Codice Civile art. 975 - Miglioramenti e addizioni.

Alberto Celeste

Miglioramenti e addizioni.

[I]. Quando cessa l'enfiteusi [958, 963, 970, 972], all'enfiteuta spetta il rimborso dei miglioramenti nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti stessi, quali sono accertati al tempo della riconsegna.

[II]. Se in giudizio è stata fornita qualche prova della sussistenza in genere dei miglioramenti, all'enfiteuta compete la ritenzione del fondo fino a quando non è soddisfatto il suo credito [1152].

[III]. Per le addizioni fatte dall'enfiteuta, quando possono essere tolte senza nocumento del fondo, il concedente, se vuole ritenerle, deve pagarne il valore al tempo della riconsegna. Se le addizioni non sono separabili senza nocumento e costituiscono miglioramento, si applica la disposizione del primo comma di questo articolo [157 trans.].

Inquadramento

Allo scopo di incoraggiare l'enfiteuta a praticare migliorie al fondo, il legislatore codicistico gli accorda il diritto di ottenere dal concedente il rimborso dell'aumento di valore conseguito dal fondo stesso, nei casi nei quali, come ad esempio nella devoluzione, il fondo ritorni nella piena proprietà del concedente. La norma in commento distingue tra miglioramenti veri e propri, che sono quelle trasformazioni che aumentano il reddito senza assumere il carattere di opere aventi una propria individualità, e le addizioni, che rappresentano le opere realizzate sul fondo da parte dell'enfiteuta, che conservano invece una propria individualità. Rispetto a queste ultime, l'enfiteuta può esercitare lo ius tollendi, qualora tale diritto — come in tema di accessione — possa svolgersi senza nocumento del fondo, e, in difetto, ha diritto ad un compenso se le addizioni costituisco, com'è la regola, miglioramenti. Infine, per garantire tale riscossione, la norma de qua attribuisce all'enfiteuta il diritto di ritenzione, ossia il diritto di rimanere nel possesso del fondo fino a quando non sarà soddisfatto del suo credito. Nello specifico, si prevede che, quando cessa l'enfiteusi, all'enfiteuta spetti il rimborso dei miglioramenti nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti stessi, quali sono accertati al tempo della riconsegna, e, se in giudizio è stata fornita qualche prova della sussistenza in genere dei miglioramenti, all'enfiteuta compete la ritenzione del fondo fino a quando non è soddisfatto il suo credito. Per le addizioni fatte dall'enfiteuta, quando possono essere tolte senza nocumento del fondo, il concedente, se vuole ritenerle, deve pagarne il valore al tempo della riconsegna, ma se le addizioni non sono separabili senza nocumento e costituiscono miglioramento, si applica la disposizione di cui sopra.

Nozione di migliorie

Per quanto attiene ai miglioramenti sussistenti al momento della cessazione dell'enfiteusi, la dottrina ha evidenziato che la norma de qua ha previsto specificatamente che all'enfiteuta spetta il rimborso degli stessi nella misura dell'aumento del valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti stessi, quali sono accertati al tempo della riconsegna. A maggior tutela della posizione dell'enfiteuta, si è previsto, inoltre, un diritto di ritenzione del fondo fino alla soddisfazione del proprio credito per il rimborso dei miglioramenti se in giudizio è stata fornita qualche prova della sussistenza in genere dei miglioramenti. Quest'ultima condizione costituisce una garanzia per la posizione del concedente, e nel diritto di ritenzione fissato dall'art. 975, comma 2, si è rinvenuta una conferma della “funzione remunerativa dell'indennizzo” (così Bianca, Diritto civile, VI, La proprietà, Milano, 1999, 581).

Ad avviso della giurisprudenza, in tema di enfiteusi, deve ricomprendersi nel concetto di migliorie (art. 975) tutto ciò che accresce il valore del fondo, ossia che attiene in particolare ed in modo duraturo alla sua struttura, di modo che rientrano in quel concetto anche le costruzioni ed addizioni (Cass. III, n. 1774/1962).

Successivamente, si è affermato (Cass. II, n. 25428/2013) che la disposizione dell'art. 975, comma 1, secondo cui l'enfiteuta, quando cessa l'enfiteusi, ha diritto al rimborso dei miglioramenti apportati, nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti stessi, quali risultino accertati al momento della riconsegna, trova applicazione solo ai miglioramenti che si collocano nell'àmbito del rapporto di enfiteusi e che, essendo ancora esistenti alla data della riconsegna, si traducono in un valore economico direttamente o indirettamente riconducibile alla legittima attività dell'enfiteuta (o dei suoi danti causa), e non anche ai miglioramenti realizzati dopo la cessazione del rapporto nel tempo in cui l'enfiteuta abbia conservato di fatto il possesso materiale del bene, per i quali, invece, risultano applicabili i criteri generali previsti dall'art. 1150  (conforme, da ultimo, Cass. II, n. 12206/2022).

Miglioramento del fondo

La disposizione del comma 1 dell'art. 975, a norma della quale “quando cessa l'enfiteusi, all'enfiteuta spetta il rimborso dei miglioramenti nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti stessi, quali accertati al tempo della riconsegna”, ha lo scopo di favorire il miglioramento del fondo enfiteutico assicurando all'enfiteuta, in ogni caso di cessazione che comporti l'integrale ripristino del rapporto, i vantaggi economici delle opere eseguite ed incentivando, per tale via, l'interesse dello stesso all'adempimento puntuale dell'obbligo di miglioramento del fondo all'assunto con il contratto (art. 960) e si riferisce, quindi, solo ai miglioramenti che si collocano nell'ambito del rapporto di enfiteusi e che, essendo ancora esistenti alla data della riconsegna, si traducono in un valore economico direttamente o indirettamente riconducibile alla legittima attività dell'enfiteuta (o dei suoi danti causa) e non ai miglioramenti realizzati dopo la cessazione del rapporto, nel tempo in cui l'enfiteuta ha mantenuto di fatto il possesso materiale del bene, per i quali sono, invece, applicabili i criteri previsti dall'art. 1150 (Cass. II, n. 3038/1995).

Misura del rimborso spettante all'enfiteuta

Nel caso di cessazione di un contratto di enfiteusi per effetto dell'avveramento di una condizione risolutiva soltanto i miglioramenti apportati dall'enfiteuta anteriormente al verificarsi della condizione vanno calcolati nella misura dell'aumento del valore del fondo (art. 975) esistente a tal momento, mentre per quelli successivi la posizione dell'enfiteuta, il cui titolo è rimasto caducato, deve essere valutata alla stregua di un possessore di mala fede (Cass. III, n. 3307/1981).

Possesso enfiteutico ad usucapione

A configurare il possesso enfiteutico ad usucapione, oltre al pagamento del canone, non è necessaria l'esecuzione di radicali innovazioni sul fondo, essendo sufficiente l'apporto di miglioramenti che ne accrescano il valore (Cass. II, n. 6740/1988: nella specie, trattavasi di impianto di un vigneto).

Bibliografia

Albano - Greco - Pescatore, Della proprietà, in Commentario al codice civile, III, Torino 1968; Alessi, Enfiteusi (diritto civile), in Enc. giur., XII, Roma 1989; Cattedra, L'enfiteusi, manuale teorico-pratico, Firenze, 1983; Marinelli, Sulla prevalenza dell'affrancazione sulla devoluzione del fondo enfiteutico, in Giust. civ. 1985, I, 2766; Musolino, Enfiteusi e affrancazione del bene, in Riv. notar. 2001, 154; Orlando Cascio, Enfiteusi, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965; Palermo, Contributo allo studio dell'enfiteusi (dal codice civile alle leggi di riforma), in Riv. notar. 1982, 804; Tomassetti, Enfiteusi, in Enc. giur., VI, Milano, 2007; Vitucci, Enfiteusi, in Dig. civ., VII, Torino, 1991.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario