Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 153 - Effetti del concordato della società.Effetti del concordato della società.
Salvo patto contrario, il concordato fatto da una società con soci a responsabilità illimitata ha efficacia anche di fronte ai soci e fa cessare il loro fallimento1. Contro il decreto di chiusura del fallimento del socio è ammesso reclamo a norma dell'articolo 262. [1] Comma modificato dall'articolo 136, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. [2] Comma sostituito dall'articolo 136, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. InquadramentoL'articolo disciplina gli effetti del concordato della società nei confronti dei soci, dettando la regola secondo la quale, salvo patto contrario, il concordato fallimentare della società con soci a responsabilità illimitata ha effetto anche verso questi ultimi e determina la cessazione dei fallimenti dichiarati a loro carico. Tale regola è stata confermata dal legislatore della riforma di cui al d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, che ha inciso solo sul regime di impugnazione del decreto di chiusura del fallimento particolare del socio (inserendo il secondo comma ed eliminando il secondo periodo del primo comma, che così recitava: «Tuttavia i creditori particolari possono opporsi a norma dell'art. 129, secondo comma, alla chiusura del fallimento del socio loro debitore»). La norma si applica anche nel caso in cui il concordato fallimentare non sia proposto dalla società fallita ma da uno o più creditori sociali o da un terzo, come consentito dall'art. 124 l.fall. (Gommellini, 328, nt. 163). È stata ravvisata una simmetria tra l'art. 153 comma 1 l.fall. e l'art. 184 comma 2 l.fall. dettato (con analoga formulazione) in materia di concordato preventivo, pur mettendosi giustamente in luce che nel concordato preventivo, a differenza che nel fallimento (in seno al quale viene a concludersi il concordato fallimentare), il concorso dei creditori è circoscritto al patrimonio della società (Blandino, Tomasso, 1801). La disciplina, derogabile mediante patto contrario e dunque di carattere dispositivo, costituisce una deroga al principio espresso dall'art. 135 in base al quale il concordato fallimentare ha effetto solo sui rapporti tra il fallito e i suoi creditori, lasciando intatte le ragioni di credito di questi ultimi nei confronti dei coobbligati e dei fideiussori del fallito (Bertacchini, 1041; Del Bene, Bonfante, 383; Blandino, Tomasso, 1797; De Cicco, 297-298). La deroga trova fondamento nella stretta correlazione tra il fallimento della società e quello del socio illimitatamente responsabile (Guglielmucci, 12, 310; Provinciali, 70, 1986; Guerrera, 1996 ss.; Minutoli, 1955; Blandino, Tomasso, 1797; Del Bene, Bonfante, 383). La norma, pertanto, va letta assieme alle altre disposizioni che regolano i rapporti tra il fallimento della società e le procedure fallimentari dei soci illimitatamente responsabili, e dunque con l'art. 147 l.fall., in base al quale la sentenza che dichiara il fallimento della società produce automaticamente il fallimento di tali soci, ma anche con l'art. 148 l.fall., che disciplina i rapporti processuali e sostanziali tra il fallimento della società e i fallimenti dei soci illimitatamente responsabili dichiarati in forza dell'art. 147 l.fall. (Minutoli, 1955), essendo parimenti volta a contemperare l'autonomia e la genetica dipendenza di tali fallimenti (Caridi, 947; Blandino, Tomasso, 1797; De Cicco, 297). Si è affermato, in tal senso, che la cessazione dei fallimenti dei soci illimitatamente responsabili costituisce una conseguenza logica della chiusura del fallimento sociale per concordato fallimentare, poiché i fallimenti dei soci, determinati dal fallimento della società per la tutela dei creditori sociali, non hanno più ragione di esistere quando sia cessata la causa che li ha provocati (Provinciali, 74, 2182; Bonsignori, 346; Blandino, Tomasso, 1797) e non residuino creditori sociali da soddisfare (Guglielmucci, 12, 311; Satta, 472). Il meccanismo favorisce l'»uscita» contemporanea dei creditori sociali da tutte le procedure aperte per la tutela dei loro crediti, che è per loro conveniente nella misura in cui gli venga