Codice Civile art. 2244 - Recesso.InquadramentoL'articolo in esame, nel disciplinare il recesso dal lavoro domestico, estende a tale fattispecie l'originaria normativa codicistica del licenziamento e delle dimissioni dettata dagli artt. 2118 e 2119, la quale, divenuta ormai del tutto residuale nel contratto di lavoro subordinato, resta invece pienamente operante per il lavoro domestico. Infatti, l'art. 4 l. n. 108/1990, esclude espressamente dall'ambito di applicabilità della disciplina vincolistica dei licenziamenti i «rapporti disciplinati dalla legge 2 aprile 1958, n. 339». Benché tale legge riguardi esclusivamente i rapporti di lavoro domestico che si svolgono presso lo stesso datore di lavoro per almeno 4 ore giornaliere, la dottrina ritiene unanimemente che il riferimento debba intendersi a tutti i rapporti di lavoro domestico (De Luca, 351; MC Britton, 231). La dottrina è concorde anche nel ritenere il rapporto di lavoro domestico estraneo, in generale, alla disciplina del c.d. contratto a tutele crescenti dettata dal d.lgs. n. 23/2015 (Santoni, 368), così come al nuovo testo dell'art. 18 l. n. 300/1970 introdotto dalla l. n. 92/2012 (Sordi, 268). Il menzionato art. 4 della l. n. 108/1990 fa salva l'applicabilità al rapporto di lavoro domestico dell'art. 3 della stessa legge, relativo al licenziamento discriminatorio. Alle lavoratrici domestiche non si applica il divieto di licenziamento a causa di matrimonio (art. 35 d.lgs. n. 198/2006). Per il licenziamento della lavoratrice domestica in maternità, v. sub art. 2242. La forma del licenziamentoLa riconosciuta inapplicabilità della l. n. 604/1966 (la quale, all'art. 2, impone la forma scritta della comunicazione del licenziamento al lavoratore), al rapporto di lavoro in oggetto comporta, tra l'altro, la libertà di forma del recesso datoriale, con la conseguente piena legittimità del licenziamento orale del lavoratore domestico (Cass., n. 125106/2012; Cass., n. 16955/2007; in dottrina, Sordi, 269). La regola generale della recedibilità ad nutumL'applicabilità degli artt. 2118 e 2119 fa sì che le parti del rapporto di lavoro domestico possano liberamente recedere dal rapporto stesso con il solo obbligo del preavviso, la cui durata minima è stabilita dall'art. 16 l. n. 339/1958 per i rapporti cui si applica tale legge e dall'art. 2244 per tutti gli altri. Secondo i consueti principi, la parte che recede senza preavviso è tenuta a versare alla controparte l'indennità sostitutiva, secondo quanto disposto dai menzionati artt. 16 l. n. 339/1958 e 2118. In caso di giusta causa, la parte può legittimamente recedere senza preavviso. Per il concetto di giusta causa, v. sub art. 2118. La dottrina si è posto il problema dell'applicabilità o meno dell'art. 7 l. n. 300/1970 in caso di licenziamento disciplinare del lavoratore domestico. Basenghi, 343, afferma che l'inosservanza delle procedure di irrogazione non determina l'illegittimità del licenziamento disciplinare intimato con preavviso, rilevando solamente come circostanza produttiva di responsabilità per danni in presenza di allegazione, da parte del datore di lavoro, di mancanze censurabili sul piano personale o professionale alle quali il lavoratore, stante l'omissione del procedimento disciplinare, nulla abbia potuto opporre. Il licenziamento discriminatorioCome anticipato, l'art. 4 l. n. 108/1990 fa salva l'applicazione anche al rapporto de quo dell'art. 3 della stessa legge, a norma del quale «Il licenziamento determinato da ragioni discriminatorie ai sensi dell'articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'articolo 13 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta e comporta, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, le conseguenze previste dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300». Ne consegue che, in base a quella norma, ove vittima di un licenziamento discriminatorio, anche il lavoratore domestico ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro. L'art. 18 è stato però modificato dalla l. n. 92/2012 e ora contiene, all'interno del suo comma 1, un elenco di ipotesi di nullità del licenziamento, inclusa quella del licenziamento discriminatorio, alle quali ricollega la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento pieno del danno a favore del lavoratore. In dottrina anche chi afferma che l'art. 3 l. n. 108/1990 sarebbe stato implicitamente abrogato perché le sue disposizioni sono state interamente assorbite nel nuovo primo comma dell'art. 18 (con conseguente abrogazione anche dei rinvii ad esso contenuti nell'art. 4), sostiene che non è perciò venuta meno la piena tutela reintegratoria in favore del lavoratore domestico oggetto di un licenziamento discriminatorio, dovendosi ritenere applicabile anche a tale categoria di prestatori il primo comma dell'art. 18 (Tremolada, 20). A seguito dell'introduzione della disciplina per il contratto di lavoro a tutele crescenti, che, all'art. 2 prevede la medesima sanzione reintegratoria in caso di licenziamento discriminatorio dei lavoratori cui esso si riferisce (e cioè gli operai, impiegati e quadri assunti a decorrere dal 7 marzo 2015, data della sua entrata in vigore), si è posto il problema dell'applicabilità del regime da esso previsto anche al licenziamento discriminatorio del lavoratore domestico. La dottrina si è espressa in senso affermativo (Cester, 32; Tremolada, 21). BibliografiaBalzarini, Il contratto di lavoro domestico, in Trattato di diritto del lavoro, diretto da Borsi e Pergolesi, II, Padova; Basenghi, Lavoro domestico, Milano, 2000; Bianchi D'Urso, Lavoro domestico, in Enc. giur., Roma, 1990; Cester, I licenziamenti nel Jobs Act, in WP Csdle Massimo D'Antona. IT, n. 273/2015; De Litala, Domestici (contratto di lavoro e previdenza sociale), in Nss. D.I., VI, Torino, 1960; De Luca, Campo di applicazione delle «tutele» e giustificazione dei licenziamenti, in Foro it. 1990, V; MC Britton, Lavoro domestico, in Dig. comm., VIII, Torino, 1992, 225; Mezzalama, In tema di diritto dei congiunti del lavoratore domestico alla indennità di preavviso e di anzianità in caso di morte del lavoratore, in Giur. it. 1952, IV; Persiani, Domestici (lavoro domestico), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964; Santoni, Il campo di applicazione della disciplina del licenziamento nel d. lgs. 4 marzo 2015, n. 23, in Mass. giur. lav. 2015; Sordi, Il nuovo art. 18 della legge n. 300 del 1970, in Di Paola (a cura di), La riforma del lavoro, Milano, 2013; Tremolada, Il campo di applicazione del d. lgs. 4 marzo 2015, n. 23, in Carinci-Cester, Il licenziamento all'indomani del d. lgs. n. 23/2015, Modena, 2015. |