Codice Civile art. 644 - Obblighi e facoltà degli amministratori.Obblighi e facoltà degli amministratori. [I]. Agli amministratori indicati dai precedenti articoli sono comuni le regole che si riferiscono ai curatori dell'eredità giacente [528 ss.; 781 c.p.c.]. InquadramentoAi sensi del rinvio contenuto nella norma in commento alla disciplina della curatela dell'eredità giacente, l'amministratore nominato ai sensi degli artt. 641-643, accettata la nomina, cui il nominato può rinunciare (Jannuzzi, 1984, 593; Santarcangelo, 1986, 375), deve in primo luogo provvedere all'erezione dell'inventario, ai sensi dell'art. 529. Gli importi di denaro rinvenuti fra i beni ereditari ovvero ricavati dalla vendita dei beni dell'eredità, mobili e immobili — questi ultimi vendibili solo in caso di necessità o utilità evidente, ex art. 783 c.p.c., (come osservato da App. Torino 23 luglio 1980) —, vanno depositato presso un istituto di credito indicato dal giudice delle successioni, sempre in applicazione dell'art. 529. Rapportandosi i poteri dell'amministratore a quelli del curatore dell'eredità giacente, occorre rammentare che questi è tenuto ad amministrare l'eredità, sotto la vigilanza del giudice delle successioni, ex art. 782 c.p.c., munendosi della sua autorizzazione per il compimento degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione. Si rinvia in proposito al commento all'art. 528. Limiti all'amministrazionePoiché il curatore dell'eredità giacente è legittimato a compiere tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, siano essi necessari o utili, uguale legittimazione va riconosciuta, in linea di principio, all'amministratore previsto dall'art. 642. Il principio, però, va applicato nei limiti della compatibilità tra gli istituti. Di qui si afferma che l'identità di poteri tra il curatore dell'eredità giacente e l'amministratore è limitata al solo caso di vocazione sottoposta a condizione sospensiva ovvero di istituzione di un nascituro (Natoli, 1947, 395). Viceversa, le stesse conclusioni non possono applicarsi in caso di mancata la prestazione della garanzia di cui all'art. 641, comma 2. L'amministrazione, in questa ipotesi, si svolge non in periodo di vacanza della titolarità, ma su un patrimonio che ha già un titolare attuale, anche se egli, nel caso che si verifichi la condizione risolutiva apposta alla sua vocazione, possa perdere la titolarità ex tunc ed essere considerato come mai chiamato (Natoli, 1947, 396). Nell'ipotesi di mancata prestazione della garanzia l'amministrazione ha allora un'affinità con il sequestro, poiché, come questo, tende ad eliminare il pericolo di danno che potrebbe derivare dalla condotta del titolare dei beni. Perciò tutto quanto esula dalla finalità cautelare che è propria di questa particolare specie di amministrazione non può rientrare nei poteri dell'amministratore (Natoli, 1947, 396). Liquidazione delle passivitàNotevole rilievo ha il quesito se tra i compiti dell'amministratore rientri il pagamento dei debiti ereditari e l'adempimento dei legati, attività alle quali è dedicato l'art. 530. Si è in proposito osservato che l'incombenza spetta all'amministratore designato dalla legge per i casi di vocazione a favore dei nascituri (art. 643) o sottoposta a condizione sospensiva (art. 641, comma 1), data l'identica situazione del patrimonio amministrato, ma che non spetta invece quando l'amministrazione ha luogo a norma dell'art. 639 e 641 cpv. (Giannattasio, 1961, 250). L'attività di liquidazione delle passività ereditarie, incidendo sulla consistenza del patrimonio amministrato, necessita sempre dell'autorizzazione del giudice delle successioni, quale attività di straordinaria amministrazione, ai sensi dell'art. 530, comma 2 (Caramazza, in Comm. De M. 1982, 306). Creditori e legatari possono essere soddisfatti dall'amministratore qui primi veniunt, ossia ma mano che si presentino, fino a quando il patrimonio ereditario non si sia esaurito. In caso di opposizione, ai sensi dell'art. 530, comma 2, però, l'amministratore deve procedere alla liquidazione concorsuale disciplinata dagli artt. 498 ss. Sorte degli atti non autorizzatiPoiché gli atti di straordinaria amministrazione richiedono l'autorizzazione del giudice delle successioni, ex art. 782 c.p.c., occorre chiedersi cosa accada quando