offerta una percentuale maggiore di quella presumibilmente conseguibile in via complessiva nei fallimenti connessi della società e dei soci (Guglielmucci, 12, 310-311). Con l'eventuale deroga pattizia, consentita dalla norma come eccezionale deviazione dalla regola della chiusura contestuale, può prevedersi che la chiusura del fallimento sociale lasci proseguire le procedure relative ai soci falliti in estensione (De Cicco, 297; Guglielmucci, 12, 311; Bianchi, 264). Tale deroga deve risultare da una specifica clausola della proposta (Minutoli, 1956). Taluno ha ritenuto possibile il «concorso» tra una proposta di concordato per la società e una proposta di concordato inerente al fallimento del socio illimitatamente responsabile (Minutoli, 1956), o addirittura una proposta unitaria (Guglielmucci, 82, 206), rispetto alla quale la verifica del raggiungimento delle maggioranze prescritte dovrebbe comunque essere attuata separatamente per ciascuna procedura fallimentare, pur computandosi il voto espresso dal creditore sociale come adesione alla proposta per entrambe le procedure fallimentari (Minutoli, 1956). Il concordato fallimentare della società determina di norma (ossia, salvo patto contrario) la cessazione anche del fallimento particolare del socio, a meno che quest'ultimo sia ex se imprenditore individuale insolvente (Trib. Catania, 14 settembre 1993, in Dir. fall., 1994, II, 349). Gli effetti del concordato sociale si producono anche nei confronti del socio che non sia stato dichiarato fallito in estensione (Trib. Chiavari, 20 febbraio 1992, in Giur. mer., 1994, 55) e del socio illimitatamente responsabile che sia stato escluso dalla società prima della dichiarazione di fallimento (Trib. Lanciano, 24 luglio 1986, in Foro it., 1988, 298). Il concordato fallimentare di una società di capitali, invece, non produce effetti nei confronti del socio unico di società di capitali, anche se illimitatamente responsabile per alcune obbligazioni sociali a norma dell'art. 2462 comma 2, c.c. (Trib. Milano, 3 maggio 1993, in Fall., 1994, 75; in senso analogo Cass. I, n. 2532/2005 e Cass. civ. I, n. 4111/1994, con riguardo all'analoga regola dettata in materia di concordato preventivo dall'art. 184 comma 2 l.fall.). Quanto all'ampiezza delle possibili deroghe pattizie, da stipularsi con tutti i creditori e coevamente al concordato (Cass. S.U., 3749/1989), è legittima e pertanto omologabile una proposta di concordato fallimentare con assuntore limitatamente alla massa societaria e con prosecuzione dei fallimenti dei soci illimitatamente responsabili (Trib. Firenze, 15 giugno 2000, in Foro tosc., 200, 277), ed è parimenti legittima la proposta che preveda l'esclusione dal concordato fallimentare di uno solo dei soci illimitatamente responsabili (Trib. Macerata, 5 dicembre 1995, in Fall., 1996, 1009) con conseguente prosecuzione della procedura fallimentare relativa a tale socio (Cass. I, n. 4669/1990). Gli effetti del concordato sociale nei confronti dei soci illimitatamente responsabiliPer effetto del concordato della società i soci conseguono l'integrale liberazione dai debiti sociali con il soddisfacimento degli stessi nella percentuale concordataria, così fruendo di un effetto esdebitativo riflesso (Bertacchini, 1041; Guerrera, 1998; Minutoli, 1956). È pacifico, infatti, che una volta omologato il concordato della società i soci illimitatamente responsabili rispondano nei confronti dei creditori sociali nei limiti della percentuale in esso prevista (App. Roma, 19 maggio 1990, in Dir. Fall., 1991, II, 803; Trib. Bologna, 17 ottobre 1979, in Giur. it., 1971, I, 2, 414; App. Bologna, 14 luglio 1966, in Dir. fall., II, 624). È invece controverso se i creditori particolari del socio conservino o meno il diritto a far valere l'intero credito nei confronti di quest'ultimo: la maggior parte degli autori sostiene che per effetto del concordato della società i soci restino tenuti a soddisfare interamente i crediti dei rispettivi creditori personali, anche in sede extraconcorsuale (Nigro, 478; Bonsignori, 347 ss.; Bertacchini, 1041; Caridi, 947; Guerrera, 1999; Guglielmucci, 82, 205; Provinciali, 74, 2182; Ferrara, 691 ss.; Pinto, 43 ss.; Satta, 473; Azzolina, 1006 ss.; Panzani, 