Codice Civile art. 244 - Termini dell'azione di disconoscimento (1) (2).Termini dell'azione di disconoscimento (1) (2). [I]. L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio ovvero dal giorno in cui è venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito al tempo del concepimento. [II]. Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare ovvero l'adulterio della moglie al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza. [III]. Se il marito non si trovava nel luogo in cui è nato il figlio il giorno della nascita il termine, di cui al secondo comma, decorre dal giorno del suo ritorno o dal giorno del ritorno nella residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia. [IV]. Nei casi previsti dal primo e dal secondo comma l'azione non può essere, comunque, proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita. [V]. L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio che ha raggiunto la maggiore età. L'azione é imprescrittibile riguardo al figlio (3). [VI]. L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni ovvero del pubblico ministero o dell'altro genitore, quando si tratti di figlio di età inferiore. (1)L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), e sostituendo la «Sezione III: " «Dell’azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo di legittimità» con: «Capo III. "Dell’azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio"» (2) Articolo così sostituito dall'art. 18, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. Il testo recitava: «[I]. L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio. [II]. Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia. [III]. L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene successivamente a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento. [IV]. L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si tratta di minore di età inferiore». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. L'articolo era già stato sostituito dall'art. 95 l. 19 maggio 1975, n. 151, e dall'art. 81 l. 4 maggio 1983, n. 184 che aveva modificato il quarto comma. Erano inoltre intervenute la sentenza della Corte cost. 14 maggio 1999, n. 170 che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale primo del comma, «nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo di generare di cui al numero 2) dell'art. 235 dello stesso codice, decorra per la moglie dal giorno in cui essa sia venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito» e la sentenza 6 maggio 1985, n. 134che aveva dichiarato l'illegittimità del secondo comma «nella parte in cui non dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell'art. 235 dello stesso codice, che il termine dell'azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie». La stessa Corte aveva inoltre, con sentenza 14 maggio 1999, n. 170, dichiarato l'illegittimità costituzionale dello stesso comma «nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo di generare, contemplata nel numero 2) dell'art. 235 dello stesso codice, decorra per il marito dal giorno in cui esso sia venuto a conoscenza della propria impotenza di generare». (3) Per la decorrenza del termine di cui al presente comma, v. art. 104, comma 9, d.lg. n. 154, cit. InquadramentoIl d.lgs. n. 154/2013 ha riscritto l'art. 244 introducendo un regime innovativo, rispetto al passato. L'art. 104 d.lgs. n. 154/2013, cit., ha pure previsto un regime di diritto transitorio: fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della l. n. 219/2012, i termini per proporre l'azione di disconoscimento di paternità, previsti dal comma 4 dell'art. 244, decorrono dal giorno dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 154/2013. L'imprescrittibilità dell'azione di disconoscimento di paternità proposta dal figlio, introdotta dall'art. 244, comma 5, c.c. come riformulato dall'art. 18 d.lgs. n. 154/2013, si applica, in quanto non esclusa dalle disposizioni transitorie di cui all'art. 104, commi 7 e 9, del medesimo d.lgs., anche ai giudizi già pendenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa (Cass. n. 5242/2019). Regime giuridicoL'art. 244 enuclea i termini per l'azione di disconoscimento. Se proposta dalla madre, la domanda deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio oppure dal giorno in cui è venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito al tempo del concepimento. L'azione non può essere, comunque, proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita. Rispetto al marito, la domanda è diversamente regolata. Quando egli si trovava al tempo della nascita nel luogo in cui è nato il figlio, la domanda deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita; se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare ovvero l'adulterio della moglie al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza. L'azione non può essere, comunque, proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita. Quando egli non si trovava al tempo della nascita nel luogo in cui è nato il figlio, l'azione deve essere proposta nel termini di un anno che decorre dal giorno del suo ritorno o dal giorno del ritorno nella residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia. Rispetto al figlio, la domanda è imprescrittibile. Il figlio che ha compiuto 14 anni può presentare la domanda a mezzo di un curatore speciale; se il figlio ha una età inferiore a 14 anni, la domanda può essere proposta dal p.m. o dall'altro genitore. Il comma 4 dell'art. 244, come introdotto dal decreto legislativo, prevede che in