tali atti siano posti in essere senza l'autorizzazione. Nell'esaminare la questione, la S.C. si è soffermata sulla natura dell'eredità condizionata. Questa non è una persona giuridica, ma un patrimonio separato, sino a che la disposizione non prenda efficacia a seguito dell'avverarsi della condizione, con la conseguenza che l'amministratore di detta eredità non assume la veste di rappresentante di un altro soggetto, ma è titolare del solo potere di gestire e conservare quel patrimonio separato (Cass. n. 808/1983). Su tale premessa è stato affermato che l'atto di disposizione posto in essere dall'amministratore senza autorizzazione, od in base ad autorizzazione nulla, non può essere regolato dalla disciplina propria del rapporto di rappresentanza, « ma configura un atto esorbitante dai compiti conferiti dalla legge all'amministratore stesso, come tale viziato da nullità e non mera annullabilità su istanza dell'interessato » (Cass. n. 808/1983). Rapporti tra amministratore ed eredeParticolare rilievo riveste la questione del rapporto tra l'erede istituito sotto condizione sospensiva e l'amministratore nominato ai sensi dell'art. 642, con riguardo ai possibili strumenti di difesa esperibili dal primo nei confronti del secondo in relazione all'amministrazione dei beni ereditari. L'erede istituito sotto condizione sospensiva, ha osservato la S.C., è legittimato durante la pendenza della condizione «a chiedere soltanto misure cautelari o conservative e non anche la condanna dell'amministratore al risarcimento dei danni cagionati da costui ai beni oggetto della disposizione condizionale» (Cass. n. 1671/1965). L'affermazione si fonda sulla considerazione che l'erede istituito sotto condizione sospensiva, al momento, non ne è titolare e che, di conseguenza, il pregiudizio arrecato ai beni non si traduce in pregiudizio al suo patrimonio. Conclusioni diverse sono state raggiunte con riguardo agli atti traslativi dei beni di un'eredità sottoposta a condizione sospensiva illecitamente compiuti dall'amministratore dell'eredità medesima con frode in danno dell'erede condizionato. In tal caso affermato che si deve riconoscere a quest'ultimo la legittimazione ad agire non soltanto con domanda risarcitoria, per denunciare il fatto illecito commesso in pregiudizio delle proprie aspettative, ma anche con domanda di nullità dei suddetti negozi (Cass. n. 808/1983). Legitimatio ad processusNel caso di eredità giacente è la vacanza nella titolarità dei beni a rendere necessario che il curatore ne assuma anche la tutela processuale. Analogamente, con riguardo alla figura dell'amministratore ora in esame, si può dire che gli compete la legittimazione a stare in giudizio, attiva e passiva, in ordine a tutti i rapporti che attengono all'amministrazione a lui devoluta. Per contro, non compete all'amministratore la legittimazione a stare in giudizio per le cause «che riguardano la spettanza della qualità di erede o di legatario, il rispetto delle quote di legittima o la validità del testamento» (Caramazza, in Comm. De M. 1982, 306). Cessazione dell'amministrazioneL'amministrazione cessa unitamente allo stato di pendenza della condizione o, nel caso dell'art. 640, allo spirare del termine. Con riguardo all'istituzione di erede sotto condizione sospensiva occorre chiedersi se l'amministrazione venga meno ipso iure per la cessazione dello stato di pendenza, come l'interpretazione letterale delle norme in esame farebbe credere. In proposito si è osservato che il verificarsi della condizione sospensiva non muta, di per sé, lo stato dell'eredità, dal momento che il chiamato ha a quel punto la possibilità di divenirne titolare mediante un proprio atto, ma non lo è ancora: « Se quindi l'amministrazione cessasse automaticamente col verificarsi della condizione, dovrebbe instaurarsene una nuova secondo le regole degli artt. 460, 486, 528. E ciò, in pratica, sarebbe fonte di notevoli inconvenienti » (Natoli, 1968, 316). Le stesse considerazioni possono farsi per la definitiva mancanza della condizione, nei confronti del chiamato in subordine. In caso di amministrazione disposta per effetto della mancata prestazione di garanzia, la cessazione dell'amministratore deriverà dal versamento della cauzione imposta, seppur tardiva. 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