224; v. altresì De Cicco, 298, secondo cui la natura eccezionale dell'art. 153 l.fall. ne impone un'interpretazione restrittiva; contra De Semo, 521, e Pajardi, Paluchowski, 783, i quali, in base alla dizione della norma, affermano che l'omologazione del concordato della società produrrebbe gli effetti di un concordato dei singoli soci, con conseguente falcidia anche dei crediti particolari nei limiti della percentuale concordataria; per un'articolata critica a tale ultima posizione, v. Blandino, Tomasso, 1798-1799, nonché Del Bene, Bonfante, 383, secondo cui i creditori personali del socio non possono rimanere vincolati da un concordato che è votato esclusivamente dai creditori della società). Si è osservato che la posizione dei creditori particolari dei soci, anche a voler aderire all'interpretazione restrittiva della norma, rischia comunque di essere ingiustamente pregiudicata, atteso che essi non votano nel concordato della società (ma v. Guerrera, 2004, sia pure in formula dubitativa) e subiscono dunque «forzatamente» tale concordato, che può anche pattiziamente prevedere la prosecuzione del fallimento dei soci con conservazione delle ragioni di credito dei creditori sociali nei loro confronti: in tale ipotesi una non adeguata valorizzazione dell'attivo della società arreca senz'altro un pregiudizio ai creditori particolari, determinando una minore soddisfazione sul patrimonio della società da parte dei creditori sociali, i quali si rifanno poi sul patrimonio dei singoli soci in concorso con i creditori particolari (Blandino, Tomasso, 1799-1800). Il concordato della società ha efficacia nei confronti del socio illimitatamente responsabile (salvo patto contrario) solo in ordine alla misura del passivo sociale da soddisfare e non anche alla cessione coatta dei beni personali del socio, come si evince dall'art. 154 l.fall., che attribuisce al socio la facoltà di presentare un autonomo concordato fallimentare (Cass. I, n. 16941/2016). Segue. Il socio illimitatamente responsabile che abbia prestato garanzia personale o reale per debiti sociali La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito, sia pure in materia di concordato preventivo e dunque con riferimento all'art. 184 comma 2 l.fall., che la regola secondo cui il concordato della società ha efficacia (salvo patto contrario) nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, relativamente ai debiti sociali, opera anche quando per tali debiti i soci abbiano prestato fideiussione, atteso che il primo comma di detto articolo, nel sancire la conservazione dei diritti dei creditori concordatari nei confronti dei fideiussori, si riferisce ai terzi diversi dai soci, la cui responsabilità trae titolo proprio nella qualità di soci in via assorbente rispetto ad eventuali diverse fonti di responsabilità per i medesimi debiti sociali (Cass. S.U., n. 3749/89; Cass. I, n. 8387/2015; Cass. I, n. 26012/2007; Cass. I, n. 1688/1999; contra Cass. I, n. 5642/1984). Diversamente è a dirsi se il socio che ha prestato fideiussione non rivesta più, successivamente e al momento dell'omologazione del concordato, la qualità di socio (Cass. I, n. 29863/2011). È stato da ultimo precisato che l'estensione degli effetti del concordato di una società di persone nei confronti del socio illimitatamente responsabile vale anche se quest'ultimo abbia prestato (non già una mera fideiussione, bensì) una garanzia autonoma (Trib. Modena, 21 marzo 2016). Se parte della dottrina appare concorde con il principio espresso dalle Sezioni Unite (Irrera, 2226), sottolineando l’esigenza, dal punto di vista equitativo, di tutelare adeguatamente il socio illimitatamente responsabile quale soggetto debole nei confronti delle richieste dei creditori forti (Terranova, 6), altri autori ritengono che tale impostazione penalizzi eccessivamente il creditore garantito, determinando inoltre una disparità di trattamento tra il garante socio e il garante non socio (Agosti, 349) e, soprattutto, un'alterazione dell'assetto negoziale concluso tra il creditore e il garante-socio solo in ragione della definizione concordataria dell'insolvenza (Blandino, Tomasso, 1801-1802). Da ultimo, sempre in tema di concordato preventivo, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che