Codice Civile art. 146 - Allontanamento dalla residenza familiare 1 .Allontanamento dalla residenza familiare1. [I]. Il diritto all'assistenza morale e materiale previsto dall'articolo 143 è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza giusta causa dalla residenza familiare [144], rifiuta di tornarvi [570 c.p.]. [II]. La proposizione della domanda di separazione [150] o di annullamento [117] o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio [149] costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare. [III]. Il giudice [38 2 att.] può, secondo le circostanze, ordinare il sequestro [670 ss. c.p.c.] dei beni del coniuge [179, 215 ss.] allontanatosi, nella misura atta a garantire l'adempimento degli obblighi previsti dagli articoli 143, terzo comma, e 147.
[1] Articolo così sostituito dall'art. 28, l. 19 maggio 1975, n. 151. InquadramentoLa l. n. 151/1975 ha mantenuto le norme previgenti nella pregressa formulazione dell'art. 146 tuttavia modulandone l'applicabilità in modo uguale sia per la moglie che per il marito. L'art. 146 nel testo anteriore alla Riforma del 1975 disciplinava l'allontanamento dal domicilio coniugale solo da parte della moglie, con sospensione del suo diritto all'assistenza e della possibilità di pervenire al sequestro di parte dei frutti dei beni parafernali, al fine di garantire l'obbligo di contribuzione ai bisogni della famiglia. La ratio della previsione è quella di sospendere l'obbligo dell'assistenza morale e materiale verso il coniuge che, senza una giusta causa, allontani la residenza familiare e, invitato a rientrarvi, si sia rifiutato. Si tratta quindi di una fattispecie complessa che presuppone l'allontanamento non giustificato, l'invito al rientro, il rifiuto di rientrare. Gli elementi tipizzanti questa fattispecie complessa non devono rivestire particolari forme. È stato segnalato che l'art. 146 comma 1, a seguito della riforma del 1975, disciplina gli effetti dell'‘‘allontanamento” dalla residenza familiare in luogo dell'‘‘abbandono”, previsto dalla disciplina previgente e dall'art. 570 c.p. (Servetti, Le garanzie patrimoniali nella famiglia, Milano, 2013, 6). Allontanamento senza giusta causaL'art. 146 comma 2 individua una ipotesi di ex lege di giusta causa di allontanamento: «la proposizione della domanda di separazione, o di annullamento, o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare». Da questa norma si tra una regola più generale: l'intollerabilità della convivenza (che è posta alla base della separazione) è l'elemento che, in genere, giustifica l'abbandono del tetto coniugale (Cass. n. 19328/2015). Il coniuge che si sia allontanato dalla residenza familiare, senza che sia stata proposta domanda di separazione personale, può chiedere all'altro coniuge la corresponsione di un assegno di mantenimento od alimentare, secondo i principi generali che regolano i rapporti patrimoniali fra coniugi, a condizione che detto allontanamento sia avvenuto per una giusta causa, atteso che, ove questa difetti, viene meno ogni diritto ad erogazioni patrimoniali, ancorché di natura strettamente alimentare, ai sensi dell'art 146 (v. Cass. n. 4842/1978). La giusta causa che ha reso lecito l'allontanamento è fatto che va provato dal coniuge che si sia allontanato. Deve inoltre osservarsi che l'allontanamento dalla casa familiare costituisce violazione del dovere di coabitazione e, pertanto può essere motivo di addebito purchè abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale. Ciò è diversamente da escludersi ove sia avvenuto in caso in caso di preesistente intollerabilità della convivenza, anche per una sola persona della coppia, con conseguente declino dei doveri matrimoniali (Cass. n. 11032/2024). SequestroL'art. 146 comma 3 introduce una inedita ipotesi di sequestro. Una risalente pronuncia di legittimità ha affermato che lo stesso ‘‘ha una funzione coercitiva e sanzionatoria diretta a far cessare l'allontanamento ingiustificato del coniuge (Cass. n. 5948/1985). Secondo la dottrina prevalente (Paladino-Pricoco- Spina, La