Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 72 ter - Effetti sui finanziamenti destinati ad uno specifico affare 1

Giuseppe Dongiacomo

Effetti sui finanziamenti destinati ad uno specifico affare 1

 

Il fallimento della società determina lo scioglimento del contratto di finanziamento di cui all'articolo 2447-bis, primo comma, lettera b), del codice civile quando impedisce la realizzazione o la continuazione dell'operazione.

In caso contrario, il curatore, sentito il parere del comitato dei creditori, può decidere di subentrare nel contratto in luogo della società assumendone gli oneri relativi.

Ove il curatore non subentri nel contratto, il finanziatore può chiedere al giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, di realizzare o di continuare l'operazione, in proprio o affidandola a terzi; in tale ipotesi il finanziatore può trattenere i proventi dell'affare e può insinuarsi al passivo del fallimento in via chirografaria per l'eventuale credito residuo.

Nelle ipotesi previste nel secondo e terzo comma, resta ferma la disciplina prevista dall'articolo 2447-decies, terzo, quarto e quinto comma, del codice civile.

Qualora, nel caso di cui al primo comma, non si verifichi alcuna delle ipotesi previste nel secondo e nel terzo comma, si applica l'articolo 2447-decies, sesto comma, del codice civile.

[1] Articolo inserito dall'articolo 59 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

Inquadramento

L'art. 2447-bis c.c., introdotto dalla riforma del diritto societario, prevede che le società per azioni possono — oltre che costituire uno o più patrimoni destinati in via esclusiva ad uno specifico affare (lett. a), anche — convenire che, nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare, al rimborso totale o parziale del finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell'affare stesso o parte di essi (lett. b).

L'art. 72-ter l.fall., introdotto dal d.lgs. n. 5/2006, disciplina gli effetti del fallimento «sui finanziamenti destinati ad uno specifico affare», prevedendo, al primo comma, che il fallimento della società determina lo scioglimento del contratto di finanziamento solo quando impedisce la realizzazione ovvero la continuazione dell'operazione.

Se, invece, il fallimento non impedisce la realizzazione o la continuazione dell'operazione, l'art. 72-ter, comma 2, l.fall. riconosce al curatore la facoltà di subentrare nel contratto in luogo della società fallita, sentito il parere del comitato dei creditori, assumendo i relativi oneri.

Qualora il curatore non subentri nel contratto, l'art. 72-ter, comma 3, prevede che il finanziatore può chiedere al giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, di realizzare o continuare l'operazione, in proprio oppure affidandola a terzi: in tale ipotesi, il finanziatore può trattenere i proventi dell'affare ed insinuarsi al passivo del fallimento in via chirografaria per l'eventuale credito residuo.

Nelle ipotesi di realizzazione o di continuazione dell'operazione, direttamente da parte del curatore ovvero del finanziatore (o di un terzo), trova applicazione, a norma dell'art. 72-ter, comma 4, l'art. 2447-decies, che, ai commi 3, 4 e 5, c.c., stabilisce la separazione patrimoniale dei proventi dell'affare, con l'insensibilità dei frutti e degli investimenti eventualmente effettuati rispetto alle azioni dei creditori sociali.

Se, invece, non si verifica alcuna delle ipotesi previste dai commi secondo (subingresso del curatore) o terzo (prosecuzione dell'operazione da parte del finanziatore), si applica l'art. 2447-decies, comma 6, c.c.

In conseguenza del fallimento della società, quindi, il rapporto contrattuale — fino a che il curatore, prima, ed il finanziatore, poi, non abbiano assunto le rispettive determinazioni sulla prosecuzione o meno dell'affare — entra in uno stato di sospensione che, secondo alcuni, è riconducibile alla regola generale dell'art 72, comma 1, l.fall. (Comporti, 440; Cavallaro, 501 ss, 506; Dimundo, 245), con la conseguente applicazione, in mancanza di una tempestiva scelta del curatore, della norma dell'art. 72, comma 2, l.fall., e, quindi, del potere del finanziatore, quale contraente in bonis, di far fissare dal giudice delegato un termine al curatore per la scelta (Spiotta, 1168) e, secondo altri, alla impossibilità temporanea della prestazione da parte del debitore ai sensi dell'art. 1256, comma 2, c.c., perdurante fino all'assunzione di una determinazione da parte del curatore entro un termine congruo, salvo diffida da parte del finanziatore in merito alla decisione circa il subentro e reclamo a norma dell'art. 36 l.fall. avverso il comportamento omissivo assunto (Vattermoli, 1032).

