Codice Penale art. 618 - Rivelazione del contenuto di corrispondenza.Rivelazione del contenuto di corrispondenza. [I]. Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 616, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto di una corrispondenza [616 4, 623-bis] a lui non diretta, che doveva rimanere segreta, senza giusta causa lo rivela, in tutto o in parte, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da 103 euro a 516 euro [620] (1). [II]. Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120]. (1) Per un'ipotesi di aumento della pena, v. art. 36 l. 5 febbraio 1992, n. 104. competenza: Trib. monocratico arresto: non consentito fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: non consentite procedibilità: a querela di parte InquadramentoLa norma tutela l'interesse individuale al segreto su notizie e fatti affidati alla corrispondenza epistolare o alle altre forme di corrispondenza assimilate (Manzini, VIII, 975; Fiandaca, Musco, PS, II, 263; Manca, 6053), e cioè il carattere di segretezza del rapporto di corrispondenza, in ciò differenziandosi, in particolare, dall'art. 616, che garantisce il rapporto di corrispondenza in sé e per sé considerato. Soggetto attivoSoggetto attivo del reato può essere «chiunque», ad esclusione del mittente, in quanto si richiede che l'agente sia venuto abusivamente a conoscenza del contenuto della corrispondenza, e del destinatario, perché la corrispondenza deve essere diretta a terzi (Garavelli, 436; Manzini, VIII, 974). Soggetto passivo Soggetti passivi del reato sono mittente e destinatario (Manzini, VIII, 977; Fiandaca, Musco, PS, II — 1, 263). A tali soggetti compete il potere di querela ai sensi del comma 2. MaterialitàIn forza dell'comma 4, così come modificato dall'art. 5, l. 23 dicembre 1993, n. 547, la corrispondenza tutelata, è quella «epistolare, telegrafica, telefonica, informatica, telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza» (Borruso, Buonomo, Corasaniti, D'Ajetti, 114). Diversamente dall'art. 616, peraltro, rileva esclusivamente la corrispondenza destinata a rimanere segreta, vale a dire quella riguardo a cui il destinatario — cioè la persona che ne è proprietaria — non abbia manifestato in modo espresso o tacito la volontà di escluderne la riservatezza (Garavelli, 436; Manzini, VIII, 975; Rocca, 578; Lago, 6053), e riguardo a cui, comunque, sussista un interesse giuridicamente apprezzabile a che il contenuto sia mantenuto segreto (Antolisei, PS, I, 257). Si tratta dunque di accertare se esiste un interesse giuridicamente apprezzabile alla conservazione del segreto e se non sono intervenuti altri comportamenti, espressi o taciti, da parte del destinatario tali da escluderne il carattere di riservatezza (Antolisei, 257 secondo cui costituiscono manifestazioni di volontà di escludere il segreto sia il cestinare la corrispondenza senza distruggerla, sia lasciare la corrispondenza su un tavolo incustodita). Stante la clausola di riserva espressa in dottrina è stata messa in evidenza la difficoltà di definire i confini applicativi della norma rispetto all'art. 616. Secondo alcuni Autori, l'art. 618 punisce unicamente la rivelazione di corrispondenza comunque aperta (perché non ancora chiusa dal mittente o perché aperta dal destinatario o da altro aventi diritto o per altra causa sopravvenuta oppure già originariamente aperta per volontà del mittente) il cui contenuto viene conosciuto abusivamente e comunque non attraverso la sottrazione o distrazione (Mantovani, 629). Un altro orientamento, partendo dal presupposto che la corrispondenza aperta non può mai considerarsi “corrispondenza destinata a rimanere segreta” ravvisa il reato di cui all'art. 618 unicamente nel caso di rivelazione di corrispondenza originariamente chiusa che è stata conosciuta abusivamente (ad esempio strappandola di mano) dopo che la corrispondenza medesima è stata aperta dal destinatario o prima che venga trasmessa, negando invece la configurabilità del reato nel caso di corrispondenza originariamente aperta (Manzini, 977). Diversa posizione dottrinale nega, però, che possa definirsi corrispondenza uno scritto fuori dalla fase di spedizione e recapito al destinatario, ciò anche per la indeterminatezza in cui, altrimenti, cadrebbe il momento della perdita del carattere di corrispondenza degli scritti pervenuti a destinazione (Vigna, Dubolino, 1074; Capaldo, 2720). Quest'ultima posizione ritiene protetta dalla norma in esame esclusivamente la corrispondenza chiusa ed esclude dalla tutela quella spedita aperta, perché non destinata a rimanere segreta. La norma in esame si caratterizzerebbe rispetto all'art. 616 perché sanzionerebbe la rivelazione di quanto appreso abusivamente «in maniera indiretta», attraverso l'indiscrezione operata da altra persona, mentre l'art. 616 sanzionerebbe la rivelazione di quanto appreso direttamente superando l'ostacolo costituito dalla chiusura. Deve però rilevarsi che la limitazione alla corrispondenza chiusa della sfera di applicazione della norma in esame trova un ostacolo nella lettera della legge, che significativamente si differenzia dalla previsione dell'art. 616 proprio con riguardo alla corrispondenza considerata, che la