Codice Civile art. 900 - Specie di finestre.

Alberto Celeste

Specie di finestre.

[I]. Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: luci, quando danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino [901]; vedute o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente [905 ss.].

Inquadramento

Il codice civile si preoccupa di contemperare, da un lato, l'esigenza, fondamentale per motivi igienici, del proprietario di un immobile di ricevere luce e aria nel proprio fondo, e, dall'altro, l'esigenza del vicino di non essere esposto alla curiosità altrui e di rispettarne la privacy. In quest'ottica, la norma di commento distingue le finestre o altre aperture sul fondo del vicino in due tipologie, ciascuna soggetta alla dettagliata disciplina delineata negli articoli successivi, ossia le luci, quando danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino, e le vedute o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente. In tema di aperture sul fondo del vicino, deve escludersi l'esistenza di un tertium genus diverso dalle luci e delle vedute; ne consegue che l'apertura priva delle caratteristiche della veduta (o del prospetto) non può che essere qualificata giuridicamente come luce. In altri termini, l'utilità della veduta consiste nella possibilità di inspicere e prospicere in alienum, sicché le aperture prive di tali caratteristiche, stante la mancanza nel nostro ordinamento di un tertium genus, non possono essere qualificate che come luci, quand'anche non siano state rispettate le prescrizioni dettate per queste dall'art. 901, con la conseguenza, da un lato, che chi le pone in essere esercita poteri e facoltà derivantigli iure proprietatis e, dall'altro, che il vicino può sempre esigere la loro regolarizzazione oppure occluderle se concorrono le condizioni all'uopo previste e disciplinate dall'ordinamento. Resta inteso che, in tema di vedute insistenti sull'altrui proprietà, deve intendersi per “fondo del vicino” (art. 900) qualunque parte, anche minima o marginale (e, pertanto, anche un semplice muro di cinta) del fondo stesso, tale da poter consentire una inspectio o prospectio da una qualsiasi apertura esistente nel fabbricato della proprietà limitrofa dalla quale sia possibile affacciarsi.

Requisiti per l'esistenza di una veduta

Pertanto, in presenza di un'apertura verso il fondo del vicino, è rilevante preliminarmente verificare se trattasi di veduta perché, in difetto, saremmo in presenza di una luce, ed è proprio in questa prospettiva che la giurisprudenza ha delineato il primo concetto, affrontando la variegata realtà edilizia.

Affinché sussista una veduta, a norma dell'art. 900, è necessario, oltre al requisito della inspectio anche quello della prospectio nel fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, in modo che il fondo alieno risulti soggetto ad una visione mobile e globale, secondo un giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità, se non per vizi di motivazione (Cass. VI/II, n. 346/2017: nella specie, si era ritenuto congruamente motivata la sentenza di merito, che aveva escluso la natura di veduta relativamente ad una finestra posta a mt. 1,56 dal piano di calpestio e munita di sbarre orizzontali infisse in un muro alto mt. 1,80 e spesso cm. 30, non potendo la stessa costituire un comodo affaccio; Cass. II, 22844/2006; Cass. II, n. 1409/1999; Cass. S.U. , n. 10615/1996; Cass. II, n. 5557/1988).

Poiché requisiti necessari per l'esistenza di una veduta sono non soltanto la inspectio ma anche la prospectio, che, ai sensi dell'art. 900 consiste nella possibilità di vedere e guardare non solo di fronte ma obliquamente e lateralmente sul fondo del vicino, in modo da consentire una visione mobile e globale, è rimesso all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, verificare in concreto se l'opera, in considerazione delle caratteristiche strutturali e della posizione degli immobili rispettivamente interessati, permetta a una persona di media statura l'affaccio sul fondo del vicino o il semplice prospetto (Cass. II, n. 5421/2011; Cass. II, n. 17343/2003; Cass. II, n. 15371/2000v., di recente, Cass. II, n. 3043/2020, ad avviso della quale l'assenza di parapetto su una terrazza di copertura di un edificio costituisce elemento decisivo per escludere che l'opera abbia i caratteri della veduta o del prospetto, anche se essa sia di normale accessibilità e praticabilità da parte del proprietario, laddove la praticabilità può valere invece ai fini della qualificazione della situazione come luce irregolare).