Lo scioglimento del contratto per impossibilità di realizzazione o continuazione dell'operazione

La prima ipotesi che la norma contempla è quella in cui il fallimento della società impedisce, in termini oggettivi, la realizzazione o la continuazione dell'operazione (art. 72-ter, comma 1, l.fall.), quali, rispettivamente, la realizzazione di uno stabilimento o la conduzione di un complesso alberghiero (Comporti, 439, 440).

Non basta, quindi, una mera valutazione negativa del curatore: occorre che l'impossibilità di realizzare o continuare l'operazione in conseguenza del fallimento della società, sia accertata dal curatore in termini oggettivi (Vattermoli, 1026; Patti,, 1654, il quale, peraltro, ritiene che, non trovando applicazione l'art. 72, comma 6, l.fall., siano efficaci le clausole con le quali le parti abbiano considerato il fallimento della società come evento idoneo ad impedire la realizzazione dell'affare; così anche Vattermoli, 1028), come, ad es., nel caso in cui la realizzazione o la prosecuzione dell'affare presupponga un contratto di appalto pubblico, che si scioglie ex lege in conseguenza del fallimento della società appaltatrice (Vattermoli, 1028).

Nel caso in cui il fallimento della società non consente la realizzazione o la continuazione dell'operazione, il contratto di scioglie e si applica l'art. 2447-decies, comma 6, c.c., per cui, da un lato, il curatore (e non certo i creditori della società, a fronte del divieto previsto dall'art. 51 l.fall.) ha il potere di procedere alla liquidazione anche dei beni strumentali alla realizzazione dell'operazione, in funzione della soddisfazione di tutti i creditori, e, dall'altro lato, il finanziatore ha il diritto di insinuarsi al passivo, al netto dei proventi e dei frutti percepiti prima del fallimento, per il suo credito (Vattermoli, 1028; Paciello, 349; Patti, 1654; Comporti, 447; Zanichelli,, 168, 170), in collocazione chirografaria ovvero prelatizia a seconda dei casi (Vattermoli, 1028, per il quale il credito al rimborso del finanziamento, ove sia stato erogato da un socio o nell'ambito di un gruppo, è postergato nei casi previsti dagli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c.).

La realizzazione o lo prosecuzione dell'operazione da parte del curatore o del finanziatore, con i relativi effetti

Se, invece, la realizzazione o la continuazione dell'operazione è oggettivamente possibile nonostante il fallimento della società, il curatore può scegliere se subentrare, o meno, nel rapporto.

La scelta del curatore di subentrare non esige – a differenza dell'ordinaria disciplina dei rapporti pendenti (art. 72, comma 1, l.fall.) — un'autorizzazione ma solo un parere, peraltro non vincolante, del comitato dei creditori (Patti, 1652; Comporti, 442; Vattermoli, 1025; Scarafoni, 544; Macrì, 522; Fiengo, 377).

La legge non richiede, invece, una specifica autorizzazione del giudice delegato (Comporti, 442) né è suscettibile di sindacato da parte di quest'ultimo, salvo il generale potere di controllo che spetta al giudice sull'operato del curatore (Vattermoli, 1032; in senso contrario, Spiotta, 1165, 1166, per la quale, in particolare, la decisione del curatore dovrebbe essere autorizzata quale atto di straordinaria amministrazione a norma degli artt. 35 e 104 l.fall.).

In conseguenza del subingresso, il curatore assume l'obbligo, per un verso, di realizzare o proseguire — in luogo della società fallita - l'operazione (e ciò, per più, presuppone l'esercizio provvisorio dell'impresa o, quanto meno, del ramo inerente l'operazione: Comporti, 441 e nt. 13; Vattermoli, 1030; Scarafoni, 545, per il quale, in tale ipotesi, il problema del coordinamento tra l'art. 72-ter, comma 2, che subordina il subentro ad una decisione del curatore, e l'art. 104, comma 8, l.fall., per il quale, invece, l'esercizio provvisorio dell'impresa comporta l'automatico subentro nei rapporti pendenti, salvo diversa determinazione, può essere risolto configurando il rapporto tra le due norme come di genus a species; resta, comunque, ferma l'autonomia giuridica delle due vicende, per cui l'autorizzazione all'esercizio dell'impresa non esclude la facoltà del curatore di optare per lo scioglimento del contratto di finanziamento: Fiengo, 380, 381) e, per altro verso, di adempiere — oltre che tutte le obbligazioni conseguenti al compimento dell'affare, in prededuzione (Vattermoli, 1029), anche – l'obbligazione di rimborso derivanti dal contratto di finanziamento, nei modi e tempi ivi previsti, in via prioritaria rispetto agli altri creditori, con i proventi dell'affare ed i relativi frutti, gli investimenti eventualmente realizzati nonché i beni strumentali alla sua realizzazione.

