Codice Civile art. 2796 - Vendita della cosa.Vendita della cosa. [I]. Il creditore per il conseguimento di quanto gli è dovuto può far vendere la cosa ricevuta in pegno secondo le forme stabilite dall'articolo seguente [2744; 502 c.p.c.]. InquadramentoLa norma in commento dispone l'esecuzione forzata pignoratizia, ossia una forma speciale di vendita, diretta applicazione del divieto di patto commissorio (art. 2744), che è prevista al fine di rafforzare la garanzia ed accelerare la soddisfazione del credito, dato che per essa non vi è la necessità del titolo esecutivo, diversamente da quanto previsto in relazione alla vendita nell'ambito dell'esecuzione forzata ordinaria (art. 2910). Mora del debitore inadempienteLa Suprema Corte ebbe a precisare che il diritto di far vendere la cosa pignorata per soddisfare il proprio credito sul ricavato costituisce per il creditore soltanto una possibilità e non un obbligo e da ciò ha desunto che la stessa non esclude la mora del debitore inadempiente ai fini della condanna di quest'ultimo al pagamento degli interessi (Cass. n. 575/1982). Azionabilità senza titolo esecutivoSecondo la Suprema Corte il creditore può fa vendere la res pignorata senza essere munito di titolo esecutivo (Cass. n. 2332/1973). Nella giurisprudenza di merito si era precisato che l'art. 502 c.p.c., con il dichiarare che per l'espropriazione delle cose date in pegno si seguono le norme di quel codice e che rimangono salve le disposizioni del codice civile, sta a significare che il normale processo di espropriazione non si sovrappone alla procedura di cui all'art. 2797, ma concorre con essa per assicurare al creditore pignoratizio la soddisfazione del suo credito. Però, soltanto il creditore pignoratizio munito di titolo esecutivo ha facoltà di scegliere tra le due procedure, mentre il creditore pignoratizio sfornito di titolo deve necessariamente seguire la procedura particolare dell'art. 2797. Inapplicabilità al pegno irregolare
La differenza tra pegno irregolare e non consiste in ciò che nel pegno irregolare le somme di danaro o i titoli depositati presso il creditore diventano di proprietà di costui, pertanto in caso di inadempimento del debitore, il creditore è tenuto soltanto a restituire l'eventuale eccedenza dei titoli rispetto alle somme garantite, mentre nel pegno regolare egli ha diritto a soddisfarsi disponendo dei titoli ricevuti in pegno (Cass. VI, n. 24137/2018). La giurisprudenza ha statuito che il patto che preveda la facoltà del creditore pignoratizio di provvedere autonomamente alla riscossione dei titoli concessi in pegno alla scadenza e di impiegare gli importi riscossi nell'acquisto di altrettanti titoli della stessa natura, e così di seguito ad ogni successiva scadenza dei titoli provenienti dal rinnovo o dai rinnovi, con l'avvertenza che gli importi riscossi e i titoli con essi acquistati restino soggetti all'originario vincolo di pegno, è incompatibile con il pegno irregolare, in quanto la riscossione dei titoli alla scadenza (e non la vendita degli stessi in qualsiasi momento) e l'acquisto di titoli della stessa natura rendono evidente la mera surrogazione dell'oggetto di un pegno regolare e non l'attribuzione alla banca della facoltà di disporre dei titoli. Né ad escludere tale natura è idonea l'inclusione dei titoli in un certificato cumulativo, atteso che la dematerializzazione, pur superando la fisicità del titolo, non è incompatibile con il pegno regolare, consentendone forme di trasferimento e consegna virtuali, attraverso meccanismi alternativi di scritturazione, senza la movimentazione e senza neppure la creazione del supporto cartaceo (Cass. n. 3674/2014). Secondo una pronuncia di merito (Trib. S. Maria Capua Vetere, 3 marzo 2010) non è riconducibile al pegno irregolare la consegna di titoli di credito accompagnata da accordi rivolti a disciplinare i poteri e i compiti della banca al fine della cessione a terzi dei titoli stessi in caso di inadempimento del debitore, giacché tali previsioni, indipendentemente dalla circostanza che abbiano un contenuto riproduttivo degli art. 2796 e 2797 in tema di vendita della cosa ricevuta in pegno regolare, o che introducano legittime modifiche convenzionali alla disciplina di legge, sono radicalmente incompatibili con il passaggio della titolarità, mentre si armonizzano soltanto con i connotati del pegno regolare, nel quale il creditore non si soddisfa trattenendo il bene già a lui trasferito, ma deve custodirlo in attesa dell'adempimento, e restituirlo se questo si verifica, potendo altrimenti soltanto richiedere la vendita o l'assegnazione. Rapporti con le procedure concorsualiNel divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore a far tempo dalla data della presentazione del ricorso per concordato preventivo e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato, posto dall'art. 168 l. fall. (per la nuova disciplina, v. l'art. 54 d.lgs. n. 14/2019 “Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza”), rientrano non soltanto le azioni proprie del processo di esecuzione, ma anche qualsiasi iniziativa del creditore volta a realizzare unilateralmente e al di fuori della procedura concorsuale il contenuto dell'obbligazione del debitore concordatario, e dunque anche il procedimento disciplinato dagli artt. 2796 e 2797 (Cass. n. 588/1996). La vendita al pubblico incanto di cosa ricevuta in pegno, ai sensi dell'art. 2797 c.c., configura una forma di autotutela privata esecutiva, diversa e distinta dall'espropriazione forzata, sicché alla stessa non si applica la disciplina prescritta per la vendita forzata e, in particolare, l'art. 2922, che nega alla parte acquirente la possibilità di fare valere i vizi della cosa venduta, in quanto le cose ottenute in pegno non sono liberamente negoziabili dal creditore garantito, comunque tenuto al rispetto delle leggi speciali inerenti alle forme specifiche di costituzione del pegno. Deve, tuttavia, considerarsi lecita e meritevole di tutela, in ossequio al principio di autonomia privata ex art. 1322, la previsione regolamentare e convenzionale (desumibile anche in via implicita dal regolamento d'asta) di esclusione del diritto del partecipante all'asta di contestare i vizi redibitori e la mancanza di qualità della cosa venduta in base agli artt. 1490 e 1497 c.c., fatta salva la tutela riconosciuta in caso di vendita di aliud pro alio (Cass. III, n. 8881/2020). BibliografiaBongiorno, La tutela espropriativa speciale del creditore pignoratizio, in Riv. dir. proc. 1990; Ciccarello, Pegno (diritto privato), in Enc. dir., XXXII, Milano, 1982; Dalmartello, Pegno irregolare, in Nss.D.I, XII, Torino, 1965; Gabrielli, Il pegno, in Tratt. Dir. priv., diretta da Sacco, Torino, 2005; Gioia, Giudici e legislatore concordi sul pegno fluttuante: il consenso prevale sulla consegna, in Corr. giur. 1998; Mengoni, Gli acquisti «a non domino», Milano, 1975; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, III, Milano, 1959; Montel, Pegno (diritto vigente), in Nss.D.I, XII, Torino, 1965. |