Tenuto conto che requisiti per l'esistenza di una veduta sono non soltanto la inspectio ma la prospectio, la possibilità di affacciarsi sul fondo del vicino deve essere determinata con riferimento a una persona di altezza normale e non di statura media, posto che il concetto di statura media, essendo indicativo di un unico valore numerico, intermedio fra un minimo e un massimo, non si identifica con quello di altezza normale che comprende una serie di valori di diversa entità matematica entro suddetti limiti (Cass. II, n. 18637/2003; Cass. II, n. 1382/1983).

Comunque, alla stregua dell'art. 900, la comodità (o quanto meno la non disagevolezza) della inspectio e della prospectio (elementi costitutivi essenziali della veduta) va accertata con riferimento al fondo dal quale la veduta è esercitata e non già al fondo oggetto della veduta stessa (Cass. II, n. 480/2002).

Ad ogni buon conto, in tema di aperture sul fondo del vicino, non ammettendo la legge l'esistenza di un tertium genus oltre alle luci ed alle vedute, va valutata quale luce e, pertanto, sottoposta alle relative prescrizioni legali, anche in difetto dei requisiti a tale scopo prescritti dalla legge, l'apertura che sia priva del carattere di veduta o prospetto (Cass. II, n. 34824/2021).

Resta inteso che, qualora il vicino apra una veduta in violazione delle distanze prescritte ed il frontista a ciò non si opponga, si potrà verificare, ove ricorrano i presupposti, l'acquisto di una servitù di veduta per usucapione; viceversa, il frontista che voglia opporsi all'apertura illegittima potrà agire nei confronti del vicino tanto in via petitoria, quanto in via possessoria, per chiedere la demolizione dell'opera abusiva e la conseguente rimessione in pristino dello stato dei luoghi (Figone, 143).

Vedute dirette, laterali o oblique

Affinando il concetto, si è precisato che, in tema di limitazioni legali della proprietà e di rapporti di vicinato, la veduta è da ritenersi diretta (e conseguentemente può essere aperta, ma a non meno di un metro e cinquanta centimetri dal fondo del vicino, come prescritto dall'art. 905), ogni qual volta sia possibile affacciarsi e guardare frontalmente su di esso da uno qualsiasi dei lati del balcone (Cass. II, n. 2159/2002).

La distinzione tra vedute dirette, oblique e laterali è posta nell'art. 900 in via alternativa, in relazione alle caratteristiche strutturali del manufatto ed alle modalità con cui la veduta può conseguentemente esercitarsi, sicché non può essere negato l'esercizio della veduta e la conseguente tutela possessoria nel caso di una apertura ricavata in una nicchia del muro di confine che consenta la prospectio diretta ed obliqua, ma non anche quella laterale sul fondo del vicino (Cass. II, n. 12821/1992).

Apertura munita di inferriata

Dalle considerazioni che precedono, i giudici di legittimità hanno tratti, riguardo ai singoli casi concreti sottoposti al loro esame, le conseguenze giuridiche.

Invero, la veduta si distingue dalla luce giacché implica, in aggiunta alla inspectio, la prospectio, ossia la possibilità di affacciarsi e guardare frontalmente, obliquamente o lateralmente nel fondo del vicino, sicché un'apertura munita di inferriata (nella specie, realizzata a filo con il muro perimetrale dell'edificio) che impedisca l'esercizio di tale visione mobile e globale sul fondo alieno va qualificata luce (Cass. II, n. 3924/2016).

