Legge - 27/01/2012 - n. 3 art. 7 - Presupposti di ammissibilitàPresupposti di ammissibilità
1. Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l'ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all' articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell'articolo 9, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell' articolo 545 del codice di procedura civile e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, preveda scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, indichi le eventuali garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti e le modalità per l'eventuale liquidazione dei beni. E' possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi. [In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea, all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento.] Fermo restando quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, il piano può anche prevedere l'affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti di cui all' articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il gestore è nominato dal giudice; si applicano gli articoli 35, comma 4-bis, 35.1 e 35.2 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 12. 1-bis. Fermo il diritto di proporre ai creditori un accordo ai sensi del comma 1, il consumatore in stato di sovraindebitamento può proporre, con l'ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all' articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell'articolo 9, comma 1, un piano contenente le previsioni di cui al comma 1 3. 2. La proposta non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore: a) è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo; b) ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui al presente capo; c) ha subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli articoli 14 e 14-bis; d) ha fornito documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale 4. d-bis) ha già beneficiato dell'esdebitazione per due volte5; d-ter) limitatamente al piano del consumatore, ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode6; d-quater) limitatamente all'accordo di composizione della crisi, risulta abbia commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori7. 2-bis. Ferma l'applicazione del comma 2, lettere b), c) e d), l'imprenditore agricolo in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori un accordo di composizione della crisi secondo le disposizioni della presente sezione 8. 2-ter. L'accordo di composizione della crisi della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili9. [1] Comma sostituito dall'articolo 18, comma 1, lettera e), numero 1), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221, e successivamente modificato dall'articolo 4, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 18 maggio 2018, n. 54. Da ultimo il presente comma è stato modificato dall'articolo 4-ter, comma 1, lettera b), del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176. Vedi anche l'articolo 4-ter, comma 2, del D.L. 137/2020 medesimo. [2] La Corte Costituzionale, con sentenza 29 novembre 2019, n. 245 (in Gazz. Uff., 4 dicembre 2019, n. 49), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del terzo periodo del presente comma, limitatamente alle parole: «all'imposta sul valore aggiunto». [3] Comma inserito dall'articolo 18, comma 1, lettera e), numero 2), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221. [4] Comma sostituito dall'articolo 18, comma 1, lettera e), numero 3), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221. [5] Lettera aggiunta dall'articolo 4-ter, comma 1, lettera b), del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176. Vedi anche l'articolo 4-ter, comma 2, del D.L. 137/2020 medesimo. [6] Lettera aggiunta dall'articolo 4-ter, comma 1, lettera b), del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176. Vedi anche l'articolo 4-ter, comma 2, del D.L. 137/2020 medesimo. [7] Lettera aggiunta dall'articolo 4-ter, comma 1, lettera b), del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176. Vedi anche l'articolo 4-ter, comma 2, del D.L. 137/2020 medesimo. [8] Comma inserito dall'articolo 18, comma 1, lettera e), numero 4), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221. [9] Comma aggiunto dall'articolo 4-ter, comma 1, lettera b), del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176. Vedi anche l'articolo 4-ter, comma 2, del D.L. 137/2020 medesimo. InquadramentoLa norma s'incarica di delineare i presupposti di ammissibilità e i requisiti essenziali dell'accordo di composizione della crisi, che si delinea alla stregua di procedura, che può essere volontariamente attivata da un'ampissima ed eterogenea platea di soggetti accomunati dal solo fatto di non essere assoggettabili a un'altra procedura concorsuale, mediante la quale si propone ai creditori un adempimento dilazionato, procrastinato o parziale dei debiti, assicurando però il regolare soddisfacimento di crediti impignorabili e l'integrale pagamento, eventualmente dilazionato, dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea, dell'IVA. e delle ritenute. In un parallelismo di disciplina che non è scevro da varianti, il nuovo comma 1-bis dell'art. 7 dispone che, in linea di principio, fermo il diritto di proporre ai creditori un accordo, il consumatore in stato di sovraindebitamento può proporre, con l'ausilio degli Organismi di composizione della crisi, il c.d. piano del consumatore. Si tratta di un piano contenente, peraltro, le stesse previsioni che il comma 1 dell'art. 7 della legge n. 3/2012 destina al contenuto del piano oggetto dell'accordo di composizione. Il comma 2-bis s'incarica di puntualizzare la legittimazione degli imprenditori agricoli a ricorrere alle procedure contemplate dalla legge. La precisazione appare utile ove si consideri che l'art. 23, comma 43, del d.l. n. 98/2011, aveva attribuito a detta categoria imprenditoriale la facoltà di accedere alla procedura di ristrutturazione dei debiti di cui agli artt. 182-bis e ter l.fall. Non assoggettabilità ad altre procedure concorsualiL'art. 7, comma 2, nel descrivere le cause di non ammissibilità alla procedura del piano (e dell'accordo) con i creditori, precisa che il debitore, anche nella sua qualifica di consumatore, non deve essere già assoggettato ad altre procedure concorsuali. Tale ultima precisazione, non può che integrare un implicito riferimento, in primis, alla procedura fallimentare, alla quale accedono soltanto imprenditori commerciali in possesso dei requisiti richiesti dalla legge. In tal senso, ammettere la possibilità che anche un soggetto appartenente alla citata categoria possa usufruire del piano (qualora non abbia già optato per altra procedura concorsuale), vuol dire ritenere che del debito contratto per scopi estranei all'attività professionale o commerciale del quale si chiede la ristrutturazione, possa essere titolare anche un soggetto imprenditore. Altro addentellato normativo a supporto di detta, ultima interpretazione estensiva si rinviene, a ben guardare, nell'art. 9, che nel disciplinare la fase del deposito della proposta di accordo e del piano del consumatore, al comma 3 espressamente fa riferimento al «debitore che svolge attività d'impresa», al quale il legislatore richiede di depositare, unitamente alla proposta, copia conforme all'originale delle scritture contabili relative agli ultimi tre esercizi. Senza trascurare che l'art. 12-bis, comma 3, nel tratteggiare le condizioni la cui sussistenza il giudice deve verificare prima di adottare la decisione di eventuale omologazione della proposta, annovera l'idoneità del piano ad assicurare il pagamento dei crediti di cui all'art. 7, comma 1, terzo periodo della stessa legge, tra i quali viene menzionata anche l'imposta sul valore aggiunto, che è inerente proprio all'ambito dell'attività imprenditoriale e/o professionale. Infine, l'art. 14-quinquies, comma 2, lett. c), precisando che la domanda di conversione della procedura di composizione in liquidazione, nonché il conseguente ed eventuale decreto di apertura della liquidazione stessa, nel caso in cui il debitore svolga attività d'impresa, devono essere annotati nel Registro delle Imprese, postulano l'opportunità di estendere la normativa sul piano anche ai debiti che, per quanto estranei alle attività di impresa e professionali, sono stati contratti da un consumatore esercente le suddette attività. Contenuto minimoL'art. 7, comma 1, stabilisce che il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre un «accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano». Il piano di affronto della crisi deve collegarsi ad una proposta che contempli sia le scadenze che le modalità di pagamento dei creditori, se del caso suddivisi in classi. Ad avviso della giurisprudenza di merito deve essere ammessa la proposta di composizione della crisi da sovraindebitamento che preveda una percentuale di soddisfacimento dei creditori concorsuali pericolosamente vicina allo zero (2,5%) purché il soddisfacimento coinvolga tutti i creditori concorsuali in modo tale da realizzare la funzione economica dell'istituto. Trattandosi infatti di un istituto avente natura concordataria, elemento imprescindibile, ai fini dell'omologa della relativa domanda, è la previsione di un soddisfacimento che coinvolga, appunto, tutti i creditori con titolo anteriore al momento di apertura del concorso (Trib. Bergamo, 31 marzo 2015). Potrà avvenire la suddivisione in classi. Essa, peraltro, si articolerà, in mancanza di altre indicazioni, secondo le disposizioni in materia di concordato preventivo, e cioè secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei. Il piano conterrà l'indicazione delle modalità per la gestione, la messa a frutto e l'eventuale liquidazione dei beni. Occorre, poi, l'indicazione in proposta di eventuali garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti. Necessaria è anche la definizione delle modalità per l'eventuale liquidazione dei beni. A tal riguardo, l'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 7 prevede che il piano possa contemplare l'affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti per la nomina a curatore fallimentare (v. art. 28); la designazione del gestore spetta al giudice. Non sono previste per l'ipotesi di affidamento al custode-liquidatore particolari cautele. È, tuttavia, plausibile la fissazione in concreto di determinate garanzie, a cominciare dall'inventario dei beni, con un incarico che enuclei almeno i principi generali per la custodia, l'alienazione e la ripartizione del ricavato fra i creditori. La proposta deve comprendere la ricostruzione della posizione fiscale del debitore e l'indicazione di eventuali contenziosi pendenti. Pagamento dei creditori prelatiziIl comma 1 dell'art. 7 consente, inoltre, che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca «non siano soddisfatti integralmente», purché ne sia salvaguardato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione. L'esito positivo di questa comparazione dovrà essere oggetto di specifica attestazione da parte dell'Organismo di composizione della crisi. La previsione di un pagamento parziale e di una dilazione nel pagamento dei crediti prelatizi sembra rispondere allo scopo di ampliare la possibilità di ricorrere alla procedura dell'accordo di composizione anche nelle diffuse ipotesi in cui il debitore sia titolare di beni già gravati da garanzie reali. Essa è riservata all'accordo con continuazione dell'attività di impresa o al piano del consumatore. La norma richiama espressamente l'art. 186-bis, comma 2, lett. c) l.fall. e si atteggia ad evidente incentivo ai tentativi di risanamento collegati ad un azienda in funzionamento. La possibile falcidia mutua quanto previsto nel concordato preventivo dall'art. 160, comma 2, l.fall., mediante l'attribuzione al debitore della facoltà di declassare i crediti privilegiati secondo un criterio del tutto analogo a quello di cui alla norma appena evocata. LimitiIl piano deve indefettibilmente prevedere il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell'art. 545 c.p.c.: si tratta dei crediti alimentari, dei crediti aventi per oggetto sussidi o indennità per maternità, malattie o funerali da istituti assicurativi, dei crediti aventi ad oggetto sussidi di grazia o di sostentamento, dei crediti da stipendio, salario o altra indennità connessa al rapporto di lavoro, dei crediti relativi a benefici dovuti da istituti di assistenza. A detto limite si aggiungeva nel testo primigenio della norma quello in virtù del quale, dall'ambito della possibile falcidia illustrata supra (sub 3.) erano esplicitamente esclusi i crediti relativi a tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea, all'IVA e a ritenute operate e non versate. Per siffatti crediti il piano poteva al più prevedere una dilazione di pagamento, ancorché la legge non fissasse alcun limite temporale alla posticipazione dell'adempimento. Ai creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, per i quali sia prevista la soddisfazione non integrale, va assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, dal ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione (Cass. VI, ord. n. 4270/2021). La Corte costituzionale, con la recentissima sentenza n. 245 del 29 novembre 2019, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui dispone, nel caso di omologazione di un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, che il piano possa prevedere, con riguardo all'imposta sul valore aggiunto, soltanto la dilazione del pagamento, non anche il pagamento parziale così come per gli altri crediti concorsuali. La disposizione censurata, nella parte in cui esclude che il debitore sovraindebitato possa prospettare il pagamento parziale dell'IVA, è stata, infatti, ritenuta contrastante con la Costituzione, in quanto a fronte di situazioni omogenee tra loro, discrimina i debitori soggetti alla procedura da sovraindebitamento, trattandoli in modo diverso da quelli legittimati alla proposizione del concordato preventivo, rispetto ai quali la falcidia del credito IVA è consentita. Con ordinanza depositata il 14 maggio 2018 (reg. ord. n. 171 del 2018), il Tribunale di Udine, in composizione monocratica, sollevava, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, della legge 27 gennaio 2012, n. 3 limitatamente alle parole «all'imposta sul valore aggiunto», implicanti la non falcidiabilità dell'IVA nel sovraindebitamento. A differenza delle altre ragioni di credito tributarie, in genere soggette a possibile falcidia alla stessa stregua delle altre poste di credito privilegiate, l'adempimento legato all'IVA (oltre che dei tributi che costituiscono risorse proprie dell'Unione europea e delle ritenute non versate dal sostituto d'imposta), poteva essere oggetto solo di dilazione, mai di parziale decurtazione, giusta quanto previsto dall'art. 182-ter della legge fallimentare. Tale norma, però, non detta una specifica regola che possa, in via di eccezione, derogare ad un principio generale, come quello di cui è espressione l'art. 160, comma 2, che costituisce diretta declinazione, in relazione alle pretese tributarie, della regola della falcidiabilità dei crediti privilegiati, prevista in tema di concordato preventivo. Principio, quest'ultimo, espressione tipica delle procedure concorsuali, maggiori o minori, con finalità esdebitatoria, tanto da risultare replicato anche per gli strumenti di definizione anticipata delle situazioni di sovraindebitamento prevista dalla legge n. 3 del 2012. La differenza di disciplina che caratterizzava dunque il concordato preventivo (per cui la falcidiabilità dell'IVA era possibile) e l'accordo di composizione dei crediti del debitore civile non fallibile (per cui non era invece possibile) dava luogo ad una ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento tale da concretare l'addotta violazione dell'art. 3 Cost. Su queste premesse, il Giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, della l. n. 3 del 2012 limitatamente alle parole: «all'imposta sul valore aggiunto». Requisiti di meritevolezzaAl fine di disincentivare comportamenti disinvolti da parte dei debitori, sono previsti altri requisiti di ammissibilità (oltre alla non assoggettabilità alle procedure concorsuali): il non aver fatto ricorso, nei precedenti cinque anni (in precedenza erano tre) ai procedimenti in oggetto; il non aver subito, per cause imputabili al soggetto, risoluzione o annullamento dell'accordo ex art. 14 (oppure revoca degli effetti dell'omologazione del piano del consumatore ex art. 14-bis); l'aver fornito documentazione che consenta la ricostruzione compiuta della situazione economica e patrimoniale. Tutte le tre procedure contemplate dalla legge n. 3/2012 sottendono — sebbene con talune, notevoli differenziazioni — un evidente intento premiale, proprio ove si consideri che il coordinato disposto degli artt. 7, comma 2, lett. b), e 14-ter, comma 1, circoscrive l'accesso alle procedure ai soli debitori che non vi abbiano già «fatto ricorso» nei precedenti cinque anni. La normativa segna il ritorno ad un'impostazione tendenzialmente «etica» delle procedure concorsuali; in tal senso, essa si pone in controtendenza rispetto alle scelte operate dal legislatore in tema di concordato preventivo, ambito nel quale sono spariti tutti i presupposti di ammissibilità della domanda – ivi compreso quello di meritevolezza – correlati ai profili di natura in certo senso morale (il riferimento è al testo previgente dell'art. 160 l.fall.). Il catalogo delle incompatibilità all’ufficio di gestoreCome noto, l'art. 33, comma 2, della l n. 161/2017 aveva delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo mirato rinnovare, in senso maggiormente rigoroso, l'assetto delle incompatibilità concernenti gli uffici di amministratore giudiziario e di coadiutore nell'amministrazione giudiziaria e, con essi, quello delle principali figure delle procedure concorsuali. Il legislatore delegato ha partorito, da ultimo, il d.lgs. n. 54/2018, il cui art. 4 estende la nuova disciplina dell'incompatibilità, della relativa dichiarazione e della vigilanza in materia al gestore della crisi da sovraindebitamento e ai liquidatori nelle relative procedure.Sono stati a tal fine novellati gli artt. 7 e 14-quinquies della l. n. 3 del 2012. Il d.lgs. n. 54 è entrato in vigore il 25 giugno 2018, veicolando un nuovo catalogo di incompatibilità, rispondente al dichiarato obiettivo della salvaguardia massimizzata della trasparenza nel conferimento di incarichi di ausiliari del giudice reputati di particolare delicatezza. Il perseguimento dell'obiettivo si è tradotto nell'aggiunta, in esito al quinto periodo del comma 1 dell'art. 7 della l. n. 3 del 2012, dopo le parole: “nominato dal giudice”, delle seguenti: “; si applicano gli articoli 35, comma 4-bis, 35.1 e 35.2 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159”. Ne deriva che, proprio in forza del “mutuato” comma 4-bis, del Codice antimafia, l'ufficio di gestore non può essere assunto da chi sia legato da rapporto di coniugio, unione civile o convivenza di fatto ai sensi della l. 20 maggio 2016, n. 76, parentela entro il terzo grado o affinità entro il secondo grado con magistrati addetti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l'incarico o che con tali magistrati intrattengano un rapporto di assidua frequentazione, tale dovendo intendersi quella derivante da una relazione sentimentale o da un vincolo di amicizia stabilmente protrattosi nel tempo e connotato da reciproca confidenza o da una commensalità abituale. Le nuove fattispecie fanno fulcro, con ogni evidenza, su un accomunante profilo di “prossimità qualificata” dell'ausiliario all'ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato conferente l'incarico. Non rileva, in altri termini, in senso ostativo, la sussistenza di una relazione diretta con il magistrato che affida l'incarico, ma, a monte, la rintracciabilità di un collegamento relazionale tra l'assegnatario dell'incarico ed un qualsiasi magistrato dell'ufficio giudiziario. In buona sostanza, il rigenerato sistema di incompatibilità attiene alla somma dei legami di parentela o da rapporti amicali o di natura affettiva con magistrati addetti all'ufficio giudiziario, per quanto detti legami o rapporti si palesino estranei, non includendolo né interessandolo, al giudice che, nella specie, attribuisce l'incarico. Non viene in evidenza, in buona sostanza, il nesso diretto con il magistrato conferente, ma solo l'appartenenza di quest'ultimo all'ufficio giudiziario in cui opera un qualunque altro magistrato “collegato”, nel senso sopra declinato, al professionista prescelto per l'affidamento di un incarico. Merita evidenziare che il nuovo sistema di incompatibilità si regge, in automatico, sulla mera, obiettiva rilevazione di collegamenti con i magistrati dell'ufficio giudiziario in cui avviene la nomina, il che vuol dire che non rilevano meccanismi di verifica in concreto sulla reale fisionomia del rapporto. Ciò che conta è, in altri termini, che esista un rapporto, fra quelli tipizzati, che leghi il professionista ad un magistrato. Da ciò si presume una significativa compromissione della credibilità della funzione giudiziaria, che fa scattare l'incompatibilità. Una qualche difficoltà è implicata dalla definizione da ricondurre alla nozione di "reciproca confidenza" che, nell'ipotesi predeterminata dal giudice, dell'amicizia protrattasi nel tempo, deve contrassegnare il rapporto tra l'ausiliario ed il magistrato non conferente, ma appartenente all'ufficio, tanto da radicare la ragione impeditiva all'affidamento dell'incarico da parte di altro giudice. Né può trascurarsi che, almeno direttamente, la “reciproca confidenza” non è prevista quale ragione di incompatibilità per rapporti fra ausiliario e magistrato conferente che non siano anche commensali abituali. Altra criticità, certamente non marginale, attiene al rischio – certamente di segno contrario all'obiettivo della rigorosa trasparenza, ma in certo senso endemico alla rigidità del sistema – di dar vita ad una spinta agevolatrice nei confronti di quanti tra i professionisti saranno in grado di far perno su organizzazioni di maggiormente complesse, articolate, geograficamente dislocate in diversificati ambiti territoriali, eppure tutt'altro che scevre da connaturate cointeressenze reciproche. Nondimeno, in questo irrigidito quadro, l'art. 1, lett. b) aggiunge al Codice antimafia l'art. 35.1, con cui vengono delineate le modalità di accertamento della sussistenza delle cause di incompatibilità. Il legame o il rapporto ostativo all'assunzione dell'ufficio non riguarda il magistrato conferente l'incarico, questi ben potrebbe ignorarne l'esistenza; è solo il professionista incaricato, dunque, a poter avvisare l'autorità che lo ha nominato dei suoi rapporti con altri magistrati dell'ufficio ed a poter fornire informazioni al presidente della Corte di appello su sue eventuali relazioni con magistrati del distretto. In base al nuovo art. 35.1, pertanto, il gestore della crisi dovrà depositare al momento dell'accettazione dell'incarico e comunque entro due giorni dalla comunicazione della nomina nella cancelleria dell'ufficio giudiziario conferente l'incarico una dichiarazione attestante l'assenza delle situazioni di incompatibilità previste dal comma 4-bis dell'art. 35. Le dichiarazioni previste dalla norma saranno depositate telematicamente non appena ciò sarà reso tecnicamente possibile a tutti i destinatari dell'obbligo. All'omesso deposito o alla successiva emersione di profili di incompatibilità conseguirà la sostituzione del professionista da parte del tribunale in via d'urgenza. Peraltro, in caso di dichiarazione di circostanze manifestamente non corrispondenti al vero effettuata da un soggetto iscritto ad un albo professionale, il tribunale sarà tenuto a segnalare la circostanza all'organo competente dell'ordine o del collegio professionale per le sue valutazioni e al presidente della Corte di appello affinché possa darne notizia a tutti i magistrati del distretto, i quali potranno, pertanto, agire con cognizione di causa in funzione del successivo conferimento di altri incarichi. Necessita rilevare che la previsione opera solo per le incompatibilità derivanti dai rapporti esistenti tra ausiliario del giudice e magistrato appartenente all'ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha conferito l'incarico, non essendosi ritenuto compatibile con l'articolo 76 Cost. intervenire sul diverso regime delineato dal legislatore per le cause di incompatibilità che riguardano il rapporto diretto tra magistrato conferente l'incarico e soggetto nominato. Ai fini della vigilanza del presidente della Corte d'appello di cui al successivo art. 35.2, è fatto onere anche al gestore di indicare l'esistenza dei legami o rapporti previsti dal nuovo comma 4-bis con magistrati, giudicanti o requirenti, del distretto di Corte di appello nel quale ha sede l'ufficio giudiziario presso il quale è pendente il procedimento (art. 35.1, comma 2). Analoga dichiarazione attestante l'assenza delle incompatibilità deve essere redatta e consegnata al gestore dal coadiutore di quest'ultimo. Il neointrodotto art. 35.2 del Codice antimafia disciplina, poi, la vigilanza, da parte del presidente della Corte di appello, su tutti gli incarichi conferiti nel distretto, “considerato che nomine di per sé lecite, in quanto effettuate a favore di professionisti legati a magistrati appartenenti a differenti uffici giudiziari rispetto a quello conferente l'incarico, potrebbero, in ragione delle frequentazioni e dei legami tra la persona incaricata ed appartenenti alla magistratura giudicante o requirente, celare indebiti scambi di favori o comunque ledere l'immagine di terzietà della magistratura” (in tal senso la relazione illustrativa del provvedimento). La vigilanza del presidente della Corte d'appello sugli incarichi affidati ai professionisti si concreta nella possibilità attribuita a detto magistrato apicale di estrarre per via informatica i dati più rilevanti sulle incompatibilità contenute nelle dichiarazioni depositate dagli amministratori giudiziari ai sensi dell'art. 35.1. Segnatamente, rileveranno i seguenti dati: nome del giudice che ha assegnato l'incarico e la sezione di appartenenza; nome dell'ausiliario e la tipologia di incarico; data di conferimento dell'incarico; nome del magistrato del distretto con il quale il professionista incaricato ha dichiarato di essere legato da uno dei rapporti di cui alla nuova disciplina delle incompatibilità (indicata dall'art. 35.1, comma 3); natura di tale rapporto. Quanto alla vigenza di tale disciplina, l'articolo 5, comma 2, del d.lgs. n. 54/2018 prevede che la stessa decorra dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, da adottarsi entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto, attestante la piena funzionalità dei sistemi di estrazione, con modalità informatiche ed in forma massiva dei dati necessari all'esercizio della funzione di sorveglianza. I risultati dei controlli assumono rilievo in relazione al più ampio potere di vigilanza che la legge sulle guarentigie della magistratura attribuisce al presidente della Corte d'appello sui magistrati del distretto (r.d.lgs. n. 511/1946, art. 14). In sede di lavori parlamentari era stato chiesto di valutare l'opportunità di precisare che l'incompatibilità di nuovo conio valesse anche in caso del conferimento dell'incarico al collega di studio od al socio del professionista intrattenente i rapporti qualificati (di amicizia, parentali ovvero di altro tipo) con il magistrato addetto all'ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l'incarico ora introdotti dalla novella. Erano invalse osservazioni critiche in merito alla mancata previsione di cause di incompatibilità che tengano conto dei rapporti associativi tra professionisti, con particolare riferimento allo svolgimento dell'attività legale mediante la costituzione di grandi studi professionali ovvero mediante la formazione di società tra professionisti. La circostanza, infatti, è stata considerata potenzialmente funzionale all'elusione dell'incompatibilità in caso di conferimento dell'incarico non al professionista che intrattiene i rapporti delineati dal predetto comma 4-bis, ma al collega di studio od al socio dello stesso. La posizione governativa è stata, tuttavia, quella di ritenere che la legge delega “non attribuisce rilievo ai rapporti di associazione professionale o di società di professionisti (...) prevedendo quale causa di incompatibilità unicamente i rapporti tra il soggetto nominato ed un magistrato addetto all'ufficio cui appartiene il giudice che ha conferito l"incarico”. Tale estensione è stata ritenuta dal legislatore delegato non compatibile con i principi e criteri di delega che non attribuisce rilievo ai rapporti di associazione professionale o di società tra professionisti, prevedendo quale causa di incompatibilità unicamente i rapporti tra il soggetto nominato ed un magistrato addetto all'ufficio cui appartiene il giudice che ha conferito l'incarico. Infatti, la legge n.161 del 2017 ha valorizzato anche i rapporti di stabile collaborazione professionale unicamente nel ridotto ambito delle cause di incompatibilità derivanti dai rapporti tra soggetto conferente l'incarico ed incaricato (art. 35, comma 3, Codice antimafia). BibliografiaModica, La ristrutturazione dei debiti del consumatore, in Pellecchia, Modica, La riforma del sovraindebitamento nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Pisa, 2020; Alecci, La nuova disciplina in materia di composizione della crisi da sovraindebitamento, Riv. dir. economia, 2013; Angelici, Ferri, Manuale di diritto commerciale, Milano, 2015, 821; Bonfatti, Gli incentivi alla composizione negoziale delle crisi d'impresa: uno sguardo d'insieme, in Bonfatti - Falcone (a cura di), Le procedure di composizione negoziale delle crisi e del sovraindebitamento, Milano, 2014, 33; Caiafa, La composizione delle crisi da sovraindebitamento, in Dir. fall. 2012, I, 416; Caterini, Sovraindebitamento, ristrutturazione del debito e datio in solutum, in Rass. dir. civ. 2014, 337; Costa, Profili problematici della disciplina della composizione delle crisi da sovraindebitamento, in Dir. fall. 2014, 6, 10663; De Linz, Spunti critici sulle nuove procedure di sovraindebitamento e ordinamenti a confronto, in Dir. fall. 2015, 5, 10482; Fabiani, La gestione del sovraindebitamento del debitore «non fallibile» (d.l. 212/2011), in ilcaso.it, doc. n. 278/2012; Fabiani, Crescita economica, crisi e sovraindebitamento, in Corr. giur. 2012, 449; Fabiani, Primi spunti di riflessione sulla regolazione del sovraindebitamento del debitore non «fallibile», in Foro it. 2012, V, 94 s.; Guiotto, La nuova procedura per l'insolvenza del soggetto non fallibile: osservazioni in itinere, in Fall. 2012, 23; Lo Cascio, La composizione delle crisi da sovraindebitamento (Introduzione), in Fall., 2012, 1021; Macario, Finalità e definizioni, in AA.VV., La «nuova» composizione della crisi da sovraindebitamento, a cura di Di Marzio-Macario-Terranova, Milano, 2013, 18; Macario, Sovraindebitamento e procedure di esdebitazione per i debitori «non fallibili». Il completamento della riforma, in Oss. dir. civ. comm. 2012, 303; Michelotti, Osservazioni in tema di procedure di sovraindebitamento di cui alla legge n. 3/2012 e succ. mod. ed integr., in Fall. 2015, 11, 1222; Modica, Profili giuridici del sovraindebitamento, Napoli, 2012; Nigro, Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Le procedure concorsuali, 3, Bologna, 2014, 549; Nonno, in Sovraindebitamento e usura, a cura di Ferro, Milano, 2012, 84; Paciello, Prime riflessioni (inevitabilmente critiche) sulla composizione della crisi da sovraindebitamento, in Riv. dott. comm. 2012, II, 93; Panzani, Composizione delle crisi da sovraindebitamento, in Nuovo dir. soc. 2012, I, 9; Panzani, La composizione della crisi da sovraindebitamento dopo il d. l. 179/2012, in ilfallimentarista.it, 12 dicembre 2012; Pellecchia, Dall'insolvenza al sovraindebitamento. Interesse del debitore alla liberazione e ristrutturazione dei debiti, Torino, 2012; Rispoli, Farina, La nuova disciplina del sovraindebitamento del consumatore, in AA.VV., Problemi attuali di diritto privato. Studi in memoria di Nicola Di Prisco, Torino, 2016, 891; Sciuto, Il debitore civile sovraindebitato, in Cian (a cura di), Diritto commerciale, Torino, 2014, II, 514; Soldati, Il sovraindebitamento alla prova della riforma del diritto fallimentare, in Contratti, 2016, 6, 628; Terranova, Insolvenza. Stato di crisi. Sovraindebitamento, Torino, 2013; Terranova, La composizione delle crisi da sovraindebitamento: uno sguardo d'insieme, in Di Marzio - Macario - Terranova (a cura di), Composizione delle crisi da sovraindebitamento, Milano, 2012, 7; Tiscini, I procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio, in Riv. dir. proc. 2013, 3, 649; Vattermoli, La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore alla luce del diritto «oggettivamente» concorsuale, in Dir. fall. 2013, I, 771. |