fattispecie in esame non esige sia chiusa come, invece, espressamente pretende l'art. 616. Ai fini della sussistenza del reato la corrispondenza deve essere stata previamente conosciuta dall'agente abusivamente e, dunque, in modo fraudolento o violento, però con modalità diverse da quelle previste dall'art. 616, comma 1 (sottrazione o distrazione). Non sono, dunque, rilevanti le condotte di rivelazione fondate su una conoscenza non abusiva, come nel caso dello scrivano dell'analfabeta che compili per conto di quest'ultimo la corrispondenza (Mantovani, PS, I, 558;Manzini, VIII, 979), salva la eventuale responsabilità ex art. 622. In seguito alla modifica del 1993, si discute sulla riconducibilità all'ipotesi in esame del trattamento di files informatici non aperti precedentemente e, quindi, non conosciuti nel loro effettivo contenuto (Picotti, 116). La rivelazione consiste nel rendere palese a uno o più soggetti il contenuto della corrispondenza (Garavelli, 436; Manzini, VIII, 979), sono indifferenti i mezzi e i modi in cui si esplica, ad esempio: pubblicazione attraverso la stampa, affissione in pubblico, inserzione in un atto o documento pubblico (Manzini, VIII, 979), come è indifferente che concerna per intero o soltanto in parte il contenuto della corrispondenza, in quest'ultimo caso, tuttavia, è necessario che la parte rivelata abbia un pur minima rilevanza giuridica (Manzini, VIII, 979). Secondo l'espresso dettato normativo, la rivelazione deve avvenire senza giusta causa. Si considera motivata da giusta causa la rivelazione avvenuta con il consenso dell'avente diritto (art. 50); quella commessa al fine di adempiere ad un dovere, esempio di testimonianza (art. 51); quella posta in essere nell'esercizio di un diritto odi interesse legittimo proprio od altrui, come il diritto di denuncia o di querela (art. 51). L'integrazione del reato richiede, infine, la causazione di un nocumento, di cui è controversa la natura: condizione obiettiva di punibilità (Manzini, VIII, 979) oppure elemento costitutivo essenziale del reato (Antolisei, PS, I, 258). La seconda tesi è preferibile, in osservanza del principio di offensività ed considerazione dello stretto collegamento tra condotta incriminata e risultato dannoso che ne può derivare (Antolisei, 266; Manca, 451; Lago, 6055), non essendo decisivo in senso contrario il mero riferimento all'espressione normativa, si tratta, dunque, di un reato di danno. Elemento soggettivoÈ sufficiente il dolo generico, che deve coprire l'abusività della cognizione (Mantovani, PS, I, 559; Manca, 452; Rocca, 579) e l'evento del nocumento (Antolisei, PS, I, 258; contra, Manzini, VIII, 979). Il dolo è escluso, in particolare, quando il soggetto agente ritiene per «errore» di adempiere ad un dovere o di esercitare un diritto (Manzini, VIII, 982). Lo scopo ed i motivi del fatto sono irrilevanti ai fini della sussistenza del reato, dovendosene tener conto unicamente ai fini della commisurazione della pena (artt. 132 e 133) e dell'applicabilità delle circostanze di cui agli artt. 61, n. 1 e 62, n. 1 (Lago, 4379). Consumazione e tentativoIl momento consumativo del reato è inteso diversamente a seconda che il nocumento si consideri elemento essenziale della fattispecie (Antolisei, 266) o condizione obiettiva di punibilità, identificandosi in tal caso con la mera rivelazione (Manzini, 981). Il tentativo si ritiene configurabile (Antolisei, PS, I, 257; Manca, 452), afferma il contrario chi ritiene il nocumento una condizione obiettiva di punibilità, sulla base del rilievo che questa non può verificarsi prima della consumazione del reato (Manzini, VIII, 981; Rocca, 579). Concorso di personeSecondo principi ormai consolidati in materia di concorso necessario, non è punibile chi semplicemente riceva la rivelazione, mentre integra il concorso eventuale chi ponga in essere anche una condotta di istigazione o di determinazione (Lago, 6055). Rapporti con altri reatiPer la presenza della citata clausola di riserva non è configurabile il concorso del reato in esame con il reato di cui all'art. 616. Inoltre non è configurabile il concorso dell'art. 618 con gli artt. 622 e 623, in quanto la norma in esame richiede che il contenuto della corrispondenza sia stato appreso abusivamente (Manzini, VIII, 981). Il delitto in esame concorre invece con la diffamazione (Manzini, VIII, 981; Lago, 6056). Profili processualiProcedibilità: a querela L' Autorità giudiziaria competente è il Tribunale monocratico L' Arresto: non è consentito Il fermo di indiziato di delitto non è consentito Le misure Cautelari personali non sono consentite BibliografiaBorruso, Buonomo, Corasaniti, D'Ajetti, Profili penali dell'informatica, Milano, 1994; Capaldo, sub art. 618, in Cod. pen. Padovani, Milano, 2000; Garavelli, Libertà e segretezza delle comunicazioni, in Digesto pen., VII, Torino, 1993; Lago, sub art. 618, in Comm. Dolcini, Marinucci; Manca, Tutela delle comunicazioni a distanza, in Cocco, Ambrosetti; Picotti, Commento all'art. 5 della L. 23 dicembre 1993 n. 547, 1996; Rocca, Rivelazione del contenuto di corrispondenza, in Enc. forense, VI, Milano, 1961; Vigna, Dubolino, Segreto (reati in materia di), in Enc. dir., XLI, Milano, 1989. |