Un'apertura munita di inferriata, che consenta di guardare sul fondo sottostante mediante una manovra di per sé eccezionale e poco agevole per una persona di normale conformazione fisica, costituisce una luce e non una veduta, con la conseguenza che, nel caso in cui essa non sia conforme alle prescrizioni indicate nell'art. 901, il proprietario del fondo vicino può sempre esigerne la regolarizzazione, non potendo la mera tolleranza della sua difformità dalle prescrizioni di legge, ancorché protratta nel tempo, far sorgere, per usucapione, un diritto a mantenerla nello stato in cui si trova (Cass. II, n. 20200/2005).

Ad ogni buon conto, ai sensi dell'art. 900, non può considerarsi affatto una luce la rete metallica apposta all'aperto sul confine col fondo del vicino, la quale non svolga la funzione di dare luce e aria a una fabbrica, ma serva a proteggere la proprietà o - in caso di fondi a dislivello - a tutelare l'incolumità delle persone (Cass. II, n. 15458/2016).

Balconi e terrazzi

Anticipando alcuni rilievi sviluppati nel commento degli articoli successivi, si può osservare che, ai fini dell'applicazione della distanza legale stabilita dall'art. 905, comma 2, è necessario che il terrazzo sia munito di parapetto che permetta di affacciarsi sull'altrui fondo per una normale inspectio e prospectio e senza pericolo (Cass. II, n. 7267/2003). In altri termini, poiché il capoverso dell'art. 905 richiede, relativamente alle vedute esercitabili da balconi, terrazzi e simili, che essi siano muniti di parapetto idoneo a consentire di affacciarsi sul fondo del vicino, è necessario, affinché una terrazza costituisca veduta, che la stessa, sebbene normalmente accessibile e praticabile da parte del proprietario, sia munita di parapetto o altro solido e stabile riparo (Cass. II, n. 6403/1980).Ne consegue che l'assenza di parapetto su una terrazza di copertura di un edificio costituisce elemento decisivo per escludere che l'opera abbia i caratteri della veduta o del prospetto, anche se essa sia di normale accessibilità e praticabilità da parte del proprietario, laddove la praticabilità può valere invece ai fini della qualificazione della situazione come luce irregolare; per escludere anche questa seconda configurazione giuridica è necessario accertare, avuto riguardo all'attuale consistenza e destinazione dell'opera, oggettivamente considerata, ed alle sue possibili e prevedibili utilizzazioni da parte del proprietario, se e quali limitazioni, ancorché diverse e minori di quelle derivanti da un'apertura avente i caratteri della veduta o del prospetto, possano discenderne a carico della libertà del fondo vicino altrui (Cass. II, n. 3043/2020).

Ballatoi, scale e porte

Nella medesima prospettiva, si è affermato (Cass. II, n. 25188/2008) che, in tema di limitazioni legali alla proprietà, l'apertura di un ballatoio di collegamento tra la pubblica via e l'ingresso delle abitazioni situate al primo e al secondo piano può essere qualificata veduta ed assoggettata al regime giuridico del rispetto delle distanze fissato nell'art. 905, quando sia idonea, per ubicazione, consistenza e struttura, a consentire l'affaccio sul fondo vicino. Invero, le scale, i ballatoi e le porte, pur essendo fondamentalmente destinati all'accesso dell'edificio, e soltanto occasionalmente od eccezionalmente utilizzabili per l'affaccio, possono configurare vedute quando, indipendentemente dalla funzione primaria del manufatto, risulti obiettivamente possibile, in via normale, per le particolari situazioni o caratteristiche di fatto, anche l'esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino (Cass. II, n. 499/2006).

In altri termini, a norma dell'art. 900 per veduta-prospetto deve intendersi l'apertura destinata per sua normale e prevalente funzione a guardare e ad affacciarsi verso il fondo del vicino, cioè le finestre, i balconi, le terrazze e simili, mentre tale qualifica non spetta, di regola, ad altri manufatti, portoni, ballatoi ecc., destinati principalmente all'ingresso e al passaggio delle persone e non a consentire la sosta e l'affaccio verso il fondo altrui (Cass. II, n. 20205/2004).