nel concordato della società il credito garantito da ipoteca rilasciata dal socio illimitatamente responsabile va trattato come credito ipotecario e come tale va soddisfatto, non producendosi altrimenti in favore del socio datore di ipoteca, per quanto non corrisposto in sede di esecuzione del concordato, l'effetto esdebitativo di cui all'art. 184 comma 2 l.fall. (Cass. S.U., n.3022/2015). Il reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento del socioI creditori particolari del socio illimitatamente responsabile possono avere interesse a che il fallimento di tale socio non si chiuda: ciò accade nel caso in cui tali creditori intravedano maggiori possibilità di soddisfazione del proprio credito in seno alla procedura fallimentare di quante ne avrebbero in caso di chiusura del fallimento e conseguente esperimento di azioni esecutive individuali (Caridi, 948; Bertacchini, 1041; De Cicco, 298). Prima della riforma del 2006, il rimedio che la norma apprestava per tali creditori era l'opposizione di cui all'art. 129 l.fall., mediante la quale, nell'ambito del giudizio di omologazione del concordato, essi potevano opporsi alla chiusura del fallimento del socio loro debitore. Il d.lgs. 5/2006 ha modificato il regime di impugnazione, stabilendo, coerentemente con il novellato sistema delle impugnazioni nella legge fallimentare (Guerrera, 2000 ss.) e con il modello camerale prescelto dal legislatore della riforma (Bertacchini, 1041; Blandino, Tomasso, 1797; De Cicco, 299), la reclamabilità ex art. 26 l.fall. del decreto di chiusura del fallimento del socio. Peraltro, mentre la disposizione previgente individuava specificamente nei creditori particolari i soggetti legittimati ad opporsi alla chiusura del fallimento del socio loro debitore, l'attuale formulazione della norma nulla dice circa la legittimazione attiva alla proposizione dell'impugnazione (Minutoli, 1956), sicché taluno ha ipotizzato che il reclamo potrebbe essere proposto, oltre che dai creditori personali del socio (certamente legittimati, ad onta della loro mancata specifica menzione da parte della norma novellata: Ronco, 573; Caridi, 948; De Cicco, 298; Nigro, Vattermoli, 322), anche dal curatore o dal comitato dei creditori (Bertacchini, 1041; Virgintino, 367; contra Guerrera, 2002, e Ianniello, 360; perplesso anche De Cicco, 300) e più in generale da chiunque vi abbia interesse (Ambrosini, 464), e che i motivi del reclamo possano essere i più vari, essendo sufficiente un generico interesse di opportunità o utilità alla prosecuzione del fallimento del socio (Nigro, 479 ss.; Ferrara, 651; Ragusa Maggiore, 972; Caridi, 949; Azzolina, 1006 ss.; contra De Cicco, 300, secondo cui, a seguito della riforma, chi intende impugnare il decreto di chiusura del fallimento del socio non può più limitarsi ad affermare un generico interesse alla prosecuzione di tale procedura, ma deve dedurre e provare specificamente il pregiudizio diretto e immediato che la chiusura del fallimento del socio gli arrecherebbe; similmente Jorio, 741, e Del Bene, Bonfante, 387; v. altresì Provinciali, 74, 2182, Satta, 473, nt. 65, e Guglielmucci, 12, 311, secondo i quali, addirittura, il reclamo del creditore particolare potrebbe essere accolto solo quando venga dimostrato che il socio illimitatamente responsabile, assoggettato in concreto a fallimento come socio ma avente anche la qualità di imprenditore individuale, sia insolvente per suo conto). Nell'ottica di chi ritiene che il concordato sociale produca l'esdebitazione del socio con il pagamento della percentuale concordataria anche per i debiti personali, con il reclamo gli interessati possono opporsi (oltre che alla chiusura del fallimento del socio loro debitore) anche a tale effetto (Bonsignori, 348; Blandino, Tomasso, 1804; Del Bene, Bonfante, 385). L'accoglimento del reclamo, con conseguente prosecuzione del fallimento del socio illimitatamente responsabile, non preclude l'omologazione del concordato sociale e la chiusura del fallimento della società (Nigro, 480, nt. 147; Blandino, Tomasso, 1806; contra, con riferimento all'opposizione prevista nel regime previgente alla riforma, Ferrara Jr., 502). 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