, n. 31647/2016, in relazione ad un clandestino, sottopagato, costretto a dormire in un alloggio per animali e ad abbeverarsi come questi ultimi).

Prescrizione

Ai sensi dell'art. 157 comma 6, il termine prescrizionale di questo reato è raddoppiato. 

L'art. 1, comma 10,  l. n. 103/2017, novellando l'art. 158 prevede — per i fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della legge (3 agosto 2017) — che, se il reato è commesso nei confronti di un minore, il termine prescrizionale decorre dalla data del compimento del diciottesimo anno di età e che, se l'azione penale è stata esercitata precedentemente a questa data, il termine prescrizionale decorre dalla data dell'acquisizione della notizia di reato.

A norma degli artt. 161, comma 2, e art. 51, comma 3-bis, c.p.p., la prescrizione inizia a decorrere nuovamente dopo ogni atto interruttivo.

Pene accessorie

Cfr. sub art. 600 septies.2.

Profili processuali

Gli istituti

La riduzione o il mantenimento in schiavitù o servitù è reato procedibile d'ufficio e di competenza della Corte d'Assise; le indagini, a norma dell'art. 51 comma 3-bis c.p.p., sono di competenza del P.M. presso il Tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. Per i fatti commessi all'estero, cfr. sub art. 604.

Per la riduzione o il mantenimento in schiavitù o servitù:

a ) è possibile disporre intercettazioni; si applicano le regole di cui all'art. 13, d.l. n. 152/1991 (cfr. art. 9, l. n. 228/2003).

b ) è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza, e sono possibili l'allontanamento di urgenza dalla casa familiare ed il fermo;

c ) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. Vige la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere (art. 275, comma 3, c.p.p.);

d ) non è possibile il patteggiamentoqualora la pena superi i due anni, soli o congiunti a pena pecuniaria (art. 444, comma 1-bis , c.p.p.);

e ) vi è l'obbligo, per il P.M., di notiziare il Tribunale per i minorenni (art. 609-decies) se il reato è commesso ai danni di un minore ovvero da uno dei genitori di un minore a danno dell'altro.

Bibliografia

Bossi, Acquistare un figlio - nota a Cass. V, n. 34460/2015, in Dir. e giust. 17 luglio 2015, 52; Goisis, L’immigrazione clandestina e il delitto di tratta di esseri umani. Smuggling of migrants e trafficking in persons: la disciplina italiana, in Diritto Penale Contemporaneo, 18 novembre 2016; Grillo, Le nuove forme di schiavitù al vaglio della Suprema Corte, nota a Cass. V, n. 30988/2015, in Dir. e giust. 17 luglio 2015, 11; Minnella, Delineate le differenze e i confini applicativi con i maltrattamenti in famiglia, nota a Cass. V, n. 15632/2016, in Dir. e giust. , fasc. 19, 2016; Pompei, La tratta di persone: l’attuale sistema di tutela penale alla luce dei più recenti interventi legislativi, in Cass. pen. 2015, fasc. 7-8, 2880b.

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