Codice Civile art. 402 - Poteri tutelari spettanti agli istituti di assistenza.Poteri tutelari spettanti agli istituti di assistenza. [I]. L'istituto di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito, secondo le norme del titolo X, capo I di questo libro [343 ss.], fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore [348], e in tutti i casi nei quali l'esercizio della responsabilità genitoriale o della tutela sia impedito. Resta salva la facoltà del giudice tutelare di deferire la tutela all'ente di assistenza o all'ospizio, ovvero di nominare un tutore a norma dell'articolo 3541. [II]. Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della responsabilità genitoriale, l'istituto deve chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio2.
[1] Comma così modificato dall'art. 146 l. 24 novembre 1981, n. 689 e successivamente dall'art. 62, d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, che ha sostituito alle parole: «potestà dei genitori», le parole: «responsabilità genitoriale». [2] Comma così modificato dall'art. 146 l. 24 novembre 1981, n. 689 e successivamente dall'art. 62, d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, che ha sostituito alle parole: «potestà dei genitori», le parole: «responsabilità genitoriale». InquadramentoLa norma, a seguito dell'entrata in vigore della l. n. 184/1983, è stata riprodotta dall'art. 3 della legge sull'adozione. Tale ultima norma, invero, non contiene la clausola di riserva che fa salva la possibilità per il giudice tutelare di deferire la tutela all'ente di assistenza o all'ospizio, ovvero di nominare un tutore a norma dell'articolo 354 (ultima parte del comma 1 dell'art. 402), ma trattasi di facoltà che deriva, appunto, dalla generale disciplina di cui all'art. 354, certamente non incompatibile con la norma speciale di cui alla l. n. 184/1983. I poteri tutelari degli istituti di assistenzaIl ricovero del minore in istituto rappresenta l'extrema ratio, a cui ricorrere quando rispetto al minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo non sia possibile l'affido ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno. Solo in tali casi, infatti, ai sensi dell'art. 2 l. n. 184/1983, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza e qualora non si tratti di minore di età inferiore a sei anni, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Peraltro, il ricovero in istituto di assistenza deve dirsi oggi del tutto superato, in quanto il regime transitorio fissato dalla l. n. 149/2001 aveva fissato al 31 dicembre 2006 la data entro cui tale sistemazione del minore dovesse essere superata mediante affidamento ad una famiglia o, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare, caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia. In base all'art. 402, in ogni caso, l'istituto di assistenza presso cui il minore è ricoverato esercita poteri tutelari fino alla nomina di un tutore o alla cessazione della causa che impedisce l'esercizio della responsabilità genitoriale o della tutela. Trattasi di attribuzione ex lege, che quindi prescinde dalla nomina da parte del giudice tutelare. Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della responsabilità genitoriale, l'istituto deve poi chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio. BibliografiaBonilini, Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2014, 285 e ss.; Finocchiaro M.-Finocchiaro A.-Finocchiaro M., Disciplina dell'adozione e dell'affidamento di minori, Milano, 1983. |