ogni caso l'azione della madre e del padre, ai sensi dei commi primo e secondo della disposizione, non può essere intrapresa quando sono decorsi cinque anni dalla nascita: decorso questo termine sul principio di verità della filiazione prevale l'interesse del figlio alla conservazione dello stato. La norma deve essere salutata con favore poiché tende a porre l'accento sull'interesse preminente del figlio il quale, decorso il termine “insuperabile”, diventa l'unico protagonista della sua dimensione personale ed esistenziale. E, infatti, il riformulato comma 5 dell'art. 244, rimette al figlio la valutazione dell'interesse a far prevalere il principio di verità di filiazione restando, in suo favore, l'azione imprescrittibile. La stessa soluzione adottata per il disconoscimento viene inserita nella nuova versione dell'art. 263 che disciplina l'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità in modo da parificare la tutela dello status dei figli nati nel matrimonio e fuori del matrimonio. Il mutato quadro normativo si presta ad essere maggiormente conforme anche alle nuove ipotesi di disconoscimento profilabili, posto che non prevede più, ex lege in modo tipico, quali siano i casi in cui l'azione possa essere proposta. Soluzione più coerente anche con l'attuale diritto vivente. Si ricorderà, ad esempio, che Cass. I, n. 11644/2012 (ha ammesso l'azione di disconoscimento della paternità nel caso in cui la fecondazione eterologa sia avvenuta all'insaputa del marito. Fattispecie, ovviamente, sconosciuta all'art. 235 c.c., vigente ratione temporis. La nuova disciplina dell'art. 244 si è così conformata al diktat della Consulta (Corte cost. n. 170/1999) che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 244, comma 2 (vecchia formulazione), nella parte in cui non prevedeva che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo di generare, contemplata dal n. 2) dell'art. 235, decorresse per il marito dal giorno in cui esso fosse venuto a conoscenza della propria impotenza di generare; con la stessa pronuncia, la Corte delle Leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 244, comma 1 (vecchia versione), nella parte in cui non prevedeva che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo di generare di cui al n. 2) dell'art. 235, decorresse per la moglie dal giorno in cui essa fosse venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito. Onere probatorio, diritti indisponibili e onere di non contestazioneSotto un profilo generale, per quanto concerne l'azione di disconoscimento promossa dal marito, Cass. n. 19324/2020 ha affermato che deve essere intrapresa nel termine indicato dall'art. 244 c.c., comma 2, gravando pertanto, sull'attore, l'oneredi dimostrare di avere agito entro l'anno dalla data in cui ha scoperto una condotta della donna idonea al concepimento con un altro uomo e, sui convenuti, l'onere di dimostrare l'eventuale anteriorità della scoperta. Entrambe le prove soggiacciono alla regola secondo la quale ciò che rileva è l'acquisizione "certa" della conoscenza di un fatto (una vera e propria relazione o un incontro sessuale) idoneo a determinare il concepimento, non essendo perciò sufficiente un'infatuazione o a una relazione sentimentale e neppure a una mera frequentazione della moglie con un altro uomo. Ci si interroga, peraltro, circa la possibilità di ritenere provati i fatti costitutivi del disconoscimento, mediante ricorso alla tecnica della non contestazione. A fronte di una soluzione maggioritaria contraria, un indirizzo di Cassazione si è pronunciato favorevolmente. Questa lettura ha affermato che, in tema di azione di disconoscimento di paternità, grava sull'attore la prova della conoscenza dell'adulterio, che si pone come "dies a quo" del termine di decadenza per l'esercizio dell'azione ex art. 244, in ciò avvalendosi anche del principio di non contestazione, che opera - anche in materia di diritti indisponibili - espungendo il fatto generatore della decadenza dall'ambito del "thema probandum", fermo restando che l'esistenza di una non contestazione sulla data della scoperta dell'adulterio non esclude che il giudice, in ragione della preminenza dell'interesse pubblico nelle questioni di stato delle persone, non possa rilevare "ex actis" un eventuale ulteriore termine di decorrenza che renda l'azione inammissibile (Cass. n. 13436/2016). Termine di decadenza e sospensione ferialePer la Suprema Corte, il termine annuale per la proposizione della domanda di disconoscimento della paternità è assoggettato alla sospensione per il periodo feriale di cui all'art. 1 l. n. 742/1969, applicabile anche ai termini di decadenza di carattere sostanziale, ma con rilevanza processuale, quale quello ex art. 244, qualora la possibilità di agire in giudizio costituisca, per il titolare che deve munirsi di una difesa tecnica, l'unico rimedio idoneo a far valere il suo diritto, senza che assuma rilievo la maggiore o minore brevità del termine decadenziale di volta in volta sancito per intraprendere l'azione (Cass. n. 1868/2016). BibliografiaAuletta, Diritto di famiglia, Torino, 2014; Bianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Buffone, Le novità del “decreto filiazione”, Milano, 2014; Cian-Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Finocchiaro F., in Comm. S. B., artt. 84-158, Bologna-Roma, 1993; Jemolo, in La famiglia e il diritto, in Ann. fac. giur. Univ. Catania, Napoli, 1949, 57; Oberto, La comunione legale tra i coniugi, in Tr. C.M., Milano, 2010; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015. |