tutela sommaria e camerale nel diritto di famiglia e nel diritto minorile, Torino, 2007, 23) il sequestro previsto dall'art. 146 integra una misura cautelare speciale con valenza coercitiva e di coazione psicologica collocandosi, pertanto, il relativo procedimento, nell'ambito del rito camerale ex art. 737 c.p.c. con competenza collegiale (così anche Trib. Milano, 3 ottobre 2013). Non mancano voci dottrinali di segno diverso che predicano una applicazione del rito cautelare uniforme ex art. 669-bis e ss. c.p.c. Sembra, tuttavia, potersi aderire alla tesi di coloro (Servetti, 9) che riconoscono nel sequestro in esame una misura coercitiva avente funzione di coazione psicologica all'adempimento degli obblighi di mantenimento e, di conseguenza, volta a evitare che a seguito del mero allontanamento in sé di uno dei coniugi dalla residenza familiare possano i soggetti conviventi rimanere senza adeguati mezzi di sostentamento e patire il connesso grave pregiudizio. A ben vedere, si tratta, dunque, di un rimedio che può essere collocato nell'ambito delle astreintes, istituto che con la l. n. 69/2009 ha ottenuto riconoscimento normativo anche in seno al codice di rito (v. art. 614-bis c.p.c.). Le osservazioni che precedono consentono di individuare nel coniuge ‘‘abbandonato' e che, quindi, ha subito l'altrui allontanamento, l'unico legittimato attivo a invocare il sequestro. Qualora il coniuge allontanatosi dovesse fare ritorno al domicilio coniugale e la convivenza dovesse riprendere, sarà possibile all'uno o all'altro coniuge investire il giudice della cautela con una domanda di revoca del sequestro per esserne venuti meno i presupposti, sia di fatto che di diritto. Convivenza di fattoQualche perplessità è stata avanzata con riguardo alla possibile competenza del tribunale minorile (già prima dell'entrata in vigore della l. n. 219/2012), in presenza di una necessità di tutela della prole minore originatasi dall'allontanamento di uno dei genitori. La tesi favorevole a una estensione dell'istituto ex art. 146 alle convivenze more uxorio non sembra condivisibile: l'intero art. 146 ha sì riguardo al profilo del mantenimento ma, anche e ancor prima in ragione della previsione di cui al comma primo, a quello della violazione dell'obbligo di coabitazione, sussistente fra i coniugi ma del tutto estraneo alle differenti ipotesi di convivenza more uxorio. Unione civileLa normativa sulle unioni civili, all'art. 1 comma 20, l. n. 76/2016, prevede una clausola generale di estensione delle norme ordinamentali dedicate ai coniugi. Questa estensione però ha dei limiti. Infatti, in via generale, è previsto che le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. In via di eccezione, tuttavia, è espressamente previsto che questa disposizione “non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge”. Pertanto, si applicano alle unioni civili solo le disposizioni del c.c. richiamate in modo esplicito. La disposizione qui in commento è tra quelle espressamente richiamate e, quindi, applicabili. Il richiamo all'art. 146 conferma che gli uniti civili hanno l'obbligo di assistenza morale e materiale e, soprattutto, della coabitazione (v. art. 1 comma 11 l. n. 76/2016). BibliografiaAvagliano, famiglia e accordi per la crisi, tra matrimoni, unioni civili e convivenze in Riv. not. 2017, 2, 251; Bargelli, L’autonomia privata nella famiglia legittima: il caso degli accordi conclusi in occasione o in vista del divorzio, in Riv. crit. dir. priv. 2001, 303 ss; Buffone, Misura alimentare e perequazione: le Sezioni Unite cercano di risolvere il “millennium problem” dell’assegno divorzile, in Giustiziacivile.com, 1 agosto 2018; Buffone , Volontaria Giurisdizione: tutela dei soggetti deboli, Milano, 2012.; Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Jemolo, in La famiglia e il diritto, in Ann. fac. giur. Univ. Catania, Napoli, 1949, 57; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015; Servetti, Le garanzie patrimoniali nella famiglia. Corresponsione diretta, sequestro, ipoteca, Milano, 2013. |