Il curatore, pertanto, nello svolgimento della scelta, deve, per un verso, valutare, anche in chiave prognostica, la convenienza del subentro, in relazione al rendimento atteso dall'operazione, alla necessità del prioritario soddisfacimento del finanziatore con i proventi dell'affare (art. 2447-decies, comma 4, c.c., richiamato dall'art. 72-ter, comma 4) e dell'impossibilità di liquidazione dei beni ad esso strumentali fino al rimborso del finanziamento o, quanto meno, alla scadenza del termine di cui all'art. 2447-decies, comma 2, lett. h), c.c. (art. 2447-decies, comma 5, c.c., richiamato dall'art. 72-ter, comma 4), e, per altro verso, accertare la fattibilità del subentro, dovendo prudentemente valutare la concreta possibilità di adempimento del contratto di finanziamento, in relazione tanto alle condizioni del contratto, quanto ai tempi ed alle modalità di compimento dell'operazione finanziata, anche in relazione al regime di segregazione patrimoniale previsto dall'art. 2447-decies c.c. (Patti, 1651; Comporti, 441).

Il curatore, una volta deciso il subentro, può proseguire la gestione dell'operazione anche solo nei limiti e nei tempi che precedono la successiva cessione a terzi del complesso aziendale (Comporti, 441, 442, per il quale la cessione dell'azienda comprende necessariamente anche il subingresso nel contratto di finanziamento; Vattermoli, 1030, 1031, per il quale, in tal caso, il finanziatore godrà dello stesso privilegio sui proventi dell'affare e i suoi frutti anche nei confronti del cessionario, così come i creditori di quest'ultimo non possono agire esecutivamente sui beni strumentali alla realizzazione dell'operazione).

Se, invece, il curatore decide di non subentrare, la facoltà di scelta passa al finanziatore, il quale può chiedere al giudice delegato, sentito (nuovamente) il parere (non vincolante) del comitato dei creditori, di essere autorizzato a realizzare o continuare l'operazione, in proprio oppure – in ragione delle difficoltà, materiali o giuridiche, che l'impresa finanziaria avrebbe (Comporti, 443) — affidandola a terzi (art. 72-ter, comma 3): in tali ipotesi, mentre l'obbligazione di rimborso resta a carico della società fallita, l'obbligazione strumentare di esecuzione dell'operazione è attribuita, con i relativi rischi, al finanziatore ovvero al terzo (Vattermoli, 1033; Patti, 1652, 1653).

Il finanziatore, in conseguenza del subentro (non nella titolarità del contratto di finanziamento, ma solo) nella gestione dell'operazione, con l'assunzione dei relativi oneri e rischi, ha il diritto di utilizzare i beni strumentali (Fiengo, 382) ed, a norma dell'art. 72-ter, comma 3, di trattenere i ricavi ed i proventi dell'operazione (sottratti, quindi, al potere di liquidazione del curatore ed alle azioni dei creditori sociali), così recuperando in via extraconcorsuale il proprio credito (Vattermoli, 1035), salvo insinuarsi al passivo del fallimento per l'eventuale credito residuo (vale a dire il capitale erogato, al netto dei proventi dell'operazione e degli investimenti effettuati: Fiengo, 383, nt. 24), in collocazione chirografaria (pur quando l'obbligazione di rimborso era assistita da un causa di prelazione, che, pertanto, si estingue: Vattermoli, 1034, 1035, il quale configura tale ipotesi come una novazione oggettiva, con l'effetto estintivo delle cause legittime di prelazione previsto dall'art. 1232 c.c.), quale credito condizionato, a norma degli artt. 55, comma 3, 96, comma 3, n. 2, e 117, comma 3, l.fall., in relazione al fatto che i proventi realizzato con l'affare abbiano o meno coperto, fino al momento della conclusione dell'operazione, l'intero credito del finanziatore (Vattermoli, 1034, 1035 e nt. 34). Soddisfatto interamente il finanziatore, il residuo patrimonio separato servirà ad accrescere l'attivo del fallimento (Fiengo, 383).

In applicazione dell'art. 2447-decies, comma 5, c.c., richiamato dall'art. 72-ter, comma 4, i beni strumentali alla realizzazione dell'operazione (e come tali utilizzati dal terzo) sono sottratti, fino al recupero del finanziamento o comunque alla scadenza del termine di cui all'art. 2447-decies, comma 2, lett. h), alla liquidazione concorsuale (Vattermoli, 1033).

Non è chiaro se la decisione di affidare al terzo la realizzazione o la prosecuzione dell'operazione spetta al giudice delegato, su richiesta del finanziatore, ovvero direttamente al finanziatore.

La valutazione relativa all'adeguatezza del terzo al subentro nell'operazione spetterebbe, nel primo caso, al giudice delegato e, nel secondo, solo al finanziatore (Comporti, 443, 444, il quale rileva che, a favore della prima soluzione, militano ragioni di valutazione degli interessi coinvolti e, soprattutto, l'intervento del comitato dei creditori, mentre, a favore della seconda soluzione, propende il fatto che il terzo opera per conto del finanziatore ed è interesse del finanziatore effettuare una scelta che massimizzi i proventi dell'operazione, che spettano esclusivamente al finanziatore). Il terzo cui affidare l'operazione è, in ogni caso, scelto dal finanziatore (Comporti, 443; in senso contrario, Fiego, 383, per la quale, anche a voler ammettere che il finanziatore possa concorrere alla scelta del terzo cui affidare la realizzazione dell'affare, il conferimento a quest'ultimo dell'incarico spetta al giudice delegato e che a quest'ultimo spetta anche il vaglio delle eventuali modalità negoziali intercorse tra terzo e finanziatore).

La realizzazione o la prosecuzione dell'affare da parte del finanziatore (o del terzo) non impedisce la chiusura del fallimento anche prima del completo rimborso del finanziamento o della decadenza del termine previsto dall'art. 2447-decies, comma 2, lett. h) (Comporti, 444, 445; Vattermoli, 1034, 1035, nt. 34): entro tali termini, tuttavia, resta efficace il vincolo di destinazione sui beni strumentali (art. 2447-decies, comma 5, c.c., richiamato dall'art. 72-ter, comma 4), cessato il quale, però, non è chiaro se la loro liquidazione sia possibile solo una volta riaperta la procedura fallimentare ovvero se, al contrario, la loro aggressione da parte dei creditori possa avvenire anche in via esecutiva.

In ogni caso, il finanziatore non ha diritto ad una soddisfazione prioritaria sul ricavato della liquidazione dei beni strumentali, concorrendo con gli altri creditori della società (Comporti, 447).

Il mancato subentro del curatore e la mancata prosecuzione dell'operazione da parte del finanziatore

Infine, se il curatore ha scelto di non subentrare e non v'è stata (ovvero è stata respinta) la richiesta del finanziatore di continuare l'operazione, il contratto di finanziamento, a norma dell'art. 72-ter, ult. comma, si scioglie, e trova, quindi, applicazione l'art. 2447-decies, comma 6, c.c., per cui, come detto, da un lato, il curatore ha il potere di procedere alla liquidazione anche dei beni strumentali alla realizzazione dell'operazione, in funzione della soddisfazione di tutti i creditori (Vattermoli, 1036 e 1028), mentre, dall'altro lato, il finanziatore ha il diritto di insinuarsi al passivo per il suo residuo credito al rimborso, in collocazione chirografaria ovvero prelatizia a seconda dei casi. al netto dei proventi e dei frutti già percepiti prima del fallimento (Vattermoli, 1036 e 1028; Scarafoni, 547).

Bibliografia

Cavallaro, Finanziamenti destinati ad uno specifico affare, in Fall. 2009, 501 ss; Comporti, La riforma della legge fallimentare, a cura di Nigro e Sandulli, Torino, 2006; Dimundo, Il diritto fallimentare riformato, a cura di Schiano di Pepe, Padova, 2007; Fiengo, Commentario alla legge fallimentare, a cura di Cavallini, Milano, 2010; Macrì, Fallimento e concordati, a cura di Celentano e Forgillo, Torino, 2008; Paciello, Diritto fallimentare, Manuale breve, Milano, 2008; Patti, Gli effetti sui rapporti giuridici preesistenti, Fallimento e concordato fallimentare, a cura di Jorio, Milano, 2016; Scarafoni, La legge fallimentare, Commentario teorico-pratico, a cura di Ferro, Padova, 2007; Spiotta, Il nuovo diritto fallimentare, Commentario, diretto da Jorio e coordinato da Fabiani, Bologna, 2006; Vattermoli, La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di Nigro, Sandulli e Santoro, Torino, 2010; Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Torino, 2008.

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