Codice Civile art. 704 - Rappresentanza processuale.

Mauro Di Marzio

Rappresentanza processuale.

[I]. Durante la gestione dell'esecutore testamentario, le azioni relative all'eredità devono essere proposte anche nei confronti dell'esecutore [102 c.p.c.]. Questi ha facoltà d'intervenire [105 c.p.c.] nei giudizi promossi dall'erede e può esercitare le azioni relative all'esercizio del suo ufficio.

Inquadramento

La disposizione in commento individua tre diverse categorie — «i cui contorni non sono precisati, né facilmente precisabili» (Talamanca, in Comm. S.B. 1965, 501) — di cause alle quali l'esecutore è legittimato rispettivamente dal lato passivo, da quello attivo e quale interventore volontario: a) quelle relative all'eredità; b) quelle relative all'esercizio del suo ufficio; c) quelle promosse dall'erede.

Se non vi fosse una norma ad hoc, tuttavia, non per questo l'esecutore testamentario sarebbe privo di legittimazione processuale: anzi, amministrando egli i beni dell'eredità, si potrebbe fondatamente sostenere che il potere di agire o di resistere in giudizio, relativamente ai beni oggetto dell'amministrazione, deriva direttamente da tale sua qualità (Caramazza, in Comm. De M. 1982, 574).

Così come posta, la norma mostra una certa incoerenza tra la regolamentazione della legittimazione attiva e di quella passiva. Mentre per le cause passive l'esecutore riveste la qualità di litisconsorte necessario, per quelle attive promosse dall'erede può soltanto intervenire volontariamente, ma l'intervento è affidato alla sua personale conoscenza della pendenza della lite, pendenza che non è previsto debba essergli comunicata.

Legittimazione passiva

L'espressione «gestione» nel linguaggio legislativo, così come del resto in quello comune, è normalmente sinonimo di «amministrazione». Si afferma pertanto che «durante la gestione», espressione che si incontra testualmente nell'articolo in esame, non può avere altro senso che «durante l'amministrazione» (Talamanca, in Comm. S.B. 1965, 504).

A fronte di questa soluzione, altri hanno suggerito di rifuggire da una valutazione strettamente letterale e valutare le singole fattispecie alla luce di due criteri guida, verificando se la decisione, in assenza dell'esecutore, sarebbe inutiliter data e se la causa attenga all'esecuzione delle disposizioni di ultima volontà del defunto (Cuffaro, in Tr. Res. 1997, 381).

Azioni relative all'eredità

Si discute se tra le «azioni relative all'eredità» debbano o meno intendersi comprese anche le cause in cui si controversa dell'efficacia in senso lato del testamento: nullità, annullamento, inefficacia in senso stretto, lesione di legittima, interpretazione della volontà del testatore. Secondo un'impostazione, le azioni relative all'eredità sarebbero quelle che hanno ad oggetto l'amministrazione dei beni ereditari (Talamanca, in Comm. S.B. 1965, 505).

Altri ritengono invece che l'esecutore testamentario sia legittimato passivamente alle azioni relative all'eredità «abbia o meno l'amministrazione della massa ereditaria, si riferiscano le azioni all'efficacia del testamento ovvero siano relative all'amministrazione dei beni ereditari» (Trimarchi, 1966, 402). Analogamente è stato detto che le cause relative all'eredità sono quelle «in cui si discute di qualsiasi questione attinente alla successione ereditaria» (Caramazza, in Comm. De M. 1982, 575).

Quali che siano le azioni relative all'eredità, si ritiene che in esse l'esecutore testamentario rivesta il ruolo di litisconsorte necessario unitamente all'erede. In particolare, se è vero che, in mancanza dell'art. 704, la legittimazione passiva dell'esecutore testamentario discenderebbe dalla sua qualità di amministratore della massa ereditaria, è da ritenere che, con la norma in esame, si sia voluto affiancare l'erede, quale titolare del patrimonio amministrato, all'esecutore amministratore. Viene invece esclusa la concorrente legittimazione dal mero chiamato all'eredità (Talamanca, in Comm. S.B. 1965, 507).

L'esecutore testamentario, mentre è titolare iure proprio delle azioni, relative all'esercizio del suo ufficio, che trovano il loro fondamento e il loro presupposto sostanziale nel suo incarico di custode e di detentore dei beni ereditari ovvero nella gestione, con o senza amministrazione, della massa ereditaria, è soltanto legittimato processuale, a norma dell'art. 704 c.c., per quanto riguarda le azioni relative all'eredità e, cioè, a diritti ed obblighi che egli non acquista o assume per sé, in quanto ricadenti direttamente nel patrimonio ereditario, pur agendo in nome proprio. In tale ultima ipotesi, in cui non è investito della legale rappresentanza degli eredi del de cuius, ma agisce in nome proprio, l'esecutore testamentario assume la figura di sostituto processuale, in quanto resiste a tutela di un diritto di cui sono titolari gli eredi, ma la sua chiamata in giudizio è necessaria ad integrare il contraddittorio (Cass. II, n. 5520/2020).

Azioni relative all'esercizio dell'ufficio

Secondo alcuni, azioni relative all'ufficio di esecutore testamentario sono «tutte le azioni che comunque trovino il loro fondamento e presupposto sostanziale in una situazione giuridica soggettiva propria dell'ufficio e cioè della gestione, con o senza amministrazione della massa ereditaria» (Trimarchi, 1966, 402).

Tra le azioni in questione è dunque ricompresa «l'actio interrogatoria nei confronti dell'erede», ai sensi dell'art. 481, e «l'accertamento della qualità di eredi e legatari dei successibili e della misura dei loro diritti» (Caramazza, in Comm. De M. 1982, 578).

Giudizi promossi dall'erede

Giudizi promossi dall'erede, secondo alcuni, sono solo quelli relativi alla massa ereditaria (Talamanca, in Comm. S.B. 1965, 507). Secondo altri la disposizione va intesa in senso più ampio, dovendosi ad essa altresì ricondurre i giudizi «che comunque possono interessare l'esecuzione anche in relazione alla validità ed efficacia delle disposizioni e clausole testamentarie» (Vicari, 1994, 1341), ovvero quelli che «in qualsiasi modo si riferiscano alla successione di cui si tratta e siano promossi dall'erede» (Trimarchi,1966, 402).

Il potere di intervento è, secondo una parte degli autori, limitato all'ipotesi che l'esecutore abbia l'amministrazione, in relazione al solo periodo in cui essa perdura (Talamanca, in Comm. S.B. 1965, 507). Secondo altri, invece, il potere in esame non dipende dall'amministrazione e, comunque, perdura anche dopo che essa si sia conclusa (Trimarchi, 1966, 402).

La giurisprudenza di legittimità

Quanto al rapporto tra legittimazione processuale e durata dell'amministrazione, si è affermato che «qualora l'esecutore sia stato legittimato a stare in giudizio, come attore o come convenuto o come interveniente, la sua qualità di parte dura finché si svolge il processo anche se si supera la durata di un anno dall'accettazione delle funzioni di cui all'art. 703 » (Cass. n. 607/1955; Cass. n. 929/1964).

È stata riconosciuta la legittimazione dell'esecutore ad impugnare la sentenza con cui era stato ridotto il canone di locazione di un bene appartenente alla massa ereditaria, osservando che egli può compiere tutti gli atti di gestione occorrenti (Cass. n. 3598/1955).

Con riguardo alle azioni relative all'ufficio di esecutore testamentario si è osservato che questo ha il compito di adoperarsi affinché siano esattamente eseguite le disposizioni di ultima volontà del defunto e di effettuare, agli aventi diritto, la consegna dei beni caduti nella successione e il rendimento del conto della gestione (Cass. n. 1623/1964).

Con riguardo alle azioni relative all'eredità, si e chiarito che la legittimazione processuale dell'esecutore testamentario non è limitata alle sole azioni relative al suo ufficio, ma si estende a tutte le azioni concernenti l'eredità, quali che siano (non contenendo la disposizione alcuna limitazione in proposito) che vengano proposte da altri. Dovendo tali giudizi essere promossi anche contro di lui, l'esecutore testamentario assume in essi la veste di litisconsorte necessario, assieme all'erede» (Cass. n. 45/1967).

Sempre in tema di azioni relative all'eredità di è affermato che l'azione di rivendica di immobile compreso in una successione mortis causa è azione relativa all'eredità per cui l'art. 704 prevede il litisconsorzio necessario dell'esecutore testamentario e degli eredi. Pertanto, il contraddittorio instaurato nei soli confronti dell'esecutore testamentario deve essere integrato nei confronti dell'erede (Cass. n. 419/1971).

L'esecutore è parte necessaria anche nelle cause relative all'eredità, instaurate prima dell'accettazione da arte dell'erede (Cass. n. 78/1967). Nel prospettare una ricostruzione organica dei diversi profili di legittimazione processuale dell'esecutore testamentario affermando che quest'ultimo quale titolare di un ufficio di diritto privato, nell'esecuzione del suo compito di assicurare la piena attuazione della volontà testamentaria è investito di una duplice legittimazione: a) una iure proprio, quale titolare di diritti ed obblighi sorgenti dal suo incarico e come custode e detentore di beni ereditari; b) l'altra quale sostituto processuale ex art. 704 Quest'ultimo potere d'azione riguarda il promovimento di controversie aventi per oggetto rapporti giuridici dei quali l'esecutore non è titolare, ma la cui tutela assicura l'esatto adempimento dell'incarico testamentario. Tal legittimazione investe non soltanto l'accertamento giudiziale della qualità di erede o di legatario degli istituiti, ma, altresì, la determinazione dell'oggetto dell'istituzione e, quindi, in ogni controversia di questo tipo l'esecutore testamentario è litisconsorte necessario (Cass. n. 1044/1977; Cass. n. 2707/1994).

Si è poi esaminato il problema dell'applicabilità della disciplina dell'interruzione del processo in caso di morte dell'esecutore affermando che tra le cause estintive dell'ufficio (di diritto) privato dell'esecutore testamentario è la morte dell'esecutore testamentario. Non ha pertanto consistenza la pretesa — in caso di morte dell'esecutore testamentario, litisconsorte nel processo — di interruzione del processo e riassunzione nei confronti degli eredi dell'esecutore (Cass. n. 6143/1996).

È stato infine detto che l'esecutore testamentario è legittimato alle sole azioni relative all'esercizio del suo ufficio, finalizzato alla cura dell'esatta esecuzione delle disposizioni di ultima volontà del defunto, sicché egli non è legittimato ad impugnare i negozi con i quali il defunto abbia disposto in vita dei propri beni (Cass. n. 14744/2016).

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