Occorre, tuttavia, sempre aver riguardo alla peculiarità dello stato dei luoghi, in quanto, la scala di un edificio, pur avendo una sua peculiare funzionalità, configura una veduta, e soggiace quindi alla relativa disciplina, quando, per le particolari situazioni e caratteristiche di fatto, risulti obbiettivamente destinata, in via normale, anche all'esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino (Cass. II, n. 1451/1981). Al contempo, una porta non può essere considerata semplice luce irregolare, poiché la sua funzione non è quella di illuminare un locale e di consentire il passaggio dell'aria, ma quella di consentire il passaggio delle persone ovvero di impedirlo e quindi può essere aperta senza rispettare le distanze prescritte negli artt. 905 e 906 per le vedute, salvo che sia strutturata in modo da consentire di guardare nel fondo del vicino, come nel caso della porta-finestra (Cass. II, 1005/2004; Cass. II, n. 8693/2000).

Muro divisorio

Nella medesima ottica, si è precisato che (Cass. II, n. 820/2000; Cass. II, n. 6407/1994) il muro divisorio non può dar luogo all'esercizio di una servitù di veduta, sia perché ha solo la funzione di demarcazione del confine e tutela del fondo, sia perché, anche quando consente di inspicere e prospicere sul fondo altrui è inidoneo a costituire una situazione di soggezione di un fondo all'altro, a causa della reciproca possibilità di affaccio esistente da entrambi i fondi confinanti.

Luci nell'edificio condominiale

La materia delle aperture registra peculiarità applicative nella realtà condominiali, che la giurisprudenza non ha mancato di evidenziare.

Invero, in tema di condominio, l'apertura di finestre o la trasformazione di luci in vedute su un cortile comune rientra nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell'art. 1102, considerato che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, sono utilmente fruibili a tale scopo dai condomini stessi, cui spetta la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere, appunto, aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in materia di luci e vedute, a tutela dei proprietari degli immobili di proprietà esclusiva. In proposito, l'indagine del giudice di merito deve essere indirizzata a verificare esclusivamente se l'uso della cosa comune sia avvenuto nel rispetto dei limiti stabiliti dal citato art. 1102, e, quindi, se non ne sia stata alterata la destinazione e sia stato consentito agli altri condomini di farne parimenti uso secondo i loro diritti: una volta accertato che l'uso del bene comune sia risultato conforme a tali parametri deve, perciò, escludersi che si sia potuta configurare un'innovazione vietata (Cass. II, n. 13874/2010).

Pertanto, qualora si aprano fra un vano e l'altro dell'edificio condominiale, le luci, essendo prive della connotazione della precarietà e della mera tolleranza, sono sottratte alla disciplina prevista dagli artt. 900-904 con riferimento all'ipotesi in cui le stesse si aprano sul fondo altrui; pertanto, è possibile, a favore di chi ne beneficia, acquisire la relativa servitù, per destinazione del padre di famiglia, o per usucapione, in virtù del possesso correlato all'oggettiva esistenza dello stato di fatto nel quale si manifesta l'assoggettamento parziale di in immobile a servizio od utilità dell'altro (Cass. II, n. 14442/2006).

Bibliografia

Albano, Luci e vedute, in Enc.. giur., XIX, Roma, 1990; Bozza, La distanza delle costruzioni dalle vedute nel condominio, in Giust. civ. 1992, I, 2838; Chinello, Servitù di luci e vedute: limiti all'acquisto per usucapione, in Immob. & proprietà 2006, 78; Colletti, Sulla controversa natura di luci e vedute, in Arch. loc. e cond., 2005, 198; Figone, Luci e vedute, in Dig. civ., XI, Torino, 1994; Fiorani L. - Fiorani G., Il regime delle luci, delle vedute e delle relative servitù nel codice civile, Latina, 1982; Loiacono, Luci e vedute, in Enc. dir., XXV, Milano, 1975; Magnani, Criteri distintivi tra luci e vedute, in Not. 1997, 413; Sestant, Brevi note in tema di distanza delle costruzioni dalle vedute dirette, in Giust. civ. 1994, I, 1091.

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