Codice Civile art. 1372 - Efficacia del contratto.InquadramentoNell'ambito della disciplina sugli effetti del contratto la norma esordisce con la perentoria affermazione secondo cui il contratto ha forza di legge tra le parti. L'espressione ha carattere enfatico e non un preciso significato giuridico, non esprimendo altro se non il concetto della non risolubilità del vinculum, in linea di principio, per volontà unilaterale (Rescigno, 11; Messineo, 1961, 957). Piuttosto la formula riassume il principio di relatività del contratto (Bianca, 523), ossia esprime una regola di sicurezza nella circolazione giuridica, volta a garantire la protezione dell'atto di scambio desumibile dalla causa del contratto e la relativa intangibilità (Franzoni, 1184). Le parti sono obbligate a tenere fede all'impegno assunto. Tuttavia la vincolatività dell'impegno negoziale non si traduce nella sua assoluta irrevocabilità; infatti la seconda parte della norma ammette che il vincolo negoziale possa essere sciolto per mutuo consenso o per altre cause ammesse dalla legge (Rescigno, 21; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 288). La giurisprudenza afferma che il principio di relatività dell'efficacia del contratto sancito dall'art. 1372 si traduce nella limitazione del vincolo negoziale ai soli stipulanti (Cass. n. 12781/2012). Il mutuo consensoIl contratto non può essere sciolto che per mutuo consenso (mutuo dissenso). A questa affermazione possono essere ricondotti tre distinti e concorrenti significati: la resistenza del contratto al pentimento della parte, l'immodificabilità del regolamento ad opera del singolo contraente e l'irretrattabilità degli effetti consumati (Roppo, 533). L'accordo di mutuo dissenso o di scioglimento per mutuo consenso si concreta in una controvicenda, opposta ed incompatibile con quella del contratto precedente (Luminoso, 163). Sul punto è controversa l'individuazione dell'oggetto dello scioglimento: un primo indirizzo, aderendo ad un'interpretazione letterale, ritiene che lo scioglimento per mutuo consenso risolva il contratto precedentemente stipulato dalle parti (Galgano, in Comm. S.B. 1993, 17; Carresi, in Tr. C. M. 1987, 871); altro orientamento, in adesione ad una lettura funzionale della norma, ritiene che lo scioglimento riguardi il rapporto, ossia gli effetti derivanti dal contratto (Scognamiglio, in Tr. G. S. P. 1980, 211; Cariota Ferrara, 647). In forza di un'ulteriore opinione il mutuo consenso dà luogo ad una revoca o ad un recesso (Luminoso, 163; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 291). Altrettanto dibattuta è la questione relativa all'individuazione del momento in cui si producono gli effetti dello scioglimento per mutuo consenso: un filone della dottrina sostiene che lo scioglimento per mutuo consenso ha efficacia ex nunc, salvo che le parti abbiano convenuto diversamente (Luminoso, 163); altro filone afferma che il mutuo consenso importa lo scioglimento del vincolo negoziale con effetti ex tunc (Galgano, in Comm. S.B. 1993, 23; Bianca, 699; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 289; Cariota Ferrara, 694). Il mutuo consenso non può sciogliere i contratti che abbiano già prodotto i loro effetti traslativi, costitutivi o abdicativi di diritto, come accade per i contratti ad efficacia reale (Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 290; Scognamiglio, in Tr. G. S. P. 1980, 212; contra Galgano, in Comm. S.B. 1993, 19). A sua volta l'accordo di scioglimento per mutuo consenso non è un contratto ad efficacia reale, ma ad efficacia obbligatoria (Scognamiglio, in Tr. G. S. P. 1980, 212). Ove gli effetti del contratto si siano già prodotti, non si ricade nella fattispecie del mutuo dissenso, bensì si tratta di un autonomo negozio con effetti opposti al precedente, come ad esempio la retrovendita. Qualora il contratto oggetto dello scioglimento sia un contratto ad efficacia obbligatoria, il mutuo dissenso determina normalmente la cessazione dell'obbligo di esecuzione delle prestazioni non ancora eseguite, salva una diversa volontà delle parti. Infatti nei contratti ad esecuzione continuata o periodica il mutuo consenso non pregiudica l'efficacia dell'adempimento delle prestazioni già eseguite. In ogni caso lo scioglimento per mutuo consenso non pregiudica i diritti dei terzi aventi causa e dei creditori che abbiano compiuto atti di esecuzione sui beni che per effetto dello scioglimento tornano nella sfera giuridica dell'altra parte (Galgano, in Comm. S.B. 1993, 23; Bianca, 700). Il mutuo consenso delle parti può essere diretto, oltre che allo scioglimento, anche alla modifica del contratto (Galgano, in Comm. S.B. 1993, 25). In giurisprudenza ricorre un contrasto in ordine alla decorrenza degli effetti del mutuo consenso. Secondo un primo indirizzo esso ha effetti retroattivi e non è precluso per i contratti ad effetti reali. In questa prospettiva il mutuo dissenso, quale atto di risoluzione convenzionale (o accordo risolutorio) che costituisce espressione dell'autonomia negoziale dei privati, i quali sono liberi di regolare gli effetti prodotti da un precedente negozio, anche indipendentemente dall'esistenza di eventuali fatti o circostanze sopravvenute, impeditivi o modificativi dell'attuazione dell'originario regolamento di interessi, dà luogo ad un effetto ripristinatorio con carattere retroattivo anche per i contratti aventi ad oggetto il trasferimento di diritti reali; tale effetto infatti, essendo espressamente previsto ex lege dall'art. 1458 con riguardo alla risoluzione giudiziale per inadempimento anche di contratti ad effetto reale, non può dirsi precluso agli accordi risolutori, risultando soltanto obbligatorio il rispetto dell'onere della forma scritta ad substantiam (Cass. n. 20445/2011). Secondo altro orientamento il mutuo dissenso realizza, per concorde volontà delle parti, la ritrattazione bilaterale del negozio, dando vita a un nuovo contratto, di natura solutoria e liberatoria, con contenuto eguale e contrario a quello del contratto originario e con efficacia ex nunc; pertanto dopo lo scioglimento le parti non possono invocare cause di risoluzione per inadempimento relative al contratto risolto, giacché ogni pretesa od eccezione può essere fondata esclusivamente sul contratto solutorio e non su quello estinto (Cass. n. 27999/2019 ; Cass. n. 17503/2005; Cass. n. 12476/1998; Cass. n. 3772/1976; Cass. n. 2856/1966; Cass. n. 683/1966; Cass. n. 623/1962). In ogni caso la risoluzione consensuale non travolge le prestazioni già eseguite (Cass. n. 7270/1997). Anche un contratto risolutorio che contenga prestazioni avvinte dal nesso sinallagmatico può essere risolto per inadempimento e la risoluzione dell'accordo risolutorio comporta la reviviscenza del contratto originario (Cass. n. 1616/2004; Cass. n. 1655/1973). Non integra la fattispecie della risoluzione consensuale la proposizione di reciproche domande giudiziali volte ad ottenere la risoluzione per inadempimento del contratto; in tal caso è precluso al giudice dichiarare lo scioglimento del contratto, poiché ciò determinerebbe la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Cass. n. 19706/2020 ; Cass. n. 14314/2018; Cass. n. 2984/2016; Cass. S.U.n. 329/1983). Secondo altro indirizzo, pur essendo tale fattispecie estranea ad un mutuo consenso negoziale risolutorio, in considerazione delle premesse contrastanti, essa è tuttavia diretta all'identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale, sicché il giudice può pronunciare la risoluzione consensuale per impossibilità sopravvenuta di esecuzione (Cass. n. 13118/2024; Cass. n. 6675/2018; Cass. n. 26907/2014). Lo scioglimento per mutuo consenso, non costituendo oggetto di eccezione in senso stretto, ma fatto estintivo dei diritti nascenti dal contratto, può essere rilevato d'ufficio (Cass. n. 6125/2014; Cass. n. 10201/2012; Cass. n. 12075/2007; Cass. n. 24802/2006; Cass. n. 10935/2003; Cass. n. 7270/1997; Cass. n. 3502/1971; Cass. n. 1113/1971; contra Cass. n. 10526/2009; Cass. n. 1939/1982). La forma dell'accordo di scioglimento per mutuo consenso L'accordo delle parti in ordine allo scioglimento del vincolo contrattuale può risultare sia espressamente sia tacitamente per fatti univoci, quando la forma ad substantiam o ad probationem non sia richiesta dalla legge o dalle parti per il contratto verso cui è indirizzato lo scioglimento; solo ove vi sia un vincolo di forma a pena di nullità o ad effetti probatori, la prescrizione di forma che concerne il contratto da sciogliere si estende all'accordo di scioglimento (Bianca, 700; Scognamiglio, in Tr. G. S.-P. 1980, 212). Ove lo scioglimento possa avvenire per fatti concludenti, può essere provato con ogni mezzo istruttorio, comprese le presunzioni. In base ad altra impostazione vige un principio di libertà delle forme dello scioglimento per mutuo consenso anche quando il negozio da risolvere sia a forma vincolata (Galgano, in Comm. S.B. 1993, 20; Giorgianni, La forma degli atti, in Enc. dir. 1968, 293). La risoluzione per mutuo consenso è sottoposta allo stesso regime di opponibilità del contratto originario (Bianca, 700). Secondo la S.C. la risoluzione consensuale del contratto deve rivestire gli stessi requisiti di forma prescritti per il contratto da sciogliere quando la forma è richiesta ad substantiam (Cass. n. 35931/2021; Cass. n. 13290/2015; Cass. n. 8504/2011; Cass. n. 8491/2000; Cass. n. 4906/1998; Cass. n. 2040/1997; Cass. n. 6959/1988; Cass. n. 5550/1986); vige il principio di libertà delle forme qualora si tratti di forma richiesta ad probationem (Cass. n. 8422/2006; Cass. n. 4307/2001; Cass. n. 10354/1992) o di forma convenzionale (Cass. n. 18757/2013; Cass. n. 5639/1997). Ove sia ammesso il mutuo dissenso per facta concludentia, esso deve risultare in modo inequivocabile e chiaro, non essendo sufficiente la mera inerzia delle parti (Cass. n. 5887/2011; Cass. n. 2279/2010; Cass. n. 15264/2007). Le altre cause di scioglimentoLa norma stabilisce che il contratto può essere sciolto, oltre che per mutuo consenso, anche per le altre cause ammesse dalla legge. Siffatte altre cause si identificano con il recesso convenzionale, il diritto di chiedere l'annullamento, la rescissione, la risoluzione, quando ne ricorrano i presupposti (Galgano, in Comm. S.B. 1993, 7; Carresi, in Tr. C. M. 1987, 667). Secondo la giurisprudenza, gli ulteriori istituti previsti dalla legge, oltre alla risoluzione consensuale, che consentono lo scioglimento dal contratto, fra cui il recesso unilaterale, hanno natura eccezionale, poiché derogano alla riserva sulla forza di legge del contratto; in specie la recedibilità ad nutum, in quanto derogatoria rispetto al principio di intangibilità del contratto, non assume portata di regola generale, benché sia contemplata anche in varie ipotesi di contratto a tempo indeterminato (Cass. n. 424/1963). L'efficacia del contratto rispetto ai terziA fronte della previsione del comma 1, che — regolando gli effetti del contratto tra le parti — stabilisce che il contratto ha forza di legge tra le stesse, salvo lo scioglimento per mutuo consenso o per altre cause ammesse dalla legge, l'art. 1372, comma 2, — regolando gli effetti del contratto rispetto ai terzi — prevede in termini esattamente opposti che esso non produce effetto rispetto ai terzi, salvo che nei casi ammessi dalla legge. Sicché la sfera giuridica dei terzi non può essere modificata da atti negoziali conclusi da altri, se non nelle ipotesi espressamente regolate dalla legge, che la struttura della norma relega ad ipotesi eccezionali (Cariota Ferrara, 688; Messineo, 1962, 196). Secondo una diversa chiave di lettura, che muove da una revisione critica del principio di intangibilità della sfera altrui, l'ordinamento contempla la possibilità che il contratto produca effetti favorevoli ultra partes, fatto salvo il diritto di rifiuto del terzo (Bianca, 525), con la conseguenza che i casi eccezionali previsti dalla legge sarebbero esclusivamente quelli in cui il contratto produce effetti sfavorevoli verso i terzi (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 809). Non si determina la produzione di effetti nei confronti dei terzi con riferimento a quei contratti che si richiamano ad un comportamento di terzi, come accade nelle fattispecie disciplinate dagli artt. 1379 e 1381 (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 669). Per altro verso, il terzo non può rivendicare pretese a suo favore fondate sul contratto (Messineo, 1962, 196). La norma non esclude che il contratto, una volta venuto ad esistenza, possa produrre effetti riflessi anche fuori della sfera giuridica dei contraenti, quale mero fatto (Galgano, in Comm. S.B. 1993, 27; Carresi, in Tr. C. M. 1987, 676). In ordine alla rilevanza del contratto rispetto ai terzi, la S.C. sostiene che il contratto, come non giova ai terzi così non li pregiudica, essendo per essi res inter alios acta, né l'autonomia contrattuale legittima l'invasione nella sfera giuridica del terzo (Cass. n. 2268/1971; Cass. n. 1821/1970). Sicché la parte non può opporre al terzo che agisca a titolo di responsabilità extracontrattuale le clausole del contratto concluso con altra parte sull'assunzione esclusiva di responsabilità verso i terzi (Cass. n. 2363/2012). Qualora il contratto produca effetti riflessi a vantaggio di terzi, resta ferma l'estraneità dei terzi al contratto quale res inter alios acta, sicché il contratto non costituisce comunque in loro favore posizioni di diritto soggettivo, né quindi li abilita ad invocarlo per rivendicare un proprio diritto che da esso tragga fonte (Cass. n. 6775/1991). Nondimeno la giurisprudenza aderisce all'orientamento secondo cui la preclusione degli effetti del contratto verso i terzi stabilita dalla norma si riferirebbe ai soli effetti sfavorevoli, mentre sarebbe ammessa una generale figura di contratto con effetti protettivi a favore di terzo, legittimata dalla funzione sociale del contratto e dalla priorità che la Costituzione assegna, anche nella materia contrattuale, agli interessi della persona rispetto agli interessi patrimoniali (Cass. n. 10741/2009; Cass. n. 11503/1993). L'individuazione del terzo La norma si riferisce al terzo in termini antitetici rispetto alle parti del contratto, sicché il terzo deve essere individuato in via residuale o in termini negativi, in quanto non si tratti di parte del contratto. Sono parti del contratto i soggetti che pongono in essere il negozio, avendone un interesse proprio e subendone gli effetti (Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 293; Messineo, 1962, 196; Santoro Passarelli, 237). Devono considerarsi parti anche i soggetti che, pur non partecipando alla stipulazione del contratto, vi abbiano anticipatamente consentito o successivamente aderito, come accade per le figure della rappresentanza volontaria e del contratto per persona da nominare (Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 294). Nella stessa posizione delle parti devono essere collocati i successori a titolo universale, come gli eredi e gli enti risultanti dalla fusione per costituzione di nuovo ente o per incorporazione (Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 296); non sono invece assimilabili alle parti i successori a titolo particolare, per atto inter vivos o mortis causa (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 669; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 294). Sono parti gli iscritti ad un'associazione sindacale rispetto ai contratti collettivi di lavoro (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 669). Anche la giurisprudenza afferma che terzo, a tal fine, è chiunque non abbia partecipato al contratto e non sia successore a titolo universale di una delle parti (Cass. n. 2274/1971). Pertanto, l'erede é vincolato dal contratto, anche se non trascritto, concluso dal de cuius e dalle obbligazioni dallo stesso nascenti, poiché subentrando nella posizione di quest'ultimo, non è terzo (Cass. n. 1552/1988). Soltanto l'avente causa a titolo particolare mortis causa o per atto fra vivi è terzo e, come tale, non é tenuto, senza il suo consenso, a subire il debito del suo dante causa (Cass. n. 24133/2009; Cass. n. 13968/2009; Cass. n. 1920/2001; Cass. n. 1666/1975). BibliografiaAlcaro, Promessa del fatto del terzo, in Enc. dir., Milano, 1988; Bavetta, La caparra, Milano, 1963; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino 1990; Cariota Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1949; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Cherubini, La promessa del patto del terzo, Milano, 1992; D'Avanzo, voce Caparra, in Nss. D.I., Torino, 1958; De Nova, Clausola penale e caparra, in Dig. civ., Torino, 1988; Di Majo, Recesso unilaterale e principio di esecuzione, in Riv. dir. comm., II, Padova, 1963; Franzoni, Il contratto e i terzi, I contratti in generale, a cura di Gabrielli, 1, II, Torino, 2006; Funaioli, voce Divieto di alienazione (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1964; Gabrielli, Vincolo contrattuale e recesso unilaterale, Milano, 1985; Gazzoni, Equità e autonomia privata, Milano, 1970; Luminoso, Il mutuo dissenso, Milano, 1980; Magazzù, Clausola penale, Enc. dir., Milano, 1960; Marini, La clausola penale, Napoli, 1984; Mazzarese, Le obbligazioni penali, Padova, 1990; Messineo, voce Contratto, in Enc. dir., Milano, 1961; Messineo, voce Contratti nei rapporti con il terzo, in Enc. dir., Milano, 1962; Natoli, Il conflitto di diritti e l'art. 1380, Milano, 1950; Rescigno, voce Contratto, in Enc. giur., Roma, 1988; Rodotà, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1969; Roppo, Il contratto, Milano, 2001; Sangiorgi, voce Recesso, in Enc. giur., Roma, 1991; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Scalfi, La promessa del fatto altrui, Milano-Varese, 1955; Trimarchi, La clausola penale, Milano, 1954; Trimarchi, voce Caparra, in Enc. dir., Milano, 1960; Zoppini, La pena contrattuale, Milano, 1991. |