Codice Civile art. 2123 - Forme di previdenza.

Paolo Sordi

Forme di previdenza.

[I]. Salvo patto contrario, l'imprenditore che ha compiuto volontariamente atti di previdenza può dedurre dalle somme da lui dovute a norma degli articoli 2110, 2111 e 2120 quanto il prestatore di lavoro ha diritto di percepire per effetto degli atti medesimi [1751].

[II]. Se esistono fondi di previdenza formati con il contributo dei prestatori di lavoro, questi hanno diritto alla liquidazione della propria quota, qualunque sia la causa della cessazione del contratto.

Inquadramento

L'art. 2123 è collegato all'art. 2117, nel senso che tali norme regolano lo stesso fenomeno (la previdenza complementare; l'inapplicabilità dell'art. 2123 a forme di previdenza obbligatoria è pacifica in giurisprudenza: Cass. S.U., n. 1661/1977), prevedendo, il secondo, la garanzia contro i creditori del datore di lavoro e del lavoratore, mentre il primo regola la possibile integrazione dell'indennità di anzianità e la tutela delle parti del rapporto previdenziale.

Precisamente, la norma in commento stabilisce la deducibilità dalle somme dovute dal datore di lavoro a norma degli artt. 2110, 2111 e 2120 (vale a dire in caso di malattia, gravidanza, puerperio, servizio militare e trattamento di fine rapporto), quanto il lavoratore ha diritto di percepire per effetto dei versamenti volontariamente eseguiti dal datore di lavoro (comma 1) e che, in caso di fondi di previdenza formati con il contributo anche dei lavoratori, costoro hanno diritto alla liquidazione della propria quota in caso di cessazione del rapporto (comma 2).

La deducibilità

Secondo parte della giurisprudenza, la deducibilità di cui può beneficiare l'imprenditore, il quale abbia compiuto volontariamente atti di previdenza, andrebbe riferita, non all'ammontare dei contributi all'uopo versati a favore del dipendente ma a quanto questi abbia complessivamente diritto di percepire per effetto dei suindicati atti (Cass. n. 4290/1984); invece, secondo altre pronunce, rileva solamente quanto versato dal datore di lavoro a titolo di contributi (Cass. n. 6685/1986, Cass. n. 6684/1986).

Il regime della deducibilità di cui all'art. 2123 si applica anche all'indennità sostitutiva del preavviso dovuta, ai sensi degli artt. 2118 e 2122, nel caso di morte del lavoratore (Cass. n. 3515/1981 e Cass. n. 956/1963).

La facoltà di deduzione attribuita al datore di lavoro può essere esclusa in presenza di una espressa ed inequivoca volontà contraria contenuta nei patti negoziali (Cass. n. 3779/1977).

La cessazione del rapporto

Ad avviso della giurisprudenza, il rapporto associativo che lega gli iscritti a fondi di previdenza costituiti ai sensi dell'art. 2123, essendo accessorio al rapporto di lavoro, non può sopravvivere all'estinzione di quest'ultimo, accompagnata, secondo i casi, dall'erogazione del trattamento pensionistico o dalla restituzione dei contributi accreditati sui conti individuali: le quali evenienze esauriscono senza residui i diritti degli iscritti e determinano, quindi, la cessazione dell'iscrizione, rispettivamente, per avvenuta realizzazione o, all'opposto, per la non realizzabilità della relativa causa o scopo (conseguimento del diritto alla prestazione previdenziale); ne consegue che gli eventi suddetti, una volta verificatisi, comportando la cessazione della qualità di associato in capo al soggetto che ne è investito, ne escludono altresì la legittimazione ad impugnare le deliberazioni degli organi sociali, ivi compresa quella di scioglimento del fondo, non rilevando in contrario l'affermazione, in sede di atto introduttivo del giudizio di impugnazione eventualmente proposto, della persistente titolarità di quella qualità, allorché la stessa sia contraddetta dalla contestuale deduzione di fatti estintivi come quelli indicati (Cass. n. 12193/1990).

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