Codice Civile art. 234 - Nascita del figlio dopo i trecento giorni (1) (2).

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Nascita del figlio dopo i trecento giorni (1) (2).

[I]. Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio.

[II]. Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale [151], o dalla omologazione di separazione consensuale [158], ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione [707, 711 c.p.c.] o dei giudizi previsti nel comma precedente [126].

[III]. In ogni caso il figlio può provare di essere stato concepito durante il matrimonio (3)

(1) L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo VII, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), quella del Capo (la precedente era «Della filiazione legittima»), e sopprimendo la «Sezione I: "Dello stato di figlio legittimo"».

(2) Articolo così sostituito dall'art. 92 l. 19 maggio 1975, n. 151.

(3) L’art. 10, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il comma. Il testo precedente recitava: «In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di legittimo ». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014.

Inquadramento

L'art. 234 si articola attraverso tre previsioni normative. Il comma 1 stabilisce che ciascuno dei coniugi può provare che il figlio, nato oltre il termine di trecento giorni dalla fine del matrimonio, è stato concepito in costanza di matrimonio; il comma 2 estende la validità di tale disposizione all'ipotesi di figlio nato trecento giorni dopo la separazione dei coniugi; il comma 3 dispone che, in ogni caso, il figlio può provare di essere stato concepito durante il matrimonio. L'originaria formulazione dell'ultimo comma dell'art. 234 recitava: “in ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di legittimo”; il d.lgs. n. 154/2013 ha riscritto la norma nel senso ora vigente alla luce della eliminazione delle previgenti “etichette” di figlio “legittimo” e figlio “naturale”.

Regime giuridico

Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio: si tratta di una prova che pone riparo anche al caso in cui, per l'anomalia della gravidanza, il figlio sia venuto alla luce dopo il lasso temporale di trecento giorni ma sia comunque figlio nato in costanza di unione. Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente. Il termine di trecento giorni decorre, in caso di morte del marito, dal momento della stessa; in caso di dichiarazione di morte presunta, dalla data, accertata nella relativa sentenza, cui risale l'ultima notizia del marito.

Figlio nato decorsi 300 giorni dall'omologazione della separazione consensuale

La S.C. ha avuto modo di rendere alcuni principi di diritto importanti. Il figlio nato da madre coniugata, che abbia lo stato di figlio nato in costanza di matrimonio attribuitogli dall'atto di nascita (sussista o meno pure il possesso del relativo «status»), non può contestare la paternità avvalendosi dalla disposizione di cui all'art. 248, in quanto tale norma non è concorrente con quella dettata in tema di disconoscimento della paternità e non può ad essa derogare, dato che configura un'azione con contenuto residuale, esperibile solo ove non siano previste e regolate altre azioni di contestazione dello stato di figlio. Ne deriva che, per rimuovere la presunzione di concepimento durante il matrimonio, deve avvalersi dell'azione di disconoscimento della paternità anche il figlio che sia nato decorsi trecento giorni dall'omologazione della separazione consensuale (o dalla pronuncia di separazione giudiziale) in epoca in cui era vigente il vecchio testo dell'art. 232, poiché tale ipotesi, pur non essendo contemplata dalla legge del tempo tra le cause di esclusione della richiamata presunzione, è riconducibile, per effetto della disposizione transitoria di cui all'art. 229 l. n. 151/1975, al disconoscimento del rapporto di filiazione per mancata coabitazione, ex art. 235, comma 1, n. 1 (Cass. n. 547/1996).

Bibliografia

Auletta, Diritto di famiglia, Torino, 2014; Bianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Buffone, Le novità del “decreto filiazione”, Milano, 2014; Cian-Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Finocchiaro F., in Comm. S. B., artt. 84-158, Bologna-Roma, 1993; Jemolo, in La famiglia e il diritto, in Ann. fac. giur. Univ. Catania, Napoli, 1949, 57; Oberto, La comunione legale tra i coniugi, in Tr. C.M., Milano